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XX. Selva

Sarimnaya era decisamente più piccola e  spopolata di Minartas.

Quando finalmente mettemmo piede nella tanto nominata cittadina tutte le mie speranze di ripopolare presto il mondo svanì.

Le case erano quasi del tutto distrutte ma comunque abitate. C'era un solo minimarket apparentemente vuoto e il rumore di una radio proveniente da una delle abitazioni ancora ben messe.

Non incontrammo nessuno fin quando arrivammo di fronte al negozio di alimentari. Non c'era quasi nessuno all’interno, la maggior parte dei cittadini se ne stava fuori a chiedere la carità agli altri cittadini che chiedevano la carità.

La povertà di Minartas non era nulla in confronto a quel posto.

Avevo fame, e fortunatamente non di cuori. Non ero ancora riuscita a spiegarmi come mai i graffi del mutante non mi avessero contaminato, ed anche i miei compagni di viaggio sembravano davvero sorpresi.

Non avevamo soldi per comprare il cibo ma Tamacti disse che non era nei piani entrare nel negozio.

Avevo smesso di parlargli dopo quello che era successo all’lago pochi minuti prima, e anche lui non mi aveva più rivolto la parola, a malapena lo sguardo.

Mi sentivo una sciocca, non avrei dovuto comportarmi in quel modo.

Tamacti mi attraeva, per quanto assurdo e sbagliato potesse essere, eppure ero certa che fosse così anche per lui. C’era una connessione intima fra noi, c’era stata sin dall’inizio, non potevo averla colta solo io.

Camminammo a lungo fino a raggiungere una delle palazzine più alte e moderne, quello che molti anni prima doveva essere stato un lussuoso grattacielo ora era solamente una colonna di cemento grigio e marcio.

Seguii con attenzione i passi dei due Cuorassiti cercando di non inciampare sui detriti ai miei piedi. All’ interno era cosparso di resti di cibo e spazzatura. La puzza era insopportabile.

Prima di avvicinarci alle scale del palazzo, Tamacti si voltò verso me ed Ombra facendo cenno di fare silenzio, impugnando il suo machete legato alla coscia. Non lo avevo ancora visto usarlo, e avrei preferito non vederlo mai.

Pensai che fosse stupido preoccuparsi del rumore quando raggiungemmo il primo piano. Tutti gli appartamenti avevano la porta distrutta o scassinata ed erano stati completamente svuotati e messi a soqquadro.

Solo i più ricchi avevano la possibilità di vivere ancora in un vero condominio, motivo per cui la maggior parte degli appartamenti in cui ci intrufolammo alla ricerca di averi erano completamente vuoti e nuovi, senza mobili o frighi da svuotare, vissuti solamente dai senzatetto di passaggio, che venivano probabilmente scacciati dopo qualche giorno.

Trovammo qualcosa che potesse tornarci utile al secondo piano, ma di cibo e armi nemmeno l'ombra.

Salimmo fino all’ottavo piano, il passo più lento e il respiro affannato, la gola disidrata.

Eravamo oramai senza speranza quando mettemmo piede nell’ennesimo monolocale abbandonato.

C'erano ancora dei mobili che non erano stati  rubati, più moderni di quelli che avevo visto nelle abitazioni precedenti.

Ombra andò a ispezionare la camera ed io mi fiondai in cucina, ancora intatta e pulita.

Contro ogni nostra previsione il frigo non era stato svuotato ma anzi, era come se nessuno avesse toccato quell’angolo.

I miei occhi si illuminarono di gioia quando vidi i pacchi ancora intatti di salumi e formaggi, e la frutta e verdura ancora fresca e invitante.

Afferrai affamata un pezzo intero di prosciutto cotto e lo portai alla bocca, non riuscendo nemmeno a gustarmelo da quanto avevo fame.

Mi misi a frugare nella dispensa, piena di ogni ben di Dio, riempendo il mio zaino con merendine e snack salati. Non c'era più acqua potabile, mq trovai delle bottigliette di the freddo, innaffiando finalmente la mia gola arida.

Tamacti aveva smesso da un po’ di pelustrare il resto della casa, fermandosi al centro del salotto illuminato dai raggi solari che attraversavano le vetrate del salone.

-L'appartamento non è stato distrutto. È tutto troppo in ordine.- Lo sentii dire rivolto al paesaggio fantasma aldilà delle finestre.

-Ed è tutto così buono!- risposi io riempendo il mio zaino e il mio stomaco di ogni ben di Dio. Trovai addirittura dei resti di dolci alla crema fatti in casa.

-Selva, fermati. C’è qualcosa che non va. Allontanati da quel frigo.-

Non capii perché improvvisamente il suo tono di voce si fece così serio e preoccupato. Stringendo forte il mio zaino con le scorte mi avvicinai a Tamacti.

-Ombra…- si incamminò a grandi falcate verso il corridoio che conduceva alle camere. Io lo seguii a ruota, perché il modo in cui aveva esposto le sue preoccupazioni non mi piaceva affatto.

Ombra era immobile sull'uscio della camera matrimoniale e noi a pochi passi dietro di lei. C'era uno strano odore che proveniva da quella stanza.

-Merda…- sussurrò la mora indietreggiando piano verso di noi, tenendo gli occhi ben saldi sulla scena che le si presentava davanti.

Fu allora che scoprii il motivo dello sgomento di Ombra.

All’interno della camera da letto, completamente in ordine e arredata con uno stile semplice e moderno, in un modo in cui solamente i ricchi della città potevano fare, c’era una donna.

Indossava una camicia da notte di seta di un rosa antico, macchiata in più punti di quello che sembrava sangu secco ed escrementi.

Aveva dei lunghi capelli neri che le coprivano il volto e il suo collo era legato con una catena di ferro ad una gamba del letto dov’era accucciata lei. Si dondolava avanti e indietro, con la schiena ricurva e la bava alla bocca che formava una pozza sulle lenzuola sporche e arruffate.

Sembrava gorgogliare qualcosa di incomprensibile e quando le scarpe pesanti di Tamacti si posarono su una piastrella instabile, la donna alzò la testa di scatto puntando gli occhi piccoli e rossi verso di noi.

Lanciò un urlo Glaciale e si gettò verso di noi per attaccarci, ma venne bloccata dalla catena al collo.

Si dimenò producendo versi profondi e animaleschi, aprendo e chiudendo la bocca senza staccarci gli occhi di dosso.

-Fuori di qui!- urlò Ombra, e senza farcelo ripetere due volte corremmo via ritornando nuovamente nel salone.

La mia fuga fu interrotta da Tamacti. Si fermò di colpo a pochi metri dalla porta di ingresso e mi scontrai contro la sua schiena possente.

-Abbiamo ospiti.- a parlare era stato un uomo sulla cinquantina, basso e goffo, con delle guance Grandi come due muffin ripieni. Aveva i capelli neri e unti come quelli della donna assatanata nella camera, ma gli occhi non erano rossi. Doveva essere un umano.

Tamacti si portò una mano sul machete legato alla coscia e cercò la mia presenza dietro di lui, stringendomi in maniera rassicurante.

-È bello vedere delle facce amichevoli da queste parti. - l'omino chiuse la porta invitandoci con il gesto della mano ad accomodarci al tavolo della cucina.

-Non vi chiedo se gradite qualcosa, avete già provveduto voi…- disse lanciando lo sguardo al mio zaino straripante di cibo.

-Chi è quella donna?- chiese Ombra, evitando come tutti noi di sederci vicino allo sconosciuto.

L'uomo si avvicinò alla cucina per versarsi dell’acqua. Come faceva ad essere tranquillo con quel mostro chiuso in camera?

-Non siete di queste parti, non è così? Come siete arrivati in città?-

-Dobbiamo andare. Pensavamo che l'abitazione fosse disabitata.-

-Non posso lasciarvi al vostro triste destino. La fuori è un campo di guerra. Voglio aiutarvi. E poi, mi avete quasi lasciato senza cibo in frigo. Che cosa mi date in cambio?-

Studiai l'uomo, il modo scialbo con cui era vestito e la sicurezza che ostentava nonostante la situazione.

-Ridagli il cibo.- mi disse Tamacti senza smettere di mantenere lo sguardo di sfida dell’omino.

-È da molto che non si vede un umana…mia moglie ha tanta fame…-

rabbrividì alle parole dello sconosciuto e smisi di svuotare lo zaino.

La donna rinchiusa nella stanza doveva essere sua moglie, ora una giovane Cuorassita .

Tamacti si posizionò davanti a me, coprendo così la mia visuale.

-Sarà qualcun altro a farle la festa la fuori! Io vi lascio qui al sicuro, e voi mi consegnate l'umana. –

Tamacti mi spinse verso la porta seguito da Ombra, ma quando provò ad abbassare la maniglia, questa non si mosse.

Quando aveva chiuso a chiave?

-Non così in fretta…-

Ci voltammo verso l'uomo, il cui sorriso sdentato mi accaponava la pelle. -Non posso perdere quest'occasione. Mery ha tanta fame…Mery!- prese un telecomando piccolo e nero con un solo tasto rosso al centro nella sua tasca e lo premette.

Capitò così velocemente che quasi non me ne accorsi. I passi del mostro dall’altra parte del muro di avvicinarono sempre più , pesanti come quelli di un animale.

La Cuorassita spuntò nel salone come una iena puntando unicamente me con i suoi piccoli occhi rossi. Il viso era deformato, ma doveva essere stata una bella donna.

Urlò così forte che fui costretta a tapparmi le orecchie. Mi raggiunse con le fauci scoperte, i lunghi denti gialli che puntavano la mia carne.

Sentii l'odore del suo alito così vicino, ero paralizzata dalla paura, incapace di reagire e difendermi.

Sentii quasi il dolore dei morsi sulla pelle, ma doveva essere solamente frutto della mia immaginazione.

Tamacti afferrò il suo machete e la decapitò così velocemente che nemmeno lo vidi bene.

La testa ricoperta di capelli rotolò fino ai miei piedi, e lentamente il corpo della donna si accasciò a pochi metri da noi, ancora pulsante.
-Mery! No!-

Si inchinò vicino alla testa della ormai ex moglie, togliendole i capelli dal viso pallido.

-Amore mio…che cosa avete fatto! Siete dei bastardi!-

L’uomo si alzò per aggredire Tamacti, ed Ombra impugnò la sua pistola, sparandogli alla fronte.

L’umano cadde pesantemente vicino al corpo defunto della sua Mery. Avrebbero riposato in pace insieme.

-Grande, abbiamo la cena!-

disse Ombra guardando soddisfatta ciò che rimaneva del uomo.

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