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Svolta parte 1 capitolo 9.


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Il campanello suonò e la donna già pronta si accinse a raggiungere la porta d'ingresso. L'abito che indossava le calzava a pennello fasciandole il corpo esile, i capelli erano sollevati in una mezza coda e all'estremità del viso, due ciocche bionde facevano da cornice al suo volto. Il poco make-up usato accendeva i suoi occhi verdi mentre l'agitazione divorava il suo viso e così, portandosi tra le mani una piccola pochette dello stesso colore delle scarpe, si specchiò un'ultima volta e aprì la porta.

Quando lo vide rimase per un attimo a fissarlo: l'uomo indossava per l'occasione uno smoking grigio con una camicia bianca, lasciata aperta nei primi bottoni, le braccia erano incrociate al petto e lo sguardo assorto nei pensieri.

Non appena si accorse della presenza della donna, l'uomo la guardò
deglutendo più volte e, avvicinandosi, le baciò il dorso della mano.
«Ti avevo chiesto espressamente di non abbagliarmi, donna»

«Ma non ero stata avvisata che invece lo avresti fatto tu» le rispose sorridente accarezzandogli una guancia. Si sollevò sulle punte dei piedi, in modo da arrivare alla stessa altezza dell'uomo «Mi sei mancato» gli sussurrò poggiando le labbra sulle sue.

L'uomo prese fra le mani il suo viso e ricambiò il suo bacio, facendola indietreggiare fino a farle poggiare la schiena alla porta.

«Dove andiamo?» chiese la donna tra un bacio e un altro

«Se ancora continui a tentarmi da nessuna parte» le rispose lui poggiandole le mani sulle spalle. La donna si imbronciò

«Sei incorreggibile»

L'uomo ridacchiò e una volta arrivati davanti l'auto, le aprì la portiera «Prego» la incitò salendo poi dall'altra parte e mise a moto.

«Allora? Dai lo sai che sono curiosa» le chiese la donna impaziente, così lui la guardò per un istante «Abbi pazienza donna. Mettiti comoda e goditi la serata.»


**************

Angie

«Per me una cioccolata calda, tu Angie?» mi chiese Emily

«Per lei un tè, non è vero?» mi precedette Victor e, a quel punto, alzai lo sguardo sollevando un sopracciglio. Stavo per ordinare davvero un tè ma il moretto in questione mi aveva anticipata sfacciatamente, così decisi di non dargliela vinta.

«No, un caffè grazie» risposi sollevando il mento. Lo vidi scrivere nel suo taccuino con un'espressione divertita e poi andar via.

«Sei un'abituè di questo bar?» mi chiese Emily una volta sole

«È dai tempi del liceo che vengo qui»

«E ci sono sempre stati camerieri fighi pronti a ricordare cosa ordinano di solito i clienti?» mi domandò divertita. La guardai amareggiata

«Ti prego Em, non entrare anche tu nel gruppetto di cui fanno parte le ragazze che frequentano questo posto»

«Ovvero?»

«Ovvero che tutte credono che lui sia bellissimo e quindi può permettersi ogni cosa» risposi.

A quelle parole, Emily mi guardò scettica inarcando un sopracciglio
«Angie sei seria? Ma lo hai visto?»

Vidi Victor tornare al nostro tavolo così feci segnale alla mia amica di far silenzio

«La cioccolata per te» disse lui poggiando la tazza davanti a Emily «E...il tuo tè».

Guardai la bevanda fumante davanti il mio viso e mi voltai verso Victor «Ma...» lo vidi sorridermi con un ghigno divertito e dirigersi verso un altro tavolo. Tornai a guardare il tè e sollevando gli occhi vidi Emily, con la bocca aperta, fissarmi stupita «Ti prego nessun commento, silenzio» sospirai e poggiando i gomiti sul tavolo presi il bicchiere tra le mani.

Una volta uscite dal bar decidemmo di passare al parco sedendoci in una panchina. Lei mi raccontò della sua frustrazione, delle sue debolezze e del fatto che fosse stanca di tutta la situazione con sua madre.

Io l'ascoltai in silenzio: in tali situazioni le parole sono solo superflue, bisogna solo ascoltare ed essere pronti a sostenere, sempre.

Il telefono di Emily trillò improvvisamente e tirandolo fuori, la vidi fare una piccola smorfia
«George, cosa c'è?».

Da ciò che ricordavo del suo racconto, George era il tutore legale della madre di Emily -nonché cugino lontano di quest'ultima- da quando era stata dichiarata incapace di intendere e di volere ma aveva chiesto alla mia amica di prendere lei il suo posto, per alcuni problemi familiari. In cambio, ogni qual volta Emily andava a lavoro, lui le avrebbe dato il cambio. La guardai sbuffare e chiudere la chiamata «Ora devo andare, la moglie di George lo ha chiamato per andare a trovare la suocera» alzò gli occhi al cielo e io ridacchiai.
«Grazie Angie» disse a un certo punto guardandomi «Grazie per tutto» mi abbracciò e io la strinsi forte a me

«Sappi che io sono sempre qui capito? Sempre» le dissi sciogliendo l'abbraccio e notai i suoi occhi lucidi così, sorridendo, poggiai le mani sulle sue guance «Sta tranquilla e adesso ho bisogno che tu mi faccia uno dei tuoi sorrisi luminosi» e a quelle parole la vidi finalmente incurvare gli angoli delle labbra all'insù.

Ci salutammo e una volta andata via mi strinsi nella spalle, abbassando lo sguardo sulle mie braccia sempre più bianche.
«Perché...perché» dissi a me stessa guardando poi il mio tatuaggio e, sfiorandolo con le dita, ripensai al negozio, devo ritornarci. I miei pensieri furono interrotti da qualcuno che, schiarendosi la voce, spuntò dietro le mie spalle.

«Allora sai essere anche dolce.»

Sospirai e voltandomi lo vidi con ancora addosso la divisa da lavoro «Senti damerino dei miei stivali, mi sa che parlerò con il tuo capo. Ha proprio bisogno di fare una bella pulizia generale del personale dato che i suoi camerieri si prendono la briga di portare ciò che vogliono ai clienti, senza tener conto delle ordinazioni» dissi facendo riferimento all'episodio del tè.

Lui mi guardò scoppiando in una fragorosa risata «Andiamo, sappiamo entrambi che lo avresti ordinato» mi rispose e io incrociai le braccia al petto.

«Hai un lavoro da svolgere, perché non vai?» dissi guardando altrove

«Oh no non preoccuparti, dovevo solo sostituire un collega per qualche ora» rispose tranquillamente Victor mentre io continuavo a guardare davanti a me evitando i suoi occhi.

«Uhm, quindi hai pensato bene di venire qui a tormentarmi ma devo darti una brutta notizia: non sono in vena di litigare»

«Dolce e anche perspicace, un altro punto in tuo favore» mi rispose.

«Quindi cosa vuoi?» gli dissi sospirando guardandolo rassegnata. Lui a sua volta mi fissò avvicinandosi

«Voglio che vieni con me»



Victor

Mi guardò stralunata, e come darle torto. Potevo benissimo vedere la sua testa porsi infinite domande sul mio bizzarro comportamento. La vidi guardarsi intorno non sapendo cosa rispondere fino a che non tornò, con lo sguardo, nella mia direzione

«Devi portarmi ancora da Starbucks e farmi salire la nausea con il tuo sovraccarico di zuccheri?» domandò storcendo il naso e io ridacchiai di fronte alla sua espressione.

«Stai tranquilla solo una passeggiata, niente zuccheri promesso» la rassicurai. Ci pensò un po' su e poi sbuffando lasciò andare le braccia lungo i fianchi

«Impazzirò a starti dietro, dai andiamo» e a quelle parole le sorrisi soddisfatto.

Passammo alcuni minuti a camminare in assoluto silenzio, uno accanto all'altro. Con la coda dell'occhio la osservai immersa nei suoi pensieri, totalmente assente.

Vedendo un piccolo muretto poco distante da noi, le feci segnale con una mano di raggiungerlo e una volta lì, ci sedemmo. «Come stai?» le chiesi a un certo punto e lei sollevò le spalle

«Come sempre»

«Lo hai più rivisto? Ti senti seguita?» domandai e lei si voltò a guardami.

«No» disse un po' titubante «Mi sento solo meno sicura ogni volta che mi trovo in strada da sola» si guardò i piedi lasciandoli dondolare e poi ritirò le ginocchia al petto, abbracciando le gambe con le braccia. Lasciai scivolare i miei occhi sulla sua pelle così pallida ma allo stesso tempo lucente, marchiata da quel disegno d'inchiostro.

Sollevai lentamente lo sguardo sul suo collo e sul suo mento: le labbra piccole a forma di cuore ma carnose e il naso un po' appuntito. Spostai lo sguardo sulle sue guance che notai colorarsi leggermente di rosso e infine, posai i miei occhi sulle sue splendide gemme azzurre.

La vidi abbassare lo sguardo per un istante, inumidendosi le labbra
«Ho qualcosa che non va?» chiese un po' a disagio. Dovevo sicuramente sembrarle un maniaco così scossi la testa.

«Non hai nulla, davvero» le risposi e lei mi guardò mentre un pensiero cominciò a insinuarsi dentro la mia testa. «Posso solo vedere una cosa?» e dicendo ciò presi la sua mano tra le mie preparandomi alla solita scossa che, inaspettatamente, non arrivò.

La guardai e lei ritirò la mano senza chiedere nulla per il mio gesto.
«Stai leggendo?» chiesi speranzoso e la vidii annuire

«Sì, ma non ho trovato molto a parte le solite storie sapute e risapute» rispose e poi si guardò la mano «Volevi una prova, vero?» disse riferendosi al mio gesto e io annuii: sapevo ci sarebbe arrivata da sola. Mi guardò e poi sospirando portò le mani sulla testa «Non riesco a capirci più nulla,che sta succedendo alla mia vita?»

«Non ti arrendere Angie, so che è complicato ma continua a leggere» le dissi sincero guardandola. Lei ricambiò il mio sguardo

«Non sono una che si arrende facilmente» e dopo aver proferito quelle parole vidi i suoi occhi annerirsi completamente.

Hello readers!!
Finalmente ho aggiornato si non resistevo più!
Perdonatemi per l'attesa ma tra cali d'autostima e tempi davvero ridotti durante la giornata se riuscivo a scrivere due righe era già troppo. Cooooooomunque vi piace il capitolo? Ci sono solo piccoli colpi (o meglio solo uno) ma questo capitolo è davvero di passaggio per il continuo. Ho deciso di dividerlo ma aggiornerò presto la seconda parte. Perdonate gli errori, ultimamente rileggendo i primi chapter mi sono resa conto del "disastro verbale" per cui chiedo venia poiché fino ad ora, gli unici capitoli davvero revisionati sono solo il prologo ed il primo. Ciò nonostante se riscontrate errori fatemelo sapere lo accetto moltissimo, come ovviamente accetto sapere le vostre opinioni sulla storia. Ricordate di lasciare una ⭐️ se il capitolo vi piace e noi ci rivediamo al prossimo aggiornamento un bacio e buona domenica a tutti 😘❤️

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