Sei la mia vita
Hayato e io avevamo ripreso ad allenarci regolarmente.
Capitava anche di dover fare esercizi con la spada vera e lì, dovevo essere veramente concentrata se volevo uscirne intera.
Era il più severo dei maestri.
Mi allenava come se da questi esercizi dipendesse la mia vita.
Sapevo di non essere brava.
Spesso i riflessi non erano pronti.
Ero agile, ma perdevo subito la concentrazione.
Se al posto di Hayato ci fosse stato un nemico in carne e ossa, sarei morta almeno un centinaio di volte.
Così, lui mi guardava accigliato, io mettevo il broncio e lui si addolciva all'istante.
La sera ero stremata dalla fatica.
Ma Hayato era sempre con me.
E io continuavo a pensare che fosse tutto un sogno.
Le giornate trascorrevano serene.
La mia allegria gli faceva bene.
Non ero ancora riuscita a farlo sorridere.
Era solo questione di tempo.
Dopo gli allenamenti riposavamo passeggiando nel suo giardino.
Era stupendo.
Non avevo mai visto tanta varietà di alberi e fiori.
Il mio posto preferito era il laghetto alimentato dalla cascata.
Mi sedevo sulle rocce.
Chiudevo gli occhi e ascoltavo.
E la mente prendeva il volo.
Ti ho visto sorridere una volta.
E quel sorriso si è impresso indelebilmente
nella mia mente
nel mio cuore
in ogni cellula del mio corpo
Ho bisogno del tuo sorriso
come una piantina secca ha bisogno d'acqua
La mia stanza era sempre lì.
Con tutte le mie cose.
A mia completa disposizione.
Apprezzavo la delicatezza con la quale Hayato mi aveva accolto in casa.
Un gesto molto tenero da parte sua pensare che sarebbe stato imbarazzante per me dormire insieme a lui sin dalla prima notte.
Ma io sentivo il bisogno di addormentarmi tra le sue braccia.
Sin dalla prima notte.
Sakura preparava la mia stanza per la notte.
Io prendevo il futon e mi trasferivo dal mio Hayato.
Dopo alcuni giorni Sakura cominciò a sistemare il mio futon accanto a quello di Hayato.
Una notte gli chiesi di mio padre.
«Dormi?» sussurrai.
«No.»
«Posso farti una domanda?» chiesi guardando le travi in legno del soffitto.
«Sì.»
«Riguarda il tuo passato.»
Non rispose subito.
«Chiedi pure.»
«Quando hai conosciuto mio padre? Lui non me ne ha mai voluto parlare e non capisco il motivo.»
Non rispose subito.
E la cosa mi turbò.
«Tu eri molto piccola. I tuoi genitori...»
«Hai conosciuto mia madre?» chiesi sorpresa.
Mi voltai verso di lui.
«Purtroppo non sono riuscito...»
Prese una pausa che a me sembrò interminabile.
«Avevi solo pochi mesi, i tuoi genitori erano andati in città per comprare delle stoffe. Purtroppo si trovarono nel mezzo di una rivolta contro il governo locale. Alcuni edifici furono dati alle fiamme dai rivoltosi in segno di protesta.
In uno di questi era situato il magazzino di stoffe. Tuo padre si trovava all'esterno con il proprietario accordandosi su alcuni prezzi all'ingrosso.
Tua madre era rimasta dentro, con te, conversando con la moglie del proprietario.
Quando scoppiò l'incendio, il caso volle che passassimo da quelle parti perché incaricati di sedare la rivolta.
Vidi tuo padre disperato che voleva entrare nell'edificio in fiamme.
Lo fermai. Era troppo pericoloso per lui.
Mi supplicò di salvarvi. Entrai. Mi feci strada tra le fiamme.
Riuscii a raggiungere tua madre. Aveva le gambe bloccate da una trave. Ti teneva fra le braccia coprendoti il viso con la copertina per non farti respirare il fumo.
Mi avvicinai per valutare la gravità della situazione. Provai a spostare la trave ma era molto pesante.
Il fumo cominciava a invadere i miei polmoni, la tosse mi toglieva le forze.
Mi supplicò di non pensare a lei, ma di portare in salvo te.
Ti presi tra le mie braccia e ti portai fuori da quell'inferno.»
«Continua» sussurrai.
«No, è troppo doloroso per te, non voglio...»
«Continua, ti prego... solo tu puoi dirmi come sono andate realmente le cose, ti prego... posso sopportarlo.»
Mentivo, sentivo gli occhi riempirsi di lacrime, ma dovevo sapere.
«Ti lasciai tra le braccia di tuo padre e tornai dentro da tua madre.
Tentai in tutti i modi di sollevare quella trave. Il locale era completamente invaso dalle fiamme e altre travi si stavano staccando dal soffitto. Tua madre sapeva che per lei non c'era più nulla da fare.
Le ultime parole furono per te. Mi fece promettere che avrei vegliato su tuo padre e...»
Si girò verso di me.
«E su di te! Mi dispiace di non essere riuscito a salvare tua madre. Avrei dato la vita pur di riportarla a te» sussurrò.
«So che hai fatto tutto il possibile... hai salvato me...» risposi tra le lacrime.
Lo guardai negli occhi mentre mi asciugava le lacrime.
«Hai rischiato la vita per salvare me! Se sono qui lo devo solo a te» lo rassicurai, mentre gli accarezzavo i capelli.
Trattenni una ciocca dei suoi capelli passandola tra le dita.
«lo non lo sapevo. Perché mio padre non me ne ha mai parlato?»
«Non si è ancora ripreso. Amava molto tua madre. Se non te ne vuole parlare è solamente perché non vuole rivivere quei tragici momenti.»
«Come era mia madre?»
«L'ho vista solo pochi istanti. Ma posso dirti che era disperata al pensiero di non poterti salvare! Eri tutto per lei. Le sue ultime parole furono per te. Era una donna molto bella e coraggiosa. Tu le somigli molto nel carattere... e nella bellezza.»
Quante rivelazioni. Non sapevo nulla della mia infanzia, di mia madre.
Perché nascondermi che Hayato mi aveva salvato la vita.
Forse è per questo che mi sono sempre sentita legata a lui?
«Chiedimelo.»
«Cosa?» la sua voce mi riportò alle realtà.
«Accettando di rispondere alle tue domande sul mio passato ho accettato di rispondere a tutte le domande. Chiedimelo.»
Perché sei andato via?
Conoscevo già la risposta.
Mio padre era il responsabile del tuo allontanamento durato un anno.
Un anno senza sapere più nulla di te.
Se fossi ancora vivo o no.
Un anno in cui ho smesso di vivere.
Cercai la sua mano.
«Perché sei tornato?» chiesi sussurrando.
Mi stringi la mano
Le parole non servono
I tuoi occhi parlano per te
Le candele si consumano
Giochi di ombre e luci sul tuo viso
Nei tuoi occhi vedo l'infinito
Ci addormentammo.
❤️
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