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Alma

Gradualmente aprii gli occhi. Avevo male alla testa e l'orecchio da cui avevo perso l'orecchino sanguinava. Avevo comprato quella coppia di A il giorno stesso che arrivammo ad Anzio; due A come le iniziali dei nostri nomi.
Ora, però, mi sentivo privata di una parte del cuore: quella appartenente a lui, quella che mi aveva rapito sin dal nostro primo incontro.

<Alma?> una voce cupa e profonda mi chiamò da dietro. La conoscevo fin troppo bene.

<Papá?> chiesi voltandomi

<Papá!>

<Alma!>

Corsi ad abbracciarlo in lacrime.
Era come lo ricordavo: alto, possente ma più smagrito e con qualche ruga in più sul viso. Gli occhi color cioccolato fondente sempre sorridenti.
I colleghi che erano scomparsi insieme a lui e alla mamma, ora ci guardavano quasi in lacrime.

<State tutti bene?> domandai una volta staccatami dal mio vecchio. Lì vidi annuire e poi una mano mi trascinò fuori da quella cella. Forse dovrei definirlo bunker.

La cella dove ci trovavamo aveva le pareti rocciose, non presentava finestre ma solo una piccola lampada ad olio appesa sul soffitto; tutto odorava di muffa e chiuso. Sembrava di trovarsi dentro ad uno di quei film horror che non riuscivo a vedere perché avevo una paura matta.

<Chi sei?> cercai di capire anche se portava una maschera ed era anche controluce

<Prova ad indovinare> rispose l'uomo voltandosi. Aveva una maschera a forma di clown e io lanciai un urlo per lo spavento.

<Se te lo sto chiedendo, vuol dire che non ne ho la minima idea... Non credi?>

<Non ti facevo poi così tanto stupida> ridacchiò facendomi rabbrividire.

Arrivammo in un'altra stanza, questa volta interamente illuminata, dove si trovava un tavolo di ferro con accanto diversi attrezzi da tortura.

<Distenditi> opposi resistenza <Forza su! Non ti farò del male> continuavo ad oppormi, ma era più forte lui <Distenditi!> sbaitò, ma riuscii ad afferrare uno di quegli attrezzi (simile ad una forbice da chirurgo) e gliela diedi in testa. Presi il mazzo di chiavi che teneva nella tasca destra dei pantaloni e uscii.

Percorsi la strada a ritroso fino alla cella; la aprii e slegai velocemente le catene ai piedi che li tenevano imprigionati. Fu il turno di papà, lo guardai dritto negli occhi per esprimere tutto il mio amore nei suoi confronti e lo avvolsi in un abbraccio.

<Papá correte fuori e chiamate aiuto. Io devo rimanere qui, ma tornerò da te, promesso... Tieni> gli porsi il mazzo e il mio cellulare <Il pin lo sai... Telefona ad Alex e digli dove ci troviamo... Digli anche che lo amo più della mia stessa vita. Promettimelo>

<Promesso>

Lo guardai scomparire avvolto dalla scurità e, inginocchiandomi, piansi.

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