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Capitolo 27: Come se il resto del mondo non fosse qui

Due anni prima, 27/07
Città di New York

Un'infinità di colori ci si para davanti, oscurandoci l'orizzonte e la ruota panoramica svetta, protagonista del paesaggio, orgogliosa a molti piedi da terra. Scosto lo sguardo dalle giostre di Coney Island per posarlo su mia sorella, la quale non riesce a rimanere ferma neanche mentre cerca di immortalare quel che vede di fronte a sé e sono costretto a prenderla per le spalle e tenerla incollata a terra.
Con il sorriso sulle labbra, le lascio un bacio sulla fronte le chiedo di mantenere l'entusiasmo a un livello che le permette di fare tutto quel che vuole; mette il broncio, borbottando qualcosa sul bacio che le ho dato, ma annuisce vigorosamente e mi scatta una foto a tradimento, cominciando a correre subito dopo lontana da me.
«Tanto lo sai che ti prendo!» Le urlo dietro, iniziando subito a correre per prenderla tra le mie braccia e farla volteggiare in aria come se fosse già su una delle giostre che ci osservano dall'alto con quei loro sguardi pieni di divertimento e gioia. Si volta e mi fa una linguaccia che fa scoppiare a ridere noi e chi ci sta intorno; aumento la velocità e la stringo a me un secondo prima che finisse in acqua perché non si era accorta che la sabbia era finita.
«Sei così maldestra.» Le dico con il viso a pochi centimetri dal suo e con il fiato spezzato nei polmoni; i nostri occhi sono fissi in quelli dell'altro e l'aria sembra sfrigolare al contatto con i nostri corpi.
«Per fortuna che ci sei sempre tu a salvarmi.»
Mormora lei, dopo un'infinità di tempo e in seguito a svariate volte che i suoi occhi sono scivolati sulle mie labbra, inumidite ogni volta con la lingua.

Lunghi attimi dopo, mi scosto da lei con il mio intero avvolto dalle fiamme dell'amore; le sistemo una ciocca sfuggita dalla coda e le prendo la mano, portandola verso l'entrata del Luna Park di Coney Island.
«Voglio salire sulla ruota.» Mi dice, in un lieve mormorio, mia sorella, tirandomi il braccio per mostrarmi il suo dito teso per indicarla. Annuisco, sforzando un sorriso e ci incamminiamo in quella direzione.
«Poi ti va uno dei famosi hot dog di Nathan's?» Un sorriso le increspa il volto e torna ad annuire con forza, come se lo facesse con l'intero corpo e l'entusiasmo la porta a saltellare di nuovo sul posto. Scuoto la testa, ridendo per la felicità di Olly e ci mettiamo in fila per salire sulla ruota panoramica.
Ci fanno sedere, dopo non tantissimi minuti di attesa, su una carrozza rossa e la ruota riparte, fermandosi poco dopo per mettere a qualcun altro di salire. Olly rimane in piedi, contro la ringhiera e cerca di scattare quante più foto possibili, mentre io la osservo, attento che non rischi di farsi del male; quando, però, la carrozza inizia a dondolare la prendo per i fianchi e la tiro verso di me. Ci metto troppa forza e finisce con il sedersi sulle mie gambe; avvolgo le mie braccia attorno alla sua pancia e le creo una cintura di sicurezza improvvisata.
Non voglio che si faccia del male.

«Sergio? Sono solo delle piccole oscillazioni, lo sai, vero?»
Non rispondo e la stringo maggiormente a me, poggiando la testa sulla sua spalla per osservare il paesaggio.
«Non mi dispiace la posizione, né starti vicino, fratellone; è solo che mi sembri un tantino esagerato.»
Non sciolgo l'abbraccio, anche se la verità delle sue parole mi cade addosso come un macigno, annuso il suo solito profumo dolce di pesche e mi volto verso di lei, osservando la sua guancia lisca e quasi del tutto priva di imperfezioni; le lascio un bacio su di essa e la sposto al mio fianco.
«Mi sono solo spaventato per te, visto che eri in piedi e non avevi appigli. Scusami.»
Piega la testa per appoggiarla sulla mia spalla e mi dice di non preoccuparmi; uno scossone ci indica che ci siamo fermati di nuovo, questa volta sulla cima e lascio che il mio sguardo spazi sull'intera New York per imprimere nella testa tutte le sue sfumature.

Comincia la discesa, ma noi non ci spostiamo dalla posizione che abbiamo preso e Olly non si alza neanche per fotografare il tramonto all'orizzonte; quando glielo faccio notare mormora solo che vuole imprimersi questo ricordo solo nella testa perché non avrebbe lo stesso sapore, altrimenti.
Sorriso e anch'io abbasso la testa per poggiarla sulla sua, godendomi il calore del sole sulla pelle e il profumo della sera in arrivo mischiato a quello dolce e fruttato di mia sorella.
«È stato bellissimo, grazie.»
Mi mormora poco prima che sia il nostro turno per scendere, in risposta rimango in silenzio, ma le prendo una mano e la nascondo nelle mie.
Scendiamo e non rinunciamo al contatto che abbiamo intrecciato e la musica delle giostre torna a farsi sentire in me, avvolgendoci completamente; così alzo il braccio e faccio voltare su sé stessa la mia amata sorellina. La sento scoppiare a ridere, così come fa il mio cuore al suono della sua risata e continuano a camminare per il Luna Park intervallando a momenti di ballo, come se qui ci fossimo solo noi.
Come se il resto del mondo non fosse qui.

«Hai preparato tutto per domani?»
Controllo che tutte le valigie siano davanti alla porta, tranne quella in cui dovremo aggiungere il pigiama di Olly e i pantaloni della tuta che mi sento costretto a usare quando dormo con lei, domani mattina. Quando noto che tutto è al posto giusto, mi volto verso il letto e quasi mi strozzo con le parole che stavo per pronunciare, la saliva mi va di traverso e l'eccitazione inizia a scorrere liquida e prepotente nelle mie vene, finendo tutte in un preciso punto del bacino.
Cerco di mettere insieme alcune lettere, per riuscire a dire almeno il suo nome, ma non riesco a trovare la forza neanche di fare questo: la sua vestaglia arriva a metà coscia, con spalline così sottili da sembrare invisibili; la parte iniziale, quella che copre il seno è di un bel colore argento, mentre il resto è tutto di bianco trasparente e riesco a vedere la sua pancia piatta e il colore delle culotte, come mi hanno informato più e più volte lei e Alex quando parlavano d queste cose. Argento anch'esse.
La saliva è del tutto azzerata dentro la mia bocca e ogni mio neurone è morto sul colpo per infarto, rimango fermo sul posto; non so più come ci si muove, forse neanche sto respirando per tutto quello che sto avvertendo sulla pelle e dentro di me e continuo a spostare lo sguardo sullo spettacolo che è mia sorella in quella tenuta da notte.
«Tutto bene, fratellone?»
Rimango in silenzio alla sua domanda, non annuisco, né nego con la testa, solo rimango lì a fissarla con intensa bramosia negli occhi e ben visibile dal cavallo della tuta.
«Questo è un regalo di Alex, non sapevo neanche di averlo, ma per fortuna che me lo ha nascosto in valigia, altrimenti avrei rischiato di dormire praticamente nuda; visto che il pigiama ieri lo abbiamo sporcato di ketchup.»
A quelle parole, il mio corpo rischia l'esplosione e sono costretto alla ritirata: balbetto qualcosa e mi chiudo in bagno, mentre l'erezione nascosta non molto bene dai pantaloni che indosso pulsa in maniera spasmodica e mi implora di soddisfarla.
Cosa che sarò costretto a fare più volte questa notte, visto come si è vestita Olly; maledizione a me e alla mia debolezza!

*Nathan's: secondo la storia locale di NY, il proprietario del Nathan's fu l'inventore del mitico Hot Dog, nel lontano 1870 proprio a Coney Island.

Buongiorno cuoricini!
Questo è l'ultimo capitolo di New York e spero che vi sia piaciuto, il capitolo successivo sarà ambientato nuovamente a San Diego.
Che cosa ne pensate?

Ci vediamo presto

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