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Noa, speranza e desiderio

Un giorno, ero seduta sul mio solito Tronco.

Contare gli alberi di ciliegio era diventato un mantra.

Almeno quell'impresa dovevo portarla a termine!

Erano fioriti, erano uno spettacolo, ma non mi davano alcuna gioia.

Mi ricordavano l'ultima volta che mi ero seduta sul tronco a guardare i ciliegi in fiore.

Quel giorno c'era Hayato con me.

Era trascorso un anno.

Non riuscivano ad allontanare la tristezza dal cuore.

Niente più lacrime!

Le avevo finite tutte.

Mi sembrò di sentire la voce di mio padre che mi chiamava.

Non mi voltai.

«Ascolta, Noa, devo darti una cosa» disse.

Lo guardai, aveva un oggetto in mano, avvolto con cura in una stoffa rossa.

«Prima di andare via, ha lasciato questo... per te».

«Cos'è?» chiesi.

Si avvicinò a me. Lo guardai, aveva il volto mesto, di chi era stato sconfitto.

«Guarda tu stessa».

Presi tra le mani quell'oggetto.

Subito dopo si voltò e se ne andò.

Senza aggiungere parola.

Rimasi immobile, per non so quanto tempo.

Guardavo quell'oggetto dalla forma così familiare.

Lo aveva lasciato per me.

E per tutto questo tempo mio padre mi aveva tenuto nascosto che Hayato...

Perché proprio ora?

Perché aveva deciso di consegnarmelo proprio ora?

Le mani mi tremavano.

Non avevo il coraggio di aprire la stoffa.

Sapevo cos'era.

Per questo mi mancava il coraggio.

Il cuore sarebbe esploso in mille frantumi.

Lo poggiai lentamente a terra.

Come se avessi paura di romperlo.

Mi inginocchiai.

Attesi ancora.

Feci alcuni respiri profondi.

Cominciai lentamente a slacciare il cordoncino dorato che teneva unita la stoffa.

Feci un primo giro.

Un secondo giro.

Le mani non avevano mai smesso di tremare.

Un terzo giro.

L'ultimo.

Finito di sfilare il cordoncino, cominciai a sollevare un lembo della stoffa.

Lentamente.

Smisi di respirare.

Eccola, l'impugnatura.

Gli occhi si riempirono di lacrime.

Le asciugai.

Era una spada.

Asciugai ancora le lacrime.

La mia spada.

Ora avevo una spada.

Vera.

Hayato l'aveva lasciata per me prima di partire.

Perché mio padre me la consegnava proprio ora?

La estrassi dal fodero, lentamente, per assaporare quel momento.

L'afferrai con due mani.

Tagliai l'aria prima a destra, poi a sinistra, e ascoltai l'inconfondibile fruscio della lama che taglia l'aria.

Non avevo mai visto una lama più scintillante e affilata.

La girai tra le mani.

Poi vidi l'incisione sulla lama, era il mio nome 望 Noa, speranza e desiderio.

«È tua!»

Quella voce...

Il cuore si fermò all'istante

Mi voltai

Era lì, il volto coperto

Ma gli occhi no

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