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La cascata 1. parte

Oh, Hayato
dalla dolcezza del tuo abbraccio
Mi lascio cullare

Nel silenzio del tuo giardino
Cancelli ogni dolore
Vorrei addormentarmi tra le tue braccia

Hayato aveva scelto me.

L'aveva fatto per se stesso.

Perché lui voleva stare con me.

Senza costrizioni.

Senza promesse che non scaturissero dal puro desiderio di stare con me.

E non perché fossi una ragazzina smarrita.

Bisognosa di protezione.

Hayato prese la mia mano e la baciò.

«Ancora brutti pensieri?»

Mi voltai verso di lui.

Cercai i suoi occhi.

Sorrisi.

Riusciva sempre a sapere cosa stessi pensando.

Sempre.

«No» risposi.

Ben sapendo che non mi avrebbe creduta.

«Ne sei sicura?»

Lo sapevo. Sorrisi.

«Mi passerà... con un abbraccio» risposi scherzosamente.

Mi strinse a sé.

«Conosco un metodo infallibile per allontanare la tristezza» mi sussurrò all'orecchio.

Sciolse l'abbraccio.

Mi accarezzava i capelli mentre mi guardava in silenzio.

Stringeva le labbra.

«Cosa hai in mente?»

«Lo vedrai, aspettami qui» rispose.

Lo vidi andar via, con il suo passo elegante, sicuro di sé.

Sospirai.

Non avevo la più pallida idea di cosa avesse in mente.

Ma ero curiosa di scoprirlo.

Camminando eravamo arrivati alla cascata di acqua termale.

Acqua calda sgorgava dalle rocce e si raccoglieva in una piccola vasca scavata nella pietra e circondata da un muretto sempre in pietra.

L'acqua era calda, limpida e invitante.

Negli anni Hayato era riuscito a creare un giardino curato nei minimi dettagli.

Anche ciò che sembrava casuale in realtà era il frutto di estrema ricercatezza e amore.

Hayato era perfetto.

Tutto ciò che lo riguardava era perfetto.

Ogni suo gesto era finalizzato al raggiungimento della perfezione.

Tutto quello che mi riguardava era appena accettabile.

Non sapevo dipingere, non sapevo scrivere Haiku, il mio giardino arrossiva se paragonato a quello di Hayato...

Persino con la spada, che mi aveva unito a lui con immenso amore, ero appena sufficiente.

Ero agile, ma in quanto a tecnica... non riuscivo nemmeno a tirar fuori la spada senza che si sentisse quel fastidioso fruscio della lama contro il fodero.

Hayato chiudeva gli occhi.

Segno di silenziosa disapprovazione.

Poi lo sguardo diventava severo.

Si formava quella rughetta in mezzo alla fronte.

Io mi mordevo le labbra.

Allora mi faceva vedere, per l'ennesima volta, l'esecuzione corretta.

Sfilava la sua spada con tale maestria.

Senza il minimo rumore.

La faceva volteggiare nell'aria e la riponeva nel fodero con una  eleganza da far venire i brividi.

Mi faceva ripetere l'esercizio tante di quelle volte perché "è nella ripetizione dell'esercizio che risiede la perfezione" mi diceva.

Io mi stancavo e mettevo un finto broncio.

E come per magia la ruga spariva.

E tornava a guardarmi con la tenerezza di sempre.

Ero una causa persa.

E lui, ahimè, lo sapeva.

Sospirai.

«Noa.»

La voce di Sakura.

L'accolsi con un sorriso.

«Togliti i vestiti» mi disse sorridendo.

«Cosa? Mi devo togliere i vestiti, qui?»

Sakura guardò la cascata, poi guardò me.

«No, non posso spogliarmi qui... mi vedranno...»

«Ho dato disposizioni, non c'è nessuno. Inoltre tutti sanno chi sei. Nessuno oserebbe mai guardarti.»

«È la sorpresa di Hayato?»

«Sì»

«E lui?»

«Ti aspetta in casa» rispose sorridendo.

La guardai.

«Tu sapevi che oggi avrebbe lasciato il suo incarico?»

«Sì, mi ha chiesto di tenerti compagnia fino al suo ritorno. Ma tu bambina mia con tutte quelle domande, quasi ti rovinavo la sorpresa!»

Abbassai lo sguardo.

«Non ti vedo fare salti di gioia.»

«Dovrei essere felice per me, ma non posso. Sono triste per lui. Mi dispiace così tanto. Hayato mi ha spiegato, eppure sento una tristezza dentro di me che non mi fa essere completamente felice» risposi.

«Posso dirti solo una cosa. Non è una scelta avventata. Un anno fa, prima che andasse via, aveva già pensato di lasciare. Poi la situazione cambiò e non è stato più necessario.»

«Un anno fa... hai detto un anno fa?»

Sakura annuì.

«Ma non chiedermi altro. Adesso pensiamo a questo.»

❤️

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