Esperienza extra lupesca
Un brivido mi percorre il corpo, riportandomi alla realtà. Stavo sognando di correre libero nella foresta mentre ora mi sembra di essere immerso in una vasca gelida.
《E sì che non siamo in inverno》borbotto, voltandomi sulla schiena e cercando la coperta con una mano.
Coperta che però non trovo.
Le dita tastano carne nuda e infreddolita, ma niente lenzuola o coperte.
Spalanco gli occhi di colpo e vedo soltanto un cielo azzurro e rosa, i colori dell'alba.
《Ma... ma...》farfuglio, tenendo lo sguardo fisso in alto e pregando che si tratti soltanto di un sogno.
Anzi un incubo.
Faccio respiri lenti e tento di calmare il cuore impazzito. Senza grande successo, devo ammettere. Allora abbasso lo sguardo e vedo che sono sdraiato fra erba alta e sono nudo. Tutto tutto nudo.
«Oh, cavolo» mormoro con sconforto e inquietudine.
Mi accascio a terra e mi passo le mani sul viso. Non so cosa fare. Se non pregare di svegliarmi visto che sicuramente si tratta di un incubo.
«Ahia» borbotto quando mi do un pizzicotto al braccio, giusto per verificare la teoria del sogno «quindi sono davvero in un prato tutto nudo. Fantastico» aggiungo non appena realizzo che non riesco a svegliarmi.
Mi metto seduto e provo a dare un'occhiata nei dintorni: non c'è anima viva né morta, se è per questo. Comunque sia, mi trovo in una specie di radura circondata da alti alberi frondosi e odo dell'acqua scorrere in lontananza.
«Ok. Niente panico» affermo in tono tremante e prendo un respiro profondo «non sono a casa mia, ovviamente. Quindi ieri sera sono uscito. E dove sono andato?»
La memoria non è mai stata una mia dote, però mi ricordo di non essere uscito la sera prima. Anzi, ho ordinato una pizza poi ho chiacchierato con Chuck dopodiché sono andato a letto.
«Ma certo! Chuck!» Mi rifilo una botta in fronte per la mia stupidità.
Il mio migliore amico certamente sa quello che mi è successo, ma...
«Mi sa che non ho il cellulare» sospiro, angosciato «a meno che non sia in posti improbabili. Bleah. A cosa vado a pensare? Roy, concentrati. Devi trovare un telefono. Questa è la priorità. E anche dei vestiti. Forse è meglio mettere questa come voce in cima alla lista. Sì, decisamente sì.»
Mi alzo in piedi e faccio un giro su me stesso, però il panorama non cambia: mi trovo sempre in una radura. Sospiro e mi incammino in direzione del ruscello che sento scorrere. Tanto una direzione vale l'altra visto che non so dove io sia.
«Ahi» esclamo per la terza, o forse quarta, volta.
Girare a piedi nudi in una foresta è una pessima idea. Ci sono pietre aguzze, rami, spine e chissà cos'altro che attenta alle mie estremità. Per fortuna il rumore dell'acqua si avvicina e poco dopo riesco a scorgere un fiumiciattolo che scorre pigramente del tutto incurante che io sia nudo.
Tutto tutto nudo!
Non so perché ma questo particolare mi sconvolge più del fatto di trovarmi in un luogo ignoto. Mi inginocchio sulla sponda e immergo le mani nel ruscello: l'acqua è gelida e mi fa venire la pelle d'oca. Resisto e mi do una sciaquata al volto, eliminando le ultime tracce di sonno. Dopodiché mi scuoto un poco per asciugarmi e il mio sguardo cade su una felce.
«Perché no?» mormoro, avvicinandomi alla pianta e facendo quattro conti.
Mi chino e strappo con meticolosità alcune foglie, legandole assieme con un pezzo di rampicante che trovo fra le radici sporgenti di un albero.
«Sono bravo coi lavori manuali» mi acclamo da solo quando ammiro il lavoro vegetale che ho creato ossia un gonnellino di foglie stile Tarzan che copre le parti fondamentali di un Roy ancora confuso e spaventato.
Eliminato più o meno il problema della nudità, aspetto che mi metteva molto a disagio, posso affrontare il problema numero due: trovare un telefono.
Mi passo le mani fra i capelli arruffati e umidi mentre studio l'ambiente. Peccato che una foresta sia costituita soltanto da alberi e cespugli. Nessun telefono in vista.
«Pensa Roy pensa» brontolo, spremendomi le meningi «dopotutto sei un fantastico lupo mannaro...»
Ma certo!
Essendo un licantropo, sono dotato di superudito quindi dovrei riuscire a sentire i rumori di una macchina oppure di un distributore di benzina o di qualcos'altro di utile.
Giusto?
Prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi. Cerco di rilassarmi e concentrarmi solo sui suoni che odo: il cinguettio degli uccellini, il ruscello, il vento tra le fronde, un campanellino che tintinna.
Cosa?
L'ultimo non fa parte del repertorio di Madre Natura. Un lieve sorriso affiora sulle mie labbra e mi metto in moto verso la fonte di quel rumore. La camminata si rivela lunga e quasi perdo le speranze, ma finalmente giungo ai limiti della foresta. Gli alberi si diradano e lasciano intravedere una strada asfaltata, grigia e molto molto rassicurante.
Il sorriso si allarga e corro in direzione di quel magnifico spettacolo urbano, fermandomi quando raggiungo il centro della strada deserta. Guardo in entrambe le direzioni, però non scorgo auto o camion. Le spalle si afflosciano e l'entusiasmo scema finché il suono cristallino del campanellino mi invade le orecchie.
Sollevo la testa di scatto e la vedo: sembra quasi un miraggio in un deserto tanto è bella.
Si tratta di un'officina fatiscente con l'insegna cadente e la saracinesca arrugginita, ma dotata di una tettoia dove vedo appeso uno scacciapensieri con tante piccole campanelle di metallo e una cabina telefonica ridotta all'osso. In pratica è rimasta la cornetta e poco altro. Spero solo di riuscire a chiamare Chuck.
La raggiungo con una breve corsetta e il gonnellino di Tarzan che balla sui fianchi dopodiché agguanto la cornetta e digito il numero del mio migliore amico, pregando che non stia ancora dormendo. Ovviamente addebito la chiamata a lui dato che la foresta è sprovvista di monetine e, nell'attesa, controllo i dintorni per vedere se arriva qualcuno.
«Pronto? Spero che tu abbia un buon motivo per avermi tirato giù dal letto a quest'ora.» La voce impastata di sonno di Chuck è il suono più bello che io abbia mai sentito.
«Sono nudo! Tutto tutto nudo!» E' la prima cosa che dico, con il cuore che mi martella nel petto e le dita che stringono la cornetta così forte da incrinarne la plastica.
«Buon per te» risponde Chuck, per nulla spaventato «sono contento che tu ti sia divertito.»
«Divertito? Cosa? No, no, no. Ti stai sbagliando, amico. Mi sono risvegliato nudo in una foresta. E non so nemmeno dove sia questa foresta» quasi strillo dallo sconforto che torna a braccarmi.
«Aspetta un minuto. Dove hai detto che ti trovi?» replica il ragazzo, con voce più chiara come se si fosse svegliato del tutto.
«In una foresta oppure un bosco. Non lo so di preciso. Comunque sia, mi sono svegliato qui, tutto nudo, senza avere idea di come ci sono arrivato» gli spiego in tono meno terrorizzato per fargli capire la portata della faccenda «mi sono costruito un gonnellino con una felce e ti sto chiamando da un'officina che ha visto tempi migliori. Potresti venire a prendermi?»
«Certo, certo. Nessun problema. Dammi il tempo di farmi una doccia, vestirmi, fare colazione, prendere la macchina e rintracciare il numero.» Detto ciò, chiude la telefonata senza nemmeno salutare e mi ritrovo di nuovo immerso nella solitudine e nel freddo che mi penetra tra le foglie della felce che indosso.
Ti prego, sbrigati!
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