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Capitolo Sette

Veronica

Non sono passati nemmeno dieci minuti da quando il vicequestore Marconi è andato via, che viene annunciata un'altra visita per la Principessa Veronica. Sento le voci acute di Ludovica e Sienna. Sono finalmente tornate da Formentera e Ibiza.

«Principessa!»                                                  

«Ci sei mancata così tanto, non puoi immaginare quanto!»

Oh, sì che posso immaginarlo. Mi ritrovo le mie amiche addosso, che mi abbracciano forte, forse troppo. Sento una fitta alla spalla e mi lascio scappare un lamento involontario.

«Ti abbiamo fatto male?»

Ludovica si stacca dal mio povero corpo martoriato e mi guarda con preoccupazione. Scuoto la testa e incurvo le labbra in un sorriso.

«Tranquille, tutto a posto.»

Sienna mi accarezza il viso.
«Ci dispiace così tanto per quello che è successo, tesoro.»

«Saremmo tornate subito, ma ormai eravamo lì....»

«Poi abbiamo chiamato e tu stavi bene.»

«Insomma, non ci odi vero?»

Guardo entrambe, così diverse, così ugualmente belle. Odiare, che brutta parola. Non sono mai riuscita a odiare nessuno in vita mia, non che non ci abbia provato. Ricorda ancora i brutti scherzi che mi faceva mia cugina Alessandra quando eravamo piccole, quella strega. Ciononostante, non sono mai riuscita a odiarla. Può starmi antipatica, posso non amare trascorrere del tempo con lei, ma no, non l'ho mai odiata. Come non odio le mie migliore amiche per non essere ripartite all'istante da Ibiza per correre al mio capezzale. Non potrei mai farlo.

«Ma no che non vi odio.»

Sorrido di nuovo, ma non posso negare di metterci un po' di forza. Certo, non posso negare che preferirei di gran lunga che le mie amiche fossero tornate per starmi vicino nel brutto momento che ho passato. Ma loro, in fin dei conti, sono fatte così.

«Beh, hai ancora visto la nostra sorpresa, no?» Ludovica salta in piedi e indica la decina di buste che ha con sé. «Ti abbiamo portato dei regali meravigliosi!»

Sanno sempre come farsi perdonare. Vestiti, gioielli, souvenir dalle forme poco pudiche, scarpe bizzarre troppo colorate, addirittura una Louis Vuitton.

«L'ho trovata a un prezzo stracciato!» Come se Sienna, con tutti i soldi che guadagna sua madre, avesse bisogno di trovare delle borse a poco prezzo.

Malgrado tutto, apprezzo i regali delle mie amiche. È il loro modo di dimostrarmi che mi vogliono bene. Hanno degli ottimi gusti, non a caso Ludovica è una fashion icon, come ama definirsi. Ciò che possiede di più prezioso è il suo infinito guardaroba, composto da abiti di ogni genere, epoca, stile. Il suo profilo Instagram viene aggiornato ogni giorno e il suo fashion blog è il più seguito d'Europa, anche se lei punta all'America. Sienna, al contrario, non è troppo ossessionata dai vestiti, ma ha la passione per il make-up e non esce mai di casa aver trascorso almeno mezz'ora a truccarsi.

Sono consapevole di essere diversa da loro. Lo leggo quotidianamente nei loro occhi: le mie amiche sono libere. Libere di uscire, di andare ovunque vogliano, di partire per Formentera, di progettare il loro futuro, di mettersi a fare le fashion blogger, di indossare un top arancione e andare in giro in bikini. Loro possono. Io no. E allora non le odio più, semplicemente le invidio.

«Grazie, amiche.»

Ludovica e Sienna si stringono nelle spalle, avvicinandosi di nuovo.

«Si sa qualcosa? Dell'attentatore, intendo.» chiede la prima, una nota di troppo di agitazione nella voce. Scuoto la testa.

«Niente di niente. La polizia sta indagando, ma chissà. Secondo me non lo troveranno mai.»

«Ottimista come sempre, Altezza.»

«Sono solo realista.»

Stiamo zitte per qualche secondo, poi noto che Sienna mi sta guardando con una luce negli occhi che non promette niente di buono.

«Senti, la tua spalla è in grado di venire a ballare?»

Appunto. Alzo le sopracciglia. «A ballare?»

«Abbiamo preso il tavolo all'Empire per venerdì sera!» rincara la dose Ludovica. Ok, le mie amiche hanno bevuto troppo in Spagna e adesso stanno dando i numeri.

«Ragazze, mi hanno appena sparato, non posso andare a ballare», cerco di farle ragionare, ma loro cominciano a lamentarsi.

«Mancano tre giorni, hai tutto il tempo per rimetterti completamente», continua Sienna.

«Non puoi dire di no, ci hai già dato buca per Formentera!»

Come se fosse stata colpa mia!

«Dai, non farti pregare.»

Non rispondo. Dio, quanta voglia ho di andare a ballare, non metto piede in una discoteca da una vita. Poi l'Empire è sempre stato il nostro posto. Guardo le facce speranzose ed eccitate delle mie amiche e mi torna in mente quella del vicequestore Marconi. Il buon senso mi dice di rifiutare: devo stare attenta a non mettermi troppo in mostra, ne va della sua vita. Dopotutto, però, cosa potrà mai succedermi di brutto in discoteca?

«E va bene!» esclamo, un fremito di eccitazione che mi attraversa. Le mie amiche urlano dalla gioia. Mi faccio stringere di nuovo e mi rendo conto di dover avvertire Josh. Penso che sarà proprio contento di andare in discoteca.

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