Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Il mago di Natale

Ecco a voi la sorpresa di Natale!!! Spero vi piaccia perché è bello lungo!! L'altra storia è un "Amore a Natale". Buone feste a tutti!!!! Baci, Elisha Pen.

Non poteva capitare qualcosa di peggiore di questo. Serrai i denti irritata mentre fissavo il mio piatto.
-Allora, Jack. Come va con il lavoro?- chiese mio padre al signor Brown. Papà era un uomo ultraquarantenne slanciato con un'accennata calvizia.
-Benone come sempre. La ditta va a gonfie vele, anzi, anche di più- rispose e io di sottecchi guardai suo figlio. Un ragazzo alto castano, con un sorriso presuntuoso stampato in faccia, mi stava fissando con occhi maliziosi. Gli diedi un'occhiata fulminante. Col cavolo che era bello. Non sapevo cosa diavolo dicessero le mie compagne di classe ma di certo idiota lo era.
-Ho sentito che vostro figlio ha ricevuto una borsa di studio- disse poi mia madre. Snella e bella, aveva una voce melodiosa e degli occhi meravigliosi. Stentavo a credere che quella donna fosse mia madre, non riuscivo a trovare qualche somiglianza tra me e lei. Io ero bionda con alcune mesches azzurre, ero magra e alta quanto bastava ma non mi potevo definirmi una bellezza rispetto a mia madre.
-Sì, non è incredibile? Siamo così orgogliosi del nostro Richard, è un ragazzo così bravo ed educato- disse con aria sognante la signora Brown, una donna magrissima soffocata in un tailleur rosso. Io cercai di non fare una smorfia. Richard Brown era il peggior essere della Terra e sfortunatamente era il mio vicino. Era il solito ragazzo bello e popolare, e per me era anche il solito idiota. Mi aveva bersagliata fin dal primo giorno perché in diverse occasioni ero riuscita a umiliarlo pubblicamente. Stupidi come lui ne esistevano tanti, ma lui era una stupido molto furbo. E in quel momento dovevo sopportare la sua presenza soffocante.
-Forse un giorno Richard potrebbe aiutare Molly in geografia- disse poi mia madre. Io quasi mi strozzai con il pollo di traverso. Fissai Richard che fece un sorriso anche più largo. E crudele.
-Ma certamente, signora Jonhson. Sarebbe un piacere aiutarla- disse ruffiano lui e io decisi che appena finita la cena mi sarei messa a studiare geografia e poi gli avrei lanciato il libro in faccia.
-Non ne ho bisogno- risposi secca e mia madre mi guardò male. Io non cercai nemmeno di rimediare e continuai a mangiare il mio pollo. Richard non si scompose e, anzi, continuò a sorridere serafico. Quanto lo odiavo.
La cena continuò con le chiacchiere degli adulti e allo stesso tempo io e Richard ci lanciavamo sguardi di sfida. A volte lui mi faceva linguaccia e io come in risposta gli davo calci sotto il tavolo. Forse dopo la cena non avrebbe avuto così tanta voglia di farmi da tutore. Sentii il mio cellulare ricevere un messaggio da whatsapp. Presi di nascosto il cellulare sotto il tavolo.
Julie mi chiedeva come me la stessi passando. Male. Molto male. Lei mi chiese il perché. Avere davanti a te Richard era un sogno... per Julie. Per me faceva piuttosto vomitare. Lei se ne era innamorata fin dal primo momento, anche se sapeva che lui era un cretino patentato. Non ne valeva la pena le dicevo sempre ma lei non mi ascoltava. La cena si prolungò fino alle nove. Saltellai letteralmente di gioia quando la famiglia Brown passò dalla porta per uscire. Era finita. Finalmente finita.
-Molly- mi chiamò mia madre. Io andai verso di lei riluttante.
-Sì, che c'è?- chiesi. Mia madre aveva un'aria severa. Papà, invece, aveva accesso la TV ignorandoci.
-Il tuo comportamento di questa sera non mi è piaciuto. Un ragazzo così carino e gentile ti offre il suo aiuto e tu cosa fai? Lo scarti. Almeno rifiuta educatamente- mi rimproverò lei. Carino e gentile? Sicuramente non aveva visto Richard a scuola.
-Mamma, quel ragazzo "carino e gentile" è in realtà uno sbruffone. Non sai cosa fa a scuola!-
Questa volta mia madre mi incenerì con lo sguardo.
-Non accetto che sparli così di Richard! In tutti questi anni la famiglia Brown non ci ha mai dato fastidio e ci hanno persino dato dei regali. Dovresti pensare seriamente sul tuo comportamento verso quel ragazzo- mi disse. Inarcai un sopracciglio.
-Hai finito?-
-Fila in camera- mi sibilò e me ne andai nella mia stanza. Me ne sarei andata comunque. Mi buttai subito nel mio letto ricoperto da un piumino rosso. Le pareti viola erano ricoperte da poster degli Evanescene e di Avril Lavigne.
Vidi da lontano alcune luci delle decorazioni di Natale dei vicini. Anche i miei avevano avuto la grande idea di appendere le luci sul tetto. Che inutilità. Era uno spreco. Tutte scuse per vendere. Anche Babbo Natale era solo una storiella per piacere ai bambini. Anche io ci aveva creduto fino a tredici anni. Un'età un po' tardiva ma non riuscivo ancora ad accettarlo. Che consegnasse i regali in una sola notte, che la sua slitta fosse trainate da delle renne... mi ero bevuta tutto, senza dubbi. Io ci avevo creduto e basta. Mi ero appesa a questa cosa fino agli inizi della mia adolescenza. Fino a quando i miei genitori me lo avevano detto.
Mi dispiace piccola mia, ma Babbo Natale non esiste...
Avevo preso uno shock. Dopo mi ero rifiutata categoricamente di far parte della festa di Natale. Avevo smesso a credere, sopratutto. Credere in chiunque, perfino nei miei genitori e in Julie. Non era giusto trattarli così ma non mi avevano lasciato scelta. In certe occasioni pensavo a Julie che mi sparlava alle spalle anche se non avevo prove concrete. Era la mia unica e sola amica. Per tutti ero una psicopatica e insopportabile ragazza che l'unica frase che sapesse dire era "Non me ne frega". Ma io mi sentivo sola. Detestavo capire di essere stata mentita, tradita, e di aver creduto in una cosa che nemmeno esisteva.
Presi quasi con rabbia il mio mp3 e mi infilai nel letto senza nemmeno togliermi i leggins e il maglione. Alzai al massimo la musica. Subito la mia mente si svuotò, facendola occupare il sottofondo di chitarra della canzone di "What the hell". Già. Anch'io avevo una voglia matta di dire a tutto il mondo al diavolo.
Sbadigliai. Poco a poco mi addormentavo. Mi lasciai trasportare dai soliti pensieri come la mai stupida scuola, l'idiota che avevo appena ospitato a casa mia, Julie e la poca fede che avevo in lei.
L'ultimo pensiero fu che quel giorno era il 23 dicembre.

***

Un rumore insolito mi fece svegliare di colpo. Lo avevo sempre detto di avere un udito fino. Stropicciai gli occhi. Risentii un altro rumore di passi trattenuti. La paura si impossessò di me. Guardai l'orologio sul mio comodino. Le una di mattina. Quale persona sana di mente si svegliava all'una? Tesi l'orecchio. Ci fu di nuovo quel rumore. Un ladro, pensai subito. Mi alzai di scatto e mi misi le scarpe. Nessuno, nemmeno uno stupido ladro da quattro soldi poteva invadere senza permesso lo spazio di casa Jonhson. Uscii guardinga e camminai con passo felpato. Mi sembrava di essere una spia della CIA in missione. Incontrai l'accogliente corridoio con le foto mie e dei miei genitori appesi sul muro, le cianfrusaglie sparse per terra, le decorazioni di Natale sospese sul soffitto e il lungo pavimento rosso. Sentii ancora più forte il rumore: proveniva dal salotto. Andai prima in cucina e presi la prima cosa che c'era sotto la mia mano. Mi accorsi poi di aver preso una padella. Un bel colpo alla testa e il ladruncolo che aveva osato mettere piede in casa mia avrebbe visto le stelle. Sicura di me, andai in salotto.
C'erano le poltrone rosse all'angolo, la televisione a fianco e un tappeto che copriva il pavimento con sopra un tavolino di legno. A sinistra vidi l'albero di Natale decorato un po' a caso e lo intravidi di spalle. Indossava una strana maglia rossa con i bordi bianchi, dei pantaloni marroni con un cinturone e degli stivaloni in pelle con la punta arricciata. Aveva i capelli neri ed era decisamente più alto di me e all'apparenza aveva un corpo abbastanza robusto. Non riuscii a vedere il viso perché lo vedevo di dietro. Era accucciato per terra e guardava continuamente la finestra tremante. Divenni perplessa. Chi diavolo era lui? Forse un ragazzo che si era travestito e veniva perseguitato da un branco di bulli? Un rapinatore che si vestiva da folletto per ingannare le persone? Non lo sapevo sinceramente, ma di certo gli avrei tirato la padella. Rimaneva pur sempre uno sconosciuto.
Camminai di soppiatto. Tesi le braccia con la padella in alto, pronta a colpire. Quando fui distante da lui di neanche un metro, tutta la mia decisione sfumò. Il mio respiro annaspò un attimo e lui si girò di scatto. E fu in quel momento che incrociai i suoi occhi: due cristalli azzurri che brillavano di una luce intensa. Aveva lineamenti armoniosi e il naso dritto. Era lungamente più bello di tutti i ragazzi che frequentavano la mia scuola.
Feci cadere la padella. Lui subito cercò di scappare. Ripresa della meraviglia, lo seguii. Lo raggiunsi in due secondi (ero brava a correre) e lo bloccai prima che potesse arrivare alla porta.
-Tu non esci da nessuna parte- gli dissi. Lui preoccupato cercò un'altra uscita. Io mi lanciai letteralmente su di lui e finimmo per cadere. Io ero sopra di lui e il ragazzo sembrava sorpreso da quell'attacco improvviso.
-Dimmi chi sei- dissi come se fosse quasi un ordine. Lui sembrò indeciso sul da farsi.
-Non posso dirtelo- la sua voce era melodiosa come il miele e mi ricordò vagamente la cioccolata calda (lo so, proprio uno strano paragono)
-Ti prego, liberami e dimentica di avermi incontrato-
Inarcai un sopracciglio.
-Seriamente chi sei? Per caso siamo ad Halloween?- chiesi. Era un bel ragazzo ma era strano e ambiguo.
-Non mi crederesti- continuò lui ostinato.
-Be' proverò a crederci- ribattei secca e lui sembrò sul punto di dirlo, ma venne interrotto da qualcun'altro.
-Molly? Sei tu?- domandò mamma assonnata, seguita da papà che sbadigliava. Lei sgranò gli occhi vedendo il ragazzo e anche mio papà fece lo stesso. Mia madre mi fissò subito, come se la presenza di quel ragazzo fosse colpa mia.
-Cos'è questa storia? Chi è questo ragazzo?- chiese perentoria. Che cosa dovevo rispondere? Scusa mamma ma è solo un ragazzo travestito da elfo che per caso era entrato a casa mia. Mi avrebbe rinchiusa in casa per l'intero anno, di sicuro.
-Mamma...-
La porta venne sfondata all'improvviso. Io indietreggiai e il ragazzo vestito da elfo si mise davanti a me e i miei genitori.
-Scappate- disse solo. Ma io avevo i piedi piantati per terra, e anche i miei genitori. Dalla porta comparve un tipo bassetto. Era vestito da degli stracci sporchi, aveva gli arti più lunghi del normale e una pelle giallognola squamosa. Il viso, poi, era il viso più orribile che io avessi visto. Aveva un viso spigoloso, un naso ricurvo e degli occhietti neri cattivi. Era nel complesso orribile.
-Ecco dov'era il nostra piccolo Nivek...- disse con voce roca. Nivek? Era così che si chiamava?
-Sparisci- sibilò Nivek con lo sguardo contratto dalla rabbia. L'omiciattolo fece un ghigno e guardò me e i miei genitori.
-Oh, testimoni. Dovrei farli un regalo natalizio per educazione, no?-
-Cosa...?- disse mia madre ma quella specie di troll soffiò una polvere bianca verso i miei genitori. Subito del ghiaccio li ricoprirono da capo a piedi: erano stati ghiacciati. In quel momento erano ferme come delle statue.
-Maledetto. Che tu sia maledetto, Trudio!- gridò Nivek cercando di proteggermi ma io ero paralizzata. I miei genitori erano stati congelati da una polvere bianca. Fissai inorridita Trudio che sorrise maligno.
-Credo che i miei amichetti saranno felici di divorare te e la tua amica- e con un cenno della mano degli esseri neri come la notte arrivarono dappertutto, ricoprendo le pareti e il soffitto. Erano piccoli e si muovevano rapidi, quasi zampettando. Non aveva una forma definita e non riuscivo a distinguere gli occhi. Alla sola vista di quei esseri, rabbrividii. Giuro che stavo quasi per vomitare.
Nivek tese la mano e mi guardò sorridendo.
-Tieniti stretta a me-
Io lo guardai riluttante e presi il suo braccio. Il mio muscolo cardiaco iniziò ad accelerare. Stupido organo.
Gli esseri in nero volarono verso di noi in massa. Nivek li toccò e subito divennero ghiaccio. Ne arrivarono altri, di più. Non ce l'avrebbe fatta da solo.
Nivek all'improvviso puntò la mano verso il soffitto e mi cinse con il braccio i fianchi. Arrossii leggermente ma una forza sovrumana ci schizzò fuori trapassando il tetto come se fossimo fantasmi. Io non riuscii capire cosa era successo. Era stato così veloce che non riuscii nemmeno a esalare un urlo di spavento. Semplicemente sussultai. Eravamo fuori, nel buio, sospesi in aria.
-Chi diavolo sei?!- urlai ma lui non mi badò stringendomi.
-Quanto sei rumorosa- commentò e fece un fischio. Mi accorsi che gli esseri in nero stavano uscendo da casa mia come una scia portatrice di disgrazie.
-Stanno arrivando!- lo avvertii ma lui rimase fermo ad aspettare qualcosa. Quel "qualcosa" arrivò poco dopo: una navetta rossa volante. Guardai il mezzo di trasporto scioccata. Mi fece entrare nella navetta e lui andò al volante. Io gli fui accanto in piedi. La navetta era piccola e c'erano un milione di comandi colorati che luccicavano.
-Partiamo!- gridò. Tirò la leva e la navetta partì con velocità supersonica, sfiorando la scia degli esseri in nero. Caddi per terra mentre Nivek cercava di tenere salda la presa sul volante. La panoramica si sfumò accelerando diventando come una serie di immagini scombinati. Avevo gli occhi incollati sul vetro. Andavamo così veloci che non vedevamo neanche il paesaggio di fuori. Dopo un po' di minuti buoni di silenzio assoluto, Nivek si girò per guardarmi.
-Forse siamo riusciti a scappare- disse. Forse? Eravamo di sicuro lontani milioni di anni luce da loro con una velocità del genere.
Mi resi conto della situazione assurda dopo quella serie di fatti incredibili. Mi avvicinai a Nivek che aveva lasciato la guida automatica e si era alzato. Gli fui addosso e lo fissai dritto negli occhi. Ignorai il fatto che i nostri visi erano lontani pochi centimetri.
-Non mi hai detto chi sei. Per colpa tua adesso i miei genitori sono diventanti due statue di ghiaccio, la mia casa è stata invasa da un mostro e da degli esseri neri schifosi- dissi socchiudendo gli occhi. Lui mi sorrise comprensivo.
-Non volevo ma la tua era l'unica casa dove avevano lasciato la finestra aperta- si scusò lui. La finestra aperta? Chi era così stupido a lasciare la finestra aperta? Poi mi ricordai di quando la mamma aveva bruciato il dolce prima della cena con i Brown. Mi ero dimenticata di chiuderla e anche i miei genitori, a quanto pareva. Ops.
-Sì ok ma perché scappavi da quel Trudio? E cos'è questo? Magia? E questa navetta?- dissi una domanda dopo l'altra. Stavo per scoppiare.
-Credo che dovrò raccontarti tutto. Ormai sei coinvolta abbastanza e se ti lasciassi saresti uccisa per avermi visto- disse e iniziò a raccontare. Ci sedemmo per terra con le gambe incrociate.
-Innanzitutto, mi chiamo Nivek e sono il figlio di Babbo Natale- già da qui lo interruppi.
-Ma sei scemo? Babbo Natale non esiste-
Lui sembrò indignato.
-Certo che esiste! Cosa credi? Chi porta secondo te i regali che ti trovi a Natale?-
-I genitori?-
-In parte anche loro. Ma la verità è che è lui che mette i regali sotto l'albero. Quindi non ripetermi che non esiste perché io l'ho visto ogni santo giorno della mia vita!-
Va convinto, pensai. Decisi di tralasciare la cosa. Era una cosa inutile da discutere. Io avevo smesso di credere da un pezzo.
-Va be', chi se ne frega. Non ti credo, comunque vai avanti-
Nivek mi guardò di sbieco.
-Come faccio ad andare avanti se non credi nemmeno in questo?-
-Io non voglio credere, punto e basta. E' un dato di fatto-
Avevo gli occhi umidi. In un momento all'altro avrei iniziato a piangere. Lui decise di continuare.
-Sì, dicevo che sono il figlio di Babbo Natale. Quel tipo, Trudio, è un troll che serve il cugino di mio padre, Harcus. Lui vuole prendere il potere che possiede papà. Ma per farlo, deve far smettere ai bambini di credere in Babbo Natale e di credere, invece, in lui che rappresenta a mia opinione l'oscurità. Vuole avere potere, lui. Per dominare su tutti gli umani deve far sì che prima sparisca Babbo Natale ed eredi compresi. Così adesso ha richiuso mio padre e i suoi elfi, e mi sta cercando in tutto il mondo inviando Trudio e le Ombre, gli esseri neri che possono risucchiare la tua linfa vitale-
-In poche parole muori- intervenni.
-Esatto. Per questo adesso sto scappando. Ma non posso farlo per sempre. Devo cercare di liberare papà, altrimenti sparirà insieme a me-
Trattenni il fiato. Una brutta fine sparire per sempre.
-Quanti anni hai?- chiesi.
-Diciotto-
Era più grande di me di due anni.
-Mi stavo per dimenticarmi. Come ti chiami?- domandò all'improvviso mentre mi alzavo. La velocità era più nella norma e quindi si poteva stare in piedi.
-Molly. Molly Jonhson-
Tesi la mano e lui la strinse sorridendo.
-Molly Jonhson nella lista grigia- disse. Lo guardai come se avesse parlato arabo.
-Lista grigia?- domandai. Lui sembrò di parlare con un'ignorante. Ehi, guarda che non tutti sono figli di Babbo Natale.
-Esistono tre liste da noi: la lista dei buoni, dei cattivi e quella grigia. Le prime due saprai quali sono. La lista grigia, invece, è la lista dove si mettono le persone che smettono di credere in Babbo Natale. Quando smettono, vengono messi nella lista grigia e perdono così il diritto di ricevere il regalo da Babbo Natale. Se non mi sbaglio tu hai durato fino ai tredici anni. Anche se mi scordo quasi sempre i nomi della lista, il tuo me lo ricordo. Sei un po' strano e so che almeno una piccola parte di te ha creduto in quello che ho detto-
Non avevo niente da dire. Mi sembrava di trovarmi davanti al prete in un confessionale che mi sbatteva tutta la verità.
-Comunque, piacere Molly. Benvenuta nella navetta di Nivek- disse e si mise al volante. Spalancai la bocca. Il paesaggio era completamente cambiato. Non c'erano case o strade, era tutto ghiaccio, solo ghiaccio bianco. Il cielo azzurro si stagliava oltre il mare infinito, e sotto di noi c'era solo una lunga lastra di ghiaccio.
Ghiaccio, ghiaccio e ancora ghiaccio.
-Dove...-
-Polo nord- rispose prima lui - siamo al polo nord-
Ero scioccata.
-Ma come diamine hai fatto?! L'America è abbastanza lontana dal polo nord e arrivarci in un quarto d'ora... -
-Con la magia si può fare tutto. Te l'ho già detto che sei rumorosa?-
Mi fece un sorriso divertito e io gli diedi una sberla.
-Ahia!- gridò.
-E te l'ho già detto che non mi piace farmi sentire le stesse identiche cose?-
Feci un sorriso innocente ma lui alzò gli occhi al cielo.
-Comunque stiamo andando in un rifugio, a casa di un mio amico- mi informò lui.
-E vive qua?-
-Se per questo vivo anch'io qua-
-E la tua casa?-
-E' stata assediata da Harcus. Quindi tornare là è fuori discussione-
Accelerò di nuovo e in un attimo arrivammo a destinazione.
-Si scende- disse e pigiò un bottone. La portiera si aprì e scesi dondolando un po'. Il viaggio mi aveva scombussolato lo stomaco ed ero quasi sicura che stavo per vomitare sulla neve. Venni accolta subito da un freddo insostenibile. Stavo congelando già in pochi secondi.
-Tieni!- mi urlò Nivek da dietro e mi tirò qualcosa. La presi al volo e capii che era un giubbotto viola.
-Nelle tasche ci sono dei guanti e un berretto. Tieni anche queste scarpe, altrimenti scivoli- disse e mi ritrovai davanti un Nivek stretto in un giubbotto bianco pesante con guanto e cappello. Indossava degli scarponi neri e ce n'erano un'altra paia per me che erano sventolati davanti alla mia faccia.
-Sbrigati altrimenti ci possono vedere. La tue scarpe puoi metterle nella navetta-
Sembrava un generale che impartiva ordini. Sbuffai e feci quello che mi aveva detto. Quando finii, lo raggiunsi e quello che vidi mi sorprese un pochino. Stava facendo un pupazzo di neve in miniature, formata da tre palle di neve. Non aveva né occhi né naso ma mi sembrò comunque vivo. Era completamente immerso nel suo lavoro che non si accorse di me. Disse sottovoce un incantesimo e al pupazzo spuntarono dei piccoli piedini di palle di neve. Camminò per un po', fece qualche piroetta e altre acrobazie. Nivek ridacchiò felice mentre muoveva il pupazzo con il dito.
-Ti piace molto fare pupazzi di neve- commentai. Lui si girò di scatto, fece un piccolo salto e il pupazzo si sgretolò, spezzando la magia. I suoi occhi si calmarono quando mi videro.
-Ah, sei solo tu. Andiamo- disse subito. Mi domandai il perché di questo cambio d'umore.
-Perché hai smesso? Sembrava bello- dissi camminandogli a fianco. Schioccò le dita intanto e la navetta divenne invisibile. Un'altra magia, probabilmente.
Fece un profondo respiro formando una piccola nuvoletta d'aria.
-E' una magia che mi ha insegnato mia madre- disse quasi in un sussurro. Mi incuriosì.
-Tua madre? Com'è?-
Non sapevo cosa immaginarmi di che aspetto avesse la moglie di Babbo Natale. Io l'avevo immaginata sempre con una nonnetta.
Lui guardò da un'altra parte, evitando il mio sguardo.
-Non mi ricordo. E' morta quando avevo sei anni-
Da quella frase tacqui. Non sapevo cosa dire. Che dovevi dire a un ragazzo che aveva perso la madre da giovane? Io non potevo capirlo perché avevo avuto sempre i miei genitori accanto.
-Mi dispiace-
Suonava un po' stupido ma lui non si arrabbiò o qualcos'altro.
-La vita è così. Niente è sempre giusto, che vuoi farci-
Sentito così da lui sembrava una maledizione, la vita. Camminammo muti, con il suono dello scalpiccio dei scarponi come sottofondo. Fui io a rompere il silenzio.
-Come faccio a far tornare i miei genitori normali?- chiesi guardando Nivek davanti con le sue spalle larghe e il suo passo deciso. Non si girò nemmeno per guardarmi.
-Quello che ha fatto Trudio è un sigillo. Per rompere un sigillo del genere, hai bisogno di una polvere speciale. Peccato che si trovi a casa mia che è adesso invasa da quel Harcus dei miei stivali-
Diceva quel nome con rabbia e frustrazione. Forse detestava sentirsi inutile, così impotente.
-Tranquillo. Di sicuro troverai la soluzione- disse per rassicurarlo. Lui si fermò e mi fissò con quei suoi occhi splendidi. Mi sembravano quasi pieni di gratitudine.
-Già, di sicuro la troverai la soluzione, caro nipote- disse una voce maligna e allo stesso tempo suadente.
Io e Nivek guardammo l'uomo davanti a noi. Era vestito con un lungo mantello grigio che nascondeva tutto il corpo. Era decisamente alto, più di Nivek, aveva un naso aquilino e dei capelli neri lucidi. Fece un ghigno e immediatamente Nivek si accanì su di lui.
-Ridammi mio padre, Harcus!- gridò lui fuori di sé. Corse verso di lui e si preparò in mano una sfera di luce. Harcus non si mosse e aprì il suo mantello. Uscirono una migliaia di ombre m la differenza era che erano molto più numerose. Formavano una specie di onda nera che attaccò subito Nivek. Lo sfiorò di un pelo ma l'onda continuò ad avanzare. Capii che stava andando verso di me.
-Scappa!- gridò ma io non riuscivo a muovermi. Rimasi ferma e venni subito avvolta dalle Ombre. Sentii tanti pizzicotti dappertutto e mi sembrava che mi togliessero parte dopo parte della mia anima, come se mi togliessero il respiro. Gridai dal dolore ma all'improvviso delle braccia forti mi cinsero le braccia. Fissai sollevata Nivek mentre cercava a tenere a bada quei mostriciattoli neri. Sentii anche una fitta di dolore al braccio, ma la ignorai.
-Stupida! Quando ti dico di scappare, scappa! Non il contrario!- mi sgridò ma io istintivamente lo abbracciai. Lui sussultò sorpreso. Non me ne fregava, avevo un bisogno estremo del suo calore dopo quella orribile esperienza.
-Non essere così appiccicosa solo perché ti ho salvata- disse imbarazzato. Ghiacciava o dava fuoco alle Ombre che da tutte le parti cercavano di assalirlo. Intravidi Harcus da lontano che ci guardava inespressivo. Stava aspettando che morissimo, immaginai.
-Non ce la facciamo- disse a denti stretti Nivek. Stava iniziando a sudare freddo. Mi venne un colpo di genio guardando una grotta. Scattai correndo verso quella direzione.
-Stupida, ma cosa fai?!- mi gridò Nivek ma io non lo badai. Avevo un piano semplice, forse un po' stupido ma meglio di niente. Stranamente tutte le Ombre lasciarono Nivek e mi seguirono tutti insieme.
-Che fate, inutili Ombre!- imprecò Harcus. Mi misi davanti alla grotta e rimasi ferma ad aspettare. Le Ombre arrivarono e io calcolai il tempo. Stavano arrivando. Non era però ancora il momento.
-Molly!- gridò ancora Nivek correndo verso di me. Io rimasi ancora immobile. Poi le Ombre furono talmente vicine che sentivo i loro artigli lambirmi violentemente. Mi buttai subito di lato e le Ombre schizzarono dentro alla grotta.
-Nivek, blocca il passaggio!- gli ordinai e lui, dopo un attimo di perplessità, sorrise.
-Non ti credevo così furba- disse ed erse un muro di ghiaccio che bloccò la grotta. Vidi fin da subito il muro rompersi ma Nivek fu svelto. Mormorò un incantesimo e del fuoco rosso divampò nella grotta bruciando tutte le Ombre. Quando finì, guardò Harcus. Lui lo fissò con aria di sufficienza.
-Interessante- disse solo e con il mantello in aria, sparì. Raggiunsi Nivek con il braccio che bruciava.
-Non ti credevo così avventata, Jonhson- scherzò lui.
-Ci sono molte cose che non sai di me- ma feci quasi subito una smorfia di dolore al posto di un sorriso. Tolsi il giubbotto e notai che era sporca di sangue. Il freddo mi congelò il dolore solo in parte. Mi morsi la lingua e guardai il braccio. Del sangue colava da una ferita lunga cinque centimetri. Nivek me la controllò osservandola.
-Un brutto taglio. Dobbiamo muoverci- disse e lui me la mendicò con un altro strano incantesimo. Posò la sua mano sul mio braccio ed ebbi un fremito. Cantilenò qualcosa in una strana lingua e dell'aura azzurra circondò la ferita. Ci mise poco e quando ebbe finito, mi rimisi delicatamente il giubotto.
-Con questo, l'uscita di sangue dovrebbe fermarsi. Ma dobbiamo comunque fartela controllare da un esperto. Andiamo- e iniziammo a rincamminarci verso il rifugio. Io diedi un'occhiata alla grotta. In quel momento usciva solo tanto fumo nero che oscurava il fondo della grotta ancora di più.
Ritornai da Nivek che camminava con un certa fretta. Dopo un po' raggiungemmo un'altra grotta, molto piccola che a malapena mi superava in altezza.
-Dove siamo?-
-Zitta e seguimi- mi disse malamente e mi sentii un pochino offesa. Ci trovammo sul fondo della grotta, la parte più buia. Lui fece comparire una fiammella dalle sue dita e mise una mano sulla parete ghiacciata.
Sussurrò altre parole incomprensibili e una stella si illuminò sul ghiaccio. Il pavimento si mosse e noi scendemmo come in un ascensore.
Mi sorpresi di trovarmi in un attimo in una sala di ferro sotterranea. Era piena di computer e divani dove molti esseri più piccoli di me stavano seduti con le coperte. Avevano le orecchie appuntite e un cappello con la campanella. Elfi di Babbo Natale. Alcuni, invece, circolavano di qua e di là a inviarsi informazioni. Non era molto arredata, vedevo solo ferro che ricopriva le pareti e il soffitto.
-Qui ci rifugiamo, da quando Harcus ha invaso casa nostra- disse con rammarico. Degli elfi lo accolsero circondandolo.
-Bentornato, signorino. Venga, così si scalda- disse con vocina stridula un elfo con gli occhi azzurri e i capelli biondi. Era un tipo allegro all'apparenza, molto più allegro degli altri con i visi disperati.
-No, Phimo. Devo prima curare questa ragazza- disse. Phimo mi guardò incuriosito, poi sgranò gli occhi.
-Una di fuori! E' una di fuori!- gridò. Tutti gli elfi si girarono per guardarmi incuriositi.
-Smettila, Phimo. Deve essere curata- lo rimproverò e Phimo si decise di chiamare qualcuno.
-Tranquilla, abbiamo per fortuna salvato uno dei nostri migliori dottore-elfi. Comunque, adesso vado- disse e se ne andò, ritrovandomi da sola. Guardai Phimo che mi accompagnò in una stanza spoglia con un solo giaciglio di paglia. Mi tolsi il giubbotto perché faceva molto caldo.
Arrivò poco dopo un elfo più anziano, con una borsa grande. Non era un tipo loquace, mi fissò semplicemente la ferita e me la fasciò. Fu veloce e per niente doloroso, e quindi il processo fu semplice. Mi distesi sulla paglia, anche se era scomoda ma mi accorsi che Phimo era rimasto là.
-Guarda che puoi andare, non serve scomodarti per me- gli dissi ma lui rimase accucciato per terra a fissarmi con quel faccino paffuto. In verità non credevo di avere davanti a me un elfo di Babbo Natale stesso, mi ripetevo che non era vero. Perché io non ci avrei mai creduto, non mi sforzavo neanche. Era diventata quasi parte di me credere in nessuno.
-Come ti chiami?- chiese con voce innocente. Doveva essere molto giovane.
-Molly- risposi. Lui mi fece un sorrisone dolce. Oddio, era troppo carino!
-Che bel nome! Io mi chiamo Phimo- disse e batté le manine felice. Io risi divertita e lui mi si accucciò accanto.
-Vorrei tanto mostrarti come faccio i giocattoli, solo che non ho...- all'improvviso si sentì un tonfo. Io e Phimo uscimmo subito e sentimmo gli elfi strillare e strepitare.
-Le Ombre! Ci sono le Ombre!- gridarono e io presi di slancio la mano di Phimo. Lo trascinai istintivamente, seguendo la folla. Sentii già da lontano quell'aura inconfondibile di quelle viscide creature. Poi udii perfino un nitrito di cavallo. Credevo di essere ammattita. Un cavallo?
Io e Phimo ci nascondemmo dentro a un ripostiglio.
-Ho paura, Molly!- piagnucolò Phimo iniziando a piangere. Misi un dito sulle labbra e lui si zittì. Socchiusi la porta per vedere fuori. Molte Ombre seguivano gli elfi e li rinchiudevano in delle sfere compatte, portandoli via.
Mi si fermò il cuore. Vidi Nivek che cercava di liberarsi di un cavallo nero come la pece che scalciava con gli zoccoli alti. Stavo per uscire per aiutarlo ma Phimo mi trattenne.
-Non lasciarmi solo- mormorò e rimasi con lui. Vidi Nivek usare magie di ghiaccio ma il cavallo sembrava non arrendersi. Alla fine diede un forte colpo al petto di Nivek e quest'ultimo svenne. Il cavallo nero si trasformò in tante Ombre che trasportarono il corpo di Nivek e lo portarono fuori. Io uscii seguendoli. Fui su in un battibaleno. L'aria fredda mi sferzò il viso e la luce mi accecò leggermente. Era ancora pomeriggio. Scorsi una macchiolina nera da lontano che andava a tutta velocità.
-Dannazione- imprecai. Lo avevano rapito. Avevano rapito Nivek. Diedi un calcio a vuoto e sentii qualcuno piangere. Mi avvicinai a Phimo e lo consolai.
-Andrà tutto bene. Andrà tutto bene- gli ripetei ma serviva più per me stessa che per Phimo. Ero arrabbiata e mi sentivo completamente inutile, una perfetta idiota. Lo avevo lasciato andare, io Molly Jonhson, una stupida vigliacca. E all'idea di Nivek e i suoi splendidi occhi azzurri e quei bei capelli neri, torturato da Harcus, mi veniva voglia di urlare al mondo tutta la mia frustrazione e la mia ira.
Poi mi ricordai di una cosa. Provai a fare un fischio e la fiammante navetta di Nivek arrivò. Entrai, seguita da un Phimo tremante. Mi misi al volante.
-Sai dov'è la casa di Nivek?-
-Certo, ci abito anch'io- rispose asciugandosi le lacrime.
-Bene, perché è lì che andremo-
-Ma sai guidare una navetta?-
-In verità no ma dovrò impararlo a guidarlo adesso-.

***

-Ahhhh!-
Feci una violenta sterzata a destra. Mi ritrovai davanti una guglia.
-Attenta!- mi avvertì Phimo.
Tirai il volante e volammo in alto sfiorando la torre. Poi andammo in basso e precipitammo nella neve con la velocità della luce.
-Siamo ancora vivi?- chiesi distesa per terra. Phimo si riprese prima di me ma barcollò come me.
-TI prego, non guidare mai più- mi pregò Phimo ma io lo ignorai scendendo. Eravamo davanti alla porta di un castello di pietre. Sinceramente non me l'aspettavo. Mi ero immaginata qualcosa di completamente diverso...
Non c'erano guardie o qualcos'altro. Con coraggio entrai con Phimo dietro. Rivolsi un'ultima occhiata al cielo. C'era il tramonto. Babbo Natale aveva poco tempo.
Entrammo in un corridoio lussuoso di pietre. Le pareti erano decorati da motivi geometrici rossi e si sentiva un po' di aria da festa. Sentii da lontano una voce tagliente. Harcus.
Mi appiattì sul muro e trattenni il respiro. Vidi Harcus al centro, davanti a una grande finestra. La sala era ricoperta da tappeti rossi e da candelabri sparsi qua e là. C'erano in un lato tantissime gabbie dove erano rinchiusi gli elfi. Dall'altro c'erano due gabbie più grandi: una era per Nivek che si dibatteva continuamente facendo degli incantesimi che però rimbalzavano e tornavano verso di lui. Una specie di barriera anti-magia, pensai. Non sapevo perché, ma avevo una voglia matta di fare delle cavolate per lui. Avevo una mente decisamente strana.
L'altra persona nell'altra gabbia mi stupii. Aveva la sua inconfondibile barba bianca e la sua pancia sproporzionata: Babbo Natale. La mia poca fede in lui vacillò. Era una confusione nella mia testa. Non riuscivo ancora a credere nella sua esistenza, eppure ce l'avevo davanti. Avevo seriamente uno stupido cervello.
-Molly, che si fa?- mi sussurrò Phimo terrorizzato. Mi riscossi tornando in me. Non era il momento di fare pensieri futili. Harcus sembrava immerso a guardare fuori dalla finestra con Trudio accanto che lo fissava adorante. La domanda era: come liberare Nivek con quei due che mi potevano vedere? Scelsi di fare la cosa più stupida. Camminai di soppiatto fino alla gabbia di Nivek. Lui mi vide e cercò di dirmi di scappare. Peccato che non lo raggiunsi nemmeno. Le Ombre mi circondarono la vita, facendomi sospendere in aria. Harcus mi guardò vittorioso e Trudio mi fissò con sguardo viscido. Mi accorsi del mappamondo gigante nascosta dietro alle gabbie. C'erano tante luci che splendevano nei continenti, erano un po' sparsi.
-La nostra ospite è finalmente arrivata. Così potremo assistere alla sparizione del mio caro cugino e del mio caro nipote. E anche le Ombre avranno qualcosa da mangiare- disse Harcus sorridendo malefico. Provai un odio cieco per quell'uomo assetato di potere.
-Che ne dici, Babbo? Hai qualcosa da dire come tue ultime parole?- continuò. Babbo Natale non si scompose.
-Harcus, ripensaci. Stai facendo una cosa sbagliata- non sembrava provare rancori verso di lui. Ma come faceva?
Harcus rise.
-Sei tu quello sbagliato qui-
Poi parlò a me.
-Non capisco ancora come tu sia coinvolta in questa situazione. Comunque mi dispiace lasciare morire una ragazza così carina... -
Provai disgusto verso quell'uomo.
Nivek era schiuma di rabbia.
Io mi divincolai e gli diedi un calcio sulla sua gamba.
Harcus imprecò dal dolore e mi guardò con astio.
-Me la pagherai per questo affronto... -
-Certo, certo, tanto sono già morta- dissi sarcastica. L'umorismo era la mia unica arma. Lui non sembrò capire la mia battuta. Guardai Phimo che era ancora nascosto. E che cavolo, la situazione stava precipitando!

-Presto tutti i bambini del mondo smetteranno a credere in Babbo Natale. E, invece, crederanno in me! La tristezza, l'oscurità in persona! Così potrò dominarli a mio comando...-
Sembrava di ascoltare il solito discorso del cattivo di un fumetto di supereroi.
-Ma seriamente è questo che vuoi? E' questo che hai sempre desiderato? Farti temere? La verità è che vuoi essere solo amato, creduto! Ma ti frusta tanto che nessuno conosca il tuo nome, così tanto da voler far scomparire il tuo stesso cugino!- gli disse Babbo Natale. Harcus fece un ghigno, imitato da Trudio.
-Presto, molto presto, però tu non esisterai nemmeno. Sparirai nella storia e al tuo posto ci sarò io-
-Io credo in lui però- lo interruppi. Lui mi fissò con uno sguardo carico di tutto l'odio del mondo. Cercai di non tremare.
-Tra qualche ora non la penserai così- disse.
-Io, invece, continuerò a credere in lui, che ti piaccia o meno- gli urlai decisa. In quel momento ero sicura al cento per cento.
-Ombre, divoratela- ordinò. Nivek che fino a quel momento era rimasto in silenzio urlò.
-No! Lasciala, maledetto!-
Harcus non lo degnò nemmeno di ascoltarlo e venni improvvisamente immersa nel buio. Risentii quei pizzicotti doloranti ancora più forti. Gemetti da dolore e d'istinto pensai a Babbo Natale. Io credevo in lui. Lo avevo sempre fatto, anche se credevo il contrario. Avevo sempre creduto in lui come una leggenda, una speranza. Avvertii un calore partire dentro di me e che uscì dalle mie mani. Le Ombre sparirono e mi ritrovai per terra.
Tutti mi fissarono scioccati mentre io mi rialzavo. Guardai Nivek e gli feci un sorriso incoraggiante. Ci credo. Credo in lui.
Come prima lasciai che le mani e il mio calore facessero il suo corso. Con sorpresa le gabbie sparirono e ne comparvero due nuove che imprigionarono Harcus e Trudio.
-No!- gridò Harcus e tutti gli elfi festeggiarono. Phimo si aggiunse a noi felice e io mi buttai su Nivek abbracciandolo. Lui ricambiò sorridente.
-Te l'ho già detto che sei troppo incredibile?-
Lo guardai negli occhi, con i nostri visi vicini.
-No-
E di slancio lo baciai. Lui mi strinse a sé con vigore e io mi abbandonai a lui. Fu una sensazione nuova e magica, un'esplosione di emozioni contrastanti. Quando mi staccai, vidi che Babbo Natale ci stava fissando. Arrossii di botto.

-Ehm... salve- dissi imbarazzata. Lui mi fece un sorrise paterno.
-Molly Jonhson, giusto?-
Lo fissai esterefatta.
-Sì signore-
Mise la mani dietro la schiena e rise.
-Eri stata sempre nella lista dei buoni sotto sotto. Be', lo siamo un po' tutti, no?-
Io annuii come una scema, non sapendo cosa dire.
-Vuoi un passaggio per tornare a casa?-
-Ma causerei disturbo... -
Babbo Natale rise ancora.
-Tranquilla, le mie renne non si lamenteranno di un peso in più oltre ai regali... -

***

Mi sembrava passata un'eternità da quando avevo lasciato la mia casa. Nivek mi aveva aiutato a sistemarla e mi aveva dato la polvere che avrebbe fatto sciogliere il sigillo. Suo padre, intanto, se ne era andato a finire le consegne.
-Come farai a tornare a casa?- gli avevo chiesto.
-Con la mia navetta, ovvio. Comunque non sapevo che eri una maga anche tu-
Maga? Non lo sapevo neanch'io di esserlo.
-Non so nemmeno come è successo- ammisi. Eravamo fuori sul vialetto. Stavamo facendo gli ultimi saluti. C'era l'alba dietro agli edifici e il sole stava per sorgere.
-Be' nel tuo tipo è stata magia. Magia di fede- spiegò. Io non avevo capito niente.
-Te lo spiegherò un altro giorno-
-Quando?-
Non vederlo sarebbe stata una sofferenza. Indossava ancora i suoi pantaloni di pelle e i suoi strani stivali con la punta arricciata. Come la prima volta che lo avevo visto. Lui abbassò lo sguardo.
-Non so per certo quando. Ma di sicuro verrò a trovarti, in un modo o nell'altro. E ti farò alcune lezioni di magia-
Lo abbracciai.
-E Harcus?-
-Rimmarrà nelle prigioni con Trudio al suo fianco-
Fummo per un po' muti.
Gli diedi un ultimo e lungo bacio, poi ci lasciammo.
-Non mi dimenticare, stupido- dissi. Lui sorrise.
-Non lo farò, Jonhson, non lo farò- e con la sua navetta sparì completamente. Feci un lungo respiro. Entrai con il sacchetto stretto in mano. Rividi i miei genitori come l'ultima volta: fermi e di ghiaccio. Soffiai la povere rossa. Per un attimo non successe niente. Poi il ghiaccio si sciolse. Le guance di mamma ripresero colore e papà riniziò a muoversi.
-Cosa... cosa è successo?- chiese confusa la mamma. Io la abbracciai forte forte. Mi era mancata da morire.
-Ehi... cos'è questo slancio d'affetto? Stai bene?-
Io le sorrisi, le diedi un bacio sulla guancia e un altro anche a papà.
-Sto benissimo, mamma! E' semplicemente Natale, mamma, è Natale!-

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro