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Capitolo 5.

Prudence non l'avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma si era voluta vendicare con quella doccia fredda. Era più facile prendersela con Dominic per quelle sensazioni inopportune che con se stessa.

«Brutta stronza, te la farò pagare!» ululò il ragazzo, intento a tamponarsi il viso e i capelli con un asciugamano che gli aveva procurato Prue. Quest'ultima si limitò a fargli il verso e a mostrargli la linguaccia. Si sentiva un po' più tranquilla adesso, era tornata nella sua comfort zone.

Un Dominic che la insultava era molto più gestibile di un Dominic che le chiedeva se sarebbe andata a letto con lui.

«Tieni questo e non rompere, ti aspetto qui fuori.» Prue gli porse un phon e si chiuse la porta alle spalle per permettergli di svestirsi e asciugarsi come meglio poteva.

«Non ti parlerò mai più, Prue, mai più! Cazzo» prese a strepitare lui.

Quasi quasi lo preferivo ubriaco.

Sorrise divertita a quel pensiero, ma le labbra si incurvarono immediatamente verso il basso, quando si ricordò che erano nella tenuta dei Barnes e che sarebbe dovuta tornare dal suo fidanzato e dai suoceri.

Per un attimo si era dimenticata della pseudo discussione con Michael e della frottola che si era inventata sul conto di Dominic, e si era sentita leggera. Avrebbe preferito restare lì, nascosta in quella stanza degli ospiti, a prendere in giro il suo migliore amico.

Fece un lungo sospiro, nel tentativo di darsi coraggio. Era davvero sicura di poter affrontare ogni giorno quel senso di inadeguatezza, una volta che lei e Michael sarebbero convolati a nozze?

L'arrivo di Dominic la obbligò ad archiviare quelle riflessioni scomode. Sembrava tornato in sé, almeno in parte, visto che non aveva più l'espressione sorniona: adesso il suo sguardo lanciava saette. La superò senza rivolgerle la parola, sfiorandole di proposito la spalla.

Prue emise l'ennesimo sospiro mesto della serata, conscia che stavolta non sarebbe stato facile chiarire con lui; poi lo seguì con lo stesso entusiasmo di un condannato a morte che si incamminava verso il patibolo.

Non appena misero di nuovo piede in terrazza, Michael le venne incontro, scoccando a Dominic un'occhiata gelida.

«Amore, dove ti eri cacciata? Stavo cominciando a preoccuparmi...» Il tono apprensivo del ragazzo le scaldò il cuore. «Mi dispiace per prima, non devi fare nulla che non ti vada» aggiunse in un sussurro, la sua voce baritonale fu come una carezza sulla pelle. Prue pensò di aver reagito in maniera troppo esagerata per la questione dell'abito. Forse aveva ragione lui, in fondo non sarebbe stata una tragedia indossarlo per compiacere la suocera.

Gli diede un bacio a fior di labbra. «Lascia stare, non parliamone più» lo rassicurò con un sorriso. Vide Dominic con la coda dell'occhio fissarli con i lineamenti contorti dal disgusto. Non se ne curò, il suo migliore amico la prendeva sempre in giro quando la vedeva scambiare qualche effusione con il partner.

Michael le cinse le spalle e la sospinse con una leggera pressione sulla schiena verso i Barnes, che stavano conversando con i genitori di Prue. La ragazza non ebbe il tempo di rivolgere nessuna parola a Dominic: lui, infatti, si era subito allontanato con un gesto di stizza per avvicinarsi alla ringhiera e affacciarsi.

Prue osservò il suo profilo scolpito e irregolare, lo sguardo pensieroso, a tratti triste, mentre Michael la guidava dalla parte opposta. Sì sentì quasi come se qualcuno stesse strappando un parte di se stessa. Come se avessero tranciato di netto un filo invisibile che l'aveva tenuta legata a Dominic per tutti quegli anni.

***

«Una volta che sarete sposati, Prudence non avrà più motivo di lavorare. Potrà stare a casa a occuparsi dei bambini» sentenziò Adele d'un tratto, come se dovesse essere lei a prendere certe decisioni.

Prue per poco non si soffocò con il cocktail appena ingerito. «Io... non ho intenzione di lasciare la chirurgia» asserì, categorica. Che si era messa in testa quella strega? Non avrebbe certo buttato al vento anni di studio e una laurea di tutto rispetto in medicina per fare la casalinga.

Strinse tra le dita lo stuzzicadenti in cui era infilata l'oliva e immaginò di piantarlo dritto nel suo occhio. Adele si sistemò un ciuffo di capelli tinti dietro l'orecchio, limitandosi a squadrarla con un cipiglio di sufficienza.

Prue serrò la mandibola, i denti sfregarono tra di loro in modo doloroso. Avrebbe voluto trasferirsi con Michael in un altro continente, o almeno in un altro Stato, così avrebbe dovuto interagire con quella donna il meno possibile. Voleva intromettersi in ogni cosa! Le bastava già sua madre, che la pensava esattamente come lei – forse per questo erano diventate grandi amiche. Non aveva bisogno di una seconda rompicoglioni che le programmasse la vita al posto suo.

«Di questo ne parleremo a tempo debito» rispose inaspettatamente il suo fidanzato, accarezzandole la spalla.

Prudence schiuse la bocca, sconvolta. Afferrò il braccio di Michael e lo fece voltare, in modo che entrambi dessero la schiena alla donna.

«Cosa? Non c'è nulla di cui parlare» bisbigliò concitata.

Il ragazzo le accarezzò il viso con fare protettivo, non sembrava per nulla turbato dalle parole della madre.

«Gliel'ho detto solo per farla smettere, assecondala per finta e basta» le sussurrò all'orecchio, per poi baciarla sulla fronte. Prue si sentì un po' più rilassata, ma il fastidio dentro di lei non diminuì. Quante volte avrebbe dovuto assecondarla? Doveva soffocare la sua personalità, i suoi ideali, mettersi un cerotto sulla bocca solo per non indispettire quella donna? Perché Michael sceglieva di assecondarla, anziché affrontarla di petto?

Inconsapevolmente, cercò il viso di Dominc. Sentì il bisogno fisico di guardarlo, di accertarsi che fosse ancora lì con lei.

Era il suo pensiero felice, quello a cui si era sempre aggrappata.

Nick era a qualche passo da lei, appoggiato di schiena alla balaustra, con le braccia incrociate al petto. E la stava fissando, in un modo che la fece sentire depredata.

Le sue iridi avevano il colore dell'acqua, eppure lei ci vide dentro delle fiamme. Prue non seppe come, ma capì che Dominic aveva sentito tutto. Si ritrovò scioccamente a sperare che venisse a salvarla, che la prendesse per mano e la portasse via in volo, come Peter Pan. Si augurò di non aver fatto trapelare la tristezza dalla propria espressione, altrimenti avrebbe dato a Dominic la prova che stava commettendo un errore.

"So solo che stai facendo una cazzata" le aveva detto mesi addietro, in merito al suo matrimonio. Avrebbe fatto di tutto per dimostrargli il contrario.

«Prendi del caviale, cara, è squisito» le suggerì Adele, quando il cameriere ne servì un vassoio.

Prue afferrò quella poltiglia e se la ficcò in bocca, un modo come un altro per impedirsi di replicare e convincersi che, così facendo, quella strega non avrebbe avuto un altro pretesto per attaccarla. Anche se a lei faceva schifo il caviale.

Vide Dominic afferrare al volo una coppa di champagne dal vassoio che un altro cameriere stava tenendo in mano e si avvicinò al trio. Prue avrebbe voluto intimargli attraverso un'occhiata di stare lontano da Michael, ma non ne ebbe la forza. La verità era che aveva supplicato il suo aiuto, senza nemmeno rendersene conto.

«Signora Barnes» salutò lui, con un calcato tono zuccheroso. «Le porgo le mie scuse per quel che è accaduto prima, non era mia intenzione essere scortese.»

Un attore nato. Ecco cos'era.

Michael serrò le mani, forse combattuto dal desiderio di restituirgli il pugno, mentre Adele si limitava a trattarlo con sufficienza.

«Sa, non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra conversazione riguardo al lavoro di Prue» continuò in tono neutro, sorseggiando con disinvoltura dal bicchiere. «Lei si è laureata con il massimo dei voti e ha ricevuto ben cinque lettere di raccomandazione, lo sa? Desidera diventare un chirurgo da quando era bambina, non credo che suo figlio voglia privarla del sogno di una vita per rinchiuderla in casa a fare la sguattera.»

Prudence nascose la mano dietro la schiena e cercò quella del ragazzo: la trovò subito, come se le dita di Nick non aspettassero altro che infilarsi tra gli spazi vuoti delle sue per riempirli.

Prue le strinse forte, senza curarsi di graffiargli le nocche con le unghie. All'istante, sentì che quel filo si era ricucito.

Fu come ritrovare la strada di casa.

Si permise di accarezzare le sue falangi lunghe e nodose, il dorso solcato da vene, provando un senso di pace. La consistenza dell'epidermide di Dominic era così familiare, rassicurante. Conosceva a memoria ogni suo callo, ogni cicatrice. Sarebbe stata capace di riconoscere le sue mani anche a occhi chiusi.

Dominic non le avrebbe mai chiesto di assecondare i capricci di qualcun altro, di farsi piccola. Le aveva sempre detto di urlare, se qualcuno le diceva di star zitta.

Michael emise un verso incredulo, allentandosi il nodo della cravatta con un gesto secco. «Che diavolo vai blaterando?» sbottò, visibilmente infastidito da quelle insinuazioni.

«Io penso a cosa è giusto per mio figlio, signor Campbell. Lui ha bisogno di una moglie presente, che badi ai figli. In che modo crescerebbero con una madre che non è mai in casa?» replicò Adele, parlando quasi sopra al figlio. Ormai pareva essere diventata una sfida tra lei e Nick, persino i diretti interessati erano stati estromessi dalla discussione.

Prue stritolò la mano di Dominic, mentre si mordeva l'interno della guancia per impedirsi di insultarla. Il ragazzo le scoccò un solo sguardo, che durò poco più di un battito di ciglia, tuttavia fu in grado di metterla in subbuglio. Sembrava dire: che aspetti a reagire? Questa non sei tu.

Prue abbassò il viso, a disagio nella propria pelle, scoprendosi incapace di sostenere la delusione intravista nei suoi occhi. Lui l'aveva sempre fatta sentire forte, brillante.

«E se Prue non volesse figli?» si azzardò a ipotizzare Nick, sprezzante. Prue sapeva che aveva risposto in quel modo per fare innervosire la donna, ma c'era un fondo di verità nella sua provocazione. Il suo migliore amico conosceva bene le sue remore sull'avere dei figli.

Adele lo squadrò con la bocca schiusa, scandalizzata come se l'avesse offesa personalmente. «Certo che li vuole! Lei non può capire solo perché non ne avrà mai.» La cattiveria annidata nella sua voce non era per nulla velata. Si vedeva che provava soddisfazione nel rinfacciare a Dominic quello che per lei era un difetto degno di biasimo.

Il ragazzo non avrebbe perso l'occasione di sferrarle un colpo micidiale, Prue lo conosceva troppo bene. Infatti, ghignò furbo, prima di rispondere. «Veramente posso. Mai sentito parlare di madre surr...»

«È prematuro pensare a dei figli ora. Michael e io siamo d'accordo su questo» Prue preferì interromperlo, attirandosi il suo sbuffo di protesta. Sentì sgusciare via le sue dita e una sensazione di gelo sembrò paralizzarle le gambe.

«Hai intenzione di diventare madre quando sarai vecchia?» continuò a infierire la futura suocera, ostinata a far valere le sue idee retrograde.

Prue si piantò i denti nel labbro inferiore e realizzò di tremare. Le mani le prudevano dalla voglia di schiaffeggiarla, eppure si stava trattenendo in ogni modo in nome dell'amore che provava per Michael.

Indietreggiò di un passo, irretita da quella vocina nella sua testa che le sussurrava con tono suadente di scappare.

Il suo fidanzato parve finalmente deciso a schierarsi senza alcun fraintendimento.

«Mamma, basta. Non la tormentare» la ammonì duro, piegandosi verso la madre per far sì che orecchie indiscrete non sentissero. «Sono affari nostri.»

«Sto solo dicendo che, se volete dei figli, dovete pensarci quando siete ancora giovani, tesoro» perseverò la signora Barnes, che non voleva dar segni di resa.

Prue si sentiva mancare l'aria, nonostante si trovasse all'aperto e in piena campagna. Voleva fuggire lontano da lì, lontano dalle aspettative che Michael e la sua famiglia avevano riposto in lei. Era come se qualcuno stesse premendo la canna di una pistola contro la sua schiena. Si ritrovò a boccheggiare, alla disperata ricerca di ossigeno.

Dominic le afferrò il polso, quel contatto ebbe il potere di instillarle una calma quasi surreale. Perché lui la faceva stare così bene?

Perché è l'unico che riesce a ricompormi quando sento che sto per cadere in pezzi?

L'unico che conosceva l'incastro esatto per rimettere assieme tutti i tasselli.

Le adagiò le dita sul viso, in una carezza che sembrò stroncare sul nascere. Era ancora arrabbiato, la mascella indurita e gli occhi ridotti a due lame ne erano la prova; eppure, sembrava esasperato dal fatto che non riuscisse ad avercela con lei fino in fondo. Prue sapeva che non l'avrebbe mai odiata sul serio, nonostante si sforzasse di apparire duro.

Le sue dita si spostarono, tracciarono un percorso dalla mandibola, passando sotto l'orecchio, per poi finire sulla nuca.

Prue sentì la sua mano aperta insinuarsi tra i capelli sciolti e dovette soffocare un sussulto. Sembrava il gesto di qualcuno in procinto di dare un bacio, invece lui si limitò ad agguantarle la nuca e a sfiorarle l'orecchio con il respiro.

«Vuoi ballare?» le propose serio, quasi le stesse chiedendo qualcosa di molto più profondo.

Lui aveva capito tutto, come sempre. Prue poteva contare sulle dita le volte in cui aveva dovuto spiegargli come si sentiva, perché a lui non servivano parole, gli era sempre bastato guardarla.

Prue annuì e in quel momento si rese conto che del panico che le aveva artigliato la gola non era rimasto più nulla.

Era stato sufficiente sentire la sua voce, soffice come lo zucchero filato, e il calore del suo respiro sulla pelle, per rilassarsi.

***

«Mi dispiace per stasera, Nick.»

Prue teneva la testa premuta tra l'incavo del collo e la spalla di Dominic, dondolava sui piedi con noncuranza, lasciandosi guidare dal ragazzo.

Nick l'aveva vista annaspare, preda di un attacco d'ansia, e non aveva esitato a darle conforto.

Prue era il suo maledetto punto debole, potevano anche essere ai ferri corti, smettere di parlarsi per settimane, ma lui sarebbe comunque corso da lei se fosse stata in difficoltà. E quello che lo faceva incazzare di più era che la fonte del suo malessere fosse proprio la famiglia con cui aveva deciso di imparentarsi.

I genitori di Prue ballavano poco distanti da loro e non fecero nulla per celare la loro disapprovazione alla vista di Dominic che abbracciava la figlia.

Neppure quando pensate che sia gay vi rasserenate voi due, pensò lui, divertito dalla cosa.

«Non ho voglia di parlarne adesso» tagliò corto Nick in tono scocciato.

Poteva scusarsi anche mille volte, lui non aveva la benché minima intenzione di metterci una pietra sopra.

Davvero Prue non si rendeva conto di aver dato a Michael l'ennesimo buon motivo per crederlo innocuo? Così innocuo da poter stare tranquillo, perché tanto Dominic non avrebbe mai potuto rubargli la fidanzata.

Odiava che quel bastardo non avesse nulla di cui preoccuparsi nel vederlo ballare con lei, nel sapere che dormisse nella camera accanto alla sua.

Odiava non essere una tentazione vivente per Prue, proprio come lei lo era per lui.

«Se tu mi lasciassi spiega...»

«No» decretò, categorico.

Non potevano stare in silenzio e basta? Aveva voglia di godersi un attimo di pace con lei, uno soltanto, prima di litigare furiosamente come immaginava che sarebbe successo una volta tornati a casa di Prue.

Voleva bearsi del suo profumo floreale, imprimere nella mente ogni centimetro del suo corpo, anche se non lo stava sfiorando nel modo in cui avrebbe voluto.

A quel pensiero il suo braccio si mosse d'istinto, cingendole la vita con una presa più salda. Sperò che percepisse quanto la desiderasse, così gli avrebbe evitato lo strazio di dover fingere ogni giorno il contrario.

Fu tentato di accarezzarle la schiena nuda, ma si fermò in tempo, serrando la mano. Era grato che non si stessero guardando negli occhi, altrimenti Prue avrebbe letto tutta la frustrazione che stava provando.

I suoi capelli dello stesso colore del grano gli solleticavano il naso, li accarezzò in un gesto istintivo, cedendo alla tentazione di toccarli. Aveva sempre amato i suoi capelli.

Prue si scostò da lui, però, e gli lanciò uno sguardo indispettito. Ovviamente se l'era presa e per ripicca voleva mettere le distanze.

Si sentì all'improvviso incompleto, vuoto. Fino a un secondo prima c'era lei a riempire quello spazio tra le sue braccia, adesso profondo quanto un abisso. Avrebbe voluto legarla a sé e non lasciarla andare mai più.

Prue si morse le labbra con un'espressione tormentata e fece per allontanarsi. Dominic vide Michael con la coda dell'occhio sorridere in direzione della ragazza, di sicuro pronto a chiederle di danzare con lui.

No, non posso sopportarlo.

Voleva che lo temesse, che morisse di gelosia come lui, più di lui.

«Dove credi di andare?» proruppe, con una rabbia che non riuscì a controllare. La riacchiappò per il polso e la fece girare di scatto verso di sé.

Prue lo guardò confusa, quando lui la schiacciò contro il proprio petto e fece aderire i loro corpi fino a soffocarla.

Chissà se la scarica elettrica che aveva investito Dominic aveva colpito anche lei. Chissà se anche Prue stava combattendo contro lo stesso incendio che lo stava divorando.

Michael prese a osservarli in modo sospettoso e Dominic non poté trattenersi dal riservargli uno sorriso compiaciuto.

Stai a guardare, stronzo.

Fece inarcare Prue all'indietro in un perfetto casquet e, dopo averle permesso di raddrizzarsi, le imprigionò il viso tra le mani per baciarla a fior di labbra.

Dovette lottare furiosamente contro se stesso per non approfondire quel contatto, per non infilare con prepotenza la lingua tra le sue labbra morbide e baciarla come se il mondo non dovesse vedere l'alba del giorno seguente.

Non seppe cosa gli successe, quasi si sentì posseduto dal Dominic sfrontato, quello che non ne poteva più di nascondere quel segreto; quello che voleva tentare il tutto e per tutto per impedirle di sposare l'uomo sbagliato.

Prue lo fissò con gli occhi sgranati, talmente aperti che Nick temette di vederli schizzare fuori dalle orbite, e non smise nemmeno quando lui si ritrasse.

***

«Che cazzo significa? Toglile le mani di dosso!» Michael irruppe come una furia, persino i suoi capelli impeccabili parvero scompigliarsi; afferrò Dominic per il bavero della giacca e lo scrollò minaccioso.

Dominic sogghignò, per nulla intimorito dalla stazza nettamente superiore dell'altro: gli aveva già sferrato un bel gancio, non si sarebbe trovato in svantaggio se avessero deciso di fare sul serio.

«Calma, Mike. Tanto lo sai che a me piace l'uccello, è stato come baciare mia madre» lo sbeffeggiò con una serietà degna di un riconoscimento cinematografico. «Mi ecciterei molto di più a baciare te, vuoi provare?» E protese le labbra in maniera caricaturale. Ci stava godendo da matti a prenderlo per i fondelli. Michael lo lasciò andare subito, arricciando le labbra in una smorfia di disgusto. Non sembrava convinto fino in fondo della veridicità delle sue parole.

Infatti si rivolse alla sua fidanzata, ancora intenta a fissare Dominic con lo smarrimento più totale negli occhi.

«È così?» borbottò, scrollandosi qualcosa dalla giacca. Forse il marciume che pensava gli avesse lasciato Dominic.

«Sì, noi... noi... ci baciamo spesso sulle labbra in segno di affetto, non significa niente» prese a balbettare Prue, che continuava a guardare Nick come se gli fosse spuntato un terzo occhio in fronte.

«Non mi importa se è gay, non voglio che un altro uomo ti tocchi» le intimò irritato Michael. Si era davvero impegnato finora per recitare la parte del fidanzato comprensivo, dalle larghe vedute, Dominic glielo doveva concedere. Gli fece quasi pena vedere che tutto il suo sforzo era stato vano. Quasi.

Prue continuò a tranquillizzarlo con delle frottole, a cui Dominic non badò più di tanto, era troppo impegnato a gongolare sotto i baffi per curarsene.

Se doveva essere onesto, sperava che Michael non ci cascasse. Provava un piacere sadico all'idea che quel maledetto damerino fosse pienamente consapevole che Prue avesse un migliore amico etero.

Ma Michael doveva essere un idiota – non che avesse mai avuto dubbi in merito –, perché le credette. Prue era brava quando voleva abbindolare qualcuno, lo sapeva bene.

Nick dovette sopportare un'altra mezz'ora di musica sdolcinata, sperando che i musicisti dell'orchestra facessero la stessa fine di quelli del Titanic, e di occhiate inquisitorie da parte dei genitori di Michael. Poi, per fortuna, quella serata infernale che pareva infinita giunse al termine.

Dominic non vedeva l'ora di andare il più lontano possibile da lì. Si affrettò quindi a salutare i signori Barnes con una pacca sulla spalla e un ghigno subdolo.

«Sarebbe un immenso piacere per me avervi come invitati al mio matrimonio. Ovviamente non in chiesa, eh.»

L'espressione oltraggiata dei due fu impagabile.

***

Prue non aveva ancora detto una parola riguardo al suo gesto, tuttavia era palese che fosse infuriata. Di sicuro pensava che l'avesse baciata solo per infastidire Michael o per sbugiardarla. Non era del tutto sbagliato, ma era all'oscuro del fatto che la ragione principale fosse che moriva dalla voglia di baciarla.

«Guido io, visto che hai bevuto» borbottò lei, aprendo con poca grazia lo sportello della bmw.

«Guiderei meglio di te anche da ubriaco» la canzonò Dominic, dopo essersi seduto al posto del passeggero.

Prue emise un sospiro esasperato. Si sfilò le scarpe dai tacchi vertiginosi e ne infilò un paio da ginnastica, che era solita tenere in macchina proprio per poter guidare con comodità. Non era mai stata un asso al volante, era già stato un miracolo che avesse preso la patente. Dominic ricordava ancora le urla terrorizzate dell'istruttore, durante una delle lezioni. Anche lui, seduto dietro, aveva temuto per la propria vita.

«Hai detto e fatto abbastanza cazzate per stasera, è meglio che te ne stia zitto» rinfacciò l'altra, poi accese il motore e si immise nel viale alberato che portava al cancello d'ingresso.

Dominic sollevò le sopracciglia, contrariato.

«Io?» Si conficcò quasi il dito nel costato, restando a bocca aperta. Proprio lei lo accusava di aver fatto delle cazzate? Da quale pulpito! «Che cosa avrei fatto io, sentiamo? Quella che mi ha fatto diventare gay senza una ragione sei tu!»

«Come ti è venuto in mente di baciarmi di fronte a tutti?» sbottò istericamente Prue, nel tentativo disperato di restare concentrata sulla strada.

«Come è venuto in mente a te di fidanzarti con quel coglione, piuttosto!» controbatté Dominic, urlando ancora più forte. Poteva accettare che fosse innamorata di un altro – no, invece, non era vero – ma perché doveva essere proprio un uomo inadatto a lei? Non se ne rendeva conto che erano male assortiti? L'avrebbe resa infelice... non l'avrebbe mai amata quanto l'amava lui.

Prue si ostinò a rimanere in silenzio per tutto il tragitto, per fargli un dispetto, finché non tornarono a casa sua.

«Voglio sapere perché gli hai detto che sono gay!» ripeté per la millesima volta Dominic, una volta entrati nel soggiorno.

«Oh, andiamo, Nick! Credi sul serio che Michael mi avrebbe permesso di ospitarti, altrimenti? Lui è uno di quelli che non crede all'amicizia tra uomo e donna, insieme a quei bigotti dei suoi genitori!» esplose Prue, forse giunta al limite.

«Pensavo gli avessi detto che io e te siamo come fratelli.» Le piaceva così tanto ripetere quella solfa a tutti, che ormai pure lui l'aveva imparata a memoria.

«Non era abbastanza. E poi, conoscendo i suoi, chissà cosa avrebbero pensato.»

Dominic la gelò con uno sguardo e si diresse nella camera degli ospiti.

Prue lo seguì a passo di marcia, ancor più indispettita.

«Non te ne puoi andare così, mentre ti parlo!»

«Io faccio quello che mi pare! Non voglio sentire più una parola su Michael e quelle teste di cazzo dei suoi genitori!»

Dominic lanciò la propria giacca sul letto e prese a sbottonarsi la camicia nera bruscamente, senza preoccuparsi di far saltare qualche bottone.

Prue si massaggiò la fronte con aria sofferente. Non gli faceva piacere vederla in quello stato, ma doveva pagare le conseguenze delle sue azioni.

Dovette accorgersi solo in quel momento che lui stava per restare nudo di fronte a lei, perché la vide irrigidirsi e voltare di scatto il viso dall'altra parte.

«E si può sapere perché ti stai spogliando?!» lo aggredì, agitata come forse non l'aveva mai vista.

Dominic, rimasto a torso nudo, gettò la camicia vicino alla giacca.

«Per farmi una doccia, così potrò lavare questo schifo che ho tra i capelli e togliermi di dosso la puzza di ipocrisia. Che c'è, ti disturba vedermi nudo? Non dovrebbe, visto che siamo come fratelli.» Fu l'ennesima frecciatina sputata con rancore, mentre si slacciava la cintura e si sfilava i pantaloni.

Prue socchiuse le palpebre e serrò i pugni lungo i fianchi, sembrava davvero turbata. Dominic si ritrovò a sperare come un idiota che la visione del suo corpo la rendesse nervosa perché le piaceva. Proprio quando finì di formulare quel pensiero, la ragazza si girò per piantare gli occhi nei suoi.

«Hai visto che tipo di gente è quella, Nick. Che cosa avresti fatto tu?» si difese lei, ritornando al fulcro del discorso.

«L'hai fatto per far contenti loro, Prue? Sul serio?! Perché ci tieni così tanto ad avere la loro approvazione? Quelle persone sono omofobe, hanno una concezione antidiluviana della donna; hanno offeso me, te e l'intelligenza!» l'accusò, stravolto. «Hai persino mangiato il caviale per compiacere quella donna. A te fa schifo il caviale!»

Il viso di Prue si rabbuiò. Abbassò lo sguardo sul pavimento, divenendo all'improvviso piccola e fragile.

«Non ti riconosco più, Prue. Quell'idiota ti sta cambiando e tu neanche te ne rendi conto» finì in un sussurro, l'amarezza era tale da sentirne il sapore sulla lingua. Sarebbe appassita, giorno dopo giorno.

Quando l'aveva vista, alla stazione, gli era sembrata molto più spenta di quattro mesi prima. Aveva un aspetto curato, impeccabile, il suo guardaroba sembrava diventato sofisticato, eppure non era mai stata così sbiadita. Lei, che era sempre stata un caleidoscopio di colori.

La ragazza arricciò le labbra in una smorfia sofferente e serrò gli occhi, da cui ormai avevano cominciato a colare delle lacrime.

Dominic si sentì un verme. Farla piangere era l'ultima cosa che voleva. Il suo cuore fu come trafitto da una raffica di frecce avvelenate.

«L'ho fatto per te. Per stare con te. Perché mi manchi da impazzire» gli confessò Prue tra i singhiozzi, tentando di asciugarsi le guance con il dorso della mano.

Nick non trovò più la forza di essere arrabbiato con lei, non dopo quello che aveva singhiozzato.

Perciò la strinse tra le braccia e la tranquillizzò con delle carezze sulla schiena. «È tutto a posto» le sussurrò all'orecchio, dolce come una ninnananna, mentre Prue premeva il viso contro il suo collo. «Mi manchi anche tu.» Dominic sospirò, affondando le dita tra i suoi capelli.

Non riusciva a smettere di pensare all'effetto che gli faceva la sua pelle morbida e a quanto avrebbe voluto baciarne ogni centimetro. L'istinto gli suggeriva di dare sfogo ai suoi desideri, ma lui era sempre frenato dal terribile dubbio di non essere corrisposto. Come avrebbe reagito Prue, se di colpo l'avesse presa in braccio e poi trascinata con lui sul letto?

Si ritrasse di poco per affondare nei suoi occhi color autunno, in quel momento gonfi e arrossati dal pianto. Dominic aveva sempre identificato entrambi con le stagioni: lei portava le tinte calde dell'autunno e lui quelle dell'inverno. Complementari, ma diversi.

Si concentrò sulle sue labbra, su cui persisteva ancora un residuo di rossetto. Era a corto di fiato, martellato dai battiti frenetici del suo cuore.

Nick aveva una paura folle di rovinare tutto, se solo avesse accorciato la poca distanza che li separava.

Il cercapersone di Prue fu provvidenziale. Il suono incessante dell'apparecchio, che segnalava un'emergenza dall'ospedale, pose fine alle sue sofferenze.

O forse le accrebbe soltanto.

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