Capitolo Ventinove
Quando Josh rimette piede nel proprio appartamento, sono passati ormai tre giorni e forse tre giorni a dormire fuori sono troppi. Non ha mentito a Veronica: la prima notte Paolo si trovava a Firenze per lavoro, per cui è rimasto a Palazzo per non dormire solo, è una cosa che odia dormire senza nessuno in quell'enorme letto matrimoniale. Poi è uscito quell'articolo ed è rimasto altre due notti perché Veronica aveva bisogno di lui. Sta rientrando solo adesso e si sente vagamente in colpa, soprattutto perché ha approfittato di quel casino per stare lontano da lui, per stare lontano da Paolo. Non va affatto bene.
«Ehi, sei qui.»
È qui, sì, è tornato. Il volto di Josh si apre spontaneamente in un sorriso non appena individua la figura del suo fidanzato nella penombra dell'appartamento. Possono esserci mille cose che non vanno bene tra di loro, ma la sensazione di benessere che prova ogni volta che lo vede è una delle poche cose che lo rende sicuro di ciò che prova per lui.
«Sono qui.» Chiude la porta con calma e si avvicina piano a Paolo, il sorriso ancora sul volto.
«Come stai?» chiede,
lasciandogli un bacio sulle labbra, senza forzature.
«Bene. Un po' stanco, forse.»
«A chi lo dici.»
«Veronica come sta?»
Josh appoggia la schiena contro la spalliera del divano, lo sguardo sul suo ragazzo.
«Distrutta. È passata dall'essere felicissima per quel bacio alla disperazione più totale. Non hai idea di cosa le stia facendo l'opinione pubblica, per non parlare dei suoi genitori.»
«Lo immagino», risponde Paolo. «È un bel casino.»
«Già. Oltretutto, lei e Cristiano hanno litigato, quindi è ancora più depressa.»
«Mi dispiace.»
Paolo è stato aggiornato di tutti i dettagli della storia tra Veronica e Cristiano sin dall'inizio, Josh non ha tralasciato nulla. È normale che gli abbia raccontato tutto, è il suo compagno, quello con cui ha deciso di trascorrere le sue giornate, la persona più importante per lui. L'uomo della sua vita.
«Come è andato il viaggio a Firenze?»
Gliel'ha già chiesto per telefono, ma vuole farlo anche di persona. Si sono sentiti così poco in questi giorni, ultimamente si sentono troppo poco. Paolo fa una pausa forse troppo lunga.
«Tutto a posto, te l'ho già detto», risponde, sbrigativo, distogliendo lo sguardo da Josh. Quest'ultimo inarca un sopracciglio.
«Va tutto bene?»
Comincia a provare una strana inquietudine. Paolo si sta dirigendo in cucina e decide all'istante di seguirlo.
«Perché non dovrebbe?»
«Non lo so, sei strano.»
«Dio, Josh, che palle, già cominciamo?»
«Stai calmo, la mia era solo una domanda.»
Paolo apre la bocca per ribattere, ma poi probabilmente decide che è meglio non dire nulla. Spalanca il frigorifero, fissando l'interno come se volesse prendere qualcosa, ma non lo fa. Josh continua a guardarlo, senza capire che cosa gli stia passando per la testa. Paolo chiude il frigorifero e si volta verso l'altro. Si guardano negli occhi.
«Non va tutto bene», ammette, infine, dopo qualche secondo di assoluto silenzio.
«Ok», replica Josh, forse in modo stupido, sentendo più freddo. Non ne hanno mai parlato apertamente. Non hanno mai affrontato i loro problemi ad alta voce: si sono sempre nascosti dietro litigi, urla, insulti. Forse è arrivato il momento di parlarne, di risolvere la situazione.
«A Firenze è successa una cosa.»
O forse no. Josh sente il respiro mancargli. Non ha più salivazione.
«Cosa?» chiede solo, la voce che sembra appartenere a un altro. Paolo ha smesso di reggere il suo sguardo. Josh ha già capito la risposta.
«No», sussurra, più a se stesso che a lui. «Non puoi averlo fatto.»
«Non volevo, non ne avevo intenzione, io... Josh, non ha significato niente.»
La voce di Paolo trasuda panico, terrore, è quasi un lamento. Josh non riesce a muoversi.
«Chi è?» domanda, con una voce che non sembra quasi la sua. Non sta urlando, il suo tono è così basso che quasi si fa fatica a sentire. Paolo continua a tenere lo sguardo verso il pavimento.
«Non è importante.»
«Sì che lo è. Uno che lavora con te, lo conosco?»
«Non lo conosci, Josh, per favore, io...»
«Ho il diritto di sapere chi cazzo si è scopato il mio ragazzo!»
Sta urlando. La frustrazione sta venendo fuori tutta insieme, come se stesse esplodendo in un'unica volta. Paolo l'ha tradito. È andato a letto con un altro uomo, con qualcuno che non è lui. La consapevolezza di ciò che è successo sta prendendo possesso di sé e l'unica cosa che riesce a sentire è un dolore cieco. Fa male, tanto, dritto dentro lo stomaco, come non ha mai fatto male prima.
«Mi dispiace.»
«Vaffanculo, Paolo.»
«Josh, ho fatto una cazzata, ma ciò non vuol dire che...»
«Cosa, Paolo? Non vuol dire cosa? Stai cercando di giustificarti per avermi tradito?»
«Sai benissimo che tra di noi non è più come prima. Non dirmi che non ci hai mai pensato anche tu.»
Paolo sostiene il suo sguardo, quasi come se volesse sfidarlo, come se volesse trovare una scusante al suo comportamento. Josh non riesce a credere che stia dicendo sul serio.
«Se ho mai pensato di tradirti?» urla, senza più preoccuparsi di mantenere un contegno. «Sì che ci ho pensato, anzi, la vuoi sapere una cosa? Due settimane ho conosciuto un ragazzo, molto bello, parecchio più di te, che mi ha dato il suo numero e mi ha invitato a chiamarlo. Sono stato tentato dal farlo, ma sai una cosa, Paolo? Non l'ho fatto, non l'ho chiamato, perché io sto con te, da cinque anni ormai. E non fa niente se litighiamo sempre, se stiamo mandando tutto a puttane, se non è più come prima, io non ti ho tradito. E non lo avrei mai fatto.»
Queste parole colpiscono nel segno. Lo sguardo fiero di Paolo si sgretola tutto insieme e Josh è sicuro di aver visto delle lacrime nei suoi occhi.
«Mi dispiace, Josh. Non volevo ferirti.»
«Lo hai già fatto», ribatté, sprezzante. «Erano settimane che mi tormentavo su cosa stesse succedendo, sul perché non parlassimo più, per quale motivo litigassimo ogni giorno. Pensavo fosse colpa mia, che ero io che stavo sbagliando, che non ti davo abbastanza attenzioni, che lavoravo troppo e non stavo mai a casa, che ti stavo facendo soffrire. Stavo facendo soffrire il povero Paolo, perché tanto ho sempre sentito queste due parole: povero Paolo, mai povero Josh. Invece guarda un po', il povero Paolo è quello che ha tradito quello stronzo di Josh.»
«Josh, per favore.»
Non ce la fa più a parlare. Sente un nodo fortissimo alla gola che di certo a breve si trasformerà in lacrime, sente i suoi occhi gonfiarsi. Josh non piange mai, dopotutto è Paolo il più sensibile tra i due.
«Me ne torno da Veronica.» Si volta verso la porta. Ha bisogno di uscire da questa casa, di allontanarsi da quell'uomo, si sente soffocare.
«Josh, ti prego, non te andare, parliamone», prova a trattenerlo l'altro. Josh lo guarda ancora e non gli importa di farsi vedere in lacrime.
«Vuoi parlane ancora? Ma vaffanculo, Paolo!»
«Perdonami, Josh. Lo sai che ti amo, lo sai.»
Anche Paolo ha la voce rotta. Josh afferra la giacca dall'appendiabiti e apre la porta. Non trovò la forza di guardarlo di nuovo.
«Non so proprio un cazzo, invece, Paolo. Soprattutto di te.»
Chiude la porta. Per un lunghissimo secondo sperò che l'uomo che ama la apra e lo implori di rientrare, ma poi comincia a correre lungo le scale, non pensa nemmeno per un attimo di prendere l'ascensore. Raggiunge il portone ed esce fuori, dove l'ormai gelida aria di novembre lo colpisce in pieno volto. Ed è allora che piange, senza ritegno. Si appoggia contro la parete e le lacrime iniziano a scorrere sul suo viso, forti, imperterrite, crudeli. Per la prima volta dopo tanti anni, si sente debole e vulnerabile come non è mai stato. Per la prima volta dopo tanti anni, Josh si sente solo.
Note di Greta ❤️
Il nostro povero Josh 🥺🥺
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