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ALYSSA

Fino a questo momento non avevo mai capito tutta l'adrenalina che si prova ad assistere ad una partita di football e sentirsi parte della squadra. Come se sul campo ci fossi anche tu. Non avevo mai assistito neppure ad una partita dall'inizio alla fine. Certo, di tanto in tanto facevo compagnia ad Aisha e guardavo le partite dei suoi fratelli, ma non mi sono mai applicata più di tanto. O mi portavo un libro o mi perdevo nei miei pensieri, ma stavolta è diverso. Stavolta sono in prima linea e non solo perché faccio parte delle cheerleader, ma perché sul campo c'è lui. Oliver.

Ogni volta che qualcuno lo placca mi manca il respiro fin quando non mi assicuro che stia bene e quando ha lui la palla faccio il tifo più degli altri. Come adesso che sto stritolando le mani di Aria e Aisha ai miei fianchi mentre non stacco gli occhi da Oliver. Sta andando spedito verso la metà del campo degli avversari pronto a lanciare la palla a Brian, che la afferra senza un attimo di esitazione. Inizio ad urlare e a saltare come una matta perché sono così fiera di lui. E, vederlo correre verso di me e alzarmi in braccio facendomi girare prima di sorridermi, il casco in mano, è ancora più bello. E quello che dice dopo mi fa letteralmente tremare le ginocchia come gelatina.

-Questo e tutti i punti che farò saranno tutti per te- mi lascia un bacio sudato sulla fronte senza smettere di sorridere prima di ritornare in campo. Dalla sua squadra. Ma senza allontanarsi davvero a me. Continua a lanciarmi occhiate durante tutto il resto della partita e continua a sorridermi anche mentre faccio il coro, specialmente per lui.

Quando termina la partita, con la vittoria della nostra squadra, tiro un sospiro di sollievo perché adesso Oliver non correrà più il rischio di un braccio rotto o qualche costola magari. Solo che mi risale la bile in gola quando vedo un giocatore della squadra avversaria chiamarlo. Chiamare proprio lui. ha il casco in mano quindi vedo benissimo che la sua mascella è rigida così come tutto il corpo. Stringe i pugni lungo i fianchi, ma non serve a nulla perché l'attimo dopo da un pugno in faccia al ragazzo. Credo che gli abbia rotto il naso solo che reagisce attaccando Oliver e così cadono a terra. Un attimo prima Oliver è bloccato dal peso dell'altro giocatore e quello dopo ribalta la situazione continuando a colpirlo in faccia. Vorrei andare da lui, corrergli incontro e cercare di fermarlo, ma le ragazze me lo impediscono quindi non mi resta che urlare. Fino a quando Brian e Jake, finalmente, separano i due e trascinano via Oliver, furioso, mentre l'altra squadra porta via il suo giocatore sostenendolo. È ricoperto di sangue, ma io sono concentrata su Oliver che va verso lo spogliatoio. Che mi passa accanto e non mi degna di uno sguardo mentre io sono senza voce a causa delle urla. E ho le lacrime agli occhi anche se non ho motivo di piangere, perché io e Oliver non siamo nulla. Siamo usciti un paio di volte e poi? Basta. Non ci siamo neanche ancora baciati anche se lui vorrebbe andare oltre.

-Vieni a sederti...- sento a malapena Aria tirarmi verso la panchina per farmi sedere mentre Aisha mi passa una bottiglietta d'acqua che mi scolo quasi tutta in meno di un minuto. Se bevo non posso piangere. E non voglio.

-Sono cose che capitano Aly. Hai visto Blake prendere a pugni ed essere preso a pugni sul campo tante volte quanto me. Fa parte del gioco- appunto. Del gioco. Ma il gioco era finito e lui lo ha attaccato... Ero rimasta d'accordo con Oliver che saremmo andati a casa sua insieme, con la vittoria o senza. Per questo, dopo essermi cambiata e tolta l'uniforme delle cheerleader, aspetto accanto alla sua auto, le braccia incrociate e lo sguardo che si gira ovunque per cercarlo.

Le ragazze mi hanno fatto compagnia fino ad ora, ma poi i ragazzi ci hanno raggiunti e gli ho detto che potevano andare. Se loro hanno finito, anche Oliver dovrebbe arrivare tra poco. E quando lo vedo quasi preferisco che mi ignori ancora e invece mi rivolge uno sguardo carico di disprezzo, di rabbia e di vergogna. Tutto ha a che fare con lui però. Salgo in macchina in silenzio mentre lui aspetta accanto alla mia portiera per chiuderla. Esita un'instante in cui continua a guardarmi, poi abbassa la testa, chiude la porta e va dal lato del guidatore. Il viaggio è silenzioso. Neppure la musica in sottofondo. Nulla. Solo il rumore dei mei pensieri e, cavolo, sento anche i suoi vorticargli per la mente.

-Mi dispiace- le uniche parole che mi rivolge prima di scendere dall'auto ed andare verso l'ingresso di casa sua. Però non entra, si volta a guardarmi e mi aspetta. Aspetta che vada da lui e lo faccio. Perché voglio assicurarmi che stia davvero bene. Ha le nocche delle mani escoriate e qualche graffio sul viso mentre il labbro inferiore e leggermente gonfio.

-Dove tieni il disinfettante e delle bende per curarti?- gli chiedo entrando in casa sua. È appena fuori al campus e, anche se non è come quella di Jake, è abbastanza grande per una persona sola. Mi guardo intorno e poi opto per sedermi sul divano mentre lui recupera il kit medico dal bagno. Me lo poggia sulle gambe mentre si lascia cadere accanto a me. le gambe divaricate, la testa appoggiata allo schienale e coperto dalle mani. Prendo del disinfettante e dell'ovatta, poi gli sposto la mano dal viso e inizio a picchiettare sulle nocche per togliere il sangue secco.

-Perché lo fai?- la sua voce è bassa, c'è solo una piccola luce accesa ad illuminare la stanza quindi siamo avvolti per la maggior parte dall'oscurità. Tengo lo sguardo sulla sua mano mentre rispondo.

-E tu? Perché lo hai fatto?- prende un respiro tremante e poi mi afferra la mano con la sua, quella che sto curando, così alzo lo sguardo su di lui. è dispiaciuto. Il suo sorriso non c'è quasi più.

-Mi aveva provocato- risponde monotono, con voce baritonale e sguardo puntato sulle nostre mani adesso.

-E questa è una buona ragione per picchiare qualcuno a sangue dopo la fine della partita?-il mio tono è più cinico di quanto vorrei, ma non posso farne a meno. Si sarebbe potuto fare male, davvero e potrebbe aver fatto del male anche a quell'altro ragazzo. Chissà come sta...

-Mi sono già sorbito mezz'ora di predica da parte del coach. Non mettertici pure tu, per favore- sbuffa come se fosse lui quello infastidito. Premo forte l'ovatta on il disinfettante sulle sue nocche e lo sento trasalire leggermente. Bene. Si merita un po' di dolore per essere cos' stronzo a volte. Gli scaccio la mano e mi alzo diretta alla porta. Neanche ci prova a fermarmi o a chiamarmi. Ma come ci sono finita io in questa situazione? Non mi serve ancora un ragazzo che non mi vuole parlare e mi considera pesante. Ho già abbastanza problemi da risolvere. Sono più che decisa di andare a casa a piedi, infondo dovrebbe essere a soli dieci minuti da qui. E me ne convinco di più specialmente quando esce in veranda e lo sento mentre si siede su uno degli scalini del portico.

-Aveva offeso te. Ha detto che ora potevo tornarmene dalla mia puttana- quelle parole sono come una lama conficcata nel petto. Però non mi fermo. Continuo a camminare. Supero un paio di case prima di tornare indietro e vederlo ancora seduto lì, con la testa verso l'alto a guardare le stelle. Ce ne sono parecchie stasera.

-Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino. La strada porta all'isola che non c'è...- dice mentre mi avvicino a lui. si alza lentamente continuando a guardare su e mi accarezza la guancia. Quando posa i suoi occhi su di me mi manca il fiato.

-Vuoi essere la mia isola che non c'è?- mi chiede con un filo di voce, quasi in un sussurro e io mi ritrovo ad annuire affondando la faccia contro il suo petto per sentire meglio il suo odore.

-Me ne hanno dette di tutti i colori sul campo, durante le partite. Ma nessuno deve azzardarsi di parlare così delle persone a cui tengo... Mi dispiace- continua ad accarezzarmi i capelli e io mi scosto, di poco, da lui per guardarlo negli occhi.

-Non avresti dovuto farlo per me-

-Sai quand'è stata la prima volta che ti vista- mi chiede, ha spostato la mano sulla mia guancia e ora mi sta accarezzando col pollice e io mi abbandono al suo tocco chiudendo anche gli occhi.

-Alla festa- rispondo senza esitare perché è lì che mi ha vista davvero.

-No. Qualche giorno prima. Tu eri arrivata da poco, eri sola e ti guardavi intorno entusiasta. Avevi gli occhi che ti brillavano e una voglia matta di iniziare. Eri una ragazza in procinto di diventare una donna e ho sentito il bisogno di proteggerti. Anche se u non hai bisogno della protezione di nessuno perché sei forte. Più di quanto credi- si avvicina lentamente a me, alternando lo sguardo dai mei occhi alla bocca.

-E ora?- non è nemmeno considerabile un sussurro, ma comunque riesce a sentirmi.

-Ora sei una giovane donna, ma io sento comunque il desiderio e la necessità di proteggerti- poggia il palmo sulla mia guancia e io mi alzo in punta di piedi per arrivargli a metà strada e poi succede. In un attimo. Le nostre bocche si toccano e le nostre lingue già sanno cosa devono fare. È come se avessero vita loro e già si conoscessero, ma per me è tutto da scoprire e voglio prendermi tutto il tempo per farlo. Per assaporare il momento. La sua bocca. Lui. Perché la mia scelta è lui. lo è stata dall'inizio e io sono la sua. 

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