21
Alma
<CIAO ALMA> DISSE UN UOMO <CHE FACCIAMO?>
<NIENTE> RISPONDO
<COME NIENTE? NON TI VA DI DIVERTIRTI CON ME?> MALIZIA NEI SUOI OCCHI E NELLA VOCE.
<NO. PERCHÉ SIAMO NEL TUO UFFICIO?> CHIEDO, MA NON RICEVO RISPOSTA.
Un colpo ripetuto mi svegliò da quell'incubo che ormai mi teneva sveglia, per una buona parte della notte, da cinque giorni.
Un poliziotto mi alzò di peso dal “letto” se così si poteva definire, svegliandomi del tutto dalla fase post dormita. Uscii dalla cella con le manette e fui condotta nella sala visite dove trovai Alberto, un amico forse il mio migliore amico, con un sorriso felice e a trentadue denti. Il poliziotto mi “scatenò” e corsi verso di lui che mi baciò la guancia per poi affermare:
<Sei libera. Ho pagato la cauzione, puoi tornare a scuola ma solo se indosserai questo braccialetto e ogni sera andrai in commissariato.>
Il poliziotto che fino a qualche istante prima era rimasto più in disparte, però, sempre sull'attenti, si avvicinò inginocchiandosi per allacciare quel GPS.
<Ti ho mai detto che ti adoro?> sorrisi abbracciandolo <Grazie> in risposta ricevetti un altro bacio a stampo sulla guancia.
Alberto, mi era mancato tanto, lui aveva la stessa età di Alexander, ci conoscevamo da quando eravamo piccoli e era lui che mi tirava sempre fuori dai guai.
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<Non cre-> provai a dire, ma mi interruppe subito con uno sguardo severo
<Forza, fila dentro casinara> ordinò lui. Risi e scesi dall'auto.
Ancora prima di entrare nella mia vecchia aula, sentii nell'aria il suo profumo che mi inebriava forse mi drogava. Con un cenno della mano salutai la bidella Agathe prima di bussare alla porta, attesi qualche attimo e quando finalmente il prof si decise a rispondere, potei andare dentro.
Non guardai per niente il prof Schulze limitandomi solo ad un fugace sguardo compiaciuto alle due gemelle, per poi sedermi con le gambe alzate sul banco e masticando una gomma.
<Oh, guardate chi c'è!> gridò in corridoio una delle “vip” (se così si potevano definire) della scuola <L'assassina rapitrice!> risero le sue quattro oche con i loro ragazzi.
Abbassai lo sguardo passando oltre, ma continuavano e avevano ragione: io avevo rapito e ucciso mia madre.
<Ma lo sai che i cani dovrebbero stare in gabbia e non a piede libero> aggiunse Caterina, una delle quattro <Bau bau> risero in coro.
Sentivo la rabbia montare, stavo seriamente pensando di girarmi e mollare quattro pugni ad ognuno di loro, ma una mano possente mi bloccò conducendomi in un ufficio.
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