Miti capitolo 8.
Angie
"Leggi Angie, leggi" le parole di Victor rimbombavano nella mia testa come un martello pneumatico. Leggere. Sì ma cosa? Avevo passato tutta la mattinata al pc, sfruttando l'unico giorno libero dal lavoro proprio per cercare qualche indizio sulle parole che mi aveva detto ma non avevo trovato nulla al riguardo.
Sbuffai spostando il computer dalle mie gambe per sdraiarmi sul letto: maledetto ragazzo che cosa volevi dirmi? perche tutto questo mistero?
Mi sollevai, di nuovo, mettendomi seduta, avvicinai il computer e corrucciando le sopracciglia cercai di ricordare quali parole avesse usato Victor venendomene in mente, subito dopo, tre: "L'origine del mondo" così velocemente digitai sulla barra di ricerca e cliccai invio.
Molteplici link cominciarono a spuntare sullo schermo del mio pc e come immaginavo, erano tutti incentrati sulle due teorie più famose al mondo, ovvero quella scientifica del big bang e quella religiosa. Tra esplosioni vulcaniche e creazioni degne di Oscar, scossi la testa e feci per chiudere tutte le caselle prima che un link attirasse la mia attenzione.
"YAZIDI: MITO CREAZIONE"
Corrugai la fronte e vi cliccai sopra finché la pagina non fu completamente visibile:
"Gli Yazidi sono un popolo di monoteisti, credono a un Dio primordiale (Khude o Ezid), creatore di se stesso e del mondo. Affermano di essere i diretti discendenti di Adamo (e di suo figlio) e ritengono che la loro religione sia la più antica del mondo"
Poggiai i gomiti sul materasso mettendo il mento tra le mani e continuai a leggere:
"...il mito narra che un giorno il Dio creatore, trovandosi "sulle acque" a giocare con una perla bianca, la gettò in quel mare cosmico e la perla, ormai rotta, servì da sub-sostanza da cui la terra, altri pianeti e le stelle presero esistenza. Dopo aver fatto il mondo, il creatore formò sette grandi angeli, il cui superiore prese il nome di Melek Tawsi, l'angelo pavone..."
Abbassai gli occhi in fondo alla pagina dove, in rilievo, vi era un altro piccolo link, lo aprì e spuntò fuori un immagine inquietante. Vi era un uomo, gambe incrociate, braccia dietro la testa e quest'ultima rovesciata dietro. Dalle spalle fuoriuscivano sei ali con i colori classici del pavone: sopra la testa stava in equilibrio una sfera a rappresentare il mondo e sotto le sue gambe, lingue di fuoco si innalzavano verso di lui.
Era un immagine abbastanza strana: essendo un angelo perché presentava quel fuoco infernale? La mia domanda ebbe risposta non appena proseguii con la lettura:
"...sebbene fosse l'angelo superiore, Melek venne accusato, dai nemici degli Yazidi, di essere Satana e perciò i Yazidi divennero adoratori del male."
Distolsi gli occhi dal racconto per posarli di nuovo sull'immagine e mi avvicinai allo schermo scrutandola. Passai un dito sullo schermo verso le fiamme e quello si scottò. Lo ritirai frastornata guardando prima la mia mano e poi lo schermo notando che la foto era sparita.
A salvarmi da quella confusione fu la suoneria del mio cellulare che raccolsi velocemente dal comodino. Guardai il display e mi rilassai all'istante vedendo il nome di Emily lampeggiare così, accettando la chiamata, lo portai all'orecchio
«Ehi ragazza ditale, cosa stai facendo?» sentii dire e improvvisamente scoppiai a ridere per quel nomignolo
«Ehi, stavo giusto leggendo qualcosa per passare il tempo» dissi sorridendo
«Quindi se ti dicessi di fare un'opera di carità ci staresti?» chiese Emily e distendendo le gambe davanti a me storsi il naso
«Dipende» risposi restando in attesa. Dall'altra parte sentii solo silenzio e poi un sospiro
«Ho bisogno di prendere un po' d'aria, da tutto»
Dopo che, quel giorno in sartoria, le raccontai il perché del mio tatuaggio, cominciò anche lei a dirmi qualcosa della sua vita e con sole poche parole dei suoi racconti, mi sentii angosciata. Per questo motivo a quella sua risposta, saltai giù dal letto aprendo velocemente l'armadio «Dove ci vediamo?» le chiesi
«Al Coffee Dream» rispose e fui sicura che in quel momento le fosse spuntato uno dei suoi sorrisi dolci sulle labbra.
Indossai la prima cosa che mi capitò sotto mano: una maglietta a V e dei short. Feci una coda alta ai capelli e dopo aver avvisato i miei genitori uscii fuori. Il Coffee Dream era il bar che frequentavo maggiormente e si, era anche il bar dove Victor lavorava e dove ci eravamo incontrati la prima volta.
«Angie» disse Emily una volta arrivata e allacciò le sue esili braccia al mio collo, stringendomi in un abbraccio che ricambiai dolcemente
«Entriamo» le dissi regalandole un sorriso che confronto ai suoi, assomigliava più a una smorfia. Entrammo sedendoci in un tavolo più appartato «È successo di nuovo?» le chiesi sapendo già cosa potesse essere successo.
«Si, stavolta è stato peggio delle altre anche se in questi giorni stava migliorando» disse cercando di sorridermi.
La storia di Emily fu segnata da molti avvenimenti spiacevoli: da piccola fu abbandonata dai suoi veri genitori e affidata a una famiglia di piccoli contadini. Stava bene con loro, li adorava finché un giorno, all'età di quindici anni, il suo sogno felice si frantumò. L'uomo che lei credeva essere il suo punto di riferimento cominciò a guardarla con altri occhi e una sera, mentre Emily si trovava nella propria camera con la certezza che i suoi genitori fossero usciti, lui tornò senza la moglie mettendo in pratica ciò che la sua mente perversa e malata, fantasticava da molto tempo.
Dopo l'episodio, Emily passò un periodo lungo da vari psicologi e quando finalmente trovò il coraggio raccontò tutto a sua madre. Con le varie prove la donna denunciò l'uomo che finì ben presto in prigione ma, con il passare dei giorni, quest'ultima si ammalò di depressione e finì per far uso di droghe.
Se Emily -che adesso se ne stava seduta di fronte a me a cercar di sorridere- si era ritrovata a chiamarmi sicuramente era perché sua madre aveva avuto una delle sue ricadute: nelle peggiori crisi, quando delirava, la madre accusava Emily di averle portato via l'uomo che amava.
Ovviamente la mia amica sapeva che la donna che l'aveva cresciuta non le avrebbe mai detto quelle parole da lucida, ma alcune volte crollava anche lei e come oggi, io fungevo da spalla consolatrice. Le strinsi una mano «stai tranquilla, ci sono io con te ora pensa a rilassarti ok?» quando la vidi finalmente farmi un sorriso sincero, lasciai la sua mano e vagai con gli occhi in tutta la stanza.
«Chi cerchi?» domandò la mia amica curiosa.
«Oh nessuno Em davvero...» e quando finii di pronunciare quelle parole Victor uscì fuori da una porta già in divisa puntando gli occhi nella mia direzione.
Anonimo
Appena tornato in casa mi rinchiusi nel mio studio. Mi sedetti sulla poltrona davanti al tavolo versandomi tre dita di Brandy e cominciai a sorseggiarlo pensieroso.
Ormai ero riuscito finalmente a scoprire molte più informazioni: cosa facesse, dove andasse e perfino che lavoro svolgesse. Ciò che mi aveva sconvolto di più però era stato l'arrivo di quel ragazzino per ben due volte: che ci faceva lì con lei? perché starle così vicino?
Mi portai l'indice e il pollice sull'attaccatura del naso facendo una lieve pressione a occhi chiusi
«Maledizione!» sbottai e con una mano rovesciai il bicchiere a terra che si ruppe in mille pezzi. Mi sollevai malamente dalla sedia e poggiai le mani sul vetro della grande finestra a muro del mio ufficio finché non sentii bussare alla porta
«Va via» dissi, sapendo già chi fosse e che, nonostante il mio ordine, sarebbe entrato comunque.
«I bicchieri costano e scarseggiano, con questo siamo a quota cinquanta» disse l'ospite.
Mi voltai di scatto incenerendolo con lo sguardo
«Sta zitto».
Il ragazzo in tutta risposta si sedette su una delle poltrone mettendosi comodo.
«Allora mister allegria, novità?» chiese quest'ultimo.
Spostai lo sguardo dal ragazzo ai cocci di vetro sul pavimento
«L'ho vista ancora, lavora in una sartoria in fondo alla strada».
L'ospite sollevò un sopracciglio «Ma dai, credevo volessi portarla qui, non farti rappezzare le mutande»
«Ora basta!» tuonai minaccioso facendo azzittire il ragazzo per poi continuare «Dicevo, so dove lavora e volevo compiere il piano che l'altra volta è andato in fumo ma non è stato possibile perché quell'avvoltoio le sta sempre addosso».
Il ragazzo a quelle parole aggrottò le sopracciglia portando una mano sul mento
«Ancora lui? Non pensavo fossero così stupidi» rispose e così sospirai dandogli le spalle, guardando fuori dalla finestra.
«D'accordo vecchio mio» disse improvvisamente sollevandosi «Finora mi sono tenuto fuori ma adesso tocca a me»
«No!» risposi voltandomi verso di lui.
Il ragazzo mi si avvicinò
«Allora sai il piano, attieniti a quello o prenderò il tuo posto» tuonò deciso.
Guardai negli occhi il ragazzo
«Ho deciso io come agire lo so bene, sarà fatto» dissi e mi voltai ancora una volta verso la finestra che mostrava tutta la città dall'alto
«Ti prenderò» dissi piano «Ti prenderò, con le buone o con le cattive»
Hello readers!!!
Si lo so, questo capitolo tratta un tema abbastanza forte, ho cercato di descriverlo nel modo più soft, spero di non urtare la sensibilità di nessuno ma purtroppo, nella mia mente, ci sono sempre personaggi che hanno avuto una vita traumatizzata e questa sorte è toccata a Emily quindi.. dopo averle dato il suo momento triste ecco il suo, invece, momento felice, mostrandovela
3...2...1.. Emily!!
Come la vedete? Vi piace? A me si tantissimo, ha un sorriso spettacolare!! Anyway, tornando al capitolo, la sorpresina che avevo annunciato al capitolo precedente eccola qui: un pov tutto nuovo. Chi sarà mai?fatemi sapere, come sempre, qui sotto nei commenti se la storia vi sta piacendo e/o se avete dubbi ps: ogni foto ad inizio capitolo che metto, ovviamente ha un enorme significato, soprattutto quella di questo capitolo. Se la storia vi piace non dimenticate di lasciare una ⭐️
Ci rivediamo al prossimo chapter
Un bacio 😘❤️
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