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24 - Premio o punizione?

Ike era accigliato quando Yuri gli aveva poggiato il braccio intorno al collo un millisecondo prima di fototrasportarlo dall'Irlanda ad Asteria. Per il figlio di Iride, sentire ogni molecola del corpo scomporsi, mescolarsi alla colonna di luce e ricomporsi nel giro di nemmeno un secondo, era un'esperienza alla quale giurò di non abituarsi mai. Sentirsi un ingrediente fittizio nella vastità dell'universo incorporeo, era una cosa che non faceva per lui.

Yuri, credendosi ormai esperto dei viaggi via luce solare, era sicuro d'aver fissato la destinazione d'arrivo a casa di Ike, però proprio nel micro-attimo dell'atterraggio, una forza sconosciuta deviò la traiettoria, obbligandolo a interrompere il fototrasporto in un angolo boscoso a sud della piazza Agorà.

Ike si tastò braccia e busto per sincerarsi che ogni cosa fosse tornata a posto, e difatti fu così: le sue molecole si erano ricomposte alla perfezione fino all'ultimo particolare, espressione accigliata compresa.
Yuri crollò a terra esausto. Non aveva voglia di chiedersi come mai aveva fallito. Ike lo imitò. Dopo pochi attimi di respiro, Yuri sentì il polso vibrare, ma non fece caso.

«Oh, hai ragione, tra poco sarà di nuovo buio» esordì osservando il calare del sole oltre i campi di Demetra e la spiaggia ancora colorata d'oro, in contrasto con il blu dell'oceano.

«Già» sbuffò Ike, fissando il polso dove l'amico teneva allacciato un braccialetto di fili intrecciati, dal quale provennero volute vaporose. Non l'aveva notato prima.
«Yuri, la tua polsiera sta fumando!»

L'altro in effetti sentì caldo in quel punto, e così alzò il braccio e constatò che era vero. Bloccò con la mano libera il divampo imminente e subito dopo si liberò di quell'affare, buttandolo sull'erba umida.

Ike, incuriosito lo recuperò. Vi soffiò sopra perché scottava ancora.
«Solo tu riesci a tenere in mano una cosa arroventata senza bruciarti!» imprecò, poi trovò una scritta all'interno della fascetta, ma la bruciatura aveva reso impossibile la lettura. Ciononostante intuì qualcosa.

«Chi ti ha dato questo?»

«Una ragazzina di Atena… credo di ricordare…»

«Ho capito! È una trappola! Vieni, presto! La maratona non è ancora finita! Vorrei che nessuno ti trovasse, così almeno una gara potrai vincerla!» gli afferrò una mano e lo tirò su, incurante della sue proteste, poi lo trascinò per una scorciatoia che a lui pareva sicura. Purtroppo si sbagliò. Dietro un fitto cespuglio di mirtilli sbucò la sempre sorridente Rubelia Sharon.

«Ehi! Ciao ragazzi… ma…» il saluto dell'esuberante figlia di Dionisio morì quando puntò le mani intrecciate dei due. Una smorfia dispiaciuta detronizzò il sorriso.
«Ma ragazzi! Che spreco!» sbuffò girando sui tacchi. «Vabbè, tranquilli, fate come se non vi avessi visto…»  e scomparì dietro un'altra siepe.

«Oh, no… quella ora crede che noi… oh…»

«Quella crede, cosa?» Yuri non capì.

«Ehm… è pazzesco! Davvero devo spiegare al semidio più potente di Asteria la faccenda delle api, fiori e relazioni alternative?!»

«Ci capisco sempre meno» sorrise l'altro, divertito dallo sconforto dell'amico. Ike soffocò una risata osservando il sole mezzo affondato oltre l'orizzonte marino.

«Yuri, resta qui ancora un po', e poi torna a casa tua. Almeno una prova meriti di vincerla» ribadì.

Yuri fece spallucce. «Perchè non la vinci tu la prova? Insomma, sono sfiancato, potresti non so, legarmi e trascinare in piazza… oppure…»

Ike lo zittì.
«Non se ne parla. Credimi. Ho vinto la mia maratona. Ci sono voluti dieci anni, ma alla fine ho vinto…»
Yuri lo vide andar via, e se non fosse stato per un urlo che lo trattenne, l'avrebbe seguito.

«Qui ad Asteria ne succede una ogni minuto! Chi è che grida così? Qualcuno si è fatto male?» domandò a voce sostenuta aggirandosi nella boscaglia.
Pochi secondi dopo trovò la fonte del richiamo. Era una bambina seduta per terra che si tratteneva una caviglia.

Avrebbe potuto ignorare quella richiesta di aiuto se avesse avuto a cuore l'esito della gara, ma pensò: "al diavolo la gara!" scattò subito. «Ti sei fatta male? Fammi vedere!» soccorse la piccola, ma quella gli scacciò la mano scongiurando il contatto fisico.

«No, tu portami da Astrid, per favore… ma non mi toccare però… ho male dappertutto…» piagnucolò.

Yuri non aveva avvertito nulla durante il rapido contatto, il che lo insospettì. Scoprì che le manine della soccorsa erano avvolte da guanti sottili. Allargò le orbite ed ebbe un sussulto al diaframma lasciandosi scappare una risata.

«Andiamo allora, andiamo a trovare Astrid!» esortò, avendo capito la mossa della ragazzina.

Strada facendo, ricordò l'avvertimento di Valentine: "sta lontano dalle figlie di Atena, una di loro ti metterà nel sacco!" Rise silenzioso. "Pensa un po'! Altro che Justice o Astrid! Questo scricciolo di semidea furbetta vincerà la maratona! È proprio vero! Posso avere rivelazioni del futuro, ma se qualcosa deve accadere per forza, non ci sono numi che lo possa impedire!"

Guendalina, cose così non poteva ancora captarle perciò, tutta vittoriosa, interpretò fino in fondo la parte della claudicante. Camminò eroicamente accanto all'eroe fino a sbucare tra la folla nella piazza Agorà, soddisfatta di sé.

All'origine di quel suo tranello c'era stata la scoperta fortunosa del proposito di evasione dall'Isola elaborato da Justice. Allora le venne l'idea di scrivere una formula di richiamo all'interno di quello stesso braccialetto e di farlo recapitare a Yuri per mano dell'ignara Justice. L'effetto magico lo avrebbe fatto comparire assieme al passeggero vicino a lei, al termine del fototrasporto di ritorno. Non era sicura che la formula di deviazione avrebbe funzionato, ma ci sperò e alla fine le era andata bene.

Ebbe anche la furbizia di trovare un posticino al riparo da occhi indiscreti, così evitò pure l'appellativo di spia. Però, l'aver approfittato dell'altruismo di Yuri con la scenata della caviglia, diede un retrogusto amaro alla vittoria. La sua intelligenza, seppur acerba, glielo aveva fatto capire. Non l'avrebbe mai preso se non perché lui glielo stava permettendo.

Guendalina decise di agire con onore. Una volta guadagnata la piazza Agorà avrebbe rivelato l'inganno, ma non aveva fatto i conti con l'intuito di Yuri, che l'anticipò esultando in mezzo alla folla.

«Ecco qua! Ero stufo di aspettare che qualcuno mi trovasse! Se non fosse stato per questa piccola grande guerriera, sarei rimasto nascosto per chissà quanto tempo!»

Di rimando qualcuno gridò: «Brava Guendalina! Hai catturato la preda!»

Guendalina lasciò la presa su Yuri e riprese a camminare normalmente. Il ragazzo non se ne stupì.

«Grazie…» biascicò imbarazzata la piccola.

Yuri le bisbigliò all'orecchio. «È il tuo momento!»

Aphaia decretò sì Guendalina vincitrice della maratona, in barba al fior fiore di atleti più grandi, adulti e forti, ma dentro sé il trofeo più prestigioso sapeva doverlo consegnare a Yuri, in virtù delle gesta compiute in Irlanda a favore di Ike. Ma non le riuscì di farlo.

A coronamento della fine delle olimpiadi, era una consuetudine festeggiare. Ogni vincitore delle prove mostrava con orgoglio i legacci ai polsi, ovvero i trofei conquistati. Yuri non aveva ancora fatto caso a quelle cordicelle di bronzo che molti ragazzi e ragazze sfoggiavano chi ai polsi chi anche alle caviglie. Quel giorno comprese il nesso. 

Ritrovarsi nei locali era quasi un obbligo, nessuno doveva sentirsi escluso, a prescindere dei risultati, solo così tutto acquistava un senso positivo.

Yuri, quando entrò nel Bar Tartaruga di Aliseo Storm, fu attirato dal solito gruppo di Ermes. In piazza aveva visto di sfuggita Axel, lo aveva salutato, ma non si era trattenuto. Piuttosto quello aveva imboccato la direzione del quartiere di Afrodite, e lui comprese che stava andando a casa di Dafny.

L'aria vivace all'interno del locale spazzò via dai volti degli sconfitti l'alone di tristezza. Essere semidio aveva il vantaggio di riprendersi anche emotivamente. In fondo ce n'erano ancora di sfide lungo il percorso di vita di ognuno, e presto o tardi tutti, ancora una volta, avrebbero avuto il personale momento trionfale.

Nessun semidio osò muovere, nemmeno per scherzo, alcun sberleffo nei riguardi delle prove affrontate da Yuri. A parte Aphaia, chiunque aveva riconosciuto apertamente le sue qualità. D'altronde con le sue gesta Yuri aveva dichiarato che delle olimpiadi non glien'era fregato un bel niente.
Così, ridendo e scherzando con gli amici ladruncoli, dimenticò la persona alla quale aveva dovuto dare conto della giornata trascorsa: Justice. Era con lei che avrebbe dovuto evadere da Asteria.
Se ne ricordò solo quando la vide apparire sulla porta. La sua presenza infuse una tale soggezione che, alzandosi di scatto dal tavolo, lo fece volare con tutte le bibite e snack sopra posati. Gli amici di Ermes rimasero pietrificati.

«Certo che quella figlia di Atena mette in riga chiunque anche solo con lo sguardo!» constatò Gregorio, incurante dell'ottimo udito della semidea; al che quella gli fu subito accanto e gelò anche lui con un cipiglio. Yuri sospettò che Gregorio stesse avendo un urgente bisogno della toilette. "Poverino".

Poi toccò a lui affrontare la figlia di Atena. Cercò quello sguardo e lo trovò senza sforzo. Concentrò le energie per decifrare quali intenzioni avesse, ma non riuscì. "Mi arrendo! Justice è immune alle antìlipsi forzate..."

«Tu! Vieni con me!» ordinò come fosse un generale dell'esercito. Yuri deglutì mentre un inquietante brivido trovò divertente buttarsi a capofitto lungo la sua colonna vertebrale, costringendolo a scattare sull'attenti.

"Sapevo che sarebbe andata a finire così!" esclamò dentro sé, e nessuno della cerchia di Ermes osò augurargli buona fortuna, con Justice non ne avrebbe avuta.

Mentre seguiva la ragazza, notò Ike attorniato da un gruppo di ragazze. Insolito per lui che, nonostante l'avvenenza era un tipo piuttosto riservato. L'aver risolto il problema che per tanto tempo l'aveva angosciato, aveva sortito un effetto piacevole e imprevisto. Il suo volto era più luminoso e la gente se n'era accorta, soprattutto Luana, che più di tutte sembrava essere riuscita a vincere quel suo scudo difensivo.

Fuori dal locale, un surf volante di bronzo era posteggiato accanto a un arredo urbano. Yuri quando lo vide s'incuriosì.

«A cosa serve questo?»

«L'ho comprato da Axel. È una delle sue invenzioni più riuscite, ed è quasi uguale a uno dei mezzi di trasporto che abbiamo utilizzato quando siamo partiti per cercarti» spiegò placida, sedendosi sul sedile; un nuovo elemento aggiunto all'originale.

«Avanti! Siediti dietro di me!» ordinò tranquilla, e Yuri accondiscese. Justice, prima di azionare i comandi dal timone, prese le mani del passeggero e le allacciò al suo grembo.

«Così non rischierai di cadere!» si giustificò, anche se era proprio lei a sentirsi più al sicuro circondata da quelle braccia.

"Ma che cosa sta succedendo?" si domandò osservando la cascata di capelli quasi neri della figlia di Atena. Profumavano di cannella e tè verde, lo riconobbe, e riconobbe piacergli, ma non ebbe modo di pensare a niente perché il veicolo partì in volo sorprendendolo.

Vide il lastricato della piazza allontanarsi e tutte le case e villette, circondate da vialetti alberati e giardini sempre in fiore farsi lentamente più piccoli. Rise di gusto.

«Ti diverti?!» domandò Justice tutta rossa in faccia.

«È diverso! È diverso dal volare con le mie capacità! Così è più divertente!» ammise ammirando la cittadina che dall'alto disegnava un ottagono perfetto. E poi c'erano le stelle, e la vaporosa via lattea che faceva da sfondo al morbido ondeggiare della lunga chioma di Justice. Yuri ebbe l'impulso di stringerle la presa intorno alla vita, ma non osò. La ragazza però comprese e sospirò. 

"Maledetto Yuri! Sei il ragazzo più dannatamente onesto che abbia conosciuto! Sei proprio un… ragazzo impossibile!"

Anche in quel frangente Yuri cercò di leggere le sue intenzioni, o avere almeno un piccolo anticipo sul futuro a breve termine, ma non riuscì.

"Justice, sei un futuro che non mi appartiene!"

Sorvolarono l'altopiano, incuranti d'essere visti dalle poche coppiette che lo animavano. Giunsero al gran monumento, il Monoptero. La vista ravvicinata di tutto quel colonnato, traslucido alla luce della luna, che sorreggeva la mastodontica cupola, emozionò il figlio di Apollo, e poi lo stupì quando, entrato, la superficie interna si restrinse fino a diventare un complesso gazebo dalle dimensioni intime.

«C'è qualcosa che non va?» domandò Justice, divertita dall'espressione di Yuri.

«Perchè, perché qui è… e fuori invece è…» gesticolò le parole che non riusciva a trovare.

«È l'effetto che fa a tutti. Il Monoptero si dilata e contrae a seconda di quanta gente ospita. Però da lontano mantiene sempre le stesse dimensioni faraoniche. È come un effetto ottico» spiegò lei parcheggiando il surf volante. Era calma. Molto calma, questo stato d'animo Yuri lo percepì. Eppure intuiva che avrebbe dovuto essere un po' irritata. Era chiaro che qualcosa gli sfuggiva.

Yuri a quel punto azzardò poche parole di scuse, ma la ragazza non glielo permise. Gli si avvicinò a passo svelto e lui sorrise amaro strizzando già le palpebre. "Ci siamo! Lo sapevo! Vuole riempirmi di schiaffi! E va bene. Se la cosa la fa sentire meglio…"

Il tonfo sulla guancia presagito senza antìlipsi lo deluse. Avrebbe dovuto sentire un colpo più violento, seguito da un intenso senso di bruciore accompagnato da un momentaneo disorientamento, e invece no. Sentì essere stato colpito da un qualcosa di freddo e leggero.

Justice trattenne una risata. «Prendi questo!»

Yuri portò la mano sulla guancia colpita. Afferrò l'oggetto e dischiuse gli occhi. Poi lo mise ben a fuoco, sotto l'evidenza delle luci soffuse emanate dall'alabastro della cupola. Lo studiò.

«Pensavi davvero che ti avrei schiaffeggiato, ancora?»
Yuri lasciò perdere l'oggetto e inquadrò Justice inclinando leggermente il volto.

«Ike mi ha raccontato tutto quello che è successo in Irlanda. Tu, Yuri, hai portato a compimento un progetto che il consiglio dei Sileni aveva sempre bocciato, perché troppo pericoloso»

Yuri era ancora confuso. Non riusciva a capire se lo stava giudicando oppure rimproverando.

«Quello che ti ho dato è un quaderno di Atena. Con questo potrai imparare a scrivere, leggere e, dopo aver appreso le nozioni base, anche studiare altre cose più articolate»

Yuri tornò a interessarsi dell'oggetto. "Almeno non mi ha schiaffeggiato! Hurrà per me!"
«Però io non so scrivere…» borbottò, e Justice sospirò.

«È stato scortese da parte di tutti noi non averti dato le attenzioni che meriti. Ti sei fatto in quattro per chiunque e nessuno si è preso la briga d'insegnarti niente. Siamo stati tutti assorbiti dalla minaccia futura di Fetonte, ma questo non ci giustifica in alcun modo»

«Perchè parli al plurale?»

Justice sorrise. «Perchè non siamo soli» di fatti un fitto vociare precedette l'arrivo al Patio Sole Luna di Axel accompagnato da Dafny, entrambi sul quad dorato. Poi Ike insieme a Laura Patruno alla guida di un altro surf volante. Scese dal cielo pure Etienne J. con tra le braccia Greta Sanders.

Arrivò anche Astrid a cavallo della bici di bronzo, guidata però dal suo ragazzo, Valentine Brown. E poi un sacco di altra gente risalì l'altopiano sacro per trasferire dentro il Monoptero tutta l'allegria di cui erano capaci. E quando si tratta di feste, Rubelia Sharon e la sua combriccola sentivano l'obbligo di presenziare ovunque ce ne fosse una. Ben presto il cerchio del colonnato aumentò a dismisura con l'arrivo di tutto il quartiere di Apollo ed Ermes, e di altri ancora.

Yuri, consapevole di poter vedere tutta quella gente in qualunque momento, in quel frangente sentì qualcosa di nuovo, mai provato. Era come il calore che avvertiva quando usava la luce del suo plesso solare durante le battaglie. Ma quello era più intenso. Non era nato da un moto di aggressività, tutt'altro. Era appagante. Tutti quei ragazzi avevano risalito l'altopiano solo per lui. Persino il pastorale Iliachtida, ancora sospeso all'interno della cupola dove Apollo aveva deciso di relegarlo, orientò l'estremità principale verso lui.

Così, tra una risata e l'altra, si ritrovò seduto su una sedia scolastica con tanto di banco coordinato, a imparare a scrivere la prima frase della sua vita, a sedici anni.

Justice gli consegnò una penna e gli insegnò a scrivere la "Y" di Yuri.

«Questo è il premio speciale che abbiamo pensato per te! Vedrai che sarà divertente!» annunciò entusiasta la figlia di Atena, entusiasmo che Yuri esaurì dopo soli quattro minuti. Mantenne comunque il sorriso… di circostanza. Ma quando arrivò il trentesimo asteriano a suggerire altra roba da scrivere, si ribellò.

«Posso cambiare categoria di premio?» protestò alzando le braccia in segno di resa.

«Quanto sei prevedibile!» fecero il coro Astrid e Justice.

«Certo che puoi avere un altro premio!» confermò Astrid, e Justice annunciò:

«Infatti andrai a scuola assieme a…»

"Ovunque ma con te!" desiderò Yuri pendendo dalle sue labbra.

«…con Dafny! La sua scuola è la più semplice!» fece l'occhiolino alla figlia di Afrodite e lei sospirò.

"Forse ci siamo! Papà, resisti ancora un po'…"

Yuri si alzò dal banco. Osservò la pagina di quaderno che aveva scritto. Riuscì ad assegnare un suono a ogni lettera scritta e la cosa gli aprì un mondo nuovo.

«È divertente» ammise, ma senza esagerare con l'entusiasmo. «Quante ore dura la scuola che dite?»

Una risata generale seppellì persino i suoi pensieri. Menomale che non aveva confessato di non sapere nemmeno cosa fosse una scuola...

Sentì qualcuno rispondere. «Anni, bello! La scuola non finisce mai!»

Yuri sussultò spiccando il volo.
«Ragazzi! Siete sicuri che questo sia un premio? Perché ha tutta l'aria di una punizione!» si ribellò suscitando il divertimento generale.

Nel frattempo, un'arancia fluttuante di Laura Montefuerte, non vista dietro una colonna, assistette alla riunione dei semidei. Poi ritornò dalla proprietaria. Mancò però di registrare ciò che avvenne l'esatto attimo dopo, quando Yuri, volando, ebbe un'antilìpsi mentre si divertiva ad arruffare le capigliature dei suoi amici.

Come tutte le orribili visioni avute in passato, la nuova scena futura proiettata nella sua mente durò poco.
Vide sé stesso agghindato da faraone, seduto su un trono di oro, simile a quello di Apollo situata dentro il Monoptero. Affianco aveva una Justice come impensabile immaginarla. Era crudele, lo sguardo malvagio, e insieme a lei emanava ed eseguiva sentenze di morte a tutti gli asteriani prostrati e imploranti.

Spaventato come raramente gli era capitato, interruppe involontariamente la capacità di vorare e cadde in mezzo alla gente assiepata sotto.

A chi aveva chiesto cosa gli era successo, rispose di sentirsi solo un po' stanco. Mentì ma fu creduto.

"Questo evento futuro non deve avverarsi! Io che uccido i miei amici? No! Ci dev'essere un errore!"

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