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Capitolo due

L'ultima campanella suona e ne sono felice dal momento che è stata una giornata stancante. Abbiamo fatto il giro dell'intera scuola con Marzia e ho paura che mi ci voglia un bel po' prima di orientarmi, qualche settimana fa sono riuscita a perdermi nella mia città. E dire che ci vivo da quattordici anni. Comunque fra un giro e l'altro non sono riuscita ad andare al mio armadietto. È meglio farci un salto, giusto per alleggerire l'incudine anche chiamata cartella che ho sulle spalle. Seguo le mie amiche per andare nel luogo che ci è stato indicato perché in questa scuola gli armadietti sono raggruppati in base alla classe che si fa e con mio grande orrore scopro che io e una ragazza che non conosco siamo finite nei gruppi dei ragazzi più grandi per mancanza di armaidetti. Con quel poco coraggio che sono riuscita a raccogliere vado verso il mio armadietto. Per fortuna non c'è quasi nessuno perché da quello che mi hanno detto si stanno cambiando dopo aver fatto ginnastica. Leggermente rincuorata comincio a sistemare le mie cose, ma siccome la fortuna non mi ha mai assistito la porta della palestra si spalanca e i più grandi escono per riprendersi gli zaini negli armadietti. Cerco di farmi piccola in modo che nessuno mi noti ma il mio piano non funziona perché sento una voce dietro di me dire in tono beffardo
- ah ecco una di quelli nuovi che ha sbagliato armadietto. Poverina. Ahahahaha.-

lo sento ridere con i suoi amici ed essendo una ragazza un po' stronza e che sicuramente non si fa sottomettere rispondo - senti lo so che credi di poter esercitare qualche potere su di me solo perché sei grande ma io non sono una di quelle ragazze che si fa mettere i piedi in testa tanto facilmente perciò prima di fare il bulletto vatti a informare. Voglio essere gentile e quindi te lo dico io per risparmiarti il pezzo fino alla segreteria, non ho sbagliato armadietto, sono qui perché nella nostra zona non ce n'erano abbastanza e invece qui ne avanzavano.- lo dico con tono arrabbiato ma senza guardarlo negli occhi.

Mi sa che la mia risposta lo ha fatto arrabbiare perché ora di rivolge a me con un tono incazzato - chi ti credi di essere ragazzina?-

Bhe questo è facile - sono Alessandra Davis e credo di essere una normale studentessa e non un dio sceso in terra. Ora però con grandissimo rammarico ti devo lasciare.- detto questo mi allontano con il suo sguardo puntato addosso e nel farlo mi accorgo di un gruppo di persone che mi guardano con la bocca aperta. Fra queste ci sono anche le mie amiche perciò mi dirigo da loro.

- brava! Gli hai dato proprio una bella lezione- dice Sara riprendendosi.

Piano piano tutti tornano in loro stessi e si allontanano verso l'uscita mormorando tra di loro. Mi incammino per seguirli felice di uscire. Finalmente fuori vado verso la fermata dell'autobus ma qualcuno mi afferra un braccio facendomi voltare. È Alessio. Dopo quella che era successo mi ero completamente dimenticata di lui , sono felice che si sia ricordato.

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