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14. Proposta


Giugno 1820, Isola di Montecristo


Quando ripresi coscienza, i capelli lunghi e morbidi di Torchio mi stavano solleticando il viso e il collo.

Sbarrai gli occhi, spaventata da quell'improvvisa vicinanza e lo sciamano mi sorrise.

«Ben svegliata», esclamò, allontanandosi abbastanza da far calmare il mio cuore, che mi batteva furiosa in petto.

Ero sul punto di chiedere cosa fosse successo e magari di indispettirmi per quel risveglio brusco, ma il ricordo della grotta e dell'accesa conversazione col capitano David mi fecero arrossire vistosamente e le lamentele mi rimasero incastrate in gola.

«È un bene che Damiano vi abbia trovato, ci sono vipere particolarmente velenose su quest'isola», disse Torchio, prima di porgermi un bicchiere d'acqua.

La mia gola riarsa dalla sete gioì a quella vista e non feci complimenti, bevendo talmente in fretta da farmi andare di traverso l'acqua.

Tossii, colpendomi leggermente il petto e, una volta ripresami, notai il disappunto nello sguardo dello sciamano: «Volete forse porre fine alla vostra vita?»

Scossi la testa, imbarazzata e solo in quell'istante mi resi conto di essere nella mia stanza-prigione e di non indossare più il mio abito celeste, ma soltanto la biancheria.

Mi coprii fino al collo con le coperte e osservai con sguardo confuso e allucinato, come un cervo sospeso dai cacciatori, il volto di Torchio: «Dov'è il mio vestito?»

Lo sciamano sorrise: «Damiano ve l'ha tolto, spera che in biancheria intima siate meno avventurosa».

Sentii le guance bruciarmi e le labbra mi si strinsero in una linea sottile: «Dov'è il capitano? Desidero parlare con lui all'istante!», esclamai con voce alterata.

Torchio, con un'espressione divertita, mal celata dai lunghi capelli scuri, s'inchinò brevemente: «Come Vossignoria comanda».

Avrei voluto colpirlo per la sfacciataggine con cui mi stava prendendo in giro, ma lo sciamano uscì dalla mia prigione prima che potessi avere alcun tipo di reazione.

Una volta sola, cercai di riportare ad un ritmo normale il mio respiro reso irregolare dal nervosismo e ripensai alla conversazione avuta col capitano David.

Non mi ero aspettata da un uomo vile come lui la pazienza e attenzione necessaria a capire il mio sconforto e la mia sofferenza; eppure, quando gli avevo confessato il mio più grande desiderio — quello di essere una donna libera — mi aveva ascoltata. Forse non mi aveva preso sul serio inizialmente, ma ero certa di aver scalfito in qualche modo la rude indifferenza del capitano nei miei confronti.

Sentii il mio stomaco brontolare per la fame e mi portai istintivamente una mano all'altezza della pancia, premendo leggermente.

Forse avrei dovuto chiedere a Torchio del cibo, piuttosto di mandarlo a chiamare il capitano David, ma ormai era troppo tardi per pentirsi.

La porta della mia prigione si aprì e sulla soglia riconobbi immediatamente la silhouette del mio rapitore.

Il capitano si era cambiato d'abito dal nostro ultimo incontro e indossava dei pantaloni alla zuava marroni e una camicia bianco-giallognola, che gli cadeva larga sul corpo snello. I capelli erano sciolti e gli ricadevano in modeste onde sulle spalle, facendomi provare il forte desiderio di affondarvi le mani.

«Caterina, vedo che vi siete svegliata, Torchio dice che volete parlarmi».

Annuii, poi un improvviso borbottio del mio stomaco mi ricordò di aver mangiato poco o nulla nelle ultime ventiquattr'ore e arrossii: «Potrei avere qualcosa da mangiare?»

Prima di richiudersi la porta della mia cella alle spalle, il capitano urlò a un pirata di passaggio di portare il prima possibile del cibo.

«Vi ringrazio», dissi, facendo mostra delle mie buone maniere, poi il sorriso mi si congelò sulle labbra: «Ora, se non vi dispiace, gradirei riavere il mio abito».

«Sono spiacente, Caterina, ma non sarà possibile», rispose, avvicinandosi al mio letto con ampie falcate.

«Perché no?», chiesi, nel tono di voce una punta di panico che non riuscii a celare.

Il capitano si sedette sul letto, puntellando una mano pericolosamente vicino al mio fianco destro: «Perché sono stanco di rincorrervi, Caterina, e fino a quando non saremo giunti ad un accordo, avrò la certezza che non proverete nuovamente a compiere qualche sciocco gesto eroico».

«Accordo?», domandai, la voce strozzata dall'apprensione.

«Sì, accordo, per la vostra libertà, Caterina. Vi siete forse dimenticata la nostra conversazione? O avete magari cambiato idea riguardo a quanto sareste risposta a perdere in nome della libertà?»

Deglutii rumorosamente e strinsi con forza le mani intorno alla coperta che copriva il mio corpo dagli occhi rapaci del mio rapitore: «Non ho dimenticato e non ho nemmeno cambiato idea».

Il volto del capitano si avvicinò pericolosamente al mio e, avvolta dall'odore unico della sua pelle, ammaliata dai suoi occhi caldi, sospirai, sentendo chiaramente i miei capezzoli turgidi sfregare contro il materiale leggero della coperta.

«Quindi, Caterina, una volta che avrete ottenuto la vostra libertà, cosa pensate di fare?», chiese, le dita ruvide che accarezzavano con dolcezza la mia guancia: «Come pensate di sostentarvi?»

Abbassai lo sguardo sulle labbra seducenti del capitano, distratta dalla sua vicinanza e dall'attrazione fisica, che non riuscivo a contrastare come avrei voluto.

«Se vi proponessi di riscattare la vostra libertà unendovi a me e alla mia ciurma? Vi piacerebbe essere una pirata e solcare i mari, vivendo mille avventure?»

Socchiusi le labbra e rimasi senza fiato per un paio di secondi, mentre valutavo la generosa offerta del capitano David.

Possibile che il mio rapitore mi stesse davvero proponendo di entrare a far parte della sua ciurma?

Temevo che potesse esserci un trabocchetto e studiai il volto e gli occhi del capitano con attenzione, alla ricerca di qualsiasi tipo di segnale che potesse indicare la veridicità o meno delle sue parole.

«Siete serio?», sussurrai, le labbra distese nel principio di un sorriso: «Volete che mi unisca alla vostra ciurma?»

Le dita del capitano continuarono a sfiorare con conturbante dolcezza la mia guancia, poi annuì: «Ho capito fin dal primo istante che vi ho vista che la vostra vita vi stava troppo stretta, ma non pensavo che foste tanto ostinata e coraggiosa da poter essere un degno membro della mia ciurma».

«Cosa vi ha fatto cambiare idea?», chiesi, il cuore che mi batteva come un forsennato nel petto.

«Il vostro ardore, la vostra ricerca della libertà... Ogni pirata possiede dentro di sé lo stesso fuoco inestinguibile che avete voi, Caterina», disse il capitano, un sorriso audace sulle labbra sottili.

La porta della mia prigione si aprì e un giovane poco vestito con un orecchino dorato al naso e una chioma indomabile di ricci neri entrò con in mano un piatto e un bicchiere d'acqua.

«È arrivato il vostro pasto, rifocillatevi, tornerò più tardi a vedere come state e mi darete una risposta», disse il capitano, alzandosi.

La sua improvvisa lontananza mi dispiacque, poi notai lo sguardo indagatore del pirata appena entrato e arrossii al pensiero dell'intimità, tra me e il capitano, a cui aveva assistito.

Una volta sola, mangiai con voracità quello che mi era stato portato, non riuscendo a pensare ad altro che alla generosa offerta del capitano e a come l'idea di solcare i mari con lui mi provocasse una fitta d'impazienza nello stomaco e il batticuore.



***

Buongiorno popolo di Wattpad!

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa ne pensate!

Caterina e Damiano sembrano essere giunti ad un possibile compromesso, che permetterebbe alla nostra protagonista di diventare una donna libera e di vivere numerose avventure... troppo bello per essere vero?

Lo scopriremo nelle prossime settimane...

Volevo dirvi una cosa importante: nelle prossime settimane sono possibili ritardi nella pubblicazione delle mie storie, mi scuso in anticipo se dovessero esserci problemi di qualsiasi tipo e mi auguro che possiate essere comprensiv*.

Un bacio,

LazySoul_EFP

P.s. Vi ricordo che potete trovarmi anche su Instagram, il nome dell'account è lazysoul_efp!

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