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Capitolo 5

Sono appoggiata sul muretto della scuola e sto fumando una Chesterfield rossa mentre come al solito sono immersa nei miei pensieri e mi sento altrove. 

Suona la campanella, non ho voglia di entrare ma decido di farlo lo stesso, nel corridoio tutti gli occhi maligni degli altri sono rivolti verso di me o almeno è quello che mi sembra ma forse mi sbaglio e sono solo io a sentirmi fuori luogo. 

Nonostante la lezione stia già per iniziare entro in bagno, mi siedo sul cesso e inizio a piangere in silenzio mentre tutta la rabbia si gonfia nel mio cuore e ho paura che un giorno possa esplodere per tutto il male che ci metto dentro. 

Purtroppo certe volte non riesco a controllarmi e le crisi di pianto prendono il sopravvento e reagisco così, poi come sempre mi lavo per bene la faccia cerco di assumere un po' di autocontrollo, inspiro ed espiro ed è come se avessi appena riso alla più stupida delle battute. Per quanto io cerca di farmi forza è sempre il cuore che soffre, è lui che subisce tutti i male che non riusciamo a cacciare fuori e che rinchiudiamo dentro a forza perché non vogliamo farci vedere deboli, perché siamo orgogliosi. Non so se sto sbagliando o meno ma è diventato questo il mio unico modo di reagire.

Oggi è sabato e come tutti i sabati stasera mi toccherà andare a lavorare in quel locale orribile che non sopporto, a fare un lavoro indecente e sottopagato ma che sono obbligata a fare se voglio un minimo di entrate dato che non sono la ragazza fortunata e viziata che si può permettere la paghetta.

A turno finito mi sento distrutta ma non tanto per la fatica, che anche quella comunque c'è, ma per lo stress psicologico che ho accumulato in questi giorni e che stasera è arrivato al culmine dovendo servire tutte queste persone che pretendono come se fossero in un locale a dieci stelle. Sono stanca di tutto, mi sento morta dentro, ho voglia di evadere e dopotutto e sabato sera, notte nel mio caso. La soluzione è sempre la solita purtroppo; quando ho voglia di evadere e tirarmi un po' su chiamo Mark.

-Ehi bellezza! Lo sapevo che mi avresti richiamato! - risponde divertito, come se non aspettava altro e lo capisco. Anch'io la penserei come lui, anzi la penso esattamente come lui, ma in fin dei conti sono disperata e non ho amici fighi con cui passare il sabato sera e mi accontento di ciò che c'è. 

Già, cosa vuoi farci; non tutti siamo fortunati e i più si devono accontentare, gli rispondo sarcastica.

-Ok, signorina! Vuoi essere trattata da principessa però sai già che caschi male.- ride , in ogni caso io sono al Sunset, raggiungimi e ti farò sentire una Stella almeno per stasera.

-ma è dall'altra parte della città, mi spieghi come faccio a raggiungerti?-gli chiedo.

-e io come dovrei aiutarti?- 

-Non puoi venirmi a prendere? O mandare un tuo amico?  - 

-mi fai girare le scatole quando fai così ma non posso nemmeno dirti di no.sbrigati ti aspetto tra una ventina di minuti davanti casa tua- dice alla fine' arreso.

-Ok- per quanto non lo sopporti certe volte si dimostra diverso da ciò che vuole far vedere e anche per questo alla fine torno sempre da lui.

Mi avvio velocemente a casa, che non è molto distante da dove lavoro, uccido le lacrime che vogliono uscire dai miei occhi anche stavolta e vado in bagno a prepararmi. So che passerò una serata indecente, lurida, illegale che non mi rappresenta ma è proprio questo che ho intenzione di fare: uscire da me stessa almeno per una sera per nascondere la tristezza e il vuoto che mi circonda. Mi vesto per l'occasione: dei tacchi alti, vestitino corto, collant trasparenti, un giubbino di pelle e tre quintali di trucco per nascondermi da ciò che sono; un immagine senza ancora un volto. 

Esco di casa senza il bisogno di dare spiegazioni a nessuno; mia mamma dorme già perché sa che torno sempre tardi da lavoro, mentre mio padre sarà da qualche parte a spassarsela come suo solito.

Quasi puntuale Mark si fa trovare vicino casa mia ed entro in macchina e appena mi metto a sedere mi guarda come affamato e inizia a fare il pervertito. 

-Lasciami!! È ancora presto, dopo si può fare quello che vuoi! - gli dico un po' scocciata da questo suo fare quasi da maniaco.

-Ascolta non fare la permalosa, hai deciso di uscire con me e fai quello che ti dico sennò niente regalino!! - mi risponde e già vedendo i suoi occhi capisco cos'è a parlare.

-Non sono una che sta sempre a chiedere, l'ultima volta è stato due settimane fa quindi se non ti dai una calmata niente sesso!! - 

Odio questa parola - sesso- è volgare e indica  una cosa che non si fa con una persona che vuoi bene ma che si fa e basta solo per trarne piacere, è fine a se stessa. Con una persona che vuoi bene fai l'amore. Io non l'ho mai fatto, ho fatto solo sesso perché finora non ho ancora amato nessuno e non so se succederà mai. Mi piace pensare che esista l'amore vero ma più vado avanti e più credo che il vero amore faccia parte del repertorio unicorni, fate e principesse;  è un'illusione che è bella finché c'è ma poi quando ti accorgi che non esiste ci rimani male e resta solo con un ricordo di una bella fantasia e niente più.

Entriamo nel locale. Vengo lanciata in una realtà diversa, migliore; la musica a palla che si impossessa delle mie orecchie, toglie dalla mia testa ogni pensiero, mi fa entrare nella sua onda sonora e mi fa volare. Non capisco più niente, il caos si è impossessato di me e io adoro questa sensazione; mi piace non sentire altro che la musica entrarmi nel cervello mentre tutto il resto è niente, io sono musica, sono libera come una nota in uno spartito, come questo suono elettronico, senza catene. Poi ci sono i momenti in cui la musica si abbassa e diventa quasi zero e mi sento soffocare come se quel silenzio facesse rumore ma poi rinizia il casino e torno ad essere trasportata dal ritmo.

-Linsday vuoi venire in bagno!! - 

È il cazzone che mi urla per farmi capire che è lui a comandare. 

-Ok - 

Mi porta nel cesso apre uno di quegli specchi per trucchi che di solito hanno le donne e non gli uomini e non servono a questo. Prende dal portafogli una banconota da venti euro e me la da. Questo è il prezzo di una notte con lui. Mezzo grammo di coca costa una scopata con questo deficiente pervertito.

 "Per me questo sarebbe evadere, per me questo sarebbe evadere? Questo?" Mi passano velocemente questi pensieri in testa.

-Ehi baby cosa aspetti?! Non volevi altro da quando mi hai chiamato e ora stai imbambolata ad aspettare una benedizione dal cielo?! Sbrigati che poi voglio quello che mi spetta!-

-No, cazzo! - e non sono sicura se lo sto dicendo ad alta voce o se è la mia conoscenza che sta parlando a me.

-Cosa no?? - mi guarda sbalordito e anche un po' arrabbiato. Allora l'ho detto davvero.

-Non voglio niente da te!! - e dico ciò come presa da una nuova epifania.

-Ascolta se non la vuoi non me ne frega, anzi meglio, ma dopo che mi hai fatto scomodare io voglio quello che ti ho già detto quindi non me ne frega - 

Mi prende per la vita e mi stringe a sé. Voglio liberarmi ma lui non vuole mollare la presa. 

-Lasciami!! - urlo. 

-Sei mia! - mi vuole baciare, mi tocca dappertutto e non riesco a liberarmi dalle sue braccia che mi stringono sempre di più . 

-Aiuto, lasciami!! Non voglio - cerco di divincolarmi ma lui è più forte di me.

-Ehi! Lasciala stronzo, le fai male! - sento una voce venire dall'altra parte del bagno.

-Fatti i cazzo tuoi! - gli dice Mark.

Non so chi sia questo ragazzo ma mi stacca da Mark. Poi iniziano a darsi qualche cazzotto ma ho la testa altrove per capire davvero ciò che sta succedendo: sono sconvolta, non ho il controllo di niente. E' una brutta sensazione non avere il controllo della situazione, mi sento come se mi scivolasse tutto addosso; come l'acqua che non rimane sulle tue mani e cade nonostante tu voglia prenderla e tenerla lei scappa: ecco come mi sento. 

Il ragazzo che mi ha tolto dalle grinfie di Mark mi prende per la mano, mi porta fuori e io, che non mi sono mai fidata di nessuno, lascio che ciò avvenga e non chiedo spiegazioni, do a lui la mia fiducia forse ancora sconvolta da ciò che è successo.

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