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Il lago


Era una giornata di sole, luminosa, di fine ottobre.

Il vialetto nel parco era un serpente grigio di ghiaia che strisciava, sinuoso, in mezzo al verde dei prati e a macchie di castagni e aceri rossi.

Nel silenzio, gli unici rumori erano lo scricchiolare dei sassolini e delle foglie secche sotto i passi che avanzavano, lenti ma regolari.

Il sentiero svoltava in una curva a sinistra, in leggera salita, costeggiando un lungo filare di abeti. Il rumore dei passi proseguì per un po', poi questi, incerti, indugiarono e infine si fermarono, come in attesa di qualcosa. Cosa c'èra oltre la coltre verde acqua degli aghi di pino e il marrone scuro dei tronchi, ancora umidi e impregnati della pioggia dei giorni precedenti?

I passi ricominciarono a premere sulla ghiaietta, procedendo per un altro tratto lungo il dolce pendio. Poi di nuovo silenzio. La fila di abeti si apriva, si tirava da parte come una quinta teatrale, rivelando ciò che era nascosto là in basso.

La vide: era una radura.

Poi guardò verso destra. Davanti a quello spiazzo erboso dalla forma di anfiteatro, contornato da alberi e siepi di arbusti dalle tinte brune, lungo il sentiero grigio che vi girava attorno, vi era una macchia di faggi e ginkgo biloba. Le foglie dai colori accesi formavano un manto soffice che aveva ricoperto un tratto del vialetto.

"Guarda. Non è bello?", disse lei, "Il rosso rubino e lo splendore di quel giallo sono quasi abbaglianti...". Lui guardava quella distesa vivace di foglie. Poi voltò lo sguardo verso la radura in basso. Lei continuò, come a seguire la direzione dei suoi occhi: "un contrasto armonioso con quella grande distesa, che giace come una tenue pozza color prato in mezzo a tutte le sfumature del verde e del marrone, all'amaranto, all'ocra, al prugna... lambita e protetta dalla corona delle siepi e dei rami... e la macchia di aceri, faggi e ginkgo biloba, coi loro colori, è come il diadema di quella corona".

"Un diadema...", ripeté lui, come un sussurro, e riprese a camminare sul sentiero, finché il rumore dei passi sulla ghiaia non fu attutito dal tappeto di foglie morte sotto quegli alberi infuocati.

"Questo manto su cui i tuoi passi si perdono e affondano in silenzio, senza lasciare tracce... come carezze sulla morbida pelle dell'amata...". A quelle parole, lui si fermò di nuovo e indugiò a guardare un punto fisso lontano, come se vedesse qualcosa, oltre il margine del sentiero e degli alberi. Poi disse, come tra sé e sé, "già, senza lasciare tracce... come..."

"A cosa pensi?"

In silenzio, riprese ad avanzare lentamente sul tappeto di foglie, guardando, ora, le chiome di alberi lontani che brillavano al sole, al di là della radura, e che sembrava che, di attimo in attimo, si stessero sempre più diradando; che stessero divenendo, davanti ai suoi occhi, sempre più spoglie e nude. Disarmate.

"Non è bello tutto questo?" ripeté lei, "ascolta... ascolta questo silenzio..." Questo silenzio e questa quiete, da quanto tempo non ascoltava... Sì, ora si inebriava di quel silenzio, ci si immergeva, lo respirava, ci si perdeva...

"Non è consolante?"

Lui si era fermato, una leggera folata di vento si era alzata. Sentiva il suono sottile del vento stormire tra le chiome oltre la radura, e il fruscio delle foglie attorno a lui. Chiuse gli occhi.

Ascoltava... si faceva respirare da quel silenzio e dal rumore del vento che accarezzava gli alberi.

Rimase così, in ascolto, in attesa delle parole di lei.

La luce del sole di mezzogiorno filtrava tra le sue palpebre, formando macchie ondulate di forme indistinte, che pure, per un attimo, gli ricordavano qualcosa...

"Apri gli occhi. Guarda...", riprese la voce di lei. Attorno a lui, foglie morte danzavano e vorticavano nel vento. "Ammira questa danza: le foglie... non sono forse contente di morire? È giunto il loro momento: il loro tempo è maturato. I mesi dei fiori e delle promesse sono passati in fretta, ma infine l'estate non è trascorsa invano: crescendo, a imitazione del cielo e del sole, le foglie si sono adornate dei colori più belli - sono l'abito di festa degli alberi, del cielo e del sole - , e proprio quando hanno raggiunto la loro perfezione, devono morire: muoiono vestite a festa; offrono ai tuoi occhi l'estremo sacrificio e il loro compimento, in attesa di rinascere... non è commovente tutto questo?"

Lui, in piedi davanti ai gradoni della radura, contemplava, tra le macchie degli alberi e degli arbusti, le stille dorate e brune scintillanti al sole, che cadevano sul prato; presentiva il rumore delle foglie rinsecchite che avrebbero crepitato sotto i suoi piedi appena si fosse mosso. Era incantato dal mistero della grandiosa gratuità del loro sacrificio: come poteva tutta quella bellezza andare perduta?

"Sì, tutto questo è bello... è commovente, ma..."

"Ma..." lo incalzava lei, dolcemente.

"Ma insomma, questo non è un vero bosco. È un parco urbano. Tra poco, camminando lungo questo sentiero ghiaioso coperto di foglie, vedrò rispunta le case, i cortili, gli alti palazzi condominiali di periferia, le insegne dei capannoni industriali; sentirò il rumore del traffico e tu... tu..."

Non ebbe la forza, il coraggio di continuare. La voce di lei, sottile e delicata come il sussurro del vento tra le foglie, ora taceva. Un silenzio assoluto tornò calò di nuovo su ogni cosa.

"Tu... te ne andrai... e rimarrò solo e perso, tra quelle case e quelle strade estranee e insignificanti..."

Tacque. I suoi occhi, ora malinconici, fissavano il punto di fuga del viale che, perpendicolare alla radura, portava fuori del parco, verso la città.

Poi, dopo un tempo indefinito di secondi o di anni, chiese: "ci sei ancora?", cercando inutilmente di nascondere il suono strozzato della propria voce.

Il dolce fruscio del vento riprese a sollevarsi tra le chiome; un paio di foglie volteggiarono attorno a lui, andando a raggiungere, dopo una breve danza, le loro compagne che giacevano tra le radici degli alberi e il vialetto.

"Certo, sono qui. Ma non devi pensare questo. Io ci sarò sempre. Sarò sempre qui. Tu parli così perché guardi in basso, e la tua vista è coperta da questi rami e da quei palazzi. Tu pensi così quando guardi le cose, ma senza vederle, altrimenti sapresti che sono sempre qui... con te".

"E come?"

"lo so a cosa stai pensando... ai boschi, al lago: la grande distesa che brilla azzurra sotto il sole, abbracciata dalle rive verdi e sicure della tua infanzia e della tua giovinezza, dei tuoi sogni e della tua anima... ma non vedi? Vieni in questa radura e guarda!".

Lui fece qualche passo e uscì dall'ombra del sentiero, nel grande prato circondato dagli alberi. Avanzò fino al centro della radura, fin dove non erano più visibili le tracce della città.

"Guarda in alto. Guarda il cielo..."

Lui si sdraiò per terra sull'erba e guardò il cielo.

"Lo vedi?"

Da quel punto, non si vedeva la cornice degli alberi che delimitavano lo spiazzo, né altro che il cielo. Aspettò che un aereo passasse e che la scia sottile scomparire di nuovo nel blu. Rimase immobile per qualche minuto, senza fare altro che guardare e aspettare, finché i suoi occhi, all'improvviso, brillarono.

"Lo vedo... il lago!... Era un cielo come questo, sul lago, quando... eravamo insieme. Quando ero piccolo e mi cullavi, mi sembrava di essere tra le sue onde, tra le ali dei cigni. Quando, da ragazzo, ci abbracciavamo e ti baciavo, mi sembrava di immergermi nel cuore tiepido dell'azzurro e di sciogliermi, di essere assorbito dai raggi del sole che brillavano sulle increspature dell'acqua, abbagliato dai riflessi verdi dei tuoi occhi... quando giacevo sulla riva a guardare i flutti, perdendomi nel sussurro leggero dello sciabordio, sapevo che tu c'eri e vegliavi su di me. Eri nei canti degli uccelli, nel solco acquatico della processione dei cigni e delle anatre coi loro pulcini; eri nella luce e nel silenzio del cielo, del sole e delle nuvole... sapevo che mi amavi e che eri con me, in me; e io in te. Come ora, e come sempre".

"Sì, come allora, come ora. E come sempre", gli fece eco lei.

Lui stette lì, immobile in mezzo alla radura, finché il sole non scese dietro i palazzi, il cielo non si fece rosso, e poi grigio. Col crepuscolo, i contorni scuri degli alberi sfumavano gradualmente nello sfondo del cielo.

Il vento si alzò. Le foglie stormirono. Alcune di esse, trascinate dalla brezza, al termine di un'ultima danza, si posarono su di lui, come carezze sulla morbida pelle dell'amata.

Lei, da qualche parte in mezzo al bosco tra le foglie, o forse dietro una nuvola, sorrideva. 

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