1- Un aiuto da casa
Il vento soffiava irruento laddove un immenso arco roccioso, proteso dalla terra ferma era tuffato in mare, come fosse la proboscide di un gigantesco elefante.
La sconfinata distesa marina era di un blu perfetto, frastagliata irregolarmente da onde che sciabordavano contro lo strapiombo vertiginoso, quasi volessero abbatterlo.
«Sono tre giorni che ci proviamo, direi che il messaggio è piuttosto cristallino, non credi?»
Dafny, con i palmi delle mani sfregiati e le ginocchia sbucciate a causa dell'eccessivo contatto con le rocce taglienti, respirava con difficoltà, avvinta dalla fatica provocata dal peso del fisico esageratamente robusto. Sollevò un sopracciglio mentre le fluenti ciocche di capelli ondulati e scuri, le frustavano pesantemente il viso grassoccio, e fissò negli occhi la figura del ragazzo di fronte che le rimandò lo sguardo tenendo le mani appoggiate ai fianchi.
«Yuri, questa è una situazione che non sopporto! Non mi piegherò alla volontà di quella maledetta!»
«Dovrai fartene una ragione, da qui non si torna a casa se non dopo aver assorto al compito assegnato, a te!» sottolineò la destinataria della missione senza lasciar nessun dubbio o allusione ad alcuna altra interpretazione. Nella mente di Dafni, quel "a te!" le risuonò duro e ingiusto nei suoi confronti.
La mano di Yuri era di nuovo dinnanzi a lei, pronta a riportarla sulla parte di terreno più sicuro, per sottrarla ancora una volta alla pericolosità di quell'arco roccioso terribilmente investito dalla furia del vento e del mare.
«Credo che tu sbagli approccio» esordì il figlio di Apollo dopo una lunga pausa trascorsa a camminare verso la nicchia naturale dentro la quale aveva trovato un rifugio di fortuna. «Dovresti prendere tu il comando».
«Ma il comando di cosa?» rimbrottò la ragazza distogliendo lo sguardo con una smorfia spazientita, trovando di colpo affascinanti gli innumerevoli alberi da frutta ognuno protetto da alte mura circolari di pietra a secco. Dafny non era certa, ma quelle pietre impilate le une sulle altre dovevano fungere come una sorta di protezione per eventuali furti. «Tu, piuttosto, non ti sono ritornati i tuoi poteri, così mi riporti a casa?»
«Come ti ho già ripetuto, Afrodite mi ha fatto qualcosa, per cui non riesco più a fototrasportarmi da nessuna parte», sospirò scocciato. «Hai visto pure tu, ogni volta che proviamo ad andarcene non superiamo mai quell'arco di roccia» tornò a ripetere sbottonandosi la camicia e constatando la permanenza indelebile del marchio dorato, simile a una colomba con le ali spiegate, che gli copriva il plesso solare.
«Senza contare poi, che ogni volta che ti tocco mi vengono nella mente le immagini di un'isola piena di palme e…»
«Basta! Non dire altro… i tuoi poteri sono fuori uso, sicuramente non hanno senso!» chiarì Dafny troncando sul nascere un diverbio nel quale lei, era certa, ne sarebbe uscita piena di torto.
A malincuore era consapevole che quel ragazzo, ancora estraneo, stava spulciando uno ad uno tutti i ricordi d'infanzia più intimi e importanti, e soprattutto egli aveva intuito la sua reticenza nell'accettare che quelle visioni non erano errate.
Senza alcuna intenzione volontaria, ogni volta che Yuri aggiungeva nuovi particolari della vita passata di Dafny, ella si sentiva il cuore stringere dolorosamente. Solo Muna conosceva la sua infanzia, almeno fino a quel giorno, per ciò si sentiva decisamente violata nell'intimo quando quell'estraneo gli snocciolava passo dopo passo, particolari privati della sua vita.
Per Dafny rivivere i pochi bei momenti trascorsi con papà Key, rivederlo attraverso i frammentari accenni ogni qual volta sfiorava le mani di Yuri, era come essere schiacciata da un macigno, progressivamente sempre con maggior peso.
Osservava quel figlio di Apollo, seduto di fronte con le gambe incrociate, dentro la nicchia rocciosa mentre mangiava con le mani, come un selvaggio, la frutta prelevata dagli alberi attorno, e non riusciva a comprenderlo.
Avrebbe dovuto mostrarsi irritato per essere stato coinvolto in una situazione assurda per niente ricercata. Invece no. Lui era lì, in paziente attesa di una sua reazione.
Yuri dal canto suo vedeva nella figlia di Afrodite un enigma insoluto. Percepiva chiaramente l'indole benevola. Perse il conto di tutte le gentilezze che lei offriva a tutti i suoi visitatori. Tutte scene viste nelle sue visioni. Appurò la sua apertura con chi le dava l'opportunità di farsi conoscere, tuttavia le cose cambiavano quando entravano in ballo gli avvenimenti del passato.
Gli era ormai chiaro che quella ragazza soffriva da una vita. Perennemente torturata da uno sconfinato senso di colpa. Solo non era riuscito a individuare la causa.
Il papà di Dafny aveva incontrato Afrodite e se ne era innamorato perdutamente. Dall'unione con la dea era nata la ragazza che le stava seduta scompostamente di fronte. Purtroppo, come sempre accadeva, la divinità aveva abbandonato l'uomo. Da allora una profonda, disperata solitudine aveva accompagnato la vita di quell'uomo, e la figlia era cresciuta assimilando tutto il suo malessere.
Possibile che Afrodite avesse sbagliato la scelta del comune mortale con il quale procreare? Era il pensiero che assillava il figlio di Apollo. Ma l'origine del dolore più puro e autentico riguardava altro, ne era certo.
Yuri era consapevole di non brillare nei rapporti più intimi e approfonditi, elementi sottintesi che accomunano le persone con un passato ben più articolato del suo. Lui, in fondo, per quindici anni non aveva fatto altro che pascolare e praticare i rudimenti di medicina naturale insegnati dallo spirito di Techne. Non immaginava cosa volesse significare avere un vissuto comune alla stragrande maggioranza della gente. Sicuro ormai che quel suo spazio vuoto era destinato a rimanere tale, incolmabile.
«Allora, che si fa?» esordì Dafny sbuffando, rompendo il breve silenzio coperto dal fischio del vento.
«Dimmelo tu, Afrodite ti ha incaricato di trovare qualcosa. Di certo sei la persona più giusta per assolvere questo compito». Yuri le allungò un frutto sbucciato con le mani, approfittando di un breve accenno di distensione avvertita provenire dalla figlia di Afrodite.
«Dimenticavo, potresti dirmi come mai hai mandato il tuo animale a casa mia?» Yuri conosceva già la risposta, ma attese che la ragazza consumasse lo spuntino prima di tornare a scavare nei recessi della sua anima tormentata.
«Oh! Mister Jons, è che lui mi sfugge qualche volta, e poi fa dei disastri…» Dafny si rese conto di non aver nessuna scusa pronta, niente di plausibile da argomentare. Chinò il volto e il ricordo del padre che aveva tentato il suicidio sgozzandosi con un coltello le provocò un pianto irrefrenabile.
Yuri le corse in contro cercando di consolarla e la ragazza le intimò di non toccarla. Tuttavia, la mano che ella adoperò per scacciare quelle del figlio di Apollo, la stessa con la cicatrice procuraratasi dall'arma che anni fa sottrasse a forza al padre, trasmise rapida come un flash l'orribile scena.
Era come se Yuri fosse stato pure lui lì, spettatore inerme della tragedia.
Key, seduto stancamente sul pavimento della cucina totalmente rivoltata, disperato e piangente, si stava puntando alla gola un lungo coltello. In quell'attimo entrò la piccola Dafny che invocò il padre implorandolo di non ferirsi. Si precipitò su di lui strappandogli l'arma afferrandola dalla lama.
Il sangue sgorgato dalla manina dell'allora figlia di Afrodite era l'ultima cosa che vide Yuri prima di rimettere a fuoco il presente.
La ragazza osservò allarmata l'espressione serissima del compagno. «Che c'è?» sussurrò preoccupata.
Yuri alzò un sopracciglio mostrando l'aspetto migliore di sé. «Credo di aver capito come uscire fuori da questa situazione di stallo» affermò. «Però ho bisogno di un ultimo elemento per essere sicuro. Dafny, tuo padre è morto?»
L'ultima parola, espressa con crudele chiarezza gettò sul volto di Dafni un'improvvisa ombra oscura di puro orrore. Quella domanda, che lasciava trasparire l'implicita risposta affermativa, racchiudeva tutto il suo incubo perfetto.
Yuri avvertì l'angoscia della ragazza, tuttavia non poté fare a meno di esigere una risposta. Doveva forzare quella barriera. Perché, da quel che comprese, Dafny aveva praticamente rinchiuso sé stessa in una gabbia fatta di rimorsi e impotenza.
«Sei antipatico!»
«Non è mia intenzione…»
«Credimi, ci riesci benissimo!» ringhiò risentita.
«Non è mia intenzione farti cambiare idea! Ti dirò di più! Al termine di questa giornata le nostre bocche si toccheranno!»
Dafny mutò espressione immaginando di baciare Yuri. Un involontario moto all'altezza dello stomaco precedette il disgusto disegnato dalla smorfia della bocca.
«Non è vero che riesci a prevedere il futuro! Credimi, non ci riesci».
«Sai cosa ti dico?» alzò il tono Yuri, risentito non per lo scetticismo espresso nei riguardi delle sue capacità premonitrici, bensì per la insistente cocciutaggine nel non voler farsi aiutare da lui dopo la palese richiesta. «Penso che tu abbia ragione. Afrodite ha sbagliato nello scegliere il tuo compagno d'impresa!»
Eh! Una cosa almeno l'hai capita!» replicò l'altra immaginando di riflesso un superbo primo piano del ragazzo dei suoi sogni, sicura che Yuri non avrebbe mai e poi mai intercettato quel pensiero. Purtroppo per lei, il figlio di Apollo captò l'affascinante immagine mnemonica prodotta dalla sua mente e rapidamente le afferrò la mano.
«Ma che fai?»
«Semplice, chiamo rinforzi!»
Incanalando la visione di Dafny, Yuri concentrò al massimo la capacità visiva del sole, talento innato e condiviso col fratello Tyler, lo stesso che giorni addietro gli aveva insegnato come servirsene.
«Vediamo se riesco a convocare qui, in questo posto sperduto, Axel!»
Dafny non avrebbe voluto niente di meglio… in un'altra circostanza però. Non in quella situazione, rischiando di farsi vedere al suo peggio più assoluto. Al ché, in quell'ultimo istante, pescò dalla memoria il ricordo di un'altra persona a caso.
Purtroppo, il danno fu fatto.
La scena che si aprì dopo il dissiparsi di una sorta di nebulosa dorata nella mente di Yuri durò solo pochi istanti. L'ancora nuova vista acquisita parve orientata dal cielo oltre le nuvole. Vide dall'alto, come se stesse volando in un punto parecchio distante, l'intera isola di Asteria piccola come una macchiolina confusa nell'azzurro dell'Oceano Pacifico. Poi, rapidamente gli parve di precipitare a velocità irreale e la piccola macchiolina espandersi spaventosamente. Con la stessa rapidità di un falco sovrannaturale, planò nel luogo dove Axel era in quell'istante.
Ciò che era attorno al ragazzo identificato parve sfocato, poiché il tempo della visione durò giustappunto una frazione di secondo, a malapena sufficiente per notare Axel che stava armeggiando con qualche diavoleria tecnologica, presumibilmente di sua invenzione, che subito dopo si ritrovò proiettato nella zona di Afrodite.
Il plesso solare di Yuri, nonostante il sigillo apposto dalla dea della bellezza che ne inibiva la luce che sovente sprigionava, scintillò ugualmente anche se debolmente. Tuttavia fu sufficiente per attivare l'ennesimo prodigio.
Dafny non avrebbe sopportato assolutamente essere vista da Axel nelle sue reali condizioni da eterna piagnona, piuttosto era disposta a sottoporsi al giudizio di chiunque altro.
Yuri le lanciò il primo autentico sguardo di rimprovero. Era pronto a perdonare la sua reticenza nel voler aprire il cuore, del resto il figlio di Apollo era consapevole di non rappresentare alcuna importanza nella vita della figlia di Afrodite. Era disposto a sorvolare sulla sua volontà di complicare una situazione che sarebbe potuta essere più semplice di quanto appariva.
Ma dato che proprio aveva voluto cambiare idea in merito alla scelta dell'aiuto da invocare, perché non pensare a qualcuno più utile? Si domandò Yuri osservando seduto per terra la figura retta che aveva fototrasportato da Asteria.
«E queste, ragazze, me le ha regalate la mamma! Che ne pensate? Non sono proprio un bel paio di décolleté tacco extra dodici? Dapprima ho pensato fossero insolite delle scarpe praticamente fatte di bronzo, ma una volta indossate ho scoperto che sono estremamente comode e ben piantate! Oh, sì! L'avete riconosciuto? Quello che ho in mano è una copia perfetta del reggiseno/elastico/bangijamping-ciao-Yuuriii!»
Dafny e Yuri, seduti scomodamente riparati nella nicchia, osservarono stupiti, con le sopracciglia quasi scomparse tra le pieghe delle fronti aggrottate, e le bocche talmente allargate da far felice il più esigente dei dentisti, l'ospite più inatteso che potessero immaginare: Nency Ledesma. La stessa Nency che aveva prestato il suo reggiseno ad Anton che, col suo aiuto, aveva montato la fionda improvvisata usata per lanciare palle di peperoncino messicano contro il Ciclope durante la guerra provocata da Fetonte, era lì dinanzi a loro.
Yuri era sul punto di esprimere il proprio stupore, non tanto per la visita dell'incantevole ragazza sui tacchi a spillo tipo trampoli, che le regalava una accentuata figura slanciata. Anche se l'abito indossato, color corallo screziato arancio e rosso, decisamente attillato in una tipica forma a coda di pesce, accentuava al massimo la silhouette della vita da vespa e la rendeva oltremodo femminile, altri ospiti inattesi catturarono l'attenzione del figlio di Apollo.
Nency, dal canto suo, puntò sui ragazzi i suoi graziosi occhietti affetti da un vago e alquanto affascinante strabismo di Venere, cercando di mettere a fuoco la situazione nella quale, suo malgrado, era stata catapultata, ma non ebbe modo di capirci molto.
Yuri, al contrario di Nency, vide perfettamente la nuova prospettiva aperta dinanzi e di colpo gridò:
«CAPRA!»
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