Capitolo 3
Con le cuffie alle orecchie e della musica che mi fa scatenare silenziosamente l'anima mi sembra di stare su un set stellare di qualche videoclip mentre sto semplicemente percorrendo le strade di questa città senza una meta precisa e mi sento in sintonia con il mondo in un modo perfetto e bellissimo: in questi momenti potrei essere Wonderwoman e crederci davvero.
Essenzialmente (avrete capito che è la mia parola preferita) la mia vita non è di quelle delle tipiche ragazze adolescenti pieni di amici e amiche con boyfriend annesso ma è piuttosto atipica e forse un po' asociale ma la cosa non mi disturba affatto: non mi piace essere il prototipo da spot pubblicitario commerciale pseudoborghese.
Certamente non faccio l'asociale, indendiamoci, anzi se potessi mi metterei a chiacchierare con qualsiasi tipo abbia voglia di scambiare sincere opinioni ma il problema è proprio questo: non è facile affatto trovare qualcuno con un po' di voglia di essere onesto e parlare apertamente. Io se ne avessi l'occasione lo farei ma è proprio questa che il più delle volte mi manca.
In ogni caso al di là delle riflessioni che mi passano per la testa credo di essermi allontanata un po' troppo e devo cercare di orientarmi per capire di preciso dove sono.
Devo ammettere una cosa prima di tutto: il mio senso dell'orientamento non è proprio perfetto e per quanto conosca questa città da una vita ci sarà sempre quella via, dove magari ci sono già passata migliaia di volte, che mi dirà poco o niente. In ogni caso cerco di guardarmi intorno e ripenso un attimo alla strada che ho percorso nonostante non ci avessi prestato tanta attenzione essendo stata troppo presa a interpretare la protagonista supereroina del mio film mentale.
Ecco, alla fine ci sono, ho capito dove mi trovo e penso davvero sia buffo che il mio subconscio mi abbia portato fin qui. Non ci passavo da tantissimo tempo, per questo evidentemente non riuscivo ancora a riconoscere il posto. Mi trovo davanti ad un cancello di un parco giochi in cui venivo quasi tutti i giorni quando ero piccola.
Decido di entrare e mi sento un po' bambina passando per questo posto che da piccola mi sembrava enorme e anche un po' magico: ora lo vedo con i miei occhi cresciuti e devo constatare che non è affatto grande però un po' di magia è rimasta. Non c'è quasi più nessuno in giro dato che è un tardo pomeriggio di ottobre e i bambini a quest'ora saranno già a casa insieme alle mamme che staranno preparando loro la cena. Tra un pochino chiuderanno il parco ma voglio passare un po' di tempo in questo luogo dell'infanzia e dei bei ricordi.
Vado a sedermi su un'altalena che è sempre stata la mia preferita tra tutti i giochi: ho sempre provato a spingermi più in alto possibile e con la massima velocità ed effettivamente riuscivo ad arrivare più in alto di tutte le altre ragazzine. Mi è sempre piaciuto quel senso che il salire in alto e scendere giù velocemente in basso ti dà: è molto raffigurativo di ciò che è davvero la vita e in particolare di come le mie emozioni mi fanno sentire.
Ora non ho intenzione di fare nessuna gara o di provare qualche brivido mi basta sedermi qui e dondolarmi leggermente continuando ad ascoltare la musica e concentrandomi questa volta non nei miei pensieri ma su ciò che mi circonda.
Fisso l'orizzonte che mi si figura davanti e guardo quasi immersa il sole che sta iniziando a tramontare in questo momento e poi il cielo che sta prendendo il colore indecifrabile di quest'ora del giorno: il tramonto è sempre stato quel momento del giorno per me speciale perché queste sfumature che il sole lascia prima che venga la notte mi fanno percepire la bellezza di questo mondo.
Mi sto estraniando dal mondo immersa a godermi questi attimi quando qualcosa distrae il mio sguardo: vedo un piccolo scoiattolo che sta avvicinandosi ad una ragazza, che dovrebbe avere la mia età.
La cosa mi sembra alquanto strana per due motivi: la ragazza non l'avevo notata prima e mi sembra fuori posto, come lo sono anch'io tra l'altro, e l'altro motivo è che non avevo mai visto uno scoiattolo avvicinarsi così spontaneamente ad una persona.
Decido allora che voglio vedere la cosa da vicino e magari cercare di capire meglio chi è questa ragazza che gioca con lo scoiattolo.
Avvicinandomi meglio alla scena noto che c'è un motivo per cui lo scoiattolo sta tanto vicino alla ragazza: gli sta dando del cibo e questo dolcemente se ne sta approfittando. Poi mi accorgo che la ragazza la conosco: è una mia compagna di classe. E poi vedo che mi fa un segno con la mano e allora la saluto anch'io. Dopo pochi minuti in cui entrambe siamo rimaste ferme osservando lo scoiattolo questo finisce di mangiare e se ne va.
- Ehy, ti puoi avvicinare se vuoi. - mi fa.
Allora vado da lei.
- Come hai fatto a renderlo così mansueto e collaborativo? Di solito gli scoiattoli non stanno mai così vicini alle persone. - le dico.
- Non è stato molto semplice però la mia passione per gli animali mi ha aiutato e anche i ragazzi con cui faccio volontariato mi hanno insegnato molto.- mi fa.
- Ah che bello il volontariato! Mi sarebbe sempre piaciuto far parte di una qualche associazione, te di cosa ti occupi di preciso?- sembra una ragazza interessante e diversa da quella che mi immaginavo conoscendola solo in classe.
- Sto con un'associazione della città che ha come obiettivo quello di prendersi cura degli animali che popolano i parchi: infatti ero qui per dare un po' di cibo agli scoiattoli e ai vari animali che abitano questo posto.- e mi dice queste cose con una quasi fierezza che si capisce quanto le piace fare questo - Comunque dovremo andare dato che tra una decina di minuti vengono a chiudere- mi fa subito dopo.
- Già è vero- e noto che si sta facendo tardi e che dovrei tornare subito a casa.
Ci incamminiamo insieme per tornare nelle nostre rispettive case e ho l'occasione di conoscerla meglio e di scambiare quattro chiacchiere.
- Mi fa piacere di averti incontrato nel parco, di solito non si vede quasi nessuno quando ci vado perché tutti i bambini a quell'ora sono già a casa.- mi dice.
- Anche a me ha fatto piacere e ti trovo più simpatica di come sei in classe.-
- Già di solito sono sempre quella troppo secchiona per essere simpatica a qualcuno.- mi risponde sorridendo.
- Non è vero, quelle secchione dovrebbero essere ammirate da tutti: è grazie a loro se tutti si possono permettere di copiare!Sono quelle come me che invece non riescono ad essere simpatiche a nessuno.- le dico con sincerità.
- A me stai simpatica in realtà.- e queste parole mi fanno un effetto strano, non le avevo mai sentite prima pronunciare per me.
- Magnifico! Anche tu mi sei simpatica. Almeno avrò qualcuno con cui chiacchierare in classe.- le faccio e ci salutiamo mentre le nostre strade per tornare a casa si dividono.
Tornando a casa ripenso alle chiacchiere scambiate con Carlotta, la mia compagna di classe, e mi viene spontaneo un sorriso: forse ho incontrato qualcuno che mi può essere amico.
Però non appena apro la porta di casa sento le ormai familiari urla di mio padre e mia madre che stanno litigando per l'ennesima volta e mi ritrovo catapultata di nuovo nella vera realtà della mia vita e non nelle fantasticherie della mia mente.
Lascio che continuino a urlare tanto ormai ho imparato a far entrare da un'orecchio e far uscire dall'altro tutto ciò che non voglio sentire e nel frattempo preparo qualcosa da mangiare.
Vorrei provare a chiamarli per la cena ma mi rendo conto che è meglio non intromettermi tra di loro perché so come andrebbe a finire quindi decido che cenerò da sola e forse è meglio così: da sola non potrò certamente rischiare incidenti diplomatici.
Finisco di mangiare, lavo i miei piatti e poi vado a rifugiarmi in camera mia e mentre le lacrime stanno per rigarmi il viso spengo ogni luce mi avvolgo sotto le coperte del mio letto e cerco di difendere la mia tristezza con la sola maniera che mi ha sempre aiutato: un paio di cuffie e della musica che sa alleviarmi le ferite.
~Nota dell'autrice~
Cosa ne pensate di questo capitolo? Ve lo chiedo perché non sono ancora convinta al 100%, in ogni caso nei prossimi si entrerà un po' più nel vivo.
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