Capitolo 20/21(inizio) - il primo bacio
Cosa è successo prima: Letizia, dopo il periodo di convalescenza, passato a causa della caduta causata da Agata, che le ha procurato un dolore non grave al ginocchio, torna a scuola e deve affrontare la prima lezione con DeFilippo dopo il periodo nel quale è stata a casa.
È suonata, finalmente.
La professoressa Palmieri ha terminato finalmente la sua inutile lezione su Platone.
Faccio un respiro di sollievo.
Tuttavia, ovviamente, non poteva non andarsene senza darci una miriade di compiti. Ha esordito con un «Sono facili... li farete in due secondi.» prima di varcare l'uscio della porta della mia classe per uscire.
Alzo gli occhi al cielo. Ancora un anno con questa qui? No. Non ce la posso fare.
Ora dovrebbe esserci la sua ora, quella di italiano, non aspettavo altro. Nell'ora di filosofia non facevo altro che pensare a lui, è la prima volta che lo vedo, dopo la mia convalescenza.
Oh ma davvero? Mi sto così rincitrullendo da pensare così tanto al prof? Sono patetica.
Eppure, quegli occhi castani continuano a rimanere impressi nella mia memoria. Il modo in cui l'ultima volta aveva incrociato i miei. Quello sguardo così penetrante mi aveva perforato l'anima, procurandomi non poche emozioni..
E, inaspettatamente, Ricordo ancora, che in passato mi ero innamorata di un ragazzo, del suo sorriso, del suo sguardo quando mi scrutava. Però non andò a finire bene... è stata la mia prima e ultima relazione con qualcuno. Ad un tratto iniziano a risovvenire alcuni ricordi, molto dolorosi.
Li scaccio via, scuotendo velocemente la testa.
Clara se ne accorge.
«Ehi, Lety, che succede?» mi chiede guardandomi con fare preoccupato.
«No, nulla, non ti preoccupare » le sorrido.
«Lo so che stavi pensando a...» il suo sorriso a quarantadue denti che aveva stampato sulle labbra ad un certo punto scompare, non appena accortasi che evidentemente in classe è appena entrato il prof DeFilippo.
«Tu e le tue solite idee... quando la smetterai di fantasticare su una cosa che non accadrà mai? Non mi piace...» le sussurro, mentre ci alziamo per salutare il prof.
«Sarà... ma secondo me hai solo paura di buttarti...» replica, e subito dopo ci risediamo.
Paura?... Paura. Forse ha ragione, forse, dopo quello che è successo in passato ho solo paura, paura di essere di nuovo ferita... ma cosa blatero? Lui è il mio professore! E tale deve rimanere.
«Buongiorno ragazzi...» ci saluta lui con voce calma e pacata, appoggiando il suo zaino blu sulla cattedra.
Subito dopo cammina avanti ad essa, e ci si appoggia. Sorride.
«Beh, siccome siamo piuttosto avanti col programma e tra poco ci sono le vacanze natalizie, quindi il quadrimestre è giunto al termine, volevo proporvi una lezione un po' differente, e poi, ammettiamolo: sono noiose queste lezioni frontali.» la classe, all'ultima frase ridacchia, poiché detta con un tono scherzoso, e le sue labbra si incurvano di nuovo in un sorriso.
«Allora, oggi volevo discutere con voi di un testo della Divina Commedia. Non esistono errori, analisi sbagliate... in letteratura ciò che si pensa di un testo e come lo si analizza non è mai sbagliato se giustificato.» si ferma per prendere in mano il libro «Quindi, Prendete pure letteratura a pagina quattrocentocinquantasei.».
Ora i suoi occhi stanno incrociando i miei. Distolgo subito lo sguardo e sfoglio il libro nella pagina che ci ha indicato.
Benissimo, l'inferno di Dante, più precisamente il testo su Paolo e Francesca. Ma, questo era il testo del quale gli avevo parlato quando abbiamo passeggiato sotto la pioggia... sa benissimo che è il mio testo preferito dell'inferno, e della Divina Commedia in generale. L'amore di questi due innamorati, condannati per l'eternità solo perché divenuti amanti in una relazione extraconiugale. L'amore che si professano le loro due anime, il dolore della loro colpa... un testo potente e al tempo stesso straziante. Sebbene non sembri, io credo in questo sentimento, ma non per me. So che esiste, ma per la mia persona è inesistente ormai da anni.
Una volta finito di leggere, DeFilippo ci chiede cosa pensiamo del testo appena letto.
Jacopo, un mio ex compagno delle medie, estremamente arrogante, che per mia sfortuna è venuto nella mia stessa scuola e come se non bastasse pure nella mia classe, interviene.
«Io credo che siano stati molto ingenui. Per una sbandata, si sono giocati il paradiso.»
Cosa ho appena sentito? Spero stia scherzando.
Questo argomento mi sta molto a cuore, e per quanto io sia stata ferita in amore, ci credo fermamente.
«Io non credo, il loro amore è stato molto forte, loro hanno seguito il loro cuore, e credo sia la cosa più importante.» decido di intervenire.
Lui alza gli occhi al cielo.
«Pfff... bla bla bla, che stupidaggini.» mi verrebbe voglia di prenderlo a sberle.
«Ho detto ciò che pensavo.» mi limito a rispondere con più calma possibile.
La classe era muta, prof compreso, credo ci trovino gusto a sentirci litigare.
«Ora ho capito perché ti ha lasciato. Sei proprio un caso perso.» mi guarda con aria di sfida. Vuole provocarmi, lo fa di proposito!
Non può averlo detto, non può. Questo è veramente un colpo basso.
Il prof DeFilippo redarguisce subito Jacopo.
Sto fissando un punto vuoto, cerco in tutti i modi di non piangere. Sorridi Letizia. Sorridi. No, non piangere, non dargli la soddisfazione di farlo. Non dimostrarti debole.
Non ce la faccio, tutto ciò è troppo.
Sono sempre stata una persona tranquilla, che quando riceve un qualsiasi tipo di provocazione non reagisce, ma ora, ora non ce la faccio proprio.
Sento delle goccioline percorrere il mio viso.
Decido di alzarmi nel momento esatto in cui DeFilippo ha appena finito di rimproverare Jacopo, e mi dirigo verso il bagno, senza chiedere il permesso.
Sto correndo, delle persone in corridoio mi guardano, non mi importa. Per la prima volta non mi importa.
Le lacrime passano ai lati degli occhi.
Sono arrivata in bagno. Sbatto la porta.
Mi appoggio al lavandino.
La il mio viso è pieno di lacrime.
Cerco di asciugarle con la manica della felpa, ma il risultato è quello di avere gli occhi ancora più rossi di prima.
Perché sto piangendo? Non mi ero ripromessa di sorridere sempre? Una stupida frase mi ha fatto crollare.
In un secondo mi risovvengono alla memoria tutti quei ricordi che avrei tanto voluto cancellare.
Quei maledetti accadimenti sono la causa per cui ho scelto di non donare più il mio cuore a nessuno.
"Ho voglia di farlo con te." Mi diceva quello. "Ti amo." "Rimarrò sempre con te."
A lui avevo donato il mio cuore, lui se ne era approfittato, avevo solo dodici anni. Ero una ragazzina. Lui aveva due anni in più di me.
Il nostro primo bacio me lo ricordo ancora. Mi aveva incantata fin dal primo giorno. Quando ci mettemmo insieme fu io paradiso per me. Tuttavia un giorno lo scoprii baciare una mia compagna di classe. Mi crollò il mondo addosso, quell'idiota si scusò, si scusò talmente tanto da farmi sentire in colpa, trasformando quelle scuse in accuse.
Incolpava me, me, perché ero timida, perché non volevo spingermi oltre con lui, perché ero assente, perché non ero abbastanza.
Ogni notte piangevo per lui, per io modo in cui mi trattava. Mi aveva fatto sentire sbagliata. Però non volevo perderlo, non volevo che se ne andasse, ero troppo accecata da ciò che provavo per lui, da vedere che persona fosse veramente.
E fu così che ml lasciò, mi lasciò con nessuna motivazione, soltanto con un "restiamo amici".
Dopo mesi di tormento, di "è colpa tua se...", mi lasciò così, e come sempre dando la colpa a me. Ci rimasi malissimo, per una settimana non feci altro che piangere, crogiolarmi nel mio dolore.
Finché un giorno capii veramente che non ne valeva la pena, che io meritavo di più, da quel giorno mi ripromisi di sorridere sempre, sempre e comunque.
Sicché mi ripromisi di non innamorarmi più, per anni rifiutai tutti coloro che mi chiedevano di stare insieme, non volevo che finisse come era finita con lui.
Passarono gli anni e il ricordo di quel ragazzo, e perfino di cosa significasse per me la parola amore, scomparve.
Eppure, ora quella sensazione era tornata, più forte ed intensa di prima. Quello strano malessere, quella strana malattia chiamata amore, è tornato a tormentare le mie giornate, e per quanto io cerchi di nasconderlo, di reprimere tutto ciò che provo, di ripetermi che non devo cedere, non riesco a farlo. Credo di esserne terribilmente attratta, e ne ho la prova. Mi sto forse innamorando del mio prof? Mi sono innamorata dei suoi modi di fare, della sua pacatezza, della sua gentilezza... E tutto ciò non è per nulla gratificante, ho paura. Paura di tutto. Ma devo reprimere, reprimere e dimenticare tutto, subito. Non è una cosa che fa per me, sto perdendo solo tempo, dietro a una cosa irrealizzabile.
Mi guardo allo specchio, ho gli occhi gonfi e rossi. Perché sono crollata così? Perché pensare al mio passato mi fa stare male? Perché la frase di Jacopo mi ha fatto di nuovo sentire sbagliata? Questo momento di debolezza deve subito finire, sì, infatti ora tornerò in classe e tutto sarà come prima. Chissà cosa staranno pensando Clara, Matteo e Francesco...
Sento la porta aprirsi. Spero solo non sia una bidella o una delle mie odiose compagne di classe, non voglio farmi vedere in queste condizioni.
Con mio stupore... no. No, no, no, no.
«Letizia...dove...dove eri finita?» i suoi occhi marroni sono immersi nei miei, vedo preoccupazione nel suo sguardo. Chiude la porta alle sue spalle.
Io d'istinto mi allontano leggermente da lui, andando a sbattere contro il lavandino.
«Io...» un filo di voce esce dalla mia bocca. Distolgo per un attimo lo sguardo.
Solo ora mi accorgo quanti centimetri ci dividono. Una decina. Lo osservo meglio: indossa un maglione blu e i suoi soliti jeans.
«Cosa ti è preso?» mi domanda, avvicinandosi a me.
«Nulla prof, scusi se sono uscita senza chiederle il permesso. Mi merito una nota.» rispondo io abbassando lo sguardo. Non voglio dirgli cosa mi affligge. È una cosa talmente stupida che non gli deve interessare.
«Non ti metterò una nota se mi dirai perché stai piangendo.»
«Non è niente prof, solo delle cose passate.» mi limito a dire.
Lui alza gli occhi al cielo.
«Non dovrei nemmeno stare qui, guardami. Sono nel bagno delle donne.» lo dice con talmente tanta enfasi, marcando forse un po' il suo accento siciliano, che non posso non evitare di sorridere.
Se ne accorge, e sorride a sua volta.
«Jacopo mi ha fatto ricordare il mio ex ragazzo. Sì, lo so, per lei sarà sicuramente una cosa futile, credo abbia a che fare tutti i giorni con queste cose, con delle stupide ragazzine in preda agli ormoni che si mettono a piangere per un ragazzo. Ma, mi creda, per me è stato molto difficile superare quel periodo della mia vita, quel ragazzo mi faceva continuamente sentire sbagliata, se lui commetteva un errore mi incolpava.
Jacopo dicendo quella frase mi ha fatto di nuovo sentire un errore... e sinceramente non so nemmeno perché le sto dicendo tutte queste cose, alle quali non importerà nulla.» faccio un respiro profondo. Mi brucia la gola. Sto per piangere, di nuovo. Ma non lo devo fare, voglio forse farmi passare per ridicola davanti ai suoi occhi?
Ecco, glielo ho detto. Gli ho appena detto ciò per cui stavo piangendo. Mi sento patetica.
DeFilippo continua a fissarmi, non dice nulla. Odio questo silenzio.
Decido di andarmene, sorpassandolo.
Contro ogni mio preavviso, la sua mano mi blocca il polso, impedendomi di uscire. Il suo tocco mi fa rabbrividire.
Tutto ciò mi costringe a girarmi nella sua direzione, a incrociare di nuovo il suo sguardo, i suoi occhi. Le mie mani tremano dall'intensità con la quale i suoi occhi s'immergono nei miei. Mi molla il polso.
«Non sei uno sbaglio, Letizia.» la sua voce così profonda, il suo accento tipico del sud. Il modo in cui ha pronunciato quella frase, in un modo così deciso, mi fa quasi cedere le gambe. Quella frase mi colpisce nel profondo.
Decido di non rispondere. Non fare nulla. Non lasciarti trasportare. Non farlo. Non cedere. Lo vedo avvicinarsi. No. No. Devo indietreggiare. La mia testa dice che devo andarmene. Il mio cuore dice che devo rimanere. Non posso, tutto ciò è troppo sbagliato. Abbiamo quasi vent'anni di differenza. Eppure qualcosa dentro di me mi blocca, impedendomi di andarmene. È come se i miei piedi fossero ancorati al terreno.
Il suo viso si avvicina lentamente al mio. Io non mi muovo. Non indietreggio, non mi avvicino. Sono in uno stato di trance. La mia mente sta elaborando il fatto che il mio prof sta cercando di baciarmi. Un momento... sta forse, cercando di baciarmi? Cioè, sta cercando di baciare me, una stupida ragazza di diciassette anni che gli ha appena riferito i suoi stupidi problemi? Una stupida ragazza che si è innamorata con l'innocenza di una bambina di un uomo molto più grande di lei. Che è follemente attratta da lui. Sì, questa ragazza è talmente pazza che sta per commettere un grosso errore.
Cosa diranno gli altri? Ma soprattutto, perché la mia mente non si decide a fare qualcosa? È come se fosse andata in tilt.
Sto per fare una delle sciocchezze più enormi della mia vita, ma per una volta non penso alle conseguenze. Ho paura, ho paura perché forse mi sto innamorando di nuovo, tutto questo mi farà soffrire, cerco di ripetermi tra me e me che sto sbagliando, ma non mi sto dando ascolto.
Un uomo maturo come lui, per quale strano motivo sta cercando di baciarmi? Insomma, io sono una delle sue tante alunne, ci sono donne di molto più belle di me. Ah! Dannazione! Sta rendendo tutto ciò più complicato. Perché non se ne va? E pone fine a questa assurda agonia?
Si sta avvicinando molto lentamente, quasi come se stesse esitando, se volesse vedere la mia reazione.
Ora i centimetri che ci dividono sono davvero pochi. Basterebbe un leggero movimento per far unire le nostre labbra. Nessuno dei due fiata. Riesco solo a sentire i nostri respiri che si stanno mescolando.
Le sue mani si poggiano sul mio viso, e mi accarezza la guancia con il pollice. Il mio respiro si fa quasi più rumoroso.
Mi sorride. Un sorriso dolce, che lascia trasparire un certo desiderio, lo sento. È come se i nostri occhi comunicassero.
Un sorriso così dolce da farmi sciogliere.
Vuole farmi penare? Cosa aspetta? Giuro che non ce la sto facendo più. Che mi baci allora! Lo ammetto, lo voglio, ardo dal desiderio che le sue labbra si poggino sulle mie, voglio poterne sentire la morbidezza, il sapore. Cadere tra le sue braccia e poter fermare il tempo. Questo è un desiderio pazzo, folle, un desiderio proibito. Che non si dovrà avverare, ma che voglio che lo faccia. So che mi farà soffrire... ma non succederà più nulla dopo questo, giusto?
Mi sta fissando intensamente negli occhi, le sue pupille si dilatano, mi sta letteralmente spogliando con lo sguardo. Mi sta spogliando delle mie emozioni, dei miei sentimenti. Non posso mentire, non a lui. Il mio sguardo dice più di mille parole. Proprio come quel giorno.
Decido comunque di non muovermi, non voglio cedere.
Rimaniamo così per qualche secondo. Odio questa indecisione, questa attesa straziante.
Ho lo stomaco in subbuglio, la mia testa non ragiona più.
Ad un tratto le sue labbra si fiondano sulle mie, ponendo fine all'agonia che mi stava opprimendo. Lo fa, mi bacia. La sua barba mi pizzica leggermente il viso. Lo sto facendo, lo sto baciando, questo è uno sbaglio, uno sbaglio enorme, un bellissimo sbaglio. Un'esplosione di emozioni si manifesta dentro di me. Indescrivibili, ma potenti, tanto.
Non mi ricordavo quasi più la sensazione di un bacio, ma questo è assai più bello e diverso dei precedenti. Le sue labbra accarezzano le mie, come per paura di farmi del male, con la delicatezza con la quale si accarezzano i petali di una rosa. Sembro quasi una rosa, le mie labbra sembrano i petali di quel fiore, sotto il suo tocco. Ed io quasi rabbrividisco, dall'emozione che questo mi suscita. Anche solo con questo semplice bacio mi fa sentire desiderata, bella. Ed io, non posso fare a meno di cadere sempre di più in questo orrendo vortice chiamato innamoramento.
Sento dolcezza nei suoi movimenti, le sue labbra sanno di menta. Nulla nei suoi movimenti è volgare, troppo sfacciato. Lui mi accompagna in questo idillio dal quale non voglio sottrarmi. Mi sta facendo stare bene, potrei dire di essere felice, e questo solamente grazie ad un bacio. Un bacio dato di nascosto, furtivamente. In un bagno di una scuola. E Lui è delicato, dolce.
Le sue braccia mi cingono la vita, facendomi avvicinare ancora di più a lui.
Io istintivamente poggio le mani sul suo petto. Respiro il suo profumo, acqua di colonia. Un profumo che sicuramente non scorderò mai. Sarà l'ultima volta che lo sentirò, che verrò a contatto con lui da così vicino. E tutti i miei sensi vengono ipnotizzati da quello che quest'uomo mi sta causando.
Per un momento tutte le mie preoccupazioni svaniscono, non penso più a quello che è successo poco prima, non ho più paura di lasciarmi andare.
Il nostro bacio pian piano non è più tanto innocente. Sento la sua lingua aprire un varco nella mia bocca, le nostre lingue si cercano, compiono quello strano gioco che mi ero quasi scordata potesse esistere. È come se stessi esplorando qualcosa di ignoto, anche se per me non dovrebbe essere così... ma in questo momento, tra le sue braccia, tutto mi sembra nuovo.
Cosa sto facendo? Ah, non mi importa. So solo che in questo momento sono veramente felice, dopo tanti anni, il resto non conta. Poi, non succederà più. È enormemente sbagliato, tutto, ma tremendamente meraviglioso.
Poco dopo sentiamo un rumore, la paura prende possesso di noi. Qualcuno sta per entrare? Oh, no!
Ci stacchiamo di colpo, non sento più quel calore che poco prima era sulle mie labbra, non sento più quel tocco delicato, è come se mi mancasse qualcosa.
Per fortuna non è nulla. Nessuno è entrato.
Ora lo sto guardando. Sto guardando i lineamenti tesi del suo volto.
Mi sono appena resa conto di cosa abbiamo fatto. Uno sbaglio! Una cosa disdicevole! Come ho permesso che accadesse? Perché ho ceduto?
Una strana sensazione di imbarazzo pervade i miei pensieri.
Non dico nulla, non diciamo nulla. Continuiamo a guardarci.
«Io...devo...andare...» riesco solo a biascicare. Lui non risponde.
Apro rapidamente la porta del bagno per poi andare in classe, anzi per correre in classe.
***
(Capitolo 21)
Entro immediatamente in classe. Tutti i miei compagni mi stanno fissando.
Si vedono perfettamente i miei occhi gonfi e rossi e i miei capelli spettinati, ne sono sicura, soprattutto perché, una volta seduta al mio posto, Clara mi ha squadrato dalla testa ai piedi.
«Che ti è successo?» mi chiede subito scrutandomi nei minimi dettagli.
«Nulla...» rispondo io a bassa voce.
«Ah, non mi mentire, ti conosco da tredici anni, e so perfettamente che non me la stai contando giusta. Guardati: I tuoi capelli, gli occhi, sembra che tu sia stata in un campo di guerra.» asserisce con un tono preoccupato.
Sto per risponderle quando Luciano mi interrompe.
«Oi, Lety, dove è finito il prof?»
Maledizione, e ora?
«Non l'ho visto.» mento. Se solo sapessero cosa è appena successo credo che sarebbe la fine... tutto ciò deve rimanere un segreto.
Ad un tratto il prof DeFilippo entra in classe.
«Scusate ragazzi... sono andato dai bidelli per cercar...» sta fingendo. Si è bloccato e sta facendo finta di avermi vista in classe solo ora. È un perfetto attore. «Oh, Letizia. Sei qua.» prosegue poi rivolgendomi un sorriso. Lo vedo lanciarmi un'occhiata come per dirmi di reggere la messinscena.
Cerco di stare al gioco. È la cosa più conveniente per entrambi.
«Sì, mi scusi prof. Ero andata al... bagno. » affermo io.
«È stata una grave mancanza di rispetto dirigersi così al servizio senza chiedere al professore, e soprattutto con così tanta rabbia.» si ferma per poi proseguire «Se succederà di nuovo sarò costretto a metterti una nota.» nel suo sguardo non trasale nessuna emozione.
Io annuisco.
La lezione è continuata, poi, senza intoppi.
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