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Casa dolce casa

''Quindi... è questa casa nostra?'' dice Aria strabuzzando gli occhi. Questa buffa puffetta, alta e longilinea, non inganna nessuno col dolce visino angelico. La verità? La piccola Aria graffia. E' il genere di ragazza che può far ridere fino alle lacrime, ma non va sottovalutata. Un ragazzo una volta tentò di importunarmi e lei gli piantò un bel calcio nei gioielli di famiglia.

Ha origini orientali. I begli occhi a mandorla sono grandi, mentre il naso è piccolo e proporzionato al viso snello. Ho sempre invidiato i suoi capelli neri e lisci come la seta. I miei, riccissimi, non sono ugualmente clementi. La scorsa settimana ho dimenticato il balsamo e la mia povera spazzola nuova di zecca è morta impotente, lottando contro i miei intricatissimi capelli.

Guardo lo scenario che mi si presenta davanti. Il quartiere non è sicuramente come in foto. ''Che strano da Google Maps sembrava diverso.'' rispondo, cercando di convincere sia me che lei che ci sia un errore. L'edificio non è esattamente come speravamo, ma è sicuramente quello giusto. Avete presente quando fate shopping online, trovate un bel vestito-magari bianco-e allora lo ordinate, poi arriva e non solo vi sta male perché avete mangiato dieci pizze negli ultimi cinque giorni, ma anche e soprattutto perché il modello è diverso da come lo aspettavate? La nostra maledettissima situazione.

Il palazzo è bianco, preceduto da un piccolo prato completamente secco, come se in quei giorni il deserto del Sahara avesse fatto un saluto alla cara Chicago. Delle pietre in fila sembrano condurre al portone di ingresso. Dico ''sembrano'' perché sono disposte con tanta casualità da poter indurre in errore. Di fronte a questa ''bella'' vista, mi sbatto con forza una mano sulla fronte. Che merda!

Il nostro tassista trasporta le valigie e, dopo aver lasciato la mancia, entriamo e prendiamo l'ascen...le scale. Io e Aria ci guardiamo qualche minuto, senza proferire parola. Poi iniziamo la nostra scalata verso il quarto piano. Arrivate in cima ci sentiamo come Zeus sull'Olimpo. E' normale che senta già delle gambe sodissime? Succede ogni volta che faccio le scale, in realtà.

Aria, nell'enfasi, lancia in aria una borsetta leggera in tessuto rosa, ed esulta rumorosamente, davanti alla porta della nostra umile dimora. Ma siccome il pianettorolo è indecentemente piccolo, la borsetta finisce per cadere sul primo gradino e inizia a rotolare. MI giro e guardo divertita la scena, inizio a ridere tanto che sento quasi le lacrime agli occhi. Aria fa lo stesso.

Quando ci rigiriamo verso la porta la troviamo già aperta...con la nostra nuova coinquilina intenta ad osservarci. Non l'avevo mai vista prima, poco ma sicuro. Non che conoscessi bene Chicago. L'unica volta che l'ho visitata è stata qualche settimana fa, quando ho fatto il mio colloquio.

E' abbastanza alta e formosa. Ha la pelle scura ed i capelli castani sono decorati con ciocche rosa. Sul naso ha un piercing che le incornicia il viso perfetto. Già mi piace. In questo momento, però, ha un'espressione indecifrabile.

''Io sono Clara'' dico sorridendo e cercando di sembrare cordiale. Lei riduce i due occhioni a una fessura, minacciosamente. Sento Aria deglutire. Perché questo momento è così imbarazzante? (e inquietante? Sta per ucciderci?)

''E lei è...''

''Aria'' continua la mia amica del cuore interrompendomi e rivolgendole un sorriso gentile. Lei si sporge dalla porta, lasciando per un attimo il suo territorio. Poi semplicemente sorride, spalancando gli occhi come una maniaca: ''Sarà bellissimo! Vedrete! Ogni giorno sarà come un pigiama party! Che bello, non mi sembra vero! E' da anni che non si vede qualcuno nuovo in questo palazzo dalla morte della signora Robinson!'' Aspetta, cosa?

Nel giro di dieci minuti imparo praticamente tutto della sua vita. Immagazzino le informazioni più importanti: si chiama Cassie, diminutivo di Cassiopea e non di Cassandra (e guai a chiamarla Cassandra), ha ventidue anni e studia per diventare infermiera in un'università lì vicino. Non nego che mi abbia abbastanza spaventata, specialmente quando ha detto di aver rubato il biglietto alla sua ex coinquilina per andare al concerto di Ed Sheeran, qualche anno fa. Okay, forse lo avrei fatto anche io.

Dall'ingresso si giunge alla sala, non molto grande ma confortevole. Il divano in tessuto beige sta davanti ad una bella televisione, adatta ad una maratona di Netflix. Accanto al mobile della televisione c'è una libreria semi-vuota, dal soffitto pende un lampadario semplice. Un piccolo tappeto copre il parquet davanti al divano, mentre dietro ad esso si trova un bel tavolo in legno. La porta che conduce alla cucina è dietro. Il bagno è in comune. Alle tre camere si giunge attraverso un corridoio. La mia è carina, con un letto accanto a cui sta un comodino azzurro, mentre la scrivania giace di rimpetto alla finestra. Tutto sommato mi piace.

Disfiamo velocemente quel che serve per la prima notte e alle dieci vado a dormire. Domani è il mio primo giorno di lavoro e voglio andare alla grande. Quindi ho bisogno di riposo. Non appena chiudo gli occhi però inizio a pensare a tutto quel che potrebbe andare storto, considerando che si tratta di me e della mia goffaggine. Penso alla figura delle riviste, a quella delle tette, per non dimenticare quella del muffin. E non ho nemmeno iniziato a lavorare.

Per favore, se lassù c'è qualcuno, domani non mi tradire. Se non guadagno quei soldi non potrò pagare le bollette, verrò mandata in carcere e mi si macchierà la fedina penale.

E se in prigione dovessero picchiarmi?

Be', forse se mi colpissero il naso o la bocca potrei rifarmeli gratis.
Come se rifacessero il naso ai carcerati...tuttalpiù assomiglierei a Voldemort.

E poi non avrei la piastra! Non posso vivere senza piastra!

E se mi mettessero in un carcere femminile? Non troverei l'amore della mia vita. Quindi non comprerò mai un husky da chiamare Pedro!

Pff, grazie mille. Sciupafeste.

La morale della favola è che mi addormento alle quattro di notte.

Quando la mattina dopo mi sveglio, sono praticamente uno zombie. Decido di vestirmi in modo elegante, con dei pantaloni bianchi palazzo, a vita alta. Indosso degli stivaletti neri chiusi con tacco alto e sottile, e una camicetta dello stesso colore, molto leggera. Poi acconcio i capelli castani indomabili in una coda di cavallo. Non mi trucco molto, considerando che ho a malapena la forza di reggermi in piedi. Opto per mascara e una sottile riga di eyeliner. Ed esco senza mangiare, col proposito di fermarmi alla caffetteria dell'altra volta.

La mia nuova vita sta per cominciare.

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