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Capitolo 2

Mamma mi chiamava come una pazza isterica dal piano di sotto, e io non avevo nessuna giustificazione, avevo speso un quarto d’ora del mio tempo solo per vestirmi, figuriamoci per fare colazione! Scesi di corsa le scale con un grande fracasso, ma non me ne curai molto. Sfoderai uno dei miei meravigliosi  sorrisi (si fa per dire) e entrai in cucina, dove il Diavolo in persona camuffato da due gemelli di 6 anni mi stava aspettando. –E’ inutile che ridi per finta, tanto rimani brutta lo stesso- Aprii gli occhi e attivai il mio chakra interno per non andare a strozzare mio fratello Jackson che se la rideva battendo il cinque a sua sorella gemella Bonnie. Inutile dire che loro in confronto a me erano bellissimi: entrambi avevano i capelli ricci della mamma e gli occhi azzurri del papà, e se non fosse stato per le loro bellissime facce, sarei stata tentata più volte di farli miei schiavi, ma facevano troppo tenerezza, anche se erano il contrario. La mamma mi dava la schiena e stava girando uno dei suoi buonissimi pancake che io e i gemelli adoravamo: -‘Giorno anche a voi miei piccoli tesorini- Mi avvicinai furtivamente a quei diavoletti e diedi un pizzicotto sulla guancia di tutte e due e poi li baciai come sotto fondo i loro lamenti. –Madre- Mi avvicinai alla donna della mia vita e le schioccai un bacio sulla guancia mentre lei sorrideva distrattamente, passandomi una fila di pancake ricoperti di sciroppo d’acero che man mano cadeva lungo i bordi delle frittelle. Il mio stomaco fece un ringhio e sorridendo mi sedetti a tavola mettendo al centro il piatto; immediatamente Jax e Bonnie si impossessarono di metà pancake e a me ne rimasero solo due e mezzo: -Se mangi tanto poi ingrassi- Guardai in cagnesco mia sorella che si stava leccando l’indice ricoperto di sciroppo. Certe volte mi domando se i miei fratellini siano dei semplici bambini di 6 anni o alieni scesi sulla Terra camuffati da due adorabili creature. Bonnie aveva maledettamente ragione, per questo li invidiavo, loro potevano mangiarsi di tutto e di più tanto erano bambini, quindi se ingrassavano a nessuno importava niente. Invece dagli 11 anni in su inizi a diminuire le dosi, pochi zuccheri o quasi niente, ma io alla Nutella non ci rinuncerò mai quindi pochi zuccheri e molta attività fisica, dove io sono una frana. Ho dei polmoni scadenti e flosci, non riesco a fare neanche un giro della palestra che già mi trovo a terra con il fiatone e la gola secca, manco fossi nel Deserto. La mamma spense il gas e con una tazza piena di caffè si sedette di fronte a me, sorrise e sorseggiò la sua bevanda, anche se si portava benissimo i suoi anni, riuscivo a scorgere qualche ruga e zampe di gallina sul suo viso, che la rendevano ancora più bella. Olivia Wilson era una stimata donna che viveva nei pressi di una fattoria con i suoi tre figli, non solo era una madre, ma anche un padre. Ha cresciuto per anni noi tre senza l’aiuto di nessuno, ha lottato contro tutti e si è presa quello che voleva con le unghie e con la forza di volontà. Molte ragazze di oggi si lamentano dei genitori che hanno, mentre io mi ritengo troppo fortunata ad avere una madre così, io non le assomiglio neanche lontanamente, e se un giorno sarò mamma anche io cercherò di seguire il suo esempio. –Tesoro devo chiederti se oggi puoi andare a prendere tu i gemelli, ho la lunga- La mamma aveva sempre molto da fare nel suo ufficio, il capo le assegnava sempre molto e lei non usciva da quella stanza fino a quando non aveva finito tutto e io sapevo quanto era importante per lei. Sorrisi e annuii guardando l’orologio che ticchettava attaccato alla parete e immediatamente scattai in piedi: -Caz...- La mamma mi guardò malissimo e perfino l’uomo più coraggioso del Mondo se la sarebbe dato a gambe mentre i gemelli sembravano visibilmente interessati. Mi schiarii la voce e feci un finta tosse per due volte di seguito e indicai l’orologio con frenesia. –Caspiterina!- Esclamai come una bambina facendo ridere i miei fratellini che mi riempirono di gioia, indicai nuovamente l’orologio e questa volta attirai l’attenzione di mia madre che alzò lo sguardo prima su di me e poi sull’orologio senza battere ciglio. Sbuffai alzando gli occhi al cielo e corsi al piano di sopra per prendere un giacchetto e una sciarpa, era in pieno ritardo, tra venti minuti sarebbe iniziata quella maledetta prigione e io non ci abitavo proprio vicino, anzi ero piuttosto spaesata in mezzo a tutti quegli alberi. Scesi di corsa le scale e per poco non inciampai sugli ultimi gradini per quanto ero sovrappensiero, presi il mio mazzo di chiavi dal vuota tasche e mi diressi in fretta e furia verso la porta salutando tutti con un CIAO urlato. Aprì dopo due click la serratura della porta e proprio mentre stavo per mettere piede sul primo gradino mia madre mi bloccò: -Cat- Mi girai lentamente ringraziando mentalmente i Santi per averla fatta svegliare da quella specie di trans, se si può definire così, e mi dondolai sui talloni. –Ti accompagniamo noi a scuola- Giuro, avrei voluto prendermi a capocciate così tante volte da farmi venire un bernoccolo gigante sulla fronte. Jax e Bonnie se la ridevano mentre mamma continuava a sorseggiare il caffè come se non fosse successo niente, feci un respiro profondo e mi richiusi la porta alle spalle cercando di non dare di matto. Tutto normale in casa Wilson

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