I.Selva
Gif made by parisofpeople
Mancava meno di mezz’ora alla fine del mio turno alla lavanderia. L'orologio sopra alla porta sembrava muovere le lancette più lentamente del solito. Sistemai gli ultimi capi negli appositi copri abiti, certa che ormai la signora Caun sarebbe venuta a ritirarli il giorno seguente.
Vivere a Minartas negli ultimi tempi stava diventando più difficile del previsto.
La popolazione aumentava a vista d’occhio e i posti di lavoro, il cibo e le abitazioni scarseggiavano.
Negli ultimi cinque anni le nascite erano triplicate, e avrebbe dovuto essere un bene, visto che la prima cosa che desideravano tutti era ripopolare il mondo.
Per questo motivo ogni ragazza sopra i diciotto anni doveva fare il test della fertilità.
Avevo un po’ di paura, visto che a giorni l'esame lo dovevo fare anche io.
Mia sorella Adanna lo aveva superato e anche la maggior parte delle ragazze che conoscevo, ma quella che una volta era la mia migliore amica, che studiava insieme a me nell’istituto in centro, non lo aveva superato.
Non l'ho più visita, lei ora avrebbe avuto diciannove anni e dubitavo fosse ancora viva.
Immagino sia finita a di sotto, e chi non ci è nato in quel posto, difficilmente sopravvive a lungo.
Finii il mio turno e chiusi l'unica lavanderia di Minartas. Non c'erano tante lavatrici nelle case e lavorare in lavanderia rientrava nei lavori necessari per la popolazione.
Mentre camminavo lungo il marciapiede per tornare a casa, mi imbattei nell’ennesimo poster appeso al muro di una farmacia. I volantini con le regole per vivere a Minartas erano appesi dappertutto da ben vent'anni. Vent'anni fa, prima che nascessi io, la terza guerra mondiale aveva raso al suolo tutto quanto. Nessuno sapeva cosa ci fosse all’infuori di Minartas.
Altre popolazioni, altri uomini che cercavano di ripartire da zero e ricostruire ciò che venne distrutto, ma tutto avveniva molto lentamente. Stavamo riscoprendo le televisioni, ricreando le lavatrici.
Ma non c’era un punto di fine.
Non avrebbe potuto mai tornare come prima, almeno finché non si trovava un cura. Trovare un vaccino poteva essere il metodo per ricominciare a vivere come esseri umani. Non avevo idea di come fosse il mondo prima che nascessi.
Io era nata nel dopoguerra, nell’unico grande ospedale di Minartas, e quello che sapevo me lo avevano raccontato i miei genitori. Prima della guerra non esistevano i Cuorassiti e si poteva uscire di casa la sera.
Papà diceva che se non avessero trovato una cura al più presto, avrebbero potuto ucciderli tutti, cosicché il virus non si sarebbero evoluto.
Diceva anche che non lo avevano ancora fatto perché fuori dalle mura di Minartas ce n'erano molti di più. Erano molti di più i Cuorassiti che vivevano sotto terra e in giro per il mondo che gli umani ancora sani.
Io non volevo che scoppiasse un’altra Guerra.
Mi ritenevo già fortunata ad essere nata di sopra e non di sotto, ma si, sarebbe stato bello fare nascere dei figli in un posto migliore di quello.
Prima di rincasare, entrai al supermercato sotto casa a prendere delle cose che mi aveva chiesto mamma.
Erano quasi le sette di sera e non c’era nessuno a quell’ora, il market stava per chiudere e le due cassiere mi guardarono male.
Probabilmente tutti si erano già chiusi in casa per il coprifuoco, ma mancava mezz'ora e i supermercati erano gli ultimi a chiudere.
Nessuno voleva rischiare di restare fuori dopo le sette e trenta.
Se vivevi a Minartas avevi poche opzioni per sopravvivere e non venir trasferito di sotto.
La maggior parte degli uomini, come mio padre, lavoravano nella centrale elettrica che dava luce sia sopra che sotto. Se trovavi lavoro alla centrale, stavi certo di poterti permette di mangiare della carne di maiale proveniente da chissà dove ogni sabato e a lungo avere anche una lavatrice.
Non era lo stipendio più alto ma abbastanza per non morire mai di fame.
Sia mia madre che mia sorella Adanna lavoravano alla mensa della centrale come molte altre donne. Davano da mangiare ai propri mariti che lavorano fino a undici ore al giorno.
I supermercati venivano riforniti di beni necessari dall’esercito che trasportava gli alimentari da fuori.
Non c’erano molte fabbriche alimentari a Minartas. Scoprire i posti dove potevano permettersi di produrre cibo non cacciato nei boschi sarebbe stato bello, ma nessuno poteva lasciare la città.
E poi c’erano loro, quelli che potevano permettersi sia la lavatrice sia la carne ogni tre giorni.
I Medici e i soldati che controllavano le strade e uscivano dal paese.
Il mio migliore amico studiava, e studiare dopo i diciotto anni poteva venir considerato una cosa da ricchi o da nullafacenti, e faceva l'infermiere, suo padre invece era un medico di base. Gunter se la passava abbastanza bene, non pensava mai alla guerra o ai cannibali ai piani di sotto, però sarebbe piaciuto anche lui uscire da Minartas e fare il dottore per aiutare gli altri, magari quelli che non avevano nemmeno una casa.
Anche lui come me e tutti i ragazzi aveva finito la scuola a diciotto anni. Seguiva dei corsi per chi voleva diventare medico e intanto guadagnava per portare il cibo a casa.
Quando entrai in casa con la busta della spesa erano le 19:06. Mia madre mi venne in contro, guardandomi con occhi lucidi.
-Perché ci hai messo così tanto?!- urlò quasi, portandosi le mani fra i lunghi capelli rossi.
-C'era gente al super.- dissi sapendo che non mi avrebbe creduto.
La mamma mi lanciò uno sguardo di rimprovero e mi prese la busta con le pietanze per preparare la cena. Quando una delle sue figlie non rientrava in casa per le sette andava in paranoia. Non era mai successo che uscissimo dopo il coprifuoco, ma lei aveva paura comunque.
Non avevo mai visto un cuorassita prima di allora. Stavo iniziando a credere che nemmeno esistessero, che dicessero quelle cose sui malati solo per non farci girare di notte.
Loro non potevano venire di sopra e noi non potevamo andare giù, non che a qualcuno venisse in mente di andare a prendersi il bel virus dei cannibali ai piani bassi. Sentivo solo quello che si raccontava in giro.
Gunter diceva che suo padre cercava di curare ogni giorno nuovi umani diventati misteriosamente Cuorassiti, e io li chiedevo com'era possibile che si fossero contagiati se non potevano scendere e loro non potevano salire.
Lui mi diceva solamente che non tutti stavano alle regole .
A notte fonda i controlli erano meno, e dicevano che alcuni Cuorassiti riuscivano a trovare dei buchi per venire su, mangiare qualche cuore fresco (perché c’era sempre qualche pazzo che se ne andava in giro di notte a passeggiare ignorando il coprifuoco) o entravano nelle case vecchie dei più poveri, quelle con finte finestre, e rubavano quello che potevano rivendere e contagiavano i sani.
Come facevano, ancora non l'avevo capito.
Fortunatamente la nostra casa era abbastanza sicura e nessun cannibale aveva mai provato ad entrarci mentre dormivamo. Era forse troppo piccola per quattro persone, ma mi piaceva molto. Aveva solo due stanze più il bagno. Mamma e papà dormivano vicino alla cucina che era separata da una tenda.
Io e Adanna dividevamo lo stesso letto matrimoniale e un armadio con i nostri pochi averi.
Non c’era molto,ma almeno avevamo la lavatrice.
Quando entrai nella mia stanza Adanna si stava infilando il pigiama. Aveva l'aria stanca come quasi ogni sera.
Il lavoro alla mensa non era così duro come quello di papà, ma a lei non piaceva lavorare.
Aveva perso il lavoro al market perché non se la cavava bene con i resti, e le era rimasto solo il posto con la mamma alla mensa.
Ero stata molto fortunata a trovare lavoro alla lavanderia nonostante fosse uno di quelli meno pagati, ma non potevo permettermi di non fare nulla.
Dopo essermi fatta una doccia velocemente mi cambiai e andai a sedermi a tavola con la mia famiglia.
Era sabato, C'era la carne con le patate che avevo comprato prima. Papà mangiò come se non vedesse cibo da giorni. Non era un uomo vecchio. Era bello, la pelle abbronzata, la stessa che avevo io, e due Grandi occhi color miele che abbinavano con i capelli lisci che pian piano stava perdendo sulla nuca.
Lavorare così tanto nello stesso posto lo aveva invecchiato di dieci anni, e mamma diceva che gli faceva perdere i capelli.
Lei era il mio contrario.
La pelle era chiarissima e cosparsa di un mare di lentiggini rossastre come i suoi lunghi capelli. Lei le odiava tanto, ma sia io che papà le trovavamo adorabili. Mia sorella maggiore le somigliava tanto, anche caratterialmente. Adanna era nata durante la guerra, e i primi mesi per i miei fu molto difficile. Avevano perso tutto, anche la casa, e fuori era pieno di Cuorassiti che li cercavano.
Ce l'hanno fatta, si sono nascosti e protetti a vicenda e quando sono nata io Adanna aveva già quattro anni e aiutava la mamma in casa.
Quando eravamo più piccole eravamo più legate, ma crescendo ci siamo allontanate. Non avevamo più molto in comune.
Ultimamente poi Adanna si era trovata dei nuovi amici a lavoro e pure un ragazzo, e io e lei avevamo smesso di pensare allo stesso modo.
-È domani che hai gli esami?- chiese mia madre
Annuii, smettendo di mangiare le mie patate. Parlare del test mi faceva passare la fame.
-Sta tranquilla, a quest’età non potrebbe che risultare positivo.-
-Già, ha ragione lei. La sorellastra di Rua che ora ha trent'anni allora ha fatto il test come noi, e proprio qualche giorno fa mi raccontava che stava provando a diventare madre da tipo due anni! Così è andata a fare un esame privato dal suo medico sai, perché aveva paura di andare all’ospedale, e come pensava non poteva avere bambini. E mi ha detto che capita a molte, quindi non devi preoccuparti. Almeno per i prossimi dieci anni.-
-Adanna, smettila di parlare degli altri!- la rimproverò la mamma.
-Ma se lei lo va a dire in giro a tutte! Comunque non so se sia vero eh…quella dice tante di quelle cazzate…ha detto che se ti fai contagiare sei fertile sicuramente perch…-
-Adanna!-
-Ok, è una stupida, lo so bene. Ma adesso lei ha paura che il suo dottore lo riferisca, della sua infertilità dico. E lei non vuole andare di sotto, poverina. Ha detto anche che il suo dottore le ha detto che sono più gli uomini che donne a non poter avere figli, ma che nessuno oserebbe mai mandare manodopera maschile al macello…-
-Adesso basta. Non voglio sentire questi discorsi durante la cena.- papà la interruppe, e lei si zittí immediatamente.
Mamma si alzò ed io la seguii con i piatti per aiutarla a sistemare.
Papà uscì in veranda per fumare l'ultima sigaretta della giornata, prima di chiudere a chiave le finestre e la porta.
//
Ed ecco il primo capitolo narrato dalla protagonista, più un' introduzione a quella che è diventata la sua città e il suo mondo.
Ci sono ancora moltissime cose da scoprire su Minartas e sui Cuorassiti, ma verranno svelati capitolo dopo capitolo.
Fatemi sapere cosa ne pensate! 💕
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro