Cambiamenti capitolo 1.
Angie
Mi svegliai sudata e ansimante. Mi sollevai di scatto e mi ritrovai seduta sul letto, così ritirai le ginocchia e vi sprofondai il viso. Quel sogno mi perseguitava da molte sere ormai, facendomi visita ogni notte. Non capivo perché la mia mente e la mia fantasia continuassero a proiettare sempre le stesse immagini.
Mi dondolai su me stessa ancora per un po' poi decisi di dirigermi in cucina per prendere un bicchiere d'acqua. Poggiai i piedi a terra percependo un brivido nella schiena e mi affrettai a scendere le scale; mi avvicinai alla credenza e riempii un bicchiere d'acqua. Ne bevvi un sorso e, tenendolo tra le mani, mi avvicinai alla finestra.
Guardai, dietro le mie spalle, l'orologio attaccato al muro.
Erano le sei del mattino... davvero?
Ci pensò il cielo a rispondermi, mostrando il suo chiarore splendente e in quel momento capii che il sonno non sarebbe ritornato, quindi optai per uscire a fare una corsetta rigenerante.
Salii in camera per vestirmi ed entrai in bagno con l'intenzione di rinfrescarmi il viso. Acconciai i capelli neri in una lunga treccia e applicai un po' di trucco. Presi il mio fidato iPod e, cuffiette alle orecchie, uscii di casa passando attraverso il giardino.
Salutai, con un gesto della mano, il nostro giardiniere Paul che, come ogni mattina dalle cinque in punto, stava sistemando con cura gli alberi a cestini e i fiori che adornavano quel verde che i miei genitori amavano tanto. Lui ricambiò il saluto con un sorriso e fece per togliere il piccolo cappello.
Paul era un uomo sulla cinquantina, brizzolato con due occhi enormi marroni e tanto, tanto simpatico. Ricambiai il sorriso e, una volta superato il cancelletto e richiuso con cura, cominciai a correre sul marciapiede, diretta al parco.
Con l'arrivo delle vacanze estive le giornate non erano particolarmente afose, quindi fu piacevole ricevere sulla pelle il sole caldo.
Passati venti minuti buoni, mi fermai per riprendere fiato e mi piegai sulle ginocchia stendendo le braccia davanti a me, ma sollevando il viso notai la mia pelle che, con il passare del tempo, cominciava a diventare sempre più pallida. Sfiorai con le dita il mio braccio, ripensando ai miei quindici anni: fu quella la prima volta in cui mi accorsi di quanto la mia pelle fosse un po' troppo bianca.
Quando chiedevo ai miei genitori il perché di quel chiarore, loro cercavano di trovare una spiegazione logica. Dicevano sempre che avevo ereditato tale caratteristica da qualche vecchio discendente della nostra famiglia. All'inizio accettai quel pallore ma, più passavano i giorni, più mi schiarivo.
Dovevo fare assolutamente qualcosa e decisi di rifletterci davanti ad una bella tazza di cappuccino, così entrai nel bar di fronte al parco. Conoscevo bene quel posto e lo frequentavo sin dai tempi del liceo.
Mi avvicinai al solito tavolo attaccato alla finestra e guardai fuori da essa quando, all'improvviso, una voce sconosciuta e maschile mi riportò alla realtà
«Buongiorno, cosa posso offrirle?»
Alzai lo sguardo e notai subito il viso sconosciuto di quel ragazzo: capelli color cioccolato, occhi verdi, spalle robuste e un torace asciutto.
È carino, pensai fissando quel sorriso gentile e dolce, quasi angelico. Mi schiarii la voce accorgendomi di essere rimasta a contemplarlo per troppo tempo e, sorridendo gentile, ordinai. Lui, sempre con lo stesso sorriso, si allontanò verso il bancone per poi tornare, poco dopo, con una tazza piena del mio ordine.
«Ecco qua» disse gentilmente, posandomela davanti.
«Sei nuovo vero? È la prima volta che ti vedo e vengo qua il giusto per conoscere tutti i visi del personale» dissi senza nemmeno accorgermene. Arrossii violentemente e vidi il suo viso, divertito, abbassarsi un po' verso di me.
«Tranquilla e per rispondere alla sua domanda sì, sono appena stato assunto e da poco trasferito»
disse sorridendomi e a quel punto mi rilassai. Era strano come solo la voce di quel ragazzo mi desse un senso di pace.
«Beh a questo punto niente formalismi. Piacere io sono Angie» dissi, porgendo la mano sorridente.
«Io sono Victor, piacere»
rispose, ma non appena le nostre mani si toccarono, una scarica elettrica ci costrinse a sfilarle immediatamente.
Mi accarezzai il palmo scusandomi e lui fece lo stesso. Confusa, presi a sorseggiare il cappuccino ormai tiepido. Poco dopo aver finito e aver pagato il conto, salutai con un gesto della mano Victor e ritornai a casa.
«Mamma buongiorno!»
dissi entrando, notando i miei genitori già in cucina. Mia madre era intenta a pulire alcune posate della sera prima mentre mio padre riposava, beatamente, sul divano. Baciai la guancia di mia madre che ricambiò, con uno sguardo felice.
«Giorno anche a te, papino.»
Feci lo stesso con la guancia di mio padre e, dopo aver un po' chiacchierato con loro, salii in camera e andai a fare una doccia. Il getto dell'acqua calda portò via i pensieri che per tutto il tragitto mi avevano afflitta, il sogno che mi perseguitava ogni notte, il viso di quel ragazzo che tornava nella mia mente e la scossa che pulsava dolorante.
Uscii dalla doccia avvolgendo il mio corpo in un asciugamano e mi diressi in camera mia passando davanti allo specchio. Mi soffermai a guardare la mia pelle e feci scivolare l'asciugamano per terra.
Farò dei tatuaggi, così ricoprirò tutto questo bianco insopportabile. Tanto erano in programma da un bel pò giusto? dissi a me stessa e, lentamente, mi voltai di schiena per specchiarmi ma la mia attenzione fu catturata dal palmo della mano.
Nel punto in cui avevo preso la scossa con Victor, si era formata una piccola macchia nera.
«Ma che...» la sfiorai e la macchia cominciò a bruciarmi, costringendomi a togliere immediatamente le dita.
Guardai lo specchio e notai un'altra diversità: scostando i capelli da una parte guardai la mia schiena, dove un piccolo bozzo, all'altezza delle scapole, fece capolino e improvvisamente sparì in un modo assurdo, come se vi fosse qualcosa dentro appoggiata nella pelle e si fosse ritirata.
Ancora scioccata per ciò cui avevo assistito, alzai gli occhi verso lo specchio, controllando se la schiena avesse altre anomalie e mi accorsi che i miei occhi, color ghiaccio, erano diventati completamente neri come la pece, confondendosi con i miei capelli.
Gettai un urlo spaventata e quando mi riguardai, tutto ritornò al suo posto: la mia mano rosea, la schiena liscia e gli occhi al loro colore naturale. Raccolsi l'asciugamano e mi sedetti sul letto, aspettando l'arrivo preoccupato dei miei genitori che già potevo sentire salire le scale a due a due. Che diamine succedeva? Che fosse stato solo frutto di brutti scherzi giocati della mia mente?
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