17 - Bentornati, occhi di perla!
I bersagli mobili, o per meglio dire volanti, erano stati messi a punto dai fucinieri di Efesto, dietro richiesta di Aphaia e con il consenso del capo quartiere. Infatti la dea, approfittando dell'ospitalità offerta ad Axel presso le carceri, aveva discusso con lui sui vari aspetti delle olimpiadi e sulle possibilità di variarne le discipline sportive. Quindi Axel non si era sentito recluso, tutt'altro. In verità, la depositaria dei numi giudiziari, malgrado la fama integerrima che si stava costruendo, era convinta che la detenzione dei penanti doveva offrire un'occasione di rinascita sociale, non solo una semplice punizione.
Francamente però, Axel non era un criminale agli occhi di nessuno, men che meno proprio per Aphaia, che in tutta verità nutriva nei suoi confronti simpatia, forse sospetta. Complice anche la nota bellezza del ragazzo, caso unico tra tutti gli altri fratelli.
Lo stupore del quale il biondino era ammantato traeva origini dal padre divino. Lo sapevano bene le sue ammiratrici, le quali spesse volte ricordavano il mito, ora sorseggiando una bibita al bar Tartaruga, ora sugli spalti dell'arena, o altrove. Tale chiacchiericcio era un copione recitato usando quasi le stesse parole, solo i volti degli attori cambiavano, e non tutti erano ragazze. Lo si potrebbe immaginare come un caleidoscopio di informazioni.
«Mi fa tenerezza il dio del fuoco, lui non ha avuto un'esistenza facile»
«Eppure Lui nacque da Era, e da lei soltanto, senza l'aiuto di Zeus suo consorte, né da nessun altro aiuto divino o mortale»
«Già, la regina del cielo volle emulare proprio Zeus, che fu capace di mettere al mondo addirittura Atena, sempre senza l'ausilio del metodo tradizionale»
«Sì, però il dio del cielo creò Atena, una delle dee dalla bellezza di poco inferiore a quella di Afrodite!»
«Era, al contrario, generò uno sfortunato dio deforme e quasi storpio, e la prima cosa che fece, scoprendone l'aspetto, fu buttarlo giù dall'Olimpo!»
«Gesti simili non aiutano l'autostima di nessun figlio!»
«C'è da dire anche che Efesto, da adulto, i figli che generò riportarono i suoi tristi connotati»
«Ma fortunatamente col tempo la sua progenie è migliorata, soprattutto dalla parte semidivina, anche se nessuno è avvenente quanto Axel» (sospiro generale).
«Si dice che la madre di Axel sia di una bellezza sconvolgente!»
«Avrà preso da lei, non ci sono dubbi!» (coro finale).
Aphaia accolse l'idea dei bersagli volanti senza esitazione. Suggerì di variarne la forma, così da aumentare il livello di difficoltà, e Axel li progettò addirittura con la capacità di schivare i dardi all'ultimo secondo. La dea rimase entusiasta, gli arcieri un po' meno. Beccare quei cosi era assurdamente impossibile, se ne accorsero presto i figli di Apollo, i favoriti.
Chiunque fosse in possesso di arco e frecce era libero di partecipare, nessuno escluso, fatta eccezione per Yuri, il quale ricevette sguardi compassionevoli, data l'incapacità di tendere un arco senza distruggerlo suo malgrado. Lui però non vi badò. Pensieroso, inarcò le sopracciglia dorate osservando Karen scoccare frecce come una pazza contro i "cosi" di bronzo, senza centrarne uno manco di striscio.
Vanessa pure non ottenne risultato diverso, e anche i ragazzi di Atena, che avevano frequentato il corso di tiro diretto proprio da lei, rimasero delusi.
Astrid e Justice non fecero eccezione, anche se, a differenza della massa, si organizzarono diversamente. Inseguirono i bersagi zigzagando tra la folla, con il proposito di sorprenderli. E per poco non ebbero la meglio. Ma le scintille provocate dallo sfioramento delle loro frecce su un bersaglio, fu l'unico risultato che ottennero, insufficiente per incassare punti.
L'entrata in scena di altri bersagli fluttuanti, invogliò sempre più gente a impugnare l'arco. A tal proposito, sorprese la presenza di un terzetto di figli di Afrodite, capeggiato da Anton Norman, il "padre" della fionda-reggiseno anti ciclope. Era bizzarro vederli impugnare armi a lungo raggio.
Anche Valentine, Luana e tutto il seguito della zona Ares, fecero sentire la loro presenza a suon di urla e inneggiamenti guerreschi. La fitta nuvola di frecce che lanciarono a casaccio, investì ogni cosa: le attrezzature della gara successiva, le transenne che delimitavano le piste, le barriere basse e alte degli spalti, persino le arance fluttuanti petulanti di Laura non furono risparmiate; divennero spiedini di agrumi… muti.
Centrarono di tutto, meno che i diabolici bersagli.
Laura, allarmata dalla confusione, si nascose sotto il banchetto delle bibite con le braccia a coprire la testa.
«Che incivili! Fate attenzione con questi giuochi, cafoni ineducati!» inveì timorosa d'essere colpita. «Chi me l'ha fatto fare di venire qui?!»
Ma si sa, più il "giuoco" diventa difficile, più la competizione aumenta. Nessuno si fece pregare, tutti vollero provare almeno una volta a scoccare un dardo, eccezion fatta per i figli di Efesto, essendo gli unici a conoscere la chiave di volta per il trucchetto da essi stessi escogitato.
La sfida coinvolse pure una insolita, sorridente Muna Ka Nui. L'espressione raggiante sul viso era stato l'effetto dovuto alla lettera inviatale dalla sua famiglia. Perché sì, lei, come pochi altri, poteva contare su un nucleo familiare solido e consapevole della natura semidivina che la obbligava a trascorrere molto tempo lontano da casa.
La luminosità del volto della figlia di Ecate abbagliò Bruce North, il quale non seppe più dove mirare con l'arco. Scattò la corda in direzione della ragazza, ma per fortuna s'era dimenticato di caricare la freccia. "È fantastica, è stupenda, è bellissima… forse troppo magra, e dovrebbe mangiare di più… ma è uno schianto!" ripeteva quello, inebetito fino all'anima.
Con un veloce scatto del capo, Muna incrociò lo sguardo col figlio di Demetra, che di colpo trovò interessanti le proprie calzature, a malapena visibili oltre gli addominali da buongustaio, prima di essere liquidato con un gesto smorfioso. Smorfia che aumentò la densità del brodo di giuggiole nel quale Brice stava annegando.
Nel frattempo, la gara col tiro con l'arco iniziò a ispirare soluzioni sempre più creative. La trovata più originale la propose Rubelia Sharon, che esortò il gruppo di figli di Dionisio ad attuare la mossa del Chianti. «Ragazzi! A male estremi… forza! Ubriachiamo sti aggeggi con la nostra danza!» i fratelli di vigna non se lo fecero ripetere. Dalle movenze sinuose dei loro corpi si sprigionò l'effluvio dell'ebrezza, che si propagò per mezzo campo in fermento.
Gli effetti stordenti non tardarono a farsi sentire, al che molti ragazzi nei paraggi presero a barcollare.
«Rubelia e voi altri! Piantatela immediatamente!» li ammonì Ike, lottando per restare in piedi.
«Come? Non ti piace? È il nostro ballo di gruppo!» ribatté Rubelia, solita dispettosa. «Guarda il campo! Sembra una pista da... sballo!»
«Sembra una cantina sociale invece!» rimbrottò Ike, stringendosi il naso con una mano per non respirare l'intenso odore di vino sprigionato a profusione dalla ragazza.
La tensione dovuta alla frustrazione generale infiammò più di un animo, e uno addirittura divenne letteralmente elettrico, Etienne!
Un fulmine, scaturito da una sua mano, restituì a un bersaglio la sua natura originaria liquefacendolo, ma nonostante il centro conseguito, Aphaia lo squalificò.
«Sono ammesse solo frecce tirate con l'arco!» ripetè quella divertita.
Il figlio di Zeus digrignò i denti. Il pensiero di fulminarla con una super saetta lo fece sognare a occhi aperti, specialmente dopo che nemmeno Greta sfuggì allo stesso giudizio negativo. Pensare che la sua ragazza s'era ingegnata a creare arco e frecce con l'acqua di mare, e fece pure più di un centro.
Caso o fatalità volle che la figlia di Poseidone, tutta imbronciata, giunse affianco a Yuri. Lo urtò, spinta dalla folla attorno. Troppo concentrata e contrariata dall'annullamento dei suoi punti, rivolse un rapido sguardo al ragazzo senza emettere alcunché.
«Suvvia! Davvero non c'è nessuno in grado di colpire con le frecce regolamentari i bersagli volanti?» gongolò soddisfatta la dea appollaiata sulla nuvola violacea. «Ringraziate che sono obbiettivi statici! Immaginate se fossero dinamici e si mettessero a scoccare dardi! Che carneficina!» asserì inumidendo le labbra sadicamente.
Il figlio di Apollo ignorò sia la dea che Greta, quest'ultima stizzita per poco non se la prese con lui. Lo vide studiare i marchingegni di bronzo. Chissà, pensò, forse trovava carine quelle forme a stella o a disco volante. Poi però si insospettì. In mezzo a tanto brulicare di semidei affannati in cerca di soddisfazione, lui era lì immobile.
"Le frecce! Le frecce non colpiscono i bersagli! Un secondo prima d'essere solo sfiorati, cambiano posizione e schivano i colpi!" pensò serioso lui. "Ci deve essere un modo…"
Yuri a quel punto di stallo fece ciò che meglio gli riusciva: si concentrò. Tutto intorno divenne chiaro, anche più del solito. La massa di gente che ormai conosceva, se non a menadito almeno di vista, sfilava dinnanzi ai suoi occhi come una diapositiva dall'inquadratura panoramica. Persino gli spettatori sugli spalti non sfuggirono alla ricognizione visiva.
Accantonando il senso maggiore, i suoni e i rumori tornarono a essere più nitidi. Alcune onde sonore, provenienti da svariate direzioni, spiccarono più delle altre. Erano note sorde e tutte uguali. "Ci sono! Ho capito! La vista non serve!" azzardò, tuttavia non chiuse gli occhi. Greta, accigliata, l'osservò, delusa di non averlo piccato con le solite battutine, piuttosto notò le iridi multicolori di Yuri scolorire e lasciare posto solo alla sclera perlacea. Socchiuse la bocca involontariamente. Rifletté su ciò che aveva appena visto. Le pagliuzze pluri colorate di Yuri si erano ritratte disordinatamente verso il perimetro delle iridi. Infine erano svaniti sia i bordi che le pupille. Greta sentì d'aver esaurito le parole.
«Ora mi è tutto più chiaro!» emise il figlio di Apollo allargando le orbite.
«Yuri! Ehi! Ma che cosa hai fatto?» esclamò la figlia di Poseidone, sventolandogli una mano tremante sugli occhi.
«Faccio del mio meglio, ma potresti togliere la mano dalla mia faccia per favore?»
Greta raggelò sul posto. «Ma allora ci vedi?!»
«Credo di non aver mai smesso di vedere!» asserì convinto, ora consapevole della differenza tra la vecchia e la nuova condizione. In quel frangente, l'intuizione di mortificare di proposito la vista, gli restituì la capacità di percepire ciò che agli occhi sfugge facilmente. Non che vedeva forme, colori o movimenti, ma ugualmente sentiva ogni cosa attorno, proprio come faceva non molto tempo prima. Sentì soprattutto le frecce che imploravano di colpire i bersagli mobili.
Approfittando dei tanti ragazzi attorno, tutti dotati di faretra, sfilò rapidamente un mazzo di frecce da qualcuno di loro. Sotto gli occhi di Greta, lanciò a mani nude i dardi e lei vide venir sfondati uno a uno tutti i bersagli fluttuanti.
Bocche socchiuse e arti congelati fecero cadere il silenzio in tutto il campo.
«Chi è stato?!» azzardò a dire qualcuno, e Greta alzò la mano calamitando l'attenzione generale. Già si pensò fosse stata lei la campionessa. Anche Axel cadde nell'equivoco. Quando poi la figlia di Poseidone indicò Yuri un brusio si levò molesto.
«Ma come hai fatto?» chiesero quasi tutti.
«I bersagli volanti reagiscono al suono…»
«Bella scoperta genio! Ce ne siamo accorti tutti!» lo interruppe un ragazzo di Atena, al che Astrid, non lontana, lo ammonì severamente.
Yuri rivolse il volto verso la voce. «Non alludevo al sibilo delle frecce, genio!» rimandò il sarcasmo al mittente. «Reagisce alla nota sorda dell'arco che scocca il dardo. Non so come facciano quei cosi, ma riconoscono il suono d'origine e sul più bello schivano il colpo» concluse la teoria, mentre le iridi multicolore ricomparvero al loro posto.
Axel scosse la testa e rise silenziosamente, contento per il suo amico. "Se c'era qualcuno che poteva scoprire l'inghippo, quello potevi essere solo tu, amico!"
I primi timidi complimenti aprirono un'ovazione inattesa. I fratelli di quartiere di Apollo attorniarono il campione reclamando ognuno il diritto di far sentire la propria esultanza.
Aphaia attese che l'euforia tributata alla prodezza di Yuri giungesse all'apice, prima di legittimargli il giusto punteggio. E visto che la cosa non si sarebbe esaurita subito, fluttuò con la nuvoletta viola, giungendo a pochi metri da Yuri. Bastò solo il suo palesarsi perché il silenzio si ripristinasse. I figli di Apollo attesero in dignitosa impazienza l'elogio.
La dea simulò un superfluo schiarimento di voce. «Dati i bersagli centrati, devo tributare al gruppo di Apollo il punteggio maggiore, ma…» esplosioni di giubilo coprirono la voce della divinità. Dovette perciò aumentare il volume. «Ma il non aver usato l'arco, come previsto dal regolamento, invalida e sottrae altri punti a causa della stessa scorrettezza!» in quelle parole ella riversò tutto il godimento nell'infliggere a Yuri una delusione di dimensioni epiche. Snobbò la protesta generale, che provenne anche dagli elementi degli altri quartieri rivali, perché agli occhi di tutti Yuri aveva superato la prova con ogni merito possibile. Ma la dea dei numi giudiziari fu irremovibile, si infilò un dito nell'orecchio come fosse una sonda. «Che volete da me? Le frecce si tirano con l'arco, è una regola che avete imposto voi umani» borbottò strafottente.
Durante la breve pausa per riprendersi dagli sforzi compiuti, Yuri ricevette ugualmente encomi. Non parve dispiaciuto quanto i fratelli di quartiere per il giudizio puntiglioso di Aphaia. Le fossette ai lati della bocca erano il segnale della sua spensieratezza. Non riusciva mai a nasconderle, nemmeno volendo, e presto, i semidei più svegli, carpirono quanto esse erano vincolate dal suo umore. Solo Ike s'era accorto di questa caratteristica quando ancora era sfigurato.
Archiviato il virtuosismo con i dardi, la dea allungò un braccio, e dalla mano scaturì una scia scarlatta che puntò sull'esatto centro dell'arena, incurante di colpire qualcuno. La cosa a Yuri non andò giù. Le fossette svanirono e il volto gli si indurì dalla rabbia. Alzò la mano sinistra e tenne il contatto visivo sulla dea che, incosciente come la maggior parte degli immortali, trovava divertente mettere a repentaglio la vita degli umani. Gli sfortunati ragazzi in sosta al centro dell'arena, vennero circondati da quel serpentone rosso fuoco, e nessuno riuscì a oltrepassare il limite che delimitava.
Yuri concentrò l'attenzione su di loro. Poi non poté esimersi di affrontare Aphaia.
«Di un po'! È proprio necessario tutto questo?»
La dea sollevò il mento mantenendo il volto di profilo. Lo stava sfidando. "Vediamo come te la cavi senza tutti i tuoi poteri!"
Il plesso solare del figlio di Apollo s'illuminò, richiamando l'ultima riserva di luce. Disegnando una retta obliqua col braccio che aveva alzato, deviò la luce del sole, che investì i malcapitati circondati dal serpentone infuocato. Fototrasportò al sicuro dal cerchio tre dozzine di guerrieri.
Laura, non molto distante, assistette alla scena. Lo sguardo era tutt'altro che timido e perbenino. Persino le arance che le fluttuavano attorno avevano un aspetto a dir poco malvagio. "Nemmeno il sigillo di Afrodite è in grado di estirpargli i poteri!" pensò la pantesca, ritornando subito a essere una ragazza ammodo non appena un gruppo di asteriani le chiesero del succo di frutta.
Con espressione annoiata, Aphaia completò ciò che stava facendo. E quando ebbe finito, ciò che aveva fatto lo si poteva riassumere in una parola: assurdo.
La dea aveva diviso il suolo dell'arena con un burrone, nel cui fondo brillavano le punte acuminate di una foresta di speroni. Come se non bastasse, a complicare tutto, innumerevoli tronchi di legno facevano magicamente spola da una sponda all'altra a velocità impressionante.
«È terrificante!» giudicò più di qualcuno, soggiogato dalla pericolosità del gioco. Quei cilindri legnosi infatti, schizzavano come missili, e una volta raggiunta una sponda ritornavano indietro, ognuno con tempo differente.
«Avanti!» tuonò Aphaia, sempre più sadica. «Dovrete attraversare tutti quanti il burrone! Potete usare tutto ciò che volete, poteri se ne possedete o astuzia se ne siete provvisti! Unica regola: dovrete toccare almeno tre tronchi prima di giungere al versante opposto!»
«Ma è impossibile!» lamentò Brice, già deciso a tagliarsi fuori dai giochi.
La dea in sosta sulla piccola nuvola digrignò i denti. Poi si convinse a emettere un supplemento. «E va bene, per questa volta, potete agire in gruppi misti. Vorrà dire che chi sopravvive avrà diritto a partecipare all'ultima gara, la maratona»
Yuri fissò la dea. "Non ho idea se queste discipline si debbano svolgere come fossero trappole mortali, ma se scopro che c'è qualcosa che non quadra, te la farò pagare!, signora dei sottaceti!" pensò un attimo prima di buttarsi giù dal dirupo.
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