9
Il sole stava tramontando. La debole luminosità del giorno sotto le fitte mangrovie era già scomparsa. Guardando in alto tra il fogliame si potevano appena scorgere gli ultimi bagliori del pomeriggio che lasciavano il posto all'oscurità della notte.
Em, aggrappata saldamente al busto di Morag, si lasciava cullare dall'andatura veloce e sicura del giovane, come sempre in testa al gruppo dei neoteroi, aspettando di giungere a destinazione per poter sgranchirsi le membra. Sarebbero tornati sotto l'oikarion dei ragazzi, dove avrebbero ritrovato chi non era stato scovato da Germanico: da lì si sarebbero poi diretti all'Oikìa, per la cerimonia, che i figli di Genew avevano tanto decantato negli ultimi giorni e su cui la giovane aveva ormai grandi aspettative. Le sembrava quasi di essersi immersa nel clima che precedeva le prime di importanti spettacoli teatrali. Una leggera nostalgia si impossessò di lei, ma riuscì ad affrontarla con serenità, vedendo un'emozione analoga sul viso di Morag.
«E comunque secondo me Germanico ha barato!» Subito dietro di loro Spiro continuava a lamentarsi: era da quando il tedesco lo aveva scoperto mentre si nascondeva dietro a una foglia la metà del suo corpo che continuava a blaterare. Em sentì un fremito dal corpo di Morag, che stava trattenendo le risate, e anche le labbra della giovane si piegarono all'insù: quell'uomo di trentaquattro anni che ancora si comportava come un bambino di sette riusciva a regalare a tutti quanti un sorriso.
Tra Spiro che si lagnava, Germanico che provava a difendere le sue cause e le silenziose risate degli altri due, giunsero presto alla piattaforma dell'oikarion, dove Hermit, Sofia, Iulius e Mijime erano già seduti ad aspettarli.
I due più piccoli si alzarono di scatto, correndo verso gli altri neoteroi, tutti contenti.
«Abbiamo vinto!»
«Voi siete proprio scarsi».
«Vi siete fatti trovare persino da Germanico...»
«Non avete proprio nessunissima speranza contro di noi».
«Sì! Siamo i più forti di tutti!»
«Non possiamo darvi torto» mormorò Morag, stando al gioco e fingendosi sconfortato. Em doveva ammettere che era davvero bravo con i bambini, sempre così paziente e disposto a giocare. Mai avrebbe creduto che dietro allo strafottente pilota potesse nascondersi un giovane così premuroso: tra tutti era certamente quello che l'aveva stupita di più, per l'immediato cambiamento che era avvenuto nel suo animo. Tutti gli altri - compresa lei stessa - erano rimasti quelli di prima, senza che l'isola influisse in modo particolare su di loro: Mijime era sempre quello sarcastico, pessimista, misterioso e arrogante, Bellatrix quella curiosa, precisa e petulante, Germanico quello fifone e buonista e Spiro... non sapeva esattamente come definire quest'ultimo. Morag invece non era più lui, come se ciò che avevano detto le fate, cioè che, una volta sull'isola, i vecchi loro stessi erano come morti, si fosse già compiuto.
Em rabbrividì: se a lui era già successo, presto o tardi sarebbe capitato anche a lei. Ma lei non voleva! Non poteva cambiare! Col tempo aveva accettato di essere diventata Em, sull'isola, capendo che avrebbe potuto conservare la vera se stessa, quella che conosceva, quella che era sempre stata, con la sua indole, il suo carattere. Aveva bisogno di rimanere se stessa. La paura di diventare nessuno per davvero era sempre più radicata in lei.
«Tu sai qualcosa, Em?»
La giovane quasi sobbalzò per la domanda che le era stata rivolta: capitava spesso che si perdesse totalmente nei suoi pensieri, estraniandosi dal resto del mondo e rinchiudendosi in uno in cui esisteva solo lei stessa.
«Come sono le nuvole, cara? Hanno il sapore dello zucchero filato? Eri immersa dentro di loro, dovresti conoscerne almeno la consistenza». Mijime la stava guardando con un sopracciglio alzato e un sorrisetto beffardo, la tipica espressione che assumeva quando si metteva a deridere gli altri. Em aggrottò la fronte, osservando torva il giovane che l'aveva appena umiliata, come faceva sempre con chiunque, quasi non riuscisse a trattenere l'impulso di rovesciare il proprio malessere sugli altri. Prima che Morag, che spesso la difendeva, aggiungesse qualcosa, quello proseguì, serio: «Ti ho chiesto se sai dove sia finita Bellatrix».
Em rimase spiazzata da quelle parole e, mentre si guardava intorno per confermare ciò che aveva detto Mijime, chiese retorica: «Non è qui?»
«Evidentemente no» continuò quello, annoiato.
«Ma avevamo detto di trovarci qui al tramonto, per andare alla festa, che dovrebbe iniziare a breve...» continuò a considerare la giovane, appurato il fatto che Bellatrix non fosse con loro. Ma dov'era finita? Possibile che lei non rispettasse mai ciò che le veniva ordinato ma facesse sempre di testa sua? Quella ragazzina talvolta le faceva salire un nervoso...
«Proprio così, infatti: inizierà presto, tra pochissimo» si aggiunse Iulius, con il tono di voce appena alterato per un'inquietudine che Em non si spiegava.
«Però, fratellone, stai tranquillo» lo rassicurò Hermit, passandogli una mano dietro la schiena.
«Sì, ma se...»
«Rilassati, dai».
Iulius emise due grandi respiri, poi parve tornare in sé.
«Va bene, noi andiamo all'Oikìa, a dopo» disse, tutto d'un fiato, muovendo un passo verso il bordo della piattaforma.
«Fratellone...» lo fermò Sofia, prendendolo per la tunica. «Dimentichi le raccomandazioni del papà, che ieri sera ci ha detto di dargli».
«Oh, giusto». Il ragazzino si morse un labbro, imbarazzato per il suo insolito comportamento, e proseguì subito: «Ricordate di spiegare tutto questo anche a Bellatrix, quando arriverà. Dopo i riti offerti a Zarkros, il papà ha anche deciso di presentarvi per la prima volta, formalmente, a tutto il clan. Ancora non siete Gheneiou, ma deve pure arrivare il momento di integrazione con il resto della comunità. Si è pensato a stasera, ché tutti saranno lieti per la cerimonia e non staranno tanto a riflettere sul vostro stato di neoteroi. Tuttavia, è bene che facciate loro una buona prima impressione: finché non sarete Gheneiou sarà comunque difficile che alcuni di loro, in particolare gli Anziani e i loro parenti, vi accettino, ma almeno potrebbero tollerarvi di qui in avanti se farete attenzione a ciò che sto per dirvi».
«Che bella premessa» mormorò Mijime, senza farsi sentire da Iulius, che continuò, quasi ripetendo a memoria: «La piattaforma dell'Oikìa verrà usata per il rito, quindi le persone si dovranno sedere sui rami per osservare. Sceglietene uno abbastanza piccolo, ma che possa reggere ovviamente il peso di tutti e sei, né troppo distaccato dagli altri né troppo vicino all'Oikìa e state sempre tutti uniti. Quando vi avremo visto qualcuno della nostra famiglia verrà a portarvi un saluto: se saremo io, Rose, Hermit, Sofia o la mamma comportatevi naturalmente, come fareste sempre. Se sarà Kairos siate più rispettosi, per salutarlo piegate il capo e tenete sempre la testa un po' bassa anche quando discorrete con lui: anche se è solo un Cacciatore, ha comunque intrapreso il Percorso. Se sarà Rose lo stesso: essendo una danzatrice, durante le feste assume una funzione importante e sacra. Se saranno il papà e Genew, cosa poco probabile ma possibile, mettete in atto tutte le formalità, anche il rito del saluto. Hermit, da' loro una dimostrazione».
Il piccolo si avvicinò a Morag, tenendo il capo chino, e prese le mani del giovane tra le sue, per poi avvicinarvisi con la fronte fino a toccarle, in una sorta di inchino.
«Non è molto difficile». Hermit fece spallucce. «E ricordate di chiamarli anax e anaxa: è forse più importante del resto».
«Se poi,» proseguì Iulius, «per qualche strana ragione, dovrete stare molto vicino ad altri membri del clan che non siamo noi, non incrociate i loro sguardi e non fate nulla per provocarli. Infine, se dovete dirvi qualcosa, fatelo sempre a voce bassissima e senza farvi sentire da nessuno».
«Ma scusami, Iulius, spiegami cosa abbiamo fatto di male per doverci comportare così» chiese poi Em, prima ancora di appuntarsi mentalmente le regole che le erano state imposte. Le pareva quasi di essere considerata una criminale o una servitrice, per avere così tante restrizioni. Mijime la guardò con una smorfia per quell'intervento, ma lei non ci fece caso: aveva anche perso ogni suo titolo o posizione, da quando era sull'isola, ma voleva almeno conoscere il motivo per cui le si potesse mancare di rispetto, cosa che non aveva e non avrebbe mai smesso di irritarla.
«Be', dicono che i neoteroi si ritengano superiori, definendosi moderni, e approfittino solo della bontà di chi li accoglie. Dicono» specificò Iulius, tenendo lo sguardo fisso a terra, quasi provasse vergogna per l'atteggiamento degli altri membri del clan. «Poi - e questo è il motivo principale, da quanto so - nelle storie del nostro popolo sono i traditori per eccellenza...»
Ma un rumore di tamburo si sentì provenire dal basso. Il ragazzino sussultò e iniziò a gridare convulsamente, di nuovo in preda all'ansia: «È tardi! È tardi! Dovremmo già essere là! Sofia, Hermit, sbrigatevi: dobbiamo correre! Neoteroi, a dopo!»
Sofia stava già per ribattere ma, continuando a gridare, il fratello maggiore afferrò una liana e iniziò a calarsi giù, trascinandosi dietro gli altri due.
«Dovremmo andare anche noi?» chiese Germanico.
«Hai sentito cosa ha detto Iulius: dobbiamo stare tutti insieme. Dobbiamo aspettare Bellatrix prima di recarci là» replicò Morag.
«Quella lì! È sempre tra i piedi e quando serve che siamo di fretta non c'è!» esclamò Em stizzita: il comportamento del figlio di Genew aveva influenzato anche lei e gli altri. Stavano per essere giudicati dall'intero clan, che non era disponibile nei loro confronti come avevano voluto illudersi che fosse, e forse non li avrebbero neanche accettati. E in quel caso cosa sarebbe accaduto?
Il suono si interruppe improvvisamente.
«Forse è cominciata la cerimonia...» osservò Mijime, quasi a voler aumentare il clima di tensione già tangibile. «Che bello: la prova è iniziata male già in partenza».
Da una liana intanto si calò giù una figura scura, impercettibile nella penombra.
«Scusate il ritardo». La voce limpida di Bellatrix risuonò nel silenzio della sera. «Devo parlarvi».
«No, adesso tu non dici proprio niente!» replicò Em ormai su tutte le furie. Si slanciò verso l'altra giovane afferrandole un polso e trascinandola verso le liane - come se potesse pensare di portarla da sola all'Oikìa.
Bellatrix si liberò facilmente e si mise a rassettarsi il vestito, prendendosela comoda.
«Non c'è fretta» replicò, mentre gli altri la osservavano, scettici. «C'è stato soltanto un colpo di tamburo; ieri sera i ragazzi ci avevano spiegato che durante le cerimonie ci sono sempre tre serie di questi colpi: una per attirare l'attenzione, una per radunare tutta la gente e una per iniziare il rito. Se solo aveste ascoltato invece che dormire in piedi...» concluse stremata, massaggiandosi le tempie.
«Se tu non stai morendo di sonno a quell'ora, non so che dirti!» mormorò Em ancora stizzita, giusto per non lasciarle l'ultima parola: perché quella aveva sempre dannatamente ragione?!
«Em, taci» sbuffò Mijime. «La signorina ha qualcosa da dirci. Lasciamola fare, così potremo finalmente andare a toglierci il pensiero della cerimonia: tutto quello che voglio adesso è andare a dormire».
Bellatrix gli lanciò uno sguardo truce ma non replicò.
«Domani parto» iniziò, il tono freddo e distaccato di chi vuole arrivare direttamente al punto. «Mi recherò dalle maghe per sentire la profezia a cui avevano accennato le fate e fare la transizione. Genew mi ha già spiegato come fare per andarci e ho già preparato tutto il necessario per la partenza».
Il messaggio era chiaro e semplice, eppure tutti si lanciarono occhiate stranite dopo averlo ascoltato: del passaggio a Tou Gheneiou non ne avevano più parlato dal loro arrivo e la profezia citata dalle fate era ormai un lontano ricordo. Cosa glieli aveva fatti tornare alla memoria?
«Così, di punto in bianco» commentò Morag, considerando quella decisione che pareva improvvisata.
«È necessario» si limitò a dire l'altra, sempre restia a comunicare con i suoi compagni: sebbene fossero nello stesso clan, quella pensava di essere ancora da sola.
«Non ha tutti i torti» intervenne Mijime, quasi fornendo delle spiegazioni al posto della diretta interessata. «Avete sentito Iulius, che conferma le mie supposizioni; finché non saremo Gheneiou non ci accetteranno volentieri. Per ora siamo dei traditori. Mi sta bene, nemmeno io sarei così propenso ad accogliere degli sconosciuti, ma non ho intenzione di essere cacciato da qui: per quanto non abbiano grandi mezzi nemmeno loro, sono la nostra unica possibilità se vogliamo trovare il tesoro. Vi ricordo che è questo il nostro scopo. Entriamo dunque nel clan, così anche i nostri coinquilini si mettono buoni» concluse, lasciando il tempo agli altri di assimilare il suo discorso: a tutti pareva sensato e annuirono.
«Ah, e comunque verrò anche io» aggiunse infine il giovane, sorridendo irrisorio a Bellatrix, che sgranò gli occhi stupefatta. La sua reazione fu immediata: «No, non se ne parla!» eruppe, per poi abbassare un po' il tono. «Mi saresti soltanto di intralcio».
Mijime ridacchiò: «Intanto, tra tutti i qui presenti, onestamente e senza offesa, sono l'unico che non ti sarebbe d'intralcio e, anzi, potrebbe esserti utile». Em e gli altri lo squadrarono con un'occhiataccia, cui non fece caso; continuò: «Poi, ho i miei buoni motivi per recarmi anch'io dalle maghe».
«E li potremmo sapere?» chiese Bellatrix con ironica accondiscendenza.
«Non vedo alcun motivo per cui dovrei spiegarli, mia cara».
Bellatrix si massaggiò più intensamente la tempia, borbottando tra sé.
«Va bene, puoi venire» disse stremata, alla fine, mentre sul volto di Mijime il sorrisetto si era allargato tutto compiaciuto per la piccola vittoria ottenuta. «Basta che nessun altro venga. Potrebbe essere pericoloso».
"Ci manca solo questo!" pensò Em tra sé: stare per un tempo indeterminato con quei due, che non facevano altro che darsi fastidio a vicenda; chi glielo faceva fare?! Già quel breve dibattito le aveva fatto salire i nervi - come se non fosse già abbastanza turbata di per sé, quella sera. Iniziò subito a puntualizzare: «È l'ultima delle mie intenzioni...»
Il secondo rimbombo del tamburo dell'Oikìa lasciò a metà la sua frase.
«Adesso è ora» disse Morag, che con un cenno comunicò in fretta a Em di salire sulle sue spalle; quella non se lo fece ripetere e andò subito ad ancorarsi a lui, che partì immediatamente. Vicini com'erano, sentiva il cuore del giovane che batteva all'impazzata, forse come il suo; e dire che, quando era sulle liane, aveva la capacità di calmarsi, usandole come valvola di sfogo. Quella sera non erano abbastanza.
~
Per i giovani ci volle qualche istante per abituarsi all'improvviso fulgore che apparve davanti a loro, in contrasto con l'oscurità a cui si erano adattati. Proveniva dall'Oikìa, illuminata da centinaia di lanterne, ricoperte dalla rossiccia pelle degli apirei, che sfumava la luce nel medesimo colore. Tutta la zona si era tinta di un suggestivo amaranto. La piattaforma era stata completamente allestita: sopra ad essa era stata posta una grande mensa di legno, decorata con frutti e fiori di ogni tipo, sparsi qua e là anche sulle travi che componevano la struttura.
Le ombre dei Gheneiou già arrivati tremolavano mentre si muovevano tra gli alberi per trovare una posizione; altre e altre ancora intanto continuavano a sopraggiungere. Alcuni avevano già preso posto sui rami, che principalmente sembravano occupati da nuclei familiari, mentre erano pochi i gruppi eterogenei, come quello delle fanciulle vestite di bianco quasi addossate alla piattaforma.
Ma i neoteroi non facevano molto caso a ciò che stava loro intorno, troppo occupati a rimuginare sulle precauzioni fornite da Iulius. Gli unici che parevano avere la situazione in mano, come sempre, erano Mijime e Bellatrix, che avevano già intercettato un ramo buono su cui sedersi.
Germanico, mentre li raggiungeva cercando di essere il più normale possibile, in realtà dentro di sé si sentiva tremare dalla punta dei capelli fino alle dita dei piedi. Aveva dovuto rispiegare ogni cosa a Bellatrix, e ricapitolare quei precetti non gli aveva certo giovato, anzi, aveva compreso meglio come sarebbe stato facile cadere in errore e così aveva iniziato a fasciarsi la testa con pensieri tragici. Ma perché Genew non aveva aspettato che fossero almeno dei Gheneiou prima di presentarli al resto della comunità? Avrebbe risparmiato loro quella penitenza.
Bellatrix dovette notare lo stato d'animo degli altri quattro perché, una volta che furono tutti giunti sul ramo, sussurrò: «Ascoltate, non è nulla di così complicato: quello che lo rende tale è soltanto la vostra incapacità di mantenere la calma. Dovete solo stare seduti qui sul ramo, senza fare niente, e aspettare che finisca la cerimonia».
«Ma se...» provò a ribadire Germanico: nella sua testa si susseguivano centinaia di scenari catastrofici, per cui anche un'inezia simile avrebbe potuto trasformarsi in un disastro. Dalle espressioni di Em e Morag, i loro pensieri non dovevano differire molto dai suoi. Soltanto Mijime e Spiro continuavano a essere indifferenti, l'uno per la sua perenne apatia, l'altro perché probabilmente nemmeno capiva la gravità della situazione.
«Se capiscono che siamo agitati è peggio!» esclamò l'altra, riuscendo ugualmente a mantenere il tono di voce quasi impercettibile.
A quel punto nessuno replicava più: dopotutto, cosa sarebbe potuto andare storto?
«Ciao!» Germanico trasalì, sentendo l'acuto che proveniva alle sue spalle, e si girò di scatto. Sofia era appena comparsa tra le foglie dell'albero con il suo tipico sorrisetto spensierato.
«Che ci fai tu qui?» domandò Em, mantenendo la voce un sussurro.
«La mamma ha detto che potevo venire a vedere la cerimonia con voi» rispose tranquilla la bambina, accovacciandosi sulle gambe di Bellatrix, come suo solito. «Scusate se vi abbiamo messo fretta prima» specificò, una volta trovata una posizione abbastanza comoda. «Iulius è sempre in ansia quando ci sono le cerimonie, e non fa altro che trasmetterla anche a chi lo ascolta. Adesso non preoccupatevi più: godetevi il rito e basta. Quello di Zarkros è uno dei più belli. Ecco, ecco, inizia!»
Dall'immenso albero sopra le cui diramazioni erano state costruite l'Oikìa e la sua piattaforma, provenne un suono che destò l'attenzione di tutti: il tamburo echeggiava di nuovo, per la terza volta, imponendo il silenzio. Il rimbombo del primo colpo cessò a un tratto e ne seguì un altro, e un altro, e un altro ancora... Quindici percussioni, sempre più fitte di volta in volta, si susseguirono, finché non giunse l'ultima, ben più potente delle precedenti.
Il silenzio lasciato era totale, ma finalmente arrivò un altro suono: quello di un flauto. Dal tronco dell'albero, oscurato dall'ombra dell'Oikìa, sembrò uscire una giovane donna avvolta in una morbida tunica bianca e con la testa cinta da una fascia del medesimo colore. Vicino alle labbra, uno strumento formato da tante piccole canne di diverse dimensioni, da cui scaturiva una melodia dolce, misteriosa e quasi sensuale: qualcosa di nuovo alle orecchie dei neoteroi.
La suonatrice iniziò a muoversi con leggiadria per la piattaforma, accompagnata dai capelli dorati lasciati sciolti, anche questi impegnati in una danza incantatrice; a ognuno dei suoi salti aggraziati, sembrava che potesse spiccare il volo.
«Quella è Rigel, la Prima Danzatrice, che oltre a ballare suona anche» commentò a un tratto Sofia, gli occhi pieni di ammirazione, mentre guardava la giovane muoversi in quel modo. «E adesso arriva Rose».
Sette figure di fanciulle atterrarono sulla piattaforma con la stessa grazia della suonatrice, rimanendo nella posizione di approdo per qualche istante. Germanico sforzava la vista per vedere chi tra quelle fosse Rose, ma non riusciva a individuarla: nelle loro vesti bianche e con la stessa acconciatura raccolta - l'unico aspetto in cui si differenziavano da Rigel - erano difficili da distinguere. Ma quando alzarono la testa, gli occhi cerulei della ragazzina brillarono alla luce delle lanterne.
Tutte le danzatrici si mossero all'unisono, spiccando un salto verso il centro della piattaforma, dove era Rigel. Iniziarono a ballare insieme a lei, perfettamente coordinate tra loro, esibendosi nella stessa danza leggera della flautista. Le luci delle lanterne ondeggiavano per i movimenti compiuti dalle fanciulle in prossimità di queste, creando ombre ancora più suggestive.
I giovani erano rimasti ammaliati dallo spettacolo sotto i loro occhi, tanto che avevano anche dimenticato di essere all'interno di una prova. Non avevano mai visto nulla di simile: era una danza completamente nuova per loro e così bella da non riuscire a distogliere lo sguardo.
Le danzatrici iniziarono a intonare un canto sotto la base della melodia fornita dalla suonatrice; le parole che recitavano erano in una lingua che i neoteroi non capivano, antica come l'isola e forse anche come il mondo. L'unico termine che comprendevano era "Zarkros".
La musica rallentò ancora di più, come anche i passi delle danzatrici, finendo in una nota bassa, che Rigel prolungò a lungo. Le otto si riversarono velocemente presso la giunzione della piattaforma con l'albero e rimasero in silenzio ad aspettare.
Dall'Oikìa scesero Genew e, un passo dietro di lui, la primogenita, con indosso dei copricapi ricavati dalle teste di due grandi felini, il primo quello di una tigre, l'altro quello di un giaguaro. Germanico notò l'enorme coltello di pietra che trasportava la giovane Genew e che appoggiò al centro della tavola, per poi tornare al fianco del padre.
Le scale dell'Oikìa iniziarono a essere percorse molto lentamente da altre dodici figure, sette donne e cinque uomini, che quando furono alla luce delle lanterne si vide meglio come fossero incurvate. Molti di loro erano appoggiati a bastoni, mentre sulle loro teste risaltavano i capelli canuti e i volti solcati dalle rughe.
«Ecco gli Anziani» disse Sofia con un filo di voce. «Mentre Rigel stava suonando hanno purificato il papà e Genew, di sopra, così possono essere pronti per il sacrificio. Adesso li devono salutare, poi inizierà il rito; intanto vi dico chi sono: ci mettono sempre un'infinità...»
Uno alla volta, gli Anziani si accostavano prima al padre e poi alla figlia, piegandosi davanti a loro come i neoteroi avevano visto fare a Hermit, e man mano Sofia spiegava loro chi fossero.
«I primi tre che sono scesi sono quelli più vecchi di tutti: hanno tutti più di ottant'anni, un'età assurda! Eracle, Èlia e Vinsenes. Eracle è il fratello del bisnonno Genew ed è il marito di Èlia: tra tutti quelli che sono ancora vivi è l'unico su cui siano nate delle leggende. Sia lui che sua moglie, da giovani, erano Guerrieri più che formidabili; Eracle è l'ultimo di Tou Gheneiou ad aver combattuto in un agòn, cioè la battaglia decisiva tra due clan, ognuno dei quali schiera il primo dei guerrieri...»
«Magari queste storie ce le racconti un'altra volta, va bene?» la interruppe a un tratto Germanico, che temeva che qualcuno potesse notare che non stessero guardando la cerimonia. Intorno a loro i rami erano pieni di Gheneiou, che se solo avessero spostato lo sguardo su di loro avrebbero visto la loro disattenzione.
«Ma adesso tanto non fanno niente: non sarete mica ansiosi come Iulius, spero». La bambina sollevò un sopracciglio e, dal momento che gli altri neoteroi non contestarono ancora, anche Germanico si rassegnò.
«E poi vi dicevo che c'è Vinsenes: era molto astuta, dicono» proseguì la bambina. «Adesso di quell'astuzia non è che ne sia rimasta molta... Quando parla, si oppone sempre a qualsiasi idea venga proposta, ma non è una delle peggiori: il più delle volte se ne sta zitta, quindi non è male».
«E i peggiori allora chi sono?» domandò Bellatrix, come al solito incuriosita.
«Quelli che vengono dopo». Sofia abbassò ancora la voce, esibendosi in una smorfia un po' preoccupata. «Pitone, Pako e Mara, che sono il nonno e le sue sorelle. Loro sì che fanno paura! Pako e Mara in realtà neanche tanto: loro parlano, parlano - come sono noiose! - e piantano nella testa delle persone idee sbagliate. Però se non le ascolti non è un problema. Il nonno invece sì: una volta che stavo giocando sotto l'Oikìa insieme a Hermit, lui ci ha visti e ci ha presi entrambi per un orecchio. "Due perditempo proprio come vostra madre!" aveva urlato. Ho avuto male all'orecchio sinistro per dieci giorni. Stateci lontano, se riuscite...»
Ma perché quella sera, uno dopo l'altro, dovevano continuare a balzare fuori presagi nefasti? E prima tutte le raccomandazioni di Iulius, e poi l'imminente partenza di Bellatrix... Ci mancava solo che la loro ansia venisse incrementata dai racconti di Sofia sugli Anziani del clan. Germanico strizzò gli occhi, non sicuro di voler proseguire ad ascoltare la bambina.
«E poi?» la esortò ancora Mijime - come se quello che aveva già detto non bastasse...
«Ah, sì: ci sono Kyon, Leda e Puer. Loro quando c'era la nonna erano i comandanti delle imprese militari: non ne perdevano neanche una! Eravamo uno dei clan più forti dell'isola e loro non hanno ancora accettato che ora non facciamo più la guerra con nessuno. Però le loro storie sono bellissime! Come quando Leda aveva organizzato un'infiltrazione perfetta nei territori di Tes Gheisas o quando Puer aveva raso al suolo un altro clan...» Sofia parlava con convinzione, mentre i suoi occhi scintillavano al ricordo della gesta tanto gloriose da parte del suo popolo, che doveva conoscere a memoria.
«Non avevi detto che c'era anche un'Anziana simpatica?» puntualizzò infine Germanico, sperando di potersi consolare almeno con la presenza di quest'ultima.
«Oh, Paula! Lei è fantastica: non ha mai avuto un marito e per questo vede tutti i bambini del clan come suoi nipoti. Ci vuole davvero tanto bene. Eccola, è là, sta per salutare Genew, seguita da Teramene e Kinzias, gli Anziani più giovani. Dopo le chiedo di raccontarvi una storia solo come lei sa fare!»
Anche l'Anziana di nome Kinzias si piegò davanti alla giovane anaxa e andò a unirsi insieme agli altri vegliardi dietro ai due Genew.
«Oh, adesso devo stare zitta» mormorò Sofia, portandosi un dito davanti alle labbra per fare cenno anche ai neoteroi di tacere.
All'ennesimo colpo di tamburo le otto giovani tornarono sulla piattaforma, al cospetto dei membri più illustri del clan. Le danzatrici si inginocchiarono, portando la fronte fino a terra, mentre la suonatrice si diresse verso i Genew, sempre tenendo il capo abbassato, ed eseguì il rituale del saluto prima con il padre e poi con la figlia. Terminata la pratica, con estrema leggerezza si rialzarono tutte in piedi e corsero via dalla piattaforma, verso il loro ramo.
Altri arrivarono subito al loro posto, ma stavolta molto più numerosi e senza la grazia precedente: erano giovani uomini e donne tutti con una lancia in mano o altre armi. Non si riuscivano a contare e occupavano, ammassati com'erano, più della metà piattaforma opposta a quella in cui stava Genew: saranno stati per lo meno un centinaio. Alcuni di loro avevano delle pellicce caricate sulle spalle che non si distinguevano bene per la lontananza.
«Quelli sono i Cacciatori! Tra loro c'è anche Kairos!» esclamò di nuovo Sofia, trattenendo appena la voce. «Stanno trasportando le bestie per il sacrificio».
Venti di loro con gli animali intorno al collo si fecero avanti, mentre gli altri, dopo essersi mostrati in pubblico, tornarono ai loro rami; v'erano undici strane bestie simili a pecore - probabilmente dei meranghi, dal momento che gli apirei, secondo le descrizioni di Sofia, erano estremamente più grandi e dai tratti del tutto diversi - seguivano otto serpenti, e v'era poi una tigre, tra tutti gli animali presenti la più grande e maestosa. Quest'ultima era portata da Kairos, che fu il primo a porre l'animale sulla grande tavola, seguito dagli altri, per poi andare a portare il saluto ai Genew.
Quando tutti gli animali furono stati posti sul piano di legno, Genew vi si avvicinò, prendendo il coltello che sua figlia aveva posto sul desco in precedenza e avvicinandolo alla gola della tigre. Penetrò a fondo nella carne dell'animale, mentre un fiotto scarlatto iniziava a sgorgare dal taglio e a imbrattare prima il pelo candido del collo, poi le mani del capo e infine tutto il legno sottostante: la bestia doveva essere evidentemente ancora viva, e portata lì sotto effetto di qualche droga di modo che non si muovesse.
Germanico non fece in tempo a vedere l'arma che veniva affondata nella carne dell'animale, che si era già coperto il volto con entrambe le mani. Tutto ma il sangue no! Sopportava a malapena la vista dei taglietti che poteva involontariamente procurarsi; osservare una povera creatura che veniva sgozzata era qualcosa di inconcepibile. Sperava solo che i Gheneiou intorno non stessero guardando nella sua direzione.
«Germanico, cosa c'è?» chiese Sofia, passando dalle ginocchia di Bellatrix su quelle del giovane tedesco.
«È davvero necessario... tutto questo?» domandò a sua volta Germanico, senza togliere le mani dal viso.
«Oh, certo: non sprecheremmo venti pezzi del nostro cibo, se non fosse necessario» rispose, guardando impassibile l'ecatombe che suo padre stava continuando a mandare avanti. Abbassò ulteriormente il tono della voce: «Non posso spiegarti altro; da quando c'è stata la danza, Zarkros è qui: vede e sente tutto ciò che stiamo dicendo anche se non si mostra. Forse non avrei dovuto dire nemmeno questo» concluse, tornando in braccio a Bellatrix e abbracciandola, quasi all'improvviso avesse sentito il bisogno di un conforto.
"Chissà se è davvero così" pensò Germanico, un po' scettico: i ragazzi non avevano mai spiegato in modo esaustivo la religione del loro popolo, ma il giovane aveva intuito che fosse una credenza politeistica simile a quelle dell'antichità, sia per come erano considerate le divinità, sia per come erano strutturati i riti. Ma, alla fine, cosa si poteva dare per certo su un'isola senza una localizzazione geografica, in cui si sbarcava senza una ragione, dove vivevano delle fatine tanto carine quanto sadiche, che ribatezzavano i nuovi arrivati secondo quanto volessero delle maghe? C'era davvero la possibilità che il daimon fosse lì con loro. Germanico ormai si augurava solo che la loro presenza gli risultasse gradita.
~
Spazio autrici.
Ed eccoci giunti all'attesissima festa in onore del grande e potente Zarkros: chissà se prima o poi faremo la sua conoscenza... Che ne pensate di questa prima parte descrittiva? Speriamo di essere riuscite a rendere il rituale almeno un quarto di come è nelle nostre testoline, cioè una figata assurda. Peccato che coreografie e musica non si possano descrivere a dovere, quindi lasciamo a voi il compito di immaginare la danza evocativa delle giovani Gheneiou. Detto questo, ci vediamo alla seconda parte! I neoteroi ce la faranno a superare la prova stabilita da Tou Gheneiou? Scopritelo insieme a noi!
~ 🐼🐢
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro