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19 - Yuri contro Valentine

Gregorio trovò posto tra gli spalti confondendosi col pubblico osservante. L'aver scoperto di possedere un dono l'aveva obbligato, con grande disappunto, a interrompere l'olimpiade.

«Stupide regole!» borbottò attraendo l'attenzione di chi si era ritrovato seduto affianco.

«Di quali regole parli?» chiese quella persona.

«Oh, è… non è giusto! Appena uno scopre casualmente di avere un potere, bum! Viene estromesso dalle competizioni!» sbottò contrariato.

«Come mai avviene ciò?» indagò ancora la voce vicina.

«E… vorrai mica scherzare?» ribatté incredulo Gregorio. «Non la sai la storia di quel tizio di tanti anni fa che aveva scoperto di possedere la forza di cento orsi durante un duello al pancrazio

«No. E come andò a finire?»

«Ehm… è morto, cioè, uccise l'avversario…» concluse rabbuiato in volto.

«Allora, non è una regola tanto ingiusta, se è stata decisa per salvaguardare l'incolumità degli atleti», rifletté un po' insistente l'occupante del posto accanto.
Gregorio a quel punto decise di distogliere lo sguardo dall'arena e scoprire chi fosse l'interlocutore, quando un'arancia gli fluttuò a pochi centimetri dalla fronte, la scacciò scambiandola per un insetto molesto, e solo allora scoprì con chi stette scambiando quattro chiacchiere.

«Ah! Sei la nuova! Laura!» realizzò. «Non eri in campo a servire succhi di frutta?»

«Lo ero, ma i controllori dell'incolumità pubblica mi hanno consigliato d'interrompere il servizio. A quanto pare… tutto questo lottare è una consuetudine piuttosto pericolosa!»

«Sì, forse… dipende. Però è una cosa utile perché serve a diventare più forti, a scoprire se qualcuno ha delle capacità nascoste, com'è successo a me per esempio. Sai, ancora pochi mesi e avrei detto addio alla super velocità di Ermes!»

«In che senso, pochi mesi?» indagò Laura, seppur non era davvero interessata saperlo.

«Certe capacità o le si hanno già manifeste sin dai primi anni di vita, oppure le si scopre entro i primi diciotto, altrimenti… non se ne fa niente!» rispose orientando lo sguardo ora sul suo capo quartiere Aliseo Storm, che stava duellando alla spada contro Ike Ivory, ora su Yuri, che se la stava vedendo a mani nude contro una fila di ragazzi che lo avevano sfidato.
Se Gregorio avesse avuto pure un terzo occhio, l'avrebbe impiegato per guardare Justice che stava facendo mangiare la polvere a un energumeno di Ares. 

Gregorio aveva anche altro cui pensare. "Accidenti! Non posso stare nemmeno insieme ad Alina. Ai servizi di pronto soccorso servono le sue competenze", sbuffò. "Vabbè… tanto a nessuno di noi importa fare a botte con chicchessia…"
A scuoterlo dalla confusione mentale ci pensò proprio Alina. Lei era dotata solo dei canonici due occhi, aiutati occasionalmente da un paio di occhiali. Non aveva la vista del sole e il suo campo visivo era relativamente normale. Ma se c'erano delle "moscerine" che svolazzavano un po' troppo allegramente attorno al suo Gregorio, beh… le vedeva eccome, anche da lontano, e il suo sguardo lanciava messaggi che il suo ragazzo decodificava come un pericoloso allarme rosso!

Salutò la figlia di Apollo, ben visibile sul perimetro del grande campo di lotta, sbracciandosi e ponendo una distanza più marcata da Laura.
Alina assottigliò lo sguardo, facendo intendere che lo stava studiando.

Laura, incurante del disagio provocato a Gregorio, si avvicinò ancora.
«Quanto chiasso! È davvero necessario tutto questo lottare?» lamentò.

«Basta farci l'abitudine, dopo un po' vedrai che non potrai fare a meno di sentire tutto questo chiasso!» si degnò di risponderle, però senza guardarla in faccia.
Per quanto riguardava il putiferio, non poteva darle torto. Infatti anche lui era frastornato dalle poderose stoccate e grida di battaglia che riempivano l'aria attorno l'arena, che era stata suddivisa per l'occasione in settori: da un lato i combattenti a mani nude, e dall'altro quello dei duellanti armati.

Gregorio distolse l'attenzione di proposito. Un po' perché sentiva lo sguardo di Alina infilzarlo per bene, e un po' perché s'era ricordato di aver scommesso sulle gare. Sorrise sghembo notando verso l'ultima fila della curva, dove un gruppo di Sileni era ancora intento a puntare dracme. Laura intercettò lo stesso punto.

«È una cosa normale quel che fanno codesti esseri capriformi, a dissipar averi per sollazzo?» domandò osservando il rapido passaggio di denaro tra i Sileni e alcuni figli di Ermes.

Soppesando l'espressione un po' datata di Laura, Gregorio sorrise neutro. «Sicuro che è normale! Ad alcuni è indispensabile per accumulare il credito necessario per poter trascorrere un annetto fuori dall'Isola! Oddei, è vero che guadagniamo qualcosa ognuno con il proprio lavoro, ma non è mai sufficiente per il minimo indispensabile» seguitò a spiegare a voce sostenuta per contrastare il baccano. «Però sono le missioni portate a termine con esito positivo a garantire il maggior introito» aggiunse con più compartecipazione, consapevole che anche lui era obbligato a pagare la retta della scuola dei mortali che frequentava.

A quel punto si ricordò delle sue di scommesse, e si riscosse inquadrando il volto di Laura di nuovo vicino. Troppo vicino. Sobbalzò. "Cosa ha deciso questa? Vuole farmi litigare a ogni costo con Alina?"

E Alina in quel momento stava suturando un tizio appena messo al tappeto da Yuri. Era sorda alle imprecazioni del forzuto sotto le sue cure, troppo concentrata a osservare cosa stesse facendo Gregorio assieme a quell'antiquata di Laura.
«Ehi! Fai attenzione! Devi ricucirmi non infilzarmi come un arrosto!» lamentò l'atleta, e Alina orientò lo sguardo verso lui. Un brivido lo raggelò rapidamente. Non seppe più cosa gli facesse male di più.

"Quello stupido! Non poteva scegliere un posto più vicino invece di appollaiarsi assieme a quell'agrumicola!"

Mentre la litigata silenziosa degli innamorati occupava l'intero pomeriggio, i duelli giunsero al termine quasi tutti. Gli esiti prospettarono poche novità.

Era comunque un gran spettacolo vedere per l'ennesima volta Justice fronteggiare la capo quartiere Astrid. Gregorio e tutto il resto del pubblico erano estasiati dal vedere quelle due cacciare affondi di spada e ferri da maglia parati dagli scudi di bronzo, le cui superfici brillavano di scintille a ogni scontro.
Per l'occasione Justice fece uso della spada d'oro donatale da Achille.

"È migliorata parecchio!" ammise Astrid. «Ti faccio i miei complimenti Justice!» emise decidendo di metterla a parte dei suoi pensieri. «Vedo che la missione non autorizzata che hai intrapreso ha dato più frutti di quanti se ne siano visti!» emise il giudizio sottintendendo sia il recupero di Yuri sia le rafforzate capacità guerresche che ne sono conseguite. «Dovrò dar fondo a ogni mia risorsa!» aggiunse congiungendo i ferri da maglia, i quali formarono la lancia di Atena.

Ma Justice non riconosceva i miglioramenti che Astrid le attribuiva. Dinanzi c'era la solita ragazza agile e atletica che aveva fatto della battaglia il suo punto di forza. Riconosceva esserle pari in tutto, meno che nel duello alle armi. 

Il punto di svolta arrivò con l'ultima azione. Justice, messa alle strette dall'avversaria, cambiò strategia. Aveva capito che affrontare Astrid frontalmente era come voler abbattere un muro con le carezze. La sua agilità, data dall'alta statura, ammise essere strepitosa. Tuttavia riuscì in qualche modo a farla sbilanciare da un lato. La colpì al fianco indebolito, ma quella parò la lama d'oro con lo scudo e con un gioco di polso, le sfilò la spada facendola roteare in aria.
Un tonfo secco sovrastò le urla d'incitamento del pubblico adorante. Astrid, ancora mezza sbilanciata, sorrise gustando la vittoria. Justice seppur disarmata, non mostrò essere in difficoltà. Afferrò con le mani la lancia di Astrid nel momento in cui ella gliela stava puntando contro.

«Justice, ho vinto anche questa volta!»

«Opinabile Astrid!» ribatté l'altra col fiatone che le riempiva il petto.

«Ti consiglio di arrenderti, non mi va di mandarti in infermeria!»

Justice la guardò seria. «Se non vuoi finirci tu, ti conviene non mollare la presa della lancia, sei ancora sbilanciata. Se dovessi cadere, finiresti contro la punta della spada che si è piantata al suolo dietro di te».
Astrid strabuzzò gli occhi. Forzò il fianco piegato, incrociò una gamba e con quella fece leva per raddrizzarsi. Sembrava stesse facendo un passo di danza classica, e siccome Astrid non era una ballerina, un sinistro scricchiolio annunciò la lussazione del fianco martoriato. Stava per cadere sulla spada piantata al suolo per l'elsa. Gli spettatori attorno ammutolirono di colpo. Justice non fu in vena di vincere in un mondo così cruento, ecco perché con un'abile mossa degna dei principi della fisica di Galileo, fece perno al peso di Astrid deviandone la caduta.

Il duello finì in parità, ma la performance di Justice spiccò agli occhi dei più esperti.

Nel frattempo, lo scontro atteso tra Valentine e Yuri perse gradatamente interesse. All'inizio era stato anche divertente vedere come quei due si colpivano, o come si alternavano e masticare la polvere quando uno atterrava l'altro. Ma siccome era giunto il crepuscolo, e nessuno di loro accennava a mollare la presa, lentamente gli spalti si spopolarono; in virtù anche del fatto che non era obbligatorio  rimanere fino all'ultimo minuto, tranne Aphaia. E nemmeno la dea voleva rimanere lì a vedere quei mortali gonfiarsi di botte.

Ma per quanto fosse avvincente, e non meno importante la sfida personale tra i figli di Ares e Apollo, la battaglia più significativa era stata quella ingaggiata da Valentine contro sé stesso. Il tempo trascorso dopo il lancio della sfida, l'aveva obbligato a mettere in ordine una volta per tutte la dolorosa questione del suo passato. Sentì scivolare via la colpa della morte della madre.

Quante volte in sogno si era rivisto da bambino con le mani insanguinate, chino sulla madre a gioire del petto che aveva squarciato? I sudori gelidi che avevano accompagnato quei momenti interminabili. L'impossibilità di urlare dall'orrore come avrebbe dovuto, per non vedersi screditata la reputazione di guerriero di Ares, aveva soffocato il grido di quel bambino.

Poi l'arrivo di quel semidio che illumina ogni cosa al suo passaggio aveva cambiato le cose. La luce di Yuri aveva svelato la verità, bruscamente. Era stato come svegliarsi colpiti dal sole all'improvviso.

Phonio, lo spirito delle carneficine, aveva giocato al massacro con Valentine. Lo aveva torturato nella maniera più ignobile concepibile; usurpandone le sembianze gli aveva ucciso la madre, poi si era insinuato nella mente, depositandovi un ricordo ingannatore che non gli apparteneva.

Poi il raggio di luce.

Quella luce era Yury. Quella luce aveva messo le cose a posto. Sentiva però ancora della rabbia incontrollabile, irragionevole. Aveva bisogno di un punto, un oggetto, un obbiettivo contro cui sfogarsi. Yuri, per una volta nella sua vita, decise di non svelare le sue sensazioni, perché sì, aveva intuito sin da subito ciò di cui Valentine Brown necessitava. Perciò rimase lì, non con spirito di sacrificio, dato che gli restituiva ogni pugno ricevuto, e con gli interessi; bensì come un muro da abbattere, barriera simbolica dell'unico dubbio che aveva avvelenato la sua vita.

Gli unici testimoni della ultime battute furono Justice, Ike, l'inseparabile Axel, Astrid, Etienne, Aliseo e Luana.

Persino Dafny, troppo spossata, rinunciò a stare accanto allo "scongelato" figlio di Efesto.

Quei pochi presenti rimasti attesero la fine, non per la curiosità di scoprire il vincitore, bensì per ciò che sarebbe successo dopo, se, come aveva prospettato Luana, Yuri e Valentine avrebbero stretto un'alleanza o decretato un'ostilità imperitura.

Qualcuno fu sul punto di protestare l'eccesso di violenza usata nel corpo a corpo, quando a sorpresa Valentine afferrò Yuri e lo sbatté a terra di schiena. Da chiunque provenisse la protesta, tacque all'istante.

Yuri, con la faccia gonfia e le orbite annerite, grondava sangue dal naso e dalla bocca. Non poté vedere l'avversario, ma sentì che era su di lui a cavalcioni, intento a sferrargli il colpo di grazia.

Lo attese. Non fece nulla per difendersi. Sentì che era giusto così e sorrise con la bocca insanguinata. 
Justice, valutando colma la misura, si lanciò disperata in suo soccorso, ma Ike e Luana la trattennero scuotendo il capo.

Il respiro affannato di Valentine accompagnò l'ultimo pugno caricato. Cercò di vedere Yuri, visto che nemmeno i suoi connotati se la stavano passando meglio per come erano conciati. Dato che non vedeva quasi nulla, chiuse gli occhi e liberò il colpo.

Durante quel gesto una voce gli parlò da dentro il cuore. "Sono libero! Sono finalmente libero di…" il groppo che per lunghi anni gli aveva ostruito la gola e mortificato la vita, pretese di evadere dalla prigione del dolore.

Nessun urlo mai udito, a memoria di Asteria, pareggiò l'intensità.

Il suo pugno accompagnò l'atto liberatorio abbattendosi senza pietà sul suolo a pochi centimetri da un orecchio di Yuri. Blocchi di terreno e massi rocciosi schizzarono in aria come esplosi da una bomba a mano.

I ragazzi attorno si scansarono rapidamente e attesero che la nube polverosa sollevata si dissipasse. Nessuno fiatò, immaginando l'epilogo disastroso.

«Cfedi fe fi afvrei sfaftuto fe afvefsi afvuto ftufti fi fuoi fopteri? (Credi che ti avrei battuto se avessi avuto tutti i tuoi poteri?)» ansimò Valentine steso accanto a Yuri, e lui mugugnò qualcosa di simile di rimando.

«Scpefbo sce ascei insciontfatvo scio sctescio unf sciacco sci sciffiscioltà! (Penso che avrei incontrato lo stesso un sacco di difficoltà!)»

«Grazie!» rise il figlio di Ares contagiando l'altro. Il resto del pubblico si sporse sul perimetro del fosso, attratti dal borbottio incomprensibile. Però quel grazie aveva un peso, non era una risposta di cortesia, era mirato ad altro, e Valentine non era sicuro che Yuri l'avesse capito. Ma non gliene importò.

Aphaia sbuffò. «Sia lodato Zeus! Dichiaro vincitore quello che ha atterrato quell'altro, complimenti e allori…» emise frettolosa dando già le spalle e dileguandosi scocciata.

Ci vollero pochi minuti per rimettere in piedi Yuri e Valentine. Essere semidei comporta il vantaggio di una ripresa fisica rapida, anche se le ferite seguivano il tempo canonico della guarigione naturale. Facevano eccezione solo i guaritori come Yuri. 

Axel faticò a comprendere. «Ehi, amico! Come mai non ritorni a posto? Voglio dire, perché non fai quello che sai fare?»

Ike pilotò il tedesco da parte e con discrezione gli spiegò il perché. Non avrebbe ammesso che una parola fuori posto sciupasse l'atto compiuto da Yuri.  Valentine era consapevole che il figlio di Apollo aveva mortificato di proposito i suoi poteri, ma palesare il concetto difronte agli estranei alla faccenda, avrebbe generato motivo di risentimento. 

«Accidenti! Già per colpa mia è rimasto senza capelli, ora ridotto così, sembra una melanzana livida!» protestò Axel. Nel mentre, Aliseo e gli altri, essendosi sincerati della fine definitiva della storia tra Yuri e il capo quartiere di Ares, decisero tacitamente di lasciarli soli. Ike aveva intuito che Yuri era stufo di stare senza i suoi poteri, ed era sicuro che stava andando a casa di Dafny per farglieli riattivare.

Ciò che rimase non detto a parole fu la prova che a Yuri dell'olimpiade non gliene era importato un fico secco. Era stato lo scontro con Valentine il suo obiettivo, e a giudicare il risultato l'aveva raggiunto. Questo particolare non sfuggì a nessuno. 

Fu insolito per Yuri essere guidato lungo il cammino, lui che anche cieco sapeva come orientarsi in ogni ambiente. Valentine lo pilotò, cercando di dissimulare amicizia. Era più forte di lui la volontà di mantenere un atteggiamento distaccato. Persino alla promessa di curargli le ferite rifiutò, non per orgoglio, piuttosto perché il cuore gli diceva che Yuri aveva fatto già tanto, troppo, da non considerare nulla di pari valore semmai avesse voluto un giorno sdebitarsi.

La persona ricercata da Yuri e nuovo amico, era ignara del loro arrivo. Lei stava cenando già da un paio d'ore, in compagnia di Muna e Laura. Quest'ultima scoprì amare la loro compagnia, le trovava a suo dire più composte. Comunque, gli ospiti avrebbero potuto essere fortunati, se non fosse che Dafny, aperta loro la porta, si spaventò a tal punto che ordinò all'albero di rose di legarli, imbavagliarli e appenderli come stoccafissi. E i due disgraziati trascorsero la notte all'addiaccio.

Muna sollevò il capo dalla sua porzione di charlotte al cioccolato e frutti di bosco. «Dafny, chi era alla porta?» domandò quasi disturbata dal pensiero di dover condividere con terzi le leccornie che ammiccavano sulla tavola.

«Non ti preoccupare, e anche tu Laura, proseguiamo la cena tranquille. Erano solo due Lamie, o qualcosa che ci somigliava parecchio, tanto erano orride. Le ho sistemate, alle prime luci dell'alba il sole le dissolverà, e se così non fosse, l'albero di rose le divorerà»

Muna sorrise, ma per la felicità di avere tutta per sé la charlotte  «Come sei diventata coraggiosa amica mia!» esclamò.

Fuori, intanto, l'albero di rose fece tutt'altro che divorare i malcapitati. Infatti aveva preso Valentine Brown, il capo quartiere dei ragazzi più duri della storia di Asteria, come una bambola da pettinare! Pettinò e pettinò quei ricci bruno rossicci fino a lisciarli. Yuri invece fu colpito ripetutamente da morbidi e profumati petali per tutta la notte. Il tutto avvenne nel silenzio più assoluto, i ragazzi erano troppo esausti per opporre resistenza.

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