Capitolo Quattro
Veronica
De Monarchia, 25 settembre 2021
Niente nuove, buone nuove! È l'unica cosa che possiamo pensare, dato che nessun comunicato è stato rilasciato dal Palazzo del Quirinale riguardo le condizioni di salute della Principessa Veronica. Si sa solo che la giovane erede al trono d'Italia ha lasciato il Policlinico Gemelli dove era ricoverata sulle sue gambe, quindi le indiscrezioni sul fatto che la sua fosse una ferita marginale sembrano confermate.
Nessuna notizia nemmeno dalla Questura di Roma, che sta portando avanti le indagini riguardo l'attacco alla Principessa, anche se sembra che sia stata esclusa la pista del terrorismo e che si cerchi un soggetto isolato. Nel frattempo, parole di incoraggiamento e di augurio di pronta guarigione sono arrivate da tutto il mondo, persino da Buckingham Palace e dal Duca di Birmingham Alfred, ex storico della Principessa. Che ci sia una possibilità per i due di tornare insieme e di rivedere finalmente un matrimonio reale in Italia?
Non c'è niente di più noioso al mondo dello starsene immobile al letto, costretta a riposarsi, senza poter camminare, fare movimenti bruschi, addirittura respirare troppo forte.
Nemmeno le lunghe sedute del Parlamento alle quali sono stata costretta a partecipare sono state così noiose, anche perché quelle prima o poi finiscono, quest'agonia sembra non finire mai. Non so più libri leggere, che serie tv guardare, sono riuscita addirittura a rivedere da capo tutti gli otto film della saga di Harry Potter e sto pensando di ricominciare quella degli Avengers. Voglio solo abbandonare questo letto, non ce la faccio più. E sono passati solo tre giorni.
«Altezza, fate piano!»
Uccidere la propria servitù con quanti anni di reclusione è punito? Devo documentarmi, sicuramente un mio antenato ha scritto un Decreto Regio a riguardo. Voglio bene ad Amelia, ma se non la smette di essere così apprensiva, la strozzo.
«Lo so che vi annoiate, ma vostra madre ha detto che...»
«Lo so che ha detto mia madre!» Il mio urlo fa sobbalzare la povera cameriera, ma non mi importa. «Non ce la faccio più a stare stesa su questo letto. Voglio alzarmi, voglio prendere un po' d'aria, voglio fumarmi una sigaretta, cazzo!»
Mi taccio. Ecco, ho appena detto una parolaccia davanti alla servitù. Amelia non si scompone.
«A breve sarà tutto finito. È per il vostro bene, Altezza, lo sapete.»
Sì, lo so, ma tutto ciò è snervante. Annuisco, sconfitta, mentre la donna accenna un sorriso. Mi sono affezionata ad Amelia, nonostante lavori per la Famiglia Reale da solo un anno. Ha trentadue anni, un figlio adorabile di cinque che cresce da sola ed è molto brava nel suo lavoro. So di poter contare su di lei e sulla sua discrezione ogni volta che ne ho bisogno.
«Volete che vi porti una tisana o qualcosa da mangiare?» Il tono dolce e materno che è solita utilizzare cozza un po' con la sua giovane età. Scuoto la testa.
«No, grazie.» Mi sta venendo la nausea da noia, ci manca solo che mangi o beva qualcosa.
«Allora torno tra poco. Per qualsiasi cosa, chiamatemi.»
La cameriera si china in una riverenza ed esce. Sono di nuovo sola.
«Che palle!»
Non mi rendo conto che Amelia ha lasciato la porta aperta.
«Ancora con queste parolacce?»
È soltanto Josh. Lo guardo entrare, con il suo solito completo nero, ma stavolta non porta né auricolare, né occhiali da sole. Sta entrando nella mia camera come amico, non come guardia del corpo.
«Ciao.»
Ride. Il mio tono annoiato e le mie disavventure devono farlo divertire molto. Il biondo si avvicina al mio letto, accomodandosi sulla sedia che di solito veniva occupata da mia madre. È una presenza molto più piacevole.
«Ti annoi, eh?»
«È così evidente?»
Ecco perché mi piace Josh. Non ha peli sulla lingua, dice sempre quello che pensa e riesce sempre a capire cosa le passa per la testa. Pensare che all'inizio mi stava anche antipatico quell'ex poliziotto che si è fatto cacciare perché troppo indisciplinato. Sorrido, un po' più contenta, quando il mio amico mi stringe piano la mano, in un inconsueto gesto d'affetto.
«Ti saluta Paolo, dice che passerà presto a trovarti.»
«Ringrazialo. Come sta?»
Josh esita un secondo di troppo. «Tutto bene, il solito.»
La risposta tardiva mi fa capire che c'è qualcosa che non va. Stringo gli occhi. Lo ha fatto di nuovo.
«Che cosa hai combinato?»
Josh distoglie lo sguardo.
«Niente.»
«Cosa hai fatto a quel santo del tuo fidanzato?»
Ho usato lo stesso tono di mia madre quando vuole far confessare alle domestiche di essersi dimenticate di pulire sotto i mobili. Josh sbuffa.
«Io non gli ho fatto proprio niente. È lui che ha ricominciato con quella storia...»
«Quale storia?»
«Lo sai quale storia.»
Ah, giusto, la storia. Roteo gli occhi. Sul serio ancora ne stanno discutendo? Sto per rispondere con un paio di insulti studiati, quando lui mi anticipa.
«Comunque è colpa di tuo padre.»
Inarco un sopracciglio. «Che c'entra mio padre?»
«Con questa cosa del matrimonio egualitario per i gay. È proprio questo il bello di essere gay, puoi fare quello che ti pare senza il bisogno di sposarti e senza il problema dei figli.»
«Lo sai che in Parlamento si sta discutendo un disegno di legge per permettere alle coppie omosessuali di adottare dei bambini?»
«Allora Paolo oltre a volermi sposare comincerà a rompere che vuole un bambino. Cosa ho fatto di male?»
Reprimo l'impulso di lanciargli il telecomando in testa. Mi limito a dargli una spinta e mi becco una fitta alla spalla ancora ferita.
«Sei un idiota.»
«Io?»
«Sì, tu! Paolo è un ragazzo meraviglioso, che ti ama da morire e tu non lo apprezzi.»
«Guarda che io lo apprezzo.»
Sembra quasi offeso, poverino.
«E lo amo da impazzire anche io, ma non vedo tutta questa fretta di sposarci. Io ho trent'anni, lui trentatré, abbiamo tutta la vita, se proprio dobbiamo.»
Con Josh è impossibile discutere. Giosuè Ferrante detto Josh è un ragazzo di Roma che prima di mettersi con il suo attuale compagno Paolo, un ingegnere di tutto rispetto, non ha mai avuto un ragazzo vero e si è portato a letto la maggior parte della comunità gay della capitale, e non solo. Ha solo, come ama ripetere, "scopato allegramente in giro", senza immischiarsi in un alcun rapporto in cui potessero entrare in gioco i sentimenti. Stanno insieme da quasi cinque anni, si sono conosciuti poco dopo che Josh ha cominciato a lavorare a Palazzo, e convivono da due. Sono la coppia più affiatata che io conosca, sebbene i loro caratteri non c'entrino nulla l'uno con l'altro. Josh è uno scapestrato di natura. Uno a cui piacciono le cose pericolose, le pistole, fare a botte, andare allo stadio, giocare a calcio, fare tardi in discoteca, ubriacarsi e tornare a casa alle sei di mattina. Paolo, invece, è un ragazzo molto sulle sue, studioso, intelligente, colto, uno che preferisce restare sul divano a leggere un buon libro piuttosto che trascorrere una serata in un locale, uno che non è molto portato per gli sport e che odia visceralmente le discoteche.
Josh e Paolo sono gli opposti, ma forse proprio per questo si sono ritrovati. Peccato che il sogno di Paolo sia sempre stato quello di costruire una famiglia con l'uomo che ama, mentre l'altro sembra lontano anni luce da questo pensiero.
«Senti, Veronica», riprende Josh, dopo un momento di silenzio in cui ho evitato di insistere. «Probabilmente starò con Paolo per tutta la vita, ma non mi sento pronto a sposarlo, d'accordo? Non posso farci nulla e lui non vuole capirlo.»
Lo guardo con intensità. È palese che sia profondamente innamorato di lui. Gli stringo la mano, come lui prima con me.
«Senti, ma tu queste cose gliele hai dette? O hai cominciato a urlare come al solito?»
Mi basta guardarlo per conoscere la risposta.
«Ho cominciato a urlare come al solito.»
«Allora perché non vai a casa, gli chiedi scusa e ne parlate con calma? Non ho bisogno di una guardia del corpo, al momento, sono bloccata in questo enorme letto.»
L'accenno di un sorriso si disegna sulle labbra di Josh. Gli fa sempre bene parlare con me, come a me fa bene parlare con lui.
«Si sa qualcosa di quel folle che ti ha sparato»? cambia discorso, e forse è meglio così.
Sento di nuovo salire un forte fastidio lungo l'esofago, come ogni volta che ripenso a questa storia. «Niente di niente. Mi ha sparato ed è riuscito a scappare indisturbato. Ti pare normale?»
È impensabile che nessuno sia riuscito ad acciuffarlo, ma dico, la polizia e i carabinieri per che cosa vengono pagati, in questo Paese?
«Vedrai che lo troveranno, dai», prova a consolarmi Josh, ma io non sono nel mood.
«Non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi spostato,» mormoro, «a quest'ora sarei già al Verano, altrimenti.»
«In realtà l'ho fatto per me.»
Lo fisso, perplessa.
«Se avessi fatto morire l'erede al trono avrei trascorso il resto della mia esistenza nelle segrete del Palazzo e non sarebbe stata una bella prospettiva.»
Sono indecisa se mandarlo a quel paese, ma mi limito a scoppiare a ridere. Mi sento meglio, meno annoiata di prima. Ringraziando il cielo esiste Josh, in quanto quelle che dovrebbero definirsi le mie migliori amiche non sono ancora tornate a Roma. Certo, mi hanno chiesto come sto e si sono preoccupate della mia salute, ma, non appena appurato che sto bene, Sienna e Ludovica hanno deciso di completare la loro vacanza, da cui torneranno solo tra due giorni.
Non me la sono presa più di tanto: ormai ho imparato a conoscerle entrambe. Prima vengono loro e la loro felicità, poi il resto del mondo.
«Il poliziotto si è fatto vivo? Per darti qualche notizia?»
Scrollo le spalle. «No. Tanto non lo troveranno, io mi sorbirò mio padre che aumenterà la mia sicurezza e non potrò più nemmeno mettere il naso fuori dal Palazzo.»
«Però almeno è figo.»
Josh ride della propria affermazione. Inarco un sopracciglio.
«L'hai detto sul serio?»
«Ma lo hai visto? Quando ero io un poliziotto, i miei colleghi erano tutti dei vecchi obesi. Questo sembra uscito da una serie tv.»
Figo, come no. Cioè, non voglio dire che sia brutto, però non mi sembra figo. Quando ci siamo incontrati in ospedale, l'unica cosa che ha suscitato in me è stata rabbia e avvilimento. Se ripenso a come si è comportato mi viene voglia di denunciarlo. Sono passati tre giorni e non si è fatto vivo, non si sa ancora niente su chi mi ha sparato. Mi domando se quel Marconi stia indagando sul serio o se sia stata tutta scena, la sua.
«È soltanto un cafone», concludo, ponendo fine alla discussione.
Josh ride ancora. «Mica si può avere tutto dalla vita.»
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