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Capitolo 43: Voglio di più (*)

Un anno prima, 20/02
Città di San Diego

Le labbra stringono la carne e, in cambio, ricevono gemiti di apprezzamento; le mie mani corrono sul seno lasciato libero e le sue ad alzare il mio maglione per tastare i muscoli che copriva. La lingua lecca, instancabile, per poter imparare a memoria ogni sfumatura del sapore del corpo di Olly e l'erezione scalpita, impaziente, per essere liberata. La sento mugugnare qualcosa e alzo la testa, cercando i suoi occhi, senza smettere di lambire la sua carne come ho sognato per troppe notti: la sua testa è reclinata all'indietro e lascia il suo collo scoperto, inizio a pensare che questa sia la visione più erotica che esista al mondo.
Mia sorella balbetta qualcosa, ma invano, così rallento la velocità dei miei attacchi e le permetto di recuperare un po' di fiato per permetterle di parlare; anche se il suo petto che si muove frenetico sotto le mie mani e la mia bocca è una tentazione troppo grande perché io riesca a resistere a lungo.
«Sergio,»
Mi chiama, portando i suoi occhi nei miei e non riesco a credere alla loro bellezza; sono sempre stati stupendi, ma ora sono semplicemente la fine del mondo con quella patina di eccitazione e lussuria che li anima e li rende più lucidi del normale. Il membro scalpita più forte e, sono sicuro, anche mia sorella ha sentito quanta è forte la mia voglia di lei.
«Dammi di più, ti prego. Voglio di più.»

Mi immobilizzo, perdendo il contatto con il suo corpo e rimango a osservare i suoi occhi che mi supplicano per un qualcosa in più che io sogno da praticamente da sempre, ma che ho troppa paura per darglielo. Apro la bocca, come per dire qualcosa, ma la richiudo subito dopo, non sapendo cosa dirle; né come dirglielo.
Il campanello mi salva e mi alzo velocemente dal suo corpo, mi sistemo i vestiti, passandomi anche una mano tra i capelli e apro la porta; il fiatone mi fa piegare sulle ginocchia e osservo il fattorino porgermi le due scatole fumanti. Recupero il portafoglio per pagare quanto devo e poi prendo le pizze dalle sue mani, chiudendo la porta con un calcio; quando mi volto verso il divano, mia sorella si è rivestita e i capelli le ricadono oltre le spalle. Poggio le pizze sul tavolino di fronte a noi e vado a recuperare quel di cui abbiamo bisogno, quando torno, però la tv è accesa e Olly si è seduta sulla poltrona.
Abbasso gli occhi e mi pento di essere scappato così prima, anche se questo non mi impedisce di prendere il mio cartone tra le mani e iniziare a mangiare in silenzio. Cosa che mi uccide.
«Olly.»
Neanche alza gli occhi su di me; continua a giocare con i bordi della pizza, che lei non mangia mai, con lo sguardo puntato sulla televisione di fronte a noi.

Sbuffo e mi alzo dal mio solito posto, raggiungendo mia sorella e inginocchiandomi di fronte a lei; imita la mia fuoriuscita di irritazione e sposta il viso, in modo da non guardarmi. Mi arrampico su di lei e intrappolo il suo mento tra le mie dita, obbligandola a fissarsi su di me.
«Che cosa vuoi? Prima scappi da me e poi cerchi di imprigionare me?»
Non riesco a reprimere un mezzo sorriso, la cosa non le sfugge e mi colpisce il petto con un paio di pugni, cosa che mi fa scoppiare a ridere più di quanto sia concesso in una situazione del genere. Aumenta la portata dei suoi pugni e mi accartoccio quando uno mi colpisce più forte degli altri e il dolore lo percepisco davvero; sento il suo fiato trattenuto e le sue domande che si interessano a me, ma chiudo gli occhi e mi appoggio sul suo seno per riprendermi qualche secondo.
«Va tutto bene, tranquilla. Sono abituato a colpi ben peggiori.»
Faccio per alzarmi da lei, ma le sue mani si incastrano tra i miei capelli e mi tengono appoggiato al suo corpo, per poi cominciare a donarmi delle carezze che, se fossi un gatto, mi farebbero fare le fusa.

Mi godo per lunghi momenti queste coccole, poi rilascio un respiro più lungo degli altri per trovare il coraggio di spogliarmi di tutte le mie paure di fronte a lei. Inizio un lungo monologo nel quale le spiego il motivo della mia fuga, la mia voglia di lei e il fatto che avere lo stesso sangue ancora mi blocca dal riuscire a viverci completamente. Lei mi ascolta in silenzio, senza mai interrompere me o le sue carezze; si ferma solo quando io ho finito e mi permette di raddrizzare la schiena per poter far collidere i nostri due mondi scuri.
Sorride e mi abbraccia, come se fosse lei la più grande tra di noi e fosse suo compito prendersi cura di me; mi sussurra, mi implora di non scappare più, ma di spiegarle sempre quel che si agita nella mia anima. Acconsento e sciolgo il contatto, per poter sparecchiare e sistemare prima che i nostri genitori tornino a casa; il sorriso torna sulle nostre labbra e sistemo le poche cose da fare in un battibaleno.
Olly mi prende per mano e mi conduce nella sua camera, la seguo senza fiatare, con gli occhi incollati al suo sedere che si muove in maniera ipnotica davanti a me e sono costretto a cercare di calmare i miei piani bassi nella mente. La sento ridacchiare e penso che si sia accorta di cosa io stessi guardando e chiude la porta alle nostre spalle. Neanche mi ero accorto che fossimo arrivati.
Ci sdraiamo sul suo letto e rimaniamo abbracciati a lungo, in silenzio e fissando il soffitto.

Mi volto verso di lei e non riesco a reprimere la voglia di baciarla e le rubo le sue labbra tra le mie; il suo cellulare squilla e mi ferma per poter accettare la chiamata di nostra madre. Mormora qualche assenso e un paio di raccomandazioni prima di mettere già e trasformare il suo sorriso in un ghigno vittorioso.
«Mamma e papà non tornano a casa stasera.»
Sorrido ancora di più e mi butto sulla sua bocca come se fosse la mia unica fonte di vita, sovrastandola con il mio corpo in un'esigenza di contatto che non riesco a capire e spogliandola del maglione senza ripensamenti. Raggiungo velocemente il gancetto del reggiseno e impreco contro le sue labbra, sentendo ancora l'aggeggio infernale tra le dita; ma l'operazione richiede meno minuti e meno risate della prima volta e, una volta finito, è lei a spogliare il mio petto con bramosia.
Bacio lei, le sue labbra invitanti e poi scivolo sul collo, lambendolo e assaggiandolo come se fosse la prima volta e infine, raggiungo i suoi seni. Penso già di esserne diventato dipendente.
Le sue mani su di me sono paradisiache e capaci di mandarmi al manicomio; le sento scorrere su ogni muscolo del mio petto e della schiena, sento le sue unghie lasciare i segni sulla mia pelle e scendere fino alla fine della mia schiena, per immobilizzarsi lì. Le mie si muovono frenetiche sui seni, lasciati liberi ora dalla bocca, che scivola bramosa lungo la sua pancia piatta per poter assaporare tutto di lei. Mi fermo al fianco del suo ombelico e inizio la risalita verso le sue labbra, mordendole con amore e passione mentre le sue mani si infilano oltre i miei boxer e agguantano il mio sedere.
Mi blocco, sconvolto dalla sua audacia, immobilizzato dalla stoffa che sento lasciare il mio corpo in maniera lenta; si muove come se si aspettasse che io la fermi, o come se lo volesse, ma i suoi occhi lussuriosi su di me mi fanno perdere del tutto la ragione. Scalcio via gli indumenti che mia sorella mi ha sottratto con i piedi, cercando di non schiacciarla e riprendo a baciarla, con più ardore e passione di prima.

La bacio anche mentre le sue mani scendono ad accarezzare le mie cosce, fin dove riesce ad arrivare e si soffermano ancora qualche secondo sulle mie chiappe, mi tira una pacca e mi scosto dalle sue labbra per fissarla con finta indignazione negli occhi. Sorride e mi sussurra con voce sensuale che ho un sedere troppo bello per potersi trattenere; ridacchio e torno a baciarla, anche se sono costretto a fermarmi subito per risucchiare l'aria nei polmoni.
Potrei morire qui e ora.
Gli occhi di Olly non lasciano i miei, cercando di scoprire se quello che sta facendo mi piace o meno e io cerco di non chiuderli per il piacere che la sua piccola mano avvolta attorno al mio membro eretto mi provoca.
Mormora qualcosa, ma non riesco a capirla e le braccia cominciano a tremarmi, così rotolo al suo fianco; è riuscita a non perdere il contatto con il centro del mio piacere e un peso mi blocca le gambe, così socchiudo gli occhi e la vedo seduta su di me, mentre osserva il mio piacere crescere assieme alla velocità delle sue dita.
«Olly!»
Il mio è un grido disperato, che racchiude il mio bisogno di lei, la mia voglia di assaggiarla ancora e il punto di non ritorno che raggiungo troppo in fretta, precipitando nell'oblio dell'orgasmo come mai prima d'ora.


Buongiorno cuoricini,
Vorrei evadere per l'imbarazzo che provo nell'aver descritto una scena del genere e mi chiedo come io sia riuscita ad evitarlo in tutte le altre, ma sono strana e non l'ho mai nascosto.
Oggi non vi chiederò nulla, per colpa dell'imbarazzo e lascerò che siate voi a parlare, se ne avete voglia.

A presto!

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