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20 - Breve fuga da Asteria

Si dice che il mattino ha l'oro in bocca, a Dafny il giorno dopo l'inizio delle olimpiadi non portò oro, ma una sorpresa. Anzi due, appese all'albero delle rose. Ma non se ne accorse subito. Per lei il mattino rappresentava un momento cruciale, sacro: era l'ora della colazione. In genere nulla la distraeva, nemmeno mister Jons, che quella mattina grugniva più del solito. Persino le galline nell'aia erano inquiete. Tuttavia la figlia di Afrodite se la prese comoda. Per preparare il lauto pasto mattutino si svegliava anche prima dell'alba. Cucinare biscotti alle mandorle ripieni di confettura di ciliegie, brioche alla crema e cioccolato, un dolce alle mandorle glassato al limone e latte di cocco con sciroppo di menta piperita, esige tempo, si sa.

Alla fine, s'accinse a passare in rassegna le abituali mansioni, senonché uno innocuo scoppiettio simile a un palloncino di chewing-gum, le esplose in faccia, e subito dopo un foglietto di carta recante un messaggio le coprì il viso paffuto. Togliendoselo dalla faccia riconobbe il mittente.

"Questo è un messaggiride di Nathan Walls di Iride! Oh, dice che l'ultima prova è la maratona. Possono partecipare tutti. La novità di questa edizione è la cattura di Yuri Sevensuns... ancora lui..."
Appallottolò la carta e la gettò nel cestino. «Figurati se partecipo! Chi me la fa fare a correre appresso a quello! Mi presenterò stasera in piazza, tanto per fare presenza... se ne avrò voglia...» borbottò, poi venne distratta dal bussar di porta e andò ad aprire.

«Dafny!» l'assalì Muna accompagnata da Laura. «Non ti sei accorta di chi hai appesi qua fuori?»

Lì per lì Dafny ripensò alle presunte Lamie della sera prima, poi uscì nel recintato a testa alta e inquadrò i "salami" ciondolanti. Con le mani soffocò un grido.

«Oh sant'Afrodite! Che cosa ho combinato?!» si agitò saltellando sul posto, e prima che qualcun altro potesse vedere il pasticcio, ordinò all'albero roseto di liberare Yuri e Valentine.

Era sicura che i ragazzi le avrebbero serbato rancore, ma non fu così. La lunga notte trascorsa a stagionare tra le rose aveva fatto sbollire ogni proposito di rivalsa.

Per farsi perdonare li fece accomodare in casa e offrì loro la colazione. Yuri e Valentine non fecero complimenti. Vederli aggredire ogni piatto servito fece quasi passare l'appetito a Muna, mentre Laura, seduta proprio difronte, fu investita dalle briciole di pan-chocolat espulse dalle loro bocche.

«Ma che maniere! Le vostre non sono bocche, ma tritarifiuti! Siate più ammodo! Dovete masticare bene, non inghiottire tutto come anatre selvagge!», i ragazzi la fulminarono con lo sguardo.

«Hai detto qualcosa?» chiese Yuri accigliato.

«Ehm... bu... buon appetito, ragazzi...» emise arrossendo all'istante.

Valentine tolse per primo la faccia dai piatti. Scosse il capo, e solo allora scoprì la scomparsa dei ricci, ora sostituiti da una fluente massa di capelli lisci come la seta e profumati come un giardino botanico. L'albero di rose aveva passato tutto il tempo a pettinarlo. Ne prese una ciocca e non la riconobbe. L'annusò ed emise un verso di disgusto. "Se mi vedono così, quelli del quartiere mi prenderanno in giro fino alla morte!"

Yuri reclinò la pelata sullo schienale, soddisfatto e grato alla padrona di casa seduta accanto.

Dafny finse un colpo di tosse. «Ragazzi, ehm... potrei chiedervi se... di...»

Valentine intuì la richiesta. «Non è successo niente. Né io, né Yuri, abbiamo riportato danni, e l'averci scambiato per dei mostri è plausibile, visto come siamo messi!» indicò la faccia gonfia e violacea del figlio di Apollo, il quale scattò verso la ragazzona.

«A proposito Dafny, potresti sciogliere il sigillo?» domandò con tono misurato, strappandosi l'ennesima maglietta maciullata. Laura avvampò come un pomodoro e richiamò una decina di chili di arance fluttuanti a farle da barriera visiva.

«Ma almeno quando siamo a tavola potreste esimervi da codeste sconcezze!»

Tutt'altro che scandalizzate erano le arance petulanti, le quali videro come Dafny aveva posato la mano col bracciale d'oro sul petto di Yuri, e come uno dei ciondoli a forma di rosa era diventato di piombo. E come sospirarono quando videro quel ragazzo tornare allo stato originale, tranne che per i capelli!

«Possiamo offrirti del succo d'arancia?» emisero in coro gli agrumi. «Vero che possiamo offrirglielo?» chiesero il permesso alla loro padrona ed ella sbuffò.

«Fate un po' come volete, traditrici!»

Yuri accettò allegramente anche la fantastica bevanda e ringraziò tutti, agrumeto parlante compreso.

Valentine fece per alzarsi, quando anche lui ricevette il messaggiride sul naso.

«Dannato Walls!» esclamò infastidito da quel modo d'inviare circolari.
In sequenza anche Laura e Muna lo ricevettero.

«Aphaia ti ha proprio preso di mira!» esordì per primo il figlio di Ares, rivolgendosi a Yuri. «La maratona è diventata una gara a chi riesce a catturarti! Tempo massimo, fino al crepuscolo di oggi. La corsa inizia al termine della lettura dell'informativa».

Muna inquadrò Yuri e si alzò di scatto. Lo fissò intensamente, ma quello se ne stette lì, incurante, a porgere la mano a Valentine.

«È stato un piacere affrontarti in duello, ma adesso ho qualcosa da fare!» Valentine, agganciando la stretta, trasse a sé Yuri e gli bisbigliò all'orecchio: «Fai attenzione alle ragazze di Atena! C'è chi dice che sarà una di loro a metterti nel sacco!»

Yuri si staccò da lui e poi gli mise le mani sulle spalle. Illuminò il plesso solare e gli restituì il fascino guerresco guarendolo dagli ematomi. Nell'attimo in cui finì il prodigio, Muna lanciò un suo incantesimo e, a sorpresa, anche Laura buttò una gragnola di arance, ma non fecero in tempo. La preda della maratona era già svanita in un lampo di luce. Sui loro volti l'espressione di chi aveva voluto provarci.

Muna orientò lo sguardo verso Valentine. «Cosa gli hai detto?»

Lui la fulminò di rimando. «Gli ho dato un vantaggio, se lo merita!»

«È strano da parte tua! Sai che questa mossa ti squalifica dalla gara?»

«È il vantaggio che gli ho dato, infatti!» si diresse verso la porta e, ringraziando Dafny per la colazione, attraversò il vialetto raggiungendo il suo quartiere.

Yuri si fototrasportò in casa di Justice, accanto al trespolo dov'era Sonia, la civetta bianca dono di Atena. Fino a un attimo prima della sua irruzione, l'animale aveva la testa ruotata al massimo. Quando il rapace, disturbato dalla luce improvvisa, inquadrò l'estraneo dopo aver riposizionato lentamente la testolina piumata, sembrò non dargli peso. Era calmissimo. Ma appena Yuri fece un passo, Sonia spalancò gli occhi dorati, le ali candide e ampie come un aliante, e il becco dalla punta ricurva dal quale emise un tale acuto stridio che Justice uscì di corsa dal bagno, avvolta malamente da un asciugamano.

«Sonia! Non dirmi che hai ancora fame?!»

«Ciao Justice...» disse Yuri trattenendosi le orecchie.
La semidea, senza scomporsi, sistemò meglio il drappo di spugna. Vide Sonia aggredire e becchettare la pelata di Yuri.

«Così impari a essere puntuale!»

Yuri, sbattuto a terra, tutto occupato a bloccare le ali di Sonia e a schivare quel dannato becco, non comprese. «Hai detto qualcosa?...»

«Ehm... Sonia! Kaló!»

«Ecco, Sonia, buona!» tradusse Yuri, osservando la ritirata della rissosa pennuta. Ma nonostante fosse risalita sul trespolo, quella mantenne il contatto visivo aggressivo. Il figlio di Apollo se ne risentì. Di solito piaceva a tutti: ragazze, ragazzi, animali... "arance petulanti".

Justice sparì dalla vista silenziosamente. «Aspetta un paio di minuti!» raccomandò in tono neutro. Yuri non comprese nemmeno quell'atteggiamento indifferente, e la figlia di Atena mezza nuda, si stupì di non aver provato imbarazzo. L'uno non seppe che anche l'altra aveva fatto spallucce e deciso che la cosa non importava.

Yuri si guardò attorno, stando attento a evitare Sonia e il suo becco. Tutto in quella casa lo valutò perfetto. La carta da parati decorata a corsie floreali alternate ad altre in tinta unita, era interrotta armoniosamente da quadri e foto di luoghi e persone, e faceva da sfondo alla mobilia stile vittoriano. Quasi dappertutto c'era la foto di un uomo i cui occhi rivelavano essere il padre di Justice. Qua e là, nel luogo in cui era apparso, tavolini e sedie di vimini laccati di bianco, riflettevano la luce filtrata dal giardinetto privato, schermato da ampie portefinestre a scorrimento. Era la saletta del tè.

Dall'altro lato, superato il disimpegno, la cucina era in bella mostra, anche se non era usurata e vissuta come quella più modesta di Dafny. Qualcosa gli suggerì che Justice non cucinasse. Poi si stupì d'aver pensato una cosa simile.

Scuotendo la testa, inquadrò qualcosa che lo sopraffece. Era un'impalcatura di legno, con un lungo cuscino cilindrico posizionato ad altezza dello sterno, soppalcato da una intricata struttura fatta di assicelle a formare una sorta di ringhiera orizzontale. Tra quelle assicelle c'era impilato un sontuoso e complesso gioco di fili sottili come capelli, che formavano ghirigori, arzigogoli e stupefacenti cascate di fiori che incorniciavano scene rurali, di caccia e personaggi vari. Ne rimase ammaliato. Inseguì con lo sguardo l'intreccio intricato e armonioso dell'opera fino a soffermarsi al cuscino, dove migliaia di spilli la fissava. Era quello il punto dove tutto nasceva grazie a nodi e intrecci studiati. Poi scese un po' più in giù, dove un numero incalcolabile di fuselli erano sospesi uno accanto all'altro, trattenuti da altrettanti fili sottili.

«Ti piace? È la mia nuova tenda di pizzo?» lo sorprese alle spalle Justice, tutta in ordine con un paio di shorts kaki e una camiciola bianca. Era la sua tenuta da esploratrice.

«Questo lo fai tu» affermò più che chiedere, dato che dopo aver sfiorato lo sgabello lì accanto, l'aveva vista in una visione del passato. Era appoggiata su di esso, concentrata sulla tessitura, con la schiena dritta e coperta dalla lunga chioma scura. Nella visione le mani di Justice danzavano da fusello a fusello, con un ritmo ipnotico, torcendo, spostando e annodando decine di fili per volta, dando vita ai vari motivi ornamentali. La visione durò pochi istanti, ma sufficienti a fissare nella memoria il profilo del suo volto sereno.

«Atena è la dea delle arti femminili, trai tu le conclusioni» ribatté a tono, rimanendo in attesa di una risposta, ma che non arrivò. Notò l'espressione persa di Yuri e lo richiamò.

«Sembri un po' stanco, le competizioni di ieri ti hanno scaricato le batterie?»

«Non proprio... è che non ho dormito tanto bene stanotte... piuttosto, sei pronta a rivedere tuo padre?»

Il volto di Justice brillò come il sole. «Sì, certo! La maratona è la manifestazione più caotica di tutte, nessuno farà caso alla nostra sparizione. Il tuo fototrasporto poi, è una manna di Zeus! Ho scoperto che è irrintracciabile!» esplose entusiasta. Poi, osservando il torso scoperto di Yuri, si accigliò.
«Ma, non potevi indossare una maglia prima di uscire da casa? Cos'è successo, le eliadi che ti accudiscono hanno scioperato?»

Il figlio di Apollo dovette descrivere che razza di nottata era stato costretto a trascorrere, al che la ragazza, afferrato il proprio zaino, propose di far tappa a casa di Ike Ivor, l'unico al quale poter mettere a parte del progetto di evasione da Asteria, cosicché potesse prestargli almeno una maglietta.

«Potremmo recarci a casa mia, ho ancora molte cose da indossare. Me le hanno regalate quelli del quartiere di Afrodite»

«Usa un po' la testa!» esclamò Justice. «Sulla circolare che stamattina Nathan ha spedito a tutti, sei stato indicato preda della caccia, e il primo posto dove inizieranno a cercarti è proprio il Faro di Alessandria!» spiegò poco paziente. «A proposito di gente che ti cerca, una tua piccola fan voleva conoscerti e regalarti questo...» aggiunse estraendo da un cassetto della scrivania vicino alla libreria centrale della sala, un bracciale annodato a mano. Yuri se lo fece legare al polso. Era contento di quel pensiero. Riuscì pure a inquadrare l'autrice. Era Guendalina, una sorellina del quartiere di Atena.

Yuri inclinò il capo. «Vorrà dire che conoscerò anche questa mia piccola amica» sorrise stringendo la mano a Justice. «Credo che sia stata una fortuna essere stato appeso a un albero stanotte, così nessuno ci vedrà!» emise svanendo assieme all'altra in un rapido flash.

Anche Ike aveva letto il messaggiride e passeggiando nervosamente nella sala principale del castello, scansò il tavolinetto da salotto, dove campeggiava un geode di ametista aperto a metà, circondato da altri esemplari minerari esposti come in un museo. Raggiunse il cestino, la meta ultima della missiva.

Osservò nostalgico il mobilio addossato al muro cieco, traboccante di brillanti sassi dai nomi improbabili. Lui però li conosceva tutti! Addirittura i lampadari erano fatti di cristalli naturali. Quello sotto cui s'era fermato a pensare, era ricavato da un esemplare gigantesco di natrolite: una sorta di riccio di cristallo i cui aculei erano sottili prismi puntuti e brillanti come diamanti. La luce che emanava superava quella filtrata dalla finestra che dava sul cortile privato. Non c'era da dubitare se la passione del padre terreno per la mineralogia aveva caratterizzato ogni ambiente del castello.

Nel momento esatto in cui Ike lanciò stizzito il messaggiride, apparvero Yuri e Justice.

«Abbiamo scelto il momento sbagliato?» domandò Yuri.

«Ciao... Ike!» salutò Justice, e subito dopo voltò lo sguardo verso il geode sul tavolinetto. I lunghi capelli fecero da sipario al suo imbarazzo.

Ike si chiuse all'istante l'accappatoio, lottando contro lo scorrere del sangue che gli stava imporporando la faccia.

«Fate come foste a casa vostra! No dico! Non bussate neanche, evitate pure di sciupare il campanello!» protestò voltandosi. «Di qualunque cosa abbiate bisogno, aspettate qui! Vado a fare la doccia!» ordinò imboccando il corridoio.

Justice sospirò. "Accidenti, che figura! Bè, poteva andare peggio, almeno non ci ha sbattuto fuori casa!"

«Yuri! Chiudi gli occhi! So che hai di nuovo i tuoi poteri!» strillò da dentro il bagno l'irlandese.

Il figlio di Apollo non ci pensò nemmeno a usare la vista solare, dono che gli permetteva di vedere ogni cosa illuminata dal sole, solo per... spiare lui sotto la doccia. Piuttosto avvertì un centinaio di semidei invadere la strada all'entrata principale del castello. Justice si allarmò.

«Dobbiamo sbrigarci! Ike, per favore, presta a Yuri qualcosa da mettersi!» gli chiese appena lo vide tornare in sala.

Ike, vestito con un paio di jeans scuri e maglia bianca, aveva già intuito sin dal primo momento di cosa avevano bisogno, ragion per cui si era premunito di un'altra maglia che porse a Yuri, il quale la indossò velocemente.

Il figlio di Iride lesse ancora i volti degli amici. «Avete deciso di evadere dall'Isola, e volete che vi copra le spalle, giusto?»

«Sì, e sarà meglio sbrigarci! Qui fuori c'è già una folla, ci stanno accerchiando!» informò Justice, indicando la fiumana di gente incorniciata dalla finestra.

«Imboccate il corridoio, entrate in camera mia e salite la scala che porta al terrazzo merlato; da lì potrete orbitare dove volete senza essere visti! Io inventerò un diversivo, andate!»

Nel momento in cui Justice lo stava ringranziando, Ike provò un vergognoso senso d'invidia. Lei, grazie a Yuri, stava per rivedere suo padre! Mentre lui il suo non lo vedeva da un decennio. L'amicizia spesso richiede sacrifici e azioni disinteressate, lo sapeva bene, per questi motivi accolse l'abbraccio di Justice augurandole il meglio.

Il delicato momento terminò col fragore di vetri rotti proveniente dalla finestra principale. Uno scalmanato figlio di Ares irruppe nel maniero e si lanciò alla cieca contro il terzetto nella sala. Yuri, reattivo, si coprì il volto con un gomito e anticipò l'incursore slanciandosi sul posto dov'era Justice e afferrò un polso. Subito dopo svanì esattamente alla velocità della luce col passeggero agganciato.

La figlia di Atena vide svolazzare attorno la maglia di Yuri, quella di Ike, poi i pantaloni di uno e quelli dell'altro. Alzò il volto verso il sontuoso lampadario di natrolite, e la vista le fu offuscata da due paia di boxer. Li scacciò via emettendo un verso schifato, prima d'inquadrare l'incursore che aveva invaso la casa di Ike. Lo gelò con un solo sguardo.

«La... la preda è fuggita via dall'...» borbottò quello, ma Justice non gli permise di completare la constatazione. Gli mollò un sonoro pugno sul naso tramortendolo. Respirò pesantemente. "Dovevo rivedere mio padre!"

Afferrò il tizio per il collo della maglia e lo scosse.
«Hai commesso l'ultimo errore della tua vita!» ringhiò. «Da oggi in poi sarò il tuo peggiore incubo!» promise.
Quel disgraziato se la fece sotto... letteralmente. E pensare che quello aveva sempre creduto che le ragazze non fossero un granché con le minacce... se ne ravvide.

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Nota facoltativa:
Natrolite: è un minerale esistente, una varietà di silicato, le dimensioni reali degli esemplari sono di poche decine di centimetri, quindi non sono esattamente adattabili a un lampadario da castello; oltretutto è tremendamente fragile perciò non resisterebbe molto appeso.

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