Che vi avevo detto?
Il locale è affollato e i miei sensi di lupo vengono sommersi da un tripudio di rumori e odori che mi fanno venire una fitta alla testa. Mi porto una mano alla tempia e prego che non mi esploda il cranio mentre Allison si scosta da me per raggiungere il banco prenotazioni.
Lì trova un ragazzo, con l'aria di un diciottenne, che le domanda il numero di scarpe che porta. La raggiungo con due falcate e poso la maniglia sul bancone, producendo un rumore metallico.
«Ehm... si è rotta non appena l'ho sfiorata, Andy» dico al giovane, abbassando lo sguardo sul cartellino che ha appuntato al petto.
«Oh, mi dispiace signore. Spero che non si sia fatto male» replica lui, con voce davvero preoccupata «non so proprio come sia potuto accadere.»
Andy prende la maniglia fra le mani e se la rigira per qualche istante prima di farla scomparire sotto il bancone. Dopodiché chiede ad Allison se le scarpe vanno bene e riporta la sua attenzione su di me.
«Un 40, grazie» affermo, con un sorriso, mentre tamburello con le dita sul bordo del bancone.
I rumori si sono un poco affievoliti, ma solo perché mi sto concentrando sulla conversazione con Andy. Infatti quando rimango in silenzio, avverto i suoni e gli odori molto più intensamente.
Il cortese Andy mi porge le scarpe e ritira quelle di Allison mentre io me le cambio. Sono perfette. Gli consegno anche le mie e lo ringrazio. Poi Allison mi prende per mano e il mio povero cervello va in tilt. La sua mano è così morbida e calda. Ha una presa sicura e delicata allo stesso tempo.
«Stai sbavando.» La voce di Chuck giunge inattesa e mi fa trasalire.
«Ah! Cosa? Davvero?» brontolo, passandomi il dorso della mano sul mento «Accidenti!»
«Che succede?» Allison si ferma e mi scruta curiosa e confusa.
«Nulla. Io... ehm... mi sono accorto che siamo arrivati alla pista che avevo prenotato» mento senza alcun pudore, puntando l'indice verso l'alto, in direzione del numero che contraddistingue la pista.
«Oh» commenta lei, sorpresa, e mi lascia andare. Un po' mi dispiace, però sono felice di aver distolto la sua attenzione dalla mia conversazione, se così si può chiamare, con Chuck.
«Prima giochiamo oppure mangiamo?» le domando, avvicinandomi alle bocce in attesa di essere lanciate.
Mi stanno ossessionando. Esattamente come i lacci delle scarpe del mio migliore amico. Avverto l'insano impulso di farle rotolare e giocarci. Probabilmente Allison troverebbe la cosa bizzarra e inquietante e credo di averle già dato una dose abbastanza alta di stranezze.
《Direi di fare qualche partita》risponde la ragazza, con un sorriso accattivante e l'aria agguerrita.
《Ci sto》approvo con un cenno del capo per poi prendere la prima boccia.
È nera a strisce blu elettrico. Non pesa nulla. Me la rigiro fra le mani dopodiché mi volto in direzione della pista. Obiettivo: fare strike.
La coordinazione non è mai stata il mio forte. Quindi vedere la boccia che si dirige diligentemente verso i birilli per sbaragliarli tutti in un secondo.
«Wow» mormoro senza fiato dalla sorpresa e rimango a bocca aperta dal tiro che ho appena eseguito.
«Bravissimo. Mi avevi detto che non eri mai stato al bowling» afferma Allison, prendendo una boccia rosa shocking.
«Io... oh, beh... immagino sia la fortuna del principiante» farfuglio, arretrando di qualche passo e lasciando la pista a lei.
Allison mi rivolge un sorriso ammiccante dopodiché fa la sua mossa: il lancio è pulito e rapido ed è uno strike, identico al mio. Batto le mani, decisamente ammirato dalla sua performance, e mi rifaccio sotto, elettrizzato dalle mie nuove capacità sportive.
Dopo tre strike consecutivi, Allison si arrende e dichiara di aver fame così ci fermiamo e ordiniamo hamburger e patatine. Ci accomodiamo su un divanetto bordeaux proprio di fronte alla nostra pista mentre attendiamo la nostra cena.
«È una serata fantastica. Mi sto divertendo un mondo» dice Allison, voltandosi verso di me con occhi luminosi di allegria.
«Anch'io» concordo con lei, sbavando leggermente come sempre mi capita in sua presenza «non credevo che... beh, però... comunque sono contento che sei contenta, ecco.»
Allison ride di gusto e si scosta una ciocca di capelli dorati dalla guancia. È splendida anche mentre mangia un hamburger e si sporca le dita di salsa.
«Dovremmo farlo più spesso» commenta, leccandosi l'indice per pulirlo dal ketchup «uscire io e te, intendo. Siamo amici da tanti anni, però non usciamo molto assieme. Ammetto che in gran parte è colpa mia: la mia famiglia è iperprotettiva.»
Spazzolo la cena in due morsi e mi accorgo di avere ancora fame. Il tizio che sta lanciando la boccia sulla pista affianco ha un'aria appetitosa: mi lecco i baffi sovrappensiero.
«Non puoi mangiartelo.» La voce di Chuck interrompe il flusso dei miei pensieri, decisamente sanguinosi, e mi fa guaire di disappunto.
«Allora? Che ne dici?» mi domanda Allison, in tono impaziente e sollecito.
«Ehm... cosa?» balbetto io, battendo le palpebre un paio di volte per liberarmi dalla voglia di masticare il giocatore di fianco a noi.
«Usciamo insieme un'altra volta?» chiede la ragazza, con occhi dolci e un'espressione speranzosa in volto.
«Un'altra volta? Io e te? Tu e io?» farfuglio senza capire davvero la piena portata di quella dichiarazione «certo! Tutte le volte che vuoi!»
«Magnifico!» esclama lei, raggiante e divertita «che ne dici del prossimo venerdì? Cena e cinema?»
«Accetta subito, idiota» sibila Chuck, in tono impellente.
«Accetto» quasi urlo dalla gioia e il tizio che stavo per addentare si gira verso di me, sbagliando il tiro e facendo andare la boccia fuori pista.
«Maledizione» sibila adirato e ci raggiunge a passi rapidi per uno della sua stazza «è colpa tua. Se non avessi gridato, avrei fatto strike.»
Mi ritraggo e cerco di fondermi con la sedia, ma il lupo dentro di me la pensa diversamente: un cupo brontolio mi scuote il petto mentre arriccio le labbra. Allison sbatte una mano sul tavolo e tutti sobbalziamo spaventati.
«Come si permette? Il mio amico non ha alcuna colpa. E comunque lei non avrebbe fatto strike» afferma con decisione e la trovo ancora più bella da arrabbiata.
L'uomo si acciglia e decido di prendere in mano la situazione. Mi alzo, raggiungo la fila di bocce e ne prendo una dopodiché torno dallo sconosciuto, dando le spalle a Allison.
«Ti conviene tornare a giocare» gli suggerisco con voce bassa e cupa, un tono del tutto nuovo per me.
«Altrimenti?» replica il tipo con un sorriso di sfida in viso.
Non ribatto in alcun modo. Alzo un poco la boccia e comincio a stringerla fra le mani: la superficie inizia a incrinarsi e numerose crepe si diramano dai punti di pressione finché non si rompe con un sonoro crack.
L'uomo deglutisce a fatica per poi girare i tacchi e andarsene via dal locale. Soddisfatto di me stesso, ritorno da Allison e finisco di bere la mia Coca Light.
«Certo che questo posto avrebbe bisogno di una ristrutturazione» commento, addocchiando i pezzi della boccia rimasti sparpagliati a terra.
«Wow.» È l'unica parola che pronuncia Chuck.
«Hai ragione. Prima la maniglia e ora la boccia. Eh sì che aveva molte recensioni positive su internet» osserva Allison, scuotendo la testa con desolazione.
Dovrebbero esistere bowling a prova di lupo mannaro...
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