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Entro nel locale e il profumo di zucchero inebria le mie narici.

Raggiungo un tavolo per due in fondo, uso la sedia libera per poggiare il mio cappotto e la borsa e comincio a scorrere il menù anche se lo so a memoria. Vengo qua tutti i giorni da quando lavoro alla Backer & Co.

Il rumore del caffè versato nella tazza mi fa sollevare lo sguardo.

-Dalla tua faccia deduco che qualcosa non sia andata come volevi-, dice Alex guardandomi da sopra i suoi occhiali.

-Sarebbe stata una giornata epica se non me l'avessero rovinata con quella stupida richiesta di partecipare all'incontro con la psicologa-, sbuffo.

-Psicologa? Interessante. Hanno finalmente capito che non è umanamente possibile lavorare ai tuoi ritmi e vogliono capire se sei umana o un cyborg?-

Sollevo un sopracciglio. -Si chiama forza di volontà, determinazione, voglia di farcela a tutti i costi in barba a chi credeva fossi una fallita-, elenco.

-Nessuno ha mai creduto tu fossi una fallita-, risponde lui mettendomi un piatto davanti. -Venerdì: beagle vegetariano con avocado e uova. Buon appetito.- E si volta per dirigersi dagli altri clienti.

Alex è così irritante. Risponde a ogni mia provocazione con calma e compostezza, mi manda ai matti.

Scrollo il cellulare e controllo le ultime notifiche su Instagram. Il mio profilo ha subito un'impennata da quando ho iniziato a includere nelle foto anche la mia gatta Momo. Chissà perché la gente ha questa fissa con i gatti?

-Ho una domanda.- Alex prende una sedia libera dal tavolo vicino e la mette di fronte a me.

Lo guardo.

-Sei libera il venticinque a pranzo?-

-A Natale?-

-Esatto. Vieni a pranzo dalla mia famiglia? Lo sai che ci farebbe piacere.-

Infilo un pezzo di beagle in bocca e lo mastico lentamente senza toglierli gli occhi di dosso. Anche lui continua a fissarmi, lo fa apposta, per dimostrarmi che non c'è modo di irritarlo. Ingoio, prendo la tazza e bevo una lunga sorsata di caffè prima di rimetterla a posto e rispondere.

-No, grazie-, dico pulendomi la bocca con un fazzolettino.

-Non hai niente di meglio da fare-, risponde tranquillo.

-E tu che ne sai?-

-Momo se la sa cavare benissimo da sola.-

Sgrano gli occhi. -Guarda che ti blocco-, lo minaccio.

Sorride.

-Alex, ogni anno mi fai la stessa domanda: vuoi venire a pranzo da noi a Natale? E ti dico sempre di no. Perché insisti? Ti piace soffrire? Avevo un'amica che era molto brava in questo. Le piaceva commiserarsi e sceglieva solo dei patetici casi umani di cui lamentarsi.-

-Te lo stai inventando-, dice.

-E da cosa lo capiresti, scusa?-

-Tu non hai amici.- Alza le spalle e, di nuovo, va via.

Mio malgrado gli lancio un'occhiata da dietro. Quando eravamo alle superiori non ci avevo mai badato, era solo il tizio nerd che mi aiutava a correggere gli articoli del giornale prima della pubblicazione, quello sempre disponibile su cui sfogavo la mia frustrazione perché tanto non si lamentava mai. Poi c'è stato il diploma, sono successe cose, le nostre vite si sono perse per poi ritrovarsi casualmente cinque anni fa, quando ho iniziato a lavorare in agenzia e il suo locale è il migliore per la pausa pranzo. E l'aperitivo. E qualsiasi altro momento io voglia nutrirmi.

E chiaramente non l'avevo riconosciuto, come avrei potuto? Ha perso l'aria da secchione, ha smesso la riga laterale e i jeans con le bretelle. Sono sparite perfino quelle oribili camice a fiori. Adesso è alto, atletico, con una montatura decente che lo rende sexy e sofisticato allo stesso tempo. Ed è gentile, nonostante io l'abbia sempre trattato malissimo. Ultima cosa, ma non meno importante: sa cucinare.

Piego leggermente la testa per godere meglio della vista del suo fondoschiena fasciato nei Levi's e lui si gira proprio in questo momento. Scatto dritta, afferro la tazza e cerco di nascondermi dietro il caffè mentre sento di arrossire fino alle orecchie.

Andare con lui al pranzo di Natale. E la sua famiglia. Perché? Do davvero l'impressione di essere così disperata? E come giustificherebbe la cosa a sua madre?

-Ciao, mamma, questa è la mia buona azione per il Natale di quest'anno.- Sarebbe imbarazzante.

Non so nemmeno se è fidanzato, non dice mai niente sul suo conto. Potrebbe essere sposato, ma non porta la fede. Potrebbe convivere con una splendida ragazza, avere dei bambini. Magari ha un fidanzato, non ricordo di averlo mai visto con delle ragazze intorno al liceo.

-Stai ancora pensando al mio sedere?- chiede comparendomi di fianco.

Abbozzo un sorriso tirato. -Non ho bisogno di pensare al tuo sedere-, rispondo.

-Il tuo sguardo di poco prima sembrava approvare il panorama.-

-Ti ha mai detto nessuno che hai un ego eccessivo?-

-Disse la maniaca del controllo che crede di essere perfetta.-

Mi alzo in piedi. -Non credo, lo sono-, puntualizzo.

Lascio i dieci dollari sul tavolino e afferro il cappotto.

-Adesso, scusami, ma devo tornare alle mie mansioni. Ho un lavoro serio, io, non passo il tempo a importunare i clienti con ammiccamenti e battutine.-

Infilo il cappello e prendo la borsa.

-Dovresti essere meno acida-, mi punzecchia. -Almeno sotto Natale.-

Alzo gli occhi al cielo. -Date troppa importanza al Natale-, rispondo. -Ci sono religioni che neanche lo considerano eppure le persone vivono bene lo stesso. È solo una data sul calendario e voi la opprimete di magia, speranza e buoni propositi. Se volete essere buoni e gentili, fatelo tutto il resto dell'anno.-

-Oppure mai, come fai tu.-

Lo fisso un lungo istante. -Esattamente.- Sollevo un sopracciglio ed esco dal locale.

Torno in ufficio, a quest'ora del venerdi pomeriggio praticamente vuoto. Sto facendo un turno opzionale, il venerdi pomeriggio non è obbligatorio. Chi ha già finito il suo mansionario settimanale può andare a casa prima dell'una. Io non ho niente da fare a casa e poi stare al lavoro quando non c'è nessun'altro non mi dispiace. Nessun rumore, nessuna risatina improvvisa e inopportuna, la porta non si apre mai.

Lavoro fino all'ora di cena, fuori è ormai buio e sta anche nevicando. Mi affretto a spegnere il pc prima che gli autobus diventino inagibili, non voglio farmi una scarpinata a piedi con questo tempaccio.

Apro la porta dell'appartamento e Momo mi corre incontro. Questo gatto è così affettuoso, forse in una vita precedente era un cane. Mi si struscia contro le gambe facendo le fusa e io mi piego a grattarle sotto il mento. Il suo pelo grigio profuma di pulito. Non esce mai dall'appartamento, è come se io fossi l'inquilina e lei il vero padrone.

Apro il frigo e tiro fuori delle zucchine, le taglio grossolanamente, aggiungo un peperone e butto tutto nella friggitrice ad aria. Accendo il cuoci riso e sistemo anche quello prima di azionare tutto e infilarmi sotto la doccia. Non è giorno di capelli, quindi sono piuttosto rapida. Mentre la mia cena finisce di cuocere mi sdraio sul divano in accappatoio, immobile per far assorbire meglio al mio viso la maschera che ho applicato.

Per fortuna non sono metereopatica e non lascio mai che fattori esterni influenzino il mio umore, altrimenti credo che Natale sarebbe il periodo più deprimente dell'anno. È bello se sei un bambino e credi a babbo Natale. Quando ancora non sai che la magia è solo una finzione messa in atto dai tuoi genitori per farti stare buono a suon di ricatti. Poi cresci e capisci che di magico a Natale non c'è proprio niente. La gente, a volte, è felice senza motivo. Anche io sono felice. Sono esattamente dove voglio essere, a un passo dalla promozione che merito da sempre. Una promozione che dimostrerà che ho fatto tutto giusto, che ogni sacrificio è valso la pena.

Il familiare trillo mi informa che la mia cena è pronta. Torno in bagno a vestirmi e apparecchio con cura. Vivere da sola non è una scusa per trascurarsi. Mi verso mezzo bicchiere di vino e mi gusto la cena, mentre Momo mangia dalla sua ciotola sotto la finestra. Scorro le notizie del giorno dal tablet, evitando tutte quelle spiacevoli, non voglio che la negatività del mondo influenzi la mia vita.

Apro il calendario. Programmi per il fine settimana?

Domani mattina me la prenderò comoda. Mi sveglierò presto, come al solito, farò i miei esercizi di yoga e poi mi rilasserò sul divano fino a terminare il romanzo. Non credo alle storie d'amore e ai colpi di fulmine, ma adoro leggere di lui e lei che si innamorano a prima vista e che non fanno altro che litigare fino all'ultima pagina, quando scoprono che va bene così e che vogliono trascorrere il resto della loro vita a fare sesso tra un litigio e l'altro.

Ho avuto delle storie romantiche, certo, sono uscita con diversi ragazzi nel corso degli anni, ma non è mai durata perché non avevo interesse a farla durare. Sono stata innamorata solo una volta, si chiamava Daniel e mi ha delusa. Non permetterò a nessun altro di farlo ancora.

In tarda mattinata andrò a fare un po' di spesa per la prossima settimana e dopo pranzo andrò al centro, da mia nonna che ormai non sa più chi sono da un mucchio di tempo. Amo la felicità nei suoi occhi quando mi vede credendomi una sconosciuta che non ha niente di meglio da fare che andare a trovarla. Non fa che ripetermi come le sue nipoti l'abbiano dimenticata, nessuno si prende più cura di lei.

Domenica, invece, mi sono regalata un'intera giornata alla SPA: massaggi drenanti, pulizia del viso, manicure, pedicure, piscina. Voglio tornare a casa con almeno dieci anni in meno pronta per dimostrare alla dottoressa Sullivan che sono la personificazione di una vita piena e appagante. 

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