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Svolta parte 2 capitolo 10


Angie

«Non sono una che si arrende facilmente» avevo pronunciato quelle parole con molta sicurezza e, vedendo un lampo attraversare gli occhi di Victor, distolsi lo sguardo puntandolo davanti a me e presi il mio cellulare sentendolo vibrare.

Una bustina lampeggiava insistentemente ricordandomi di quanto mia madre e la tecnologia non andassero d'accordo: fra i vari social molto comuni, lei continuava a utilizzare gli antiquati sms per potermi inviare un avviso veloce, evitando una telefonata.

"Tesoro dove sei? Io e tuo padre per pranzo non saremo presenti. Ti ho lasciato tutto pronto nel frigo. Rispondimi presto, mamma"

Lessi il messaggio senza dar troppa importanza al fatto che loro non fossero in casa e, velocemente, scrissi la risposta.

«Ti accompagno a casa, andiamo» disse improvvisamente Victor prendendomi contro piede

«Non sapevo di aver richiesto un bodyguard» risposi ironicamente imitandolo. Lo sentii sbuffare avviandosi verso la sua auto

«Proprio non riesci a non farmi saltare i nervi per più di due minuti, vero?» chiese infastidito così mi avvicinai al suo fianco.

«Ecco finalmente il Victor scorbutico. Sai, stavo iniziando a sentirne la mancanza. In effetti tutto questo buonismo nei miei confronti era abbastanza inquietante» risposi aprendo poi la portiera della sua auto una volta arrivati.

«Ci sarebbero cose, in realtà, più inquietanti di questo» disse Victor salendo anche lui.

«Illuminami allora» la buttai lì sapendo, con assoluta certezza, che non avrebbe aperto bocca al riguardo e infatti rimase in silenzio, mettendo a moto.
«Come non detto» sospirai poggiando comodamente le spalle al sedile mentre, la strana foto vista nel pomeriggio, continuava a far visita alla mia mente. Un angelo divorato dalle fiamme, quasi sofferente eppure bisognoso di sostenere il mondo per non farlo sprofondare. Che diamine significava? E soprattutto, perché una foto deve turbarmi così tanto?

«Occhio o la testa potrebbe scoppiarti con tutti questi pensieri»
Ed ecco la sua voce, pronta a destarmi da qualsiasi cosa. Mi voltai a guardarlo, aveva un'espressione seria con gli occhi puntati sulla strada

«Non potresti solamente guidare e far silenzio?»
Improvvisamente frenò in modo brusco in mezzo alla strada e dovetti poggiare le mani sul cruscotto per non andare a sbattere sul vetro.

Guardai davanti a me notando la strada completamente deserta e così mi voltai verso Victor che, con ancora gli occhi rivolti verso la strada, strinse forte tra le mani il volante.
«Cos'è ha appena attraversato una formica? perchè non vedo nessuno» dissi infastidita ma in quell'istante sentii una terza voce

«Dove vai?» chiese quest'ultima. Vidi Victor voltarsi verso il lato del suo finestrino

«Devo fare una cosa e poi vengo a casa». Mi allungai verso destra e scoprii a chi appartenesse quella voce: capelli marroni coperti da un cappello appoggiato al contrario, viso giovanile, forse della mia stessa età e un fisico non molto robusto. Ciò che però mi colpii furono i suoi occhi, così identici a quelli della persona che stava al mio fianco.

«È lei?» chiese il ragazzo e Victor annuì così il nuovo arrivato prese a squadrarmi da cima a fondo, facendomi sentire a disagio.
Ma cosa vuole, una fotografia?

Il suo fissarmi cominciò a infastidirmi ma quello, poco dopo, sfoderò un sorriso che riscaldò il mio cuore. «Mi rincresce dirlo Vì ma avevi proprio ragione, finalmente ho il piacere di conoscerti Angie.» Lo guardai sconvolta dopo aver udito il mio nome uscire dalle sue labbra, anch'esse uguali a Victor.

«È il caso che io sappia chi tu sia dato che conosci bene il mio nome»

«Pardon, mia culpa! Piacere io sono Mike il fratello di questo sfigato, Victor mi ha parlato molto di te».

A quelle parole lo fissai incredula
«Non credevo di essere così conosciuta»

«Mike ora dacci un taglio, ci vediamo a casa» disse Victor leggermente irritato. Mike ridacchiò dando poi una piccola pacca sulla spalla di suo fratello

«Ma certo certo vai pure, tolgo il disturbo» rispose Mike tornando a fissarmi «È stato un piacere conoscerti... Angie» e dopo queste ultime parole accompagnate da un altro magnifico sorriso, Mike ci salutò e Victor partì a tutto gas.

«E così parli di me a tuo fratello, curiosa come cosa» dissi divertita mentre Starbucks sfoggiava il suo luminoso logo dietro di noi

«Gli ho solo detto del nostro spiacevole incontro, non sei così importante».

Sentendo quelle parole sentii una strana sensazione farsi strada in me, non che mi importasse qualcosa ma le sue parole avevano graffiato un po' il mio cuore.

«Tu e la delicatezza non andate per niente d'accordo, dovresti prendere esempio da tuo fratello in quanto tatto» sbottai infastidita. Victor non disse nulla, limitandosi solo a fermarsi una volta arrivato sotto casa mia

«Puoi scendere». Di nuovo quella strana rabbia prese possesso del mio corpo, ma francamente, avrei sfidato chiunque a mantenere la calma di fronte a quella sfacciataggine così, aprendo velocemente la portiera dell'auto, scesi da quest'ultima voltandomi per un istante verso di lui, notando nei suoi occhi il solito lampo attraversarli.

«Ah, la prossima volta ricordami di non accettare più passaggi da te» in preda alla rabbia chiusi la portiera sbattendola e mi diressi verso casa.

Una volta dentro diedi un calcio alla porta e, poggiando la schiena su quest'ultima, lasciai il mio corpo scivolare lentamente sul pavimento. Portai le mani sul viso e cominciai a respirare profondamente sentendo il mio cuore agitato più del dovuto.

Sin da piccola, i miei genitori mi avevano iscritto a un corso di respirazione contro gli attacchi di panico e d'ansia poiché alla nascita avevo riscontrato dei problemi. Per aiutarmi quindi, mi avevano spronato a frequentare i corsi pomeridiani per la terapia.

Provai con la respirazione profonda prendendo quanto piu aria possibile per poi espirarla, inclinando la testa. Uno, due, tre, quattro e cinque trattieni. Sei, sette, otto, nove e dieci espelli, continuai a ripetere l'esercizio per quattro volte iniziando ad avere i primi benefici: il cuore cominciò a calmarsi, i nervi si rilassarono e quando mi sentii meglio mi sollevai dal pavimento alzando gli occhi sul frigo dove un piccolo post-it giallo recitava alcune parole "Tesoro mio, in frigo hai il minestrone che ti piace tanto, un bacio mamma."

Mi avvicinai accarezzando il piccolo foglio colorato. Amavo da matti il minestrone di mia madre ma, in quello stato, il mio stomaco non volle saperne d'ingurgitare cibo quindi aprii lo sportello sopra il lavello per prendere un bicchiere finché non sentii il telefono di casa squillare.

Abbandonai il bicchiere sul bancone avvicinando la cornetta all'orecchio, sospirando «Casa Kadmon, chi è?».

Un silenzio tombale riecheggiò dall'altra parte così mi ritrovai a ripetere «Chi è?» ma ancora silenzio.

Guardai la cornetta posandola al suo posto e aggrottai le sopracciglia, sollevai gli occhi verso la finestra e per poco non strillai: il nero dominava completamente le mie pupille chiare per la seconda volta, dopo due settimane. Continuai a fissare i miei occhi attraverso il vetro e indietreggiai «No, non di nuovo».

Urtai con la schiena il frigo e un dolore lancinante scoppiò nelle mie scapole costringendomi ad atterrare con le ginocchia sul pavimento.

La mia schiena fu come avvolta dalle fiamme e due lame invisibili e incandescenti tagliarono lentamente la pelle dalle mie spalle.
Urlai con tutto il mio fiato per quello strazio, ritrovandomi immobilizzata in quella posizione senza riuscire a muovere un muscolo.

Provai a portare una mano sulla spalla destra e la sentii bollente così la ritirai cercando, poi, di risollevarmi da terra. Con fatica riuscii a mettermi all'impiedi e posai lo sguardo sul tavolo in legno posto al centro della stanza: un liquido nero lo avvolgeva completamente tendendo poi a scivolare sul pavimento, come a volermi raggiungere. In un momento di lucidità, scattai verso la porta d'ingresso uscendo fuori alla velocità della luce.

Mi guardai intorno spaventata notando un'auto in fondo al vialetto ma... aspetta un attimo, quella è l'auto di Victor! Che diamine ci fa ancora qui?

I miei pensieri furono interrotti da un rumore dentro casa così, scendendo le scale e aprendo il cancello, mi fiondai fuori dal giardino cominciando a correre. Una mano bloccò la mia fuga disperata e voltandomi vidi Victor davanti a me. Mi liberai dalla sua stretta «Va via Victor, che ci fai qui?»

«Angie che diamine è successo?»  disse poggiando le mani sulle mie spalle che presi poi a scrollarmi di dosso, indietreggiando fino al muro.

«Che cosa vuoi? Devi andartene, IO devo andarmene!» risposi completamente fuori di me. Avevo solo bisogno d'aria, dei miei genitori, delle loro rassicurazioni e che tutto questo fosse solo un brutto sogno a occhi aperti.

«Non puoi andare da nessuna parte in queste condizioni, ferma» disse Victor tornando a bloccarmi dalle spalle e fu lì che lo feci: in preda all'agitazione e alla paura, la mia mano scattò sulla sua guancia.

Vidi il suo viso voltarsi  verso destra al colpo, in altre circostanze mi sarei scusata ma non in quello così, una volta libera, lo guardai

«Vattene» dissi e scattai verso destra: ciò che non potevo prevedere era quello di ritrovarmi con le spalle al muro e le labbra di Victor sulle mie.

Hello readers!
Sentivo dei piccoli uccellini urlare, in questi giorni, il bacio e.....eccolo qui! Certo non è stato dei migliori ma capite che la situazione peggiora sempre di piu ed il loro rapporto anche. Perdonate gli errori e come sempre, se li notate, non esitate a farmeli notare. Spero che questo capitolo vi piaccia e non dimenticate la ⭐️
Ci rivediamo presto
Un bacio 😘❤️

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