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Capitolo 2

Ormai non mi meraviglio più di niente e ho anche smesso di illudermi. 
Non riesco ancora a capire davvero come funziona davvero la vita in questo mondo, le regole del gioco non sono mai del tutto chiare e tra l'altro sembra che non siano per tutti le stesse.

Ovviamente sono consapevole che ognuno combatte la sua battaglia e che la maggior parte di noi indossa dalle facciate che fanno apparire la vita di chi le indossa felice e perfetta agli occhi degli  altri e sono anche consapevole che è inutile provare a fare paragoni ma ogni tanto mi capita e suppongo che a ognuno di noi viene naturale, ogni tanto, figurarsi nella vita degli altri.

Quando mi capita di cercare a entrare nella vita di quelle persone che sembrano avere tutto mi sorge spontanea una domanda: cos'è che rende me inferiore e incapace di avere una vita così? Ed è vero che ognuno ha i suoi problemi ma è anche vero che non tutti i problemi sono direttamente proporzionali tra loro. Credo che a ognuno di noi venga affidato un fardello che potrebbe essere superato in base alle proprie capacità, mi spiego meglio: se uno è bravo in matematica un'equazione di secondo grado a due incognite riuscirà molto più facile rispetto a uno che è totalmente una capra in quella materia e quindi se si volessero pareggiare le difficoltà dovremmo far fare al secchione magari un integrale complicato; a quel punto si troveranno entrambi nella solita situazione di difficoltà anche se con compiti di livello diverso. Spero di essermi spiegata, essenzialmente io sono il genio in questione. 

Ogni tanto mi perdo nei meandri della mia mente essenzialmente perché è l'unica amica che ho sempre avuto fin dall'inizio e che sicuramente non mi potrà deludere. Con il tempo,come ho già detto, le delusione non hanno fatto altro che accompagnarmi e con loro la disillusione si è fatta sempre di più strada e a questo punto credo di essere una delle persone più mature della mia età grazie a loro: ok, forse sembro un po' montata di testa mentre dico queste cose però giuro di essere lucida quando faccio questi pensieri.

La semplice dimostrazione è data dal fatto che da quando sono piccola non mi sono mai messa a fare i capricci perché volevo la bambola con i capelli biondi o perché volevo la ciambella al cioccolato anche se ammetto che mi sarebbe piaciuto: ho capito fin da subito che non potevo permettermi di fare troppo la bambina piagnona e questo mi ha fatto sviluppare una certa maturità già a sei anni quando, mentre gli altri bambini credevano ancora a Babbo Natale, io iniziavo a scrivere versi tristi e deprimenti e le maestre mi guardavano come fossi una sorta di genio della letteratura. Io anche allora non avevo questa gran voglia di credere davvero nella storia della bambina poetessa ma semplicemente scoprii che ero un po' più avanti di maturità rispetto ai miei coetanei che avrebbero iniziato a fare le solite cose solo qualche anno più avanti. 

E la mia storia rimane più o meno la stessa fino ad ora che sono al liceo.
Stamattina mi sono svegliata un po' filosofa, probabilmente a causa della notte quasi insonne di ieri e al mal di testa che mi è venuto dopo i pianti sommessi, ma cerco solamente di dimenticare non pensandoci e divagando in riflessioni assolute.

In ogni caso faccio colazione ed esco di casa per andare a prendere l'autobus per andare a scuola come faccio, più o meno, tutte le mattine. È una fatica ogni mattina alzarsi presto per andare a scuola ma in ogni caso è sempre meglio di rimanere a casa: farei di tutto pur di starmene il maggior numero di ore fuori casa.

In autobus non ci sono quasi mai posti e anche stamattina la fortuna mi sorride lasciandomi in piedi, e la fermata dopo la mia si riempie così che dopo un po' mi ritrovo ad essere come una fetta sottile di salame in un panino a più strati.
Poi finalmente arriviamo a destinazione, tutti iniziano a scendere dall'autobus e posso far entrare un po' di ossigeno nei miei polmoni.

Mancano dieci minuti all'inizio delle lezione e prima di entrare mi accendo una sigaretta e osservo distante tutti i ragazzi più o meno della mia età che iniziamo ad accalcarsi per iniziare questo lunedì di scuola, tutti per lo più assonnati e annoiati. 

Poi vedo passare Mark che mi fa un accenno di saluto e ricambio contro voglia. Non so di preciso perché io abbia deciso di iniziare a frequentarlo: essenzialmente non abbiamo molto in comune e non mi piace nemmeno il modo con cui mi tratta però quando sto male è la prima persona che mi capita di chiamare in questo periodo. In realtà forse, come dice lui, non siamo molto distanti: entrambi abbiamo una famiglia con dei problemi ed entrambi vogliamo evadere da questo mondo in una qualche maniera. Però lui è essenzialmente una testa di cazzo e ha un cervello altamente ridotto anche se è due anni più grande di me, io invece credo che con un minimo di impegno potrei cavarmela in questa vita.

In ogni caso mentre sto pensando a tutto ciò ho finito la sigaretta ed è suonata la campanella e quindi mi affretto ad entrare in aula.
Io sto seduta in penultima fine nel banco che si affaccia alla finestra: una posizione strategica per potersi distrarre ogni tanto a guardare il mondo, non così idilliaco, da spettatore annoiato.

Le ore scorrono di una lentezza infinita mentre ci vengono spiegate le lezioni di vita di questi professori che continuano a chiedersi, secondo me, come è stato possibile fare questa loro fine: non li biasimo affatto. La mia classe è piena di gente stupida o superficiale o entrambe le cose e non sono ancora riuscita ad integrarmi essenzialmente perché provo ribrezzo per la maggior parte di loro. Però non voglio darlo a vedere e scambio parole carine quando capita. 

Alla quarta ora la professoressa di inglese ci invita a fare un lavoro di coppia con il nostro compagno di classe: dobbiamo simulare un colloquio in una agenzia turistica. - Hey Linsday, siamo in coppia!- mi fa il mio compagno di banco Elias.
-Grande genio, me lo dovevi dire tu altrimenti non ci arrivavo.- lo punzecchio
-Allora iniziamo a pensare a qualcosa,io sono una capra in inglese.
-Ok, allora ti devo correggere una cosa: "inizia a pensare a qualcosa". Era questa la frase no?- gli dico acida facendogli capire che non sono certamente stupida
-Come vuoi, io sono per lavorare in coppia ma non sono capace se non mi dai un aiuto con l'inglese.- mi fa con degli occhi da cerbiatto che dovrebbero rendermi caritatevole ma mi fanno solo arrabbiare ancora di più.  In ogni caso provo a fare la gentile e alla fine si dimostra meno stupido di quanto credevo e finiamo il lavoro anche abbastanza decentemente entro la fine dell'ora. 

Passa anche l'ultima ora e mi affretto ad andare a prendere l'autobus per tornare  a casa però Elias mi ferma.
-Guarda che devo sbrigarmi altrimenti perdo l'autobus- gli faccio.
-Scusa, non ti voglio trattenere troppo, ti volevo solo dire grazie per inglese e ti volevo chiedere se mi potresti dare delle ripetizioni, pagando ovviamente.-
-Non so, ci penso.- gli rispondo meravigliata della proposta.
-Ok,grazie. Fammi sapere.-
-Va bene.- e me ne vado quasi correndo per prendere il maledetto autobus.
Non mi aspettavo una proposta del genere e non sono molto convinta di Elias però allo stesso tempo sarebbe una buona occasione per guadagnare un po' di soldi senza faticare troppo. Non credo ci penserò troppo, anzi sono quasi sicura di accettare, però voglio tenerlo sulle spine.

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