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Capitolo Trentuno

Cristiano

«Che vuol dire che ha la febbre, mamma?»

«Che le faceva male la testa, gliel'ho misurata e ha 38.»

«Vengo subito.»

«Cristiano, non serve.»

«Ma come non serve, mia figlia sta male!»

«Sta dormendo nel suo letto, qui a casa mia, le ho dato una tachipirina e domani mattina starà benissimo. Se vieni qua che fai, la svegli e la porti a casa, con questo freddo?»

«Ho capito, ma...»

«Tanto lo so che sei ancora in Questura. Finisci di lavorare, vai a casa a farti una bella dormita e domattina la vieni a prendere, ok?»

Poso due dita sugli occhi, che mi bruciano per la stanchezza. Annuisco , anche se mia madre non può vedermi.

«D'accordo mamma. Ci vediamo domani. Fammi sapere se sta meglio, ok?»

Riattacco. Ci mancava solo Emma con la febbre. Appoggio la schiena contro la sedia girevole e socchiudo piano gli occhi. La luce artificiale proveniente dal vecchio lampadario attaccato in soffitto mi disturba. Forse è ora di tornare a casa, sono le sette e mezza.

«Posso?»

Non mi sono accorto che qualcuno ha bussato, ma forse Barbara non ha bussato per niente, come suo solito. La guardo, senza muovermi, e la ragazza lo prende come un invito a entrare.

«Che c'è? Stavo per andarmene.»

«Ma se sei ancora seduto.»

«Stavo pensando di alzarmi e poi di andarmene.»

Barbara alza gli occhi al cielo. Si accomoda sulla sedia di fronte alla mia scrivania e prende a fissarmi, come se trovasse molto interessante la mia faccia. Inarco un sopracciglio.

«Quindi?» la incalzo, curioso sì, ma non troppo impaziente di sapere cosa passi per la mente della mia collega. Questa è stata una settimana talmente piena di eventi, che non so quanto reggerei altre notizie.

«C'è una cosa che devi leggere.»

Ecco, appunto. La mia testa fa su e giù, la stanchezza che mi attanaglia le tempie. Mi aspetto un documento o comunque qualcosa un foglio da parte di Barbara, ma la ragazza lei mi porge il suo cellulare.

«Cos'è?»

«Un post su Instagram.»

«Di chi?»

«Di Ludovica Ricci.»

«Ma non è la migliore amica di...» Faccio una pausa, ma Barbara non ha bisogno che continui.

«Sì, è lei, l'amica figa di Veronica.»

Non rispondo. Abbasso gli occhi sullo schermo. La prima cosa che vedo è la foto che accompagna il post, non posso evitarlo. Due ragazze, una mora che ricordo essere Ludovica e una bionda che conosco molto bene. Socchiudo gli occhi, mentre il mio respiro diventa più breve e irregolare. 

«Che roba è, Barbara?» domando, stanco e sconfitto. «Non ho voglia di parlare di Veronica, né di sapere cose che la riguardano»

È stata una settimana infernale. I giornalisti sono stati appostati fuori casa mia per ben tre giorni, assalendomi di domande non appena mettevo il naso fuori casa. Alla fine si sono arresi e si sono decisi a sloggiare, anche perché ho minacciato di portarli tutti in Questura. Ho avuto anche una mezza idea di tirare fuori la pistola, ma poi mi sarei beccato una sfilza di articoli in cui il «nuovo interesse amoroso della Principessa Veronica» veniva dipinto come un violento. Mi sono state offerte cifre astronomiche per un'intervista esclusiva, ma che ho rifiutato categoricamente, nonostante tutto quel denaro fosse molto invitante. 

Da quel che dice mia sorella, tutto il Web è impazzito nel tentativo di scoprire qualcosa in più su di me e chiunque si sente in dovere di condividere quella maledetta foto del bacio, di commentarla, di giudicarla. Persino i compagni di classe di Emma sanno di questa storia e le hanno chiesto se suo padre è veramente il fidanzato della Principessa. La cosa mi ha fatto incazzare molto, ma non posso biasimare dei ragazzini di sei anni, quanto i loro genitori dalla bocca larga. Comunque, sono stati sette giorni terribili, soprattutto per i suoi nervi, mi sento sul punto di crollare. Più di una volta mi sono  ritrovato a pensare come facciano le persone famose a reggere tutto questo stress, ogni giorno, per tutta la vita. Come ha fatto Veronica a non soccombere in venticinque anni?

A Veronica ho tentato di non pensare, in questi giorni. Ho cercato di metterla da parte, di non focalizzarmi su di lei, di allontanarla dalla mia testa come se fosse un'estranea, come se non contasse nulla per me. Come se una settimana fa non fosse successo nulla e tutto questo sia un effetto collaterale di qualcosa che non mi riguarda. Come se quel bacio non ci fosse mai stato, come vorrebbe Veronica. La consapevolezza che si è sentita mi fa male.

«Mi fai il favore di leggere?» continua Barbara, con un tono un po' stizzito. Sbuffo.

«D'accordo.»

Inizio a leggere, senza sapere bene cosa aspettarmi. Non ci capisco niente di Social Network, nonostante i molteplici tentativi di Celeste di farmi iscrivere a Facebook o a Instagram. Non me ne è mai importato nulla di tutta questa roba e nemmeno mi fido molto di ciò che la gente scrive su quei cosi, tuttavia decido di dare retta a Barbara e di leggere quelle righe, cercando di ignorare l'immagine di Veronica. A ogni parola sono sempre più scioccato e perplesso.

«Che significa?» domando, gli occhi che saettano verso Barbara. La ragazza sta sorridendo.

«Che tutti vi amano, caro vicequestore Marconi», commenta la rossa, maliziosa. 

«Ma tutti chi?»

Davvero, non ci sto capendo nulla. Che significa quello che ha scritto Ludovica? In che senso adesso tutti ci amano?

«Il popolo del Web, dei Social, quello che conta in questo momento. Sei passato da essere quello che ha baciato la Principessa Veronica su una terrazza al protagonista di un'avvincente storia d'amore proibita tra l'Erede al Trono e un coraggioso uomo del popolo, difensore della giustizia!»

La fisso, immobile. «Tu hai visto troppi film.»

«No, siete voi che state copiando "Le pagine della nostra vita", avete anche la famiglia contro!»

Gesù. Mi sento più stanco di prima. Riconsegno il telefono a Barbara, sforzandomi di non guardare di nuovo la foto.

«Barbara, stai delirando.»

«Non sto delirando», sbotta, e la sua serietà mi stupisce. «Lo hai letto tu stesso! Ludovica ha dieci milioni di seguaci in tutto il mondo! Il fatto che lei vi supporti è molto importante.»

«Ma importante per chi, Barbara? Non significa niente tutto questo. È solo uno stupido post che non cambia niente.»

«Certo che cambia!»

«Non cambia ciò che conta!»

«Ossia ciò che pensa Veronica?»

Non dico nulla. Osservo Barbara e il suo sguardo fiducioso mi fa quasi sorridere. Ha davvero creduto che tra me e Veronica potesse esserci qualcosa, sin dall'inizio, come se tra noi due potesse e possa essere semplice. Come se una Principessa e un poliziotto potessero amarsi.

«Non mi va di parlarne», è l'unica cosa che riesco a pronunciare. Spero che il tono che ho usato basti per concludere la conversazione, ma non è ciò che pensa il viceispettore Franchi.

«Perché non la chiami?» domanda, estremamente seria, mentre io mi alzo dalla mia scrivania. La fisso.

«Tu ti droghi», sentenzio. 

«E tu sei così maledettamente orgoglioso.»

Possibile che non capisca? Non è una questione di orgoglio, è una questione di ovvietà. È palese che non abbia senso il solo pensare di chiamarla: Veronica mi ha espressamente detto che si è pentita di quel bacio e non serve a niente chiamarla, cercare di risolvere la situazione, illudersi. Afferro giacca e il cellulare, e mi dirigo verso la porta. Barbara comprende. Si alza anche lei e si avvia verso l'uscita dell'ufficio.

«Me ne vado a casa, Barbara. Buonanotte.»

«Fai come ti pare. Comunque l'ho condiviso questo post.»

«Cosa hai fatto?»

«L'ho postato sul mio Profilo Facebook e ho commentato con #isupportverano

«Mi spieghi che c'entra il cimitero?»

La mia migliore amica alza gli occhi al cielo e, non contenta, mi dà un pugno sul braccio. 

«Il cimitero? Ma sei scemo? Verano è l'unione dei vostri nomi Veronica più Cristiano, Ver più ano, Verano! Semplice!»

«Ci chiamiamo come il cimitero più grande di Roma?!»

«Eh, mica è colpa mia se avete questi nomi.»

«Buonanotte, Barbara»

«Buonanotte, Cri. Pensaci!»

Già, pensaci. La guardo allontanarsi lungo il corridoio che da dieci anni è ormai casa nostra, tra le pareti di questa Questura in cui trascorriamo più tempo che a casa nostra e con i nostri cari. Sono quasi le otto e i colleghi del turno serale stanno arrivando per prendere il nostro posto. È stata una giornata tranquilla alla Questura del Quirinale, a parte qualche denuncia non c'è stato alcun evento spiacevole, fatta eccezione per un paio di giornalisti che ancora non demordono. Salgo in macchina, e quasi quasi passo a casa di mia madre, per controllare come sta Emma, ma forse è meglio di no, probabilmente sta dormendo e sarebbe tutto inutile. Mi fido ciecamente di mia madre, si prende cura della mia bambina in modo eccellente, da sempre. Ingrano la marcia e prendo la strada verso il mio appartamento, indeciso se fermarmi a comprare qualcosa da mangiare, ma poi mi ricordo della pizza avanzata ad Emma che giace in frigo. Cenerò in fretta e proverò ad andare a dormire presto. Ho bisogno di qualche ora di sonno, per recuperare quella settimana sfiancante. Cercherò di rilassarmi, magari con un bicchiere di vino e l'ennesima sigaretta. 

Note di Greta

Preparatevi, perché il prossimo capitolo sarà una bomba!

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