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Il Giardino dei Ciliegi

Non ero padrona della tecnica, ma ero agile e scattante ed essere donna si era rivelato un vantaggio e non un limite.

Un giorno, mentre ci allenavamo, mi disse delle parole che non capii in quel momento.

«Quel giorno dovrai essere pronta!»

Come era prevedibile, persi la concentrazione e allentai la presa.

Lui mi spinse e affondò la spada, per schivarla persi l'equilibrio cadendo con la schiena sul tatami.

Rotolai da un lato per schivare il colpo e raccogliendo le ultime forze rimaste mi alzai.

Attaccai.

Ma lui fu più rapido e mi disarmò.

«Non devi lasciarti distrarre! Devi essere consapevole di quello che ti circonda, ma devi essere tu ad avere il controllo» disse con voce ferma.

«Ti chiedo scusa... non accadrà più» risposi abbassando lo sguardo.

«Potresti non avere una seconda possibilità.»

Durante gli allenamenti era sempre molto severo con me.

Andai a riprendermi la spada.

Ero stremata, ma fermamente intenzionata a ripetere gli ultimi colpi.

Tornai al centro del tatami, lo sguardo basso, pronta per ricominciare.

Ero tesa, eseguii l'inchino.

Alzai lo sguardo.

Incontrai i suoi occhi.

Aspettavo.

«Per oggi abbiamo finito.»

«Sì, Hayato.»

Lo guardai per avere istruzioni, ma non disse nulla.

«Domani mattina sarò puntuale» dissi.

Lo salutai con un inchino, mi voltai per andare via.

Triste.

Lo sguardo basso.

«I ciliegi sono in fiore» disse.

Mi fermai.

Rimasi immobile per qualche istante.

I ciliegi sono in fiore.

Non capivo.

Poi mi voltai.

Non potevo crederci!

Era lì.

Immobile.

Lo sguardo fisso su di me.

In attesa di una mia risposta.

Era tenerezza quella che vedevo nei suoi occhi?

Desiderava davvero che lo accompagnassi al Giardino dei Ciliegi?

Non ne capivo il motivo.

Lui era Hayato, una presenza costante nella mia vita e in quella di mio padre.

Era il mio angelo custode, era il mio maestro, lo rispettavo.

Lo amavo.

E ora, sembrava implorare una mia risposta.

Non riuscivo a respirare.

Non capivo

Oh, ma che importa.

Sorrisi e corsi da lui.

Lo guardai negli occhi.

Il suo sguardo era dolce.

Sembrava sollevato dal mio sorriso.

Strinse le labbra.

Un piccolo passo avanti verso un'altro sorriso?

Impegnandomi un po', ci sarei riuscita.

Lui mi avrebbe insegnato la Spada.

Io gli avrei insegnato a sorridere.

Avrebbe sorriso di nuovo.

Per me!

Ci avviammo verso il Giardino dei Ciliegi.

In silenzio.

Camminavo leggera come una piuma.

Qualcosa in me era cambiato.

Ad un tratto non mi sentivo più in soggezione.

Mi sentivo libera di voltarmi verso di lui e se mi guardava non abbassavo più lo sguardo ma gli sorridevo e se non mi guardava subito, cercavo di attirare la sua attenzione.

E lui sapeva che lo guardavo.

Faceva parte degli allenamenti "essere consapevoli dell'ambiente circostante".

Tutti i ciliegi erano in fiore.

Era un piacere per il cuore e l'anima passeggiare lungo i sentieri.

«Da piccola mi divertivo a contare gli alberi, scommettendo che prima o poi sarei riuscita a sapere il numero esatto di tutti gli alberi» ruppi il silenzio.

«Eri una bambina molto testarda, tuo padre e io sapevamo che prima o poi ci saresti riuscita».

«Beh, non ci sono ancora riuscita».

Fece un cenno col capo.

«Prima o poi ci uscirò» sentenziai.

«Lo so» rispose.

Non mi riferivo ai ciliegi! Pensai, trattenendo un sorriso!

«Neanche io» rispose Hayato, stringendo le labbra.

Oh, che mi abbia letto nel pensiero?

Sentivo le guance in fiamme.

Ci avviammo in direzione del Tronco magico.

Lo chiamavo così da piccola, e quel nome gli è rimasto.

Ci sedemmo.

I suoi occhi tornarono di nuovo tristi.

Qualcosa lo turbava.

Ma non riuscivo a capire cosa.

«Continuiamo con l'allenamento?»

Chiesi, per distoglierlo dai suoi pensieri, sebbene conoscessi già la risposta.

«No».

«Tu hai fatto tanto per me, vorrei...»

Si voltò, era molto serio. Mi era difficile parlargli quando aveva quell'espressione.

Fui tentata di abbassare lo sguardo.

«Non farlo.»

Era incredibile! Come riusciva a capire cosa stessi per fare, o per dire.

«Non fare cosa?» chiesi timidamente.

«Abbassare lo sguardo, non devi far capire che sei in difficoltà.»

«Non sono in difficoltà. È solo che... so che c'è qualcosa che ti turba e vorrei aiutarti.»

«È complicato» rispose.

«Posso capire, se me ne dai la possibilità. Sono giovane, ma non si sa mai da dove può arrivare la soluzione. Tu lo dici sempre.»

Continuava a guardarmi.

I suoi occhi si addolcivano ogni volta che incontravano i miei!

«Vedo che sei attenta.»

«Ricordo ogni singola parola dei tuoi insegnamenti...» lo dissi con un tono di voce che equivaleva ad una confessione dei miei sentimenti.

«Lo spero, ti sarà utile in futuro quando...»

Si interruppe bruscamente.

«Questa volta è più complicato» continuò, tornando a guardare davanti a sé.

«Perché è più complicato, cosa c'è che io non so?» chiesi.

Scese il silenzio.

«Ti prego» lo supplicai, invano.

Una cosa sola mi era chiara.

C'era un problema serio, di cui non voleva parlare. Non con me.

«Tuo padre ti sta aspettando.»

Il sole stava già tramontando.

Era ora di andare per me.

«Tu non vieni?»

«Non ancora» rispose, gli occhi chiusi.

Lo salutai e mi avviai verso casa.

Ripensavo a quella strana giornata.

Mi addormentai, impaziente che il sole sorgesse.

Impaziente di vedere te

❤️

Acquerello di Lara Del Pizzo Villani

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