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XXIV. Selva

Fu Tamacti a svegliarmi all’alba .
Il materasso era duro e scomodo, ma anche quella notte ero caduta in un sonno profondo fra le sue braccia.

All’interno della locanda non trovammo nessuno, e nemmeno nei paraggi. A quell’ora gli unici Cuorassiti erano Ombra e Tamacti.

Ci allontanammo di poco dal bar, fermandoci subito. Io e Tamacti ci voltammo verso la mora, rimasta nell’uscio della porta.

La ragazza spostava lo sguardo da noi alle sue scarpe, e non sembrava volerci seguire.

-Che succede?- chiese lui.


Lei fece un sospiro, guardandoci poi dispiaciuta. -Io…io non l’ho nemmeno salutato.-

Per la prima volta, scorsi un nota d’insicurezza nella forte e indipendente Ombra.

-Si beh, non penso si offenderà . Andiamo, ora che non c’è nessuno.-

Ma la ragazza non muoveva un solo passo.

-Ombra, sul serio?-

Lei lo ignoró, evitando i suoi occhi di ghiaccio.

- Andate avanti voi. Io…resto qui per ora. È più sicuro muoversi in due e…questo non è il mio viaggio.-

Tamacti aggrottò la fronte realmente confuso.

-Vuoi stare qui per lui?-

-Dovete andare ora. Ci rivedremo presto. –

La guardò per qualche secondo e poi si voltò senza aggiungere altro, proseguendo a passo svelto.

Mi affrettai a seguirlo, continuando a guardare Ombra alle mie spalle, finché diventò solo un piccolo punto nel bosco.

Era strano senza Ombra.

Dal modo affrettato in cui camminava Tamacti, sembrava anche lui irritato dalla mancanza improvvisa della compagna di avventure.

Lui era silenzioso, al contrario della mora, che ci teneva compagnia con le sue battute ironiche e il suo continuo lamentarsi di Tamacti.

Doveva essere realmente innamorata, se aveva scelto di restare in quel posto abbandonato da Dio. Sperai davvero di poterla rivedere presto.

-Credi che incontreremo davvero Ombra prima o poi?- gli chiesi cercando di tenere il suo passo.

-Non lo so.- rispose stizzito.

-Certo che l’amore porta a fare scelte davvero azzardate…-


--Tu che ne sai dell’ amore?-

Lo guardai accigliata, fulminandolo con lo sguardo.
-Perché tu ne sai più di me!-

-Non sono cose che mi interessano. È solo una perdita di tempo.-

-L’amore? Questa mi mancava proprio! Dedicare se stessi a qualcun altro non è una perdita di tempo! È…beh, è amore ! È bello e basta.-
esclamai talmente emozionata che inciampai in un grosso ramo, alzandomi prima che se ne accorgesse.

-Wow, ne sai davvero una più del diavolo per essere una ragazzina. Immagino che le tue storie siano state davvero passionali, molto emozionanti.-

Era inutile dirgli che non avevo mai avuto un ragazzo prima d’ora. L'unica persona del sesso opposto con cui avevo avuto a che fare era sempre stato Gunter, tanto che la mia e la sua famiglia e tutti quanti ci immaginavano presto come genitori e come una larga famiglia felice.
Era quello che anche se con rassegnazione avevo sempre immaginato anche io, almeno prima di scoprire di poter essere la cura per il morbo che stava lentamente distruggendo il mondo.

-Beh, no. Ma quando sarò innamorata di qualcuno so che ne varrà la pena e …-

Tamacti si bloccó improvvisamente, guardandosi intorno e annusando l’aria circostante come un segugio.
-Che succede?-

Mi fece segno di stare zitta, esaminando il bosco che ci sovrastava.

-Non siamo soli. Corri!-

Non feci in tempo nemmeno a chiedere più informazioni. Mi prese il polso e inizio a correre veloce. Stargli dietro era pressoché impossibile, sembravo più un sacco di patate trascinato.

Non avevo idea di chi o che cosa ci stesse inseguendo, ma non doveva essere nulla di buono.

Nello stesso momento, alla locanda .

Lasciare Tamacti e Selva soli non era stato facile, ma ero sincera quando dicevo che se la sarebbero cavata meglio in due.

Ero certa che gli avrei incontrati presto, ma questo non era il mio viaggio, non era la mia fuga.

Quando Keenan si svegliò non sembrò sorpreso di trovarmi dietro al banco del bar, intenta a pulire le spine della sua birra scadente.

-Sapevo che saresti rimasta.- disse lui, avvicinandosi furtivamente .

Aveva ancora gli occhi piccoli e i capelli arruffati dal sonno, il che lo rendeva ancora più attraente.

Non riuscivo a capire perché Kenan era l’unico uomo che mi faceva quell’effetto, che mi rendeva fragile come un agnellino.

Mi aveva rubato il cuore dalla prima volta che lo avevo visto, diversi anni prima, anche se non lo avrei mai ammesso ad alta voce.

-Potrei darti una mano qui, mentre tu fai…il mercenario, l’assassino, quello che fai di solito insomma.-


Kenan sorrise sotto i baffi, avvicinandosi per prendersi la prima birra della giornata,la sua colazione.

-E la tua macelleria?-

-Tanto sarebbe fallita comunque.-

-Mmh…- prese un sorso di quella brodaglia, sporcandosi i baffi con la schiuma . -Sei sempre la benvenuta qua.-
sussuró a pochi centimetri dalla bocca, e pensai che stesse per baciarmi.

Il rumore fastidioso del campanello alla porta ci fece allontanare, rovinando quell’istante bellissimo.

Sentimmo i passi del primo cliente della locanda.
Si bloccó un attimo sull’uscio della porta.

Mi irrigidì quando compresi che non si trattava di uno di quei vecchi Cuorassiti ubriaconi.

Era una donna, coperta da un lungo mantello nero che le copriva anche il viso.

Si avvicinò piano al bancone, e sentimmo chiaramente il ticchettio dei suoi tacchi a spillo. Nonostante il mantello pesante, capii che doveva essere molto magra sotto quei vestiti.

Kenan si mise davanti a me stringendomi contro la sua schiena, ma io non avevo bisogno della sua protezione e volevo vedere chi fosse.

A separarci in quel momento era solamente il banco di legno marcio del bar. Con una lentezza quasi fastidiosa, si tolse il cappuccio dalla testa.

Nonostante non l’avessi mai vista prima di allora, sapevo chi era.
I suoi capelli erano neri e dritti come il suo mantello, e la sua pelle caffellatte era ricoperta da graziose lentiggini scure.
I suoi occhi, come quelli di Tamacti, non erano gialli.

Avrei osato dire che fossero neri, neri come il vuoto, ma nel esatto momento in cui lo pensai diventarono di un delicato verde smeraldo.

Quella era la strega delle ombre.

Ci guardò curiosa, stringendo gli occhi in due fessure. -Credo abbiate qualcosa che mi appartiene.-

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