Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 40: Carpe diem

Firenze, 1471

«Certo che voi due avete un vero talento per cacciarvi nei pasticci!» riuscì a grugnire Gittato tra una lacrima e l'altra, ancora scosso dalle risate. «Eguagliato soltanto dalla vostra sfacciata fortuna!» Si piegò nuovamente in avanti stringendosi lo stomaco.

«Ridi bene tu, io per poco non me la sono fatta nelle mutande» mormorò Neri stizzito. Poi si voltò a cercare la ragazza che li aveva fatti entrare, ma non la vide nei paraggi. «Enna?» chiamò. «Possiamo avere un altro po' di vino?»

La voce infastidita della ragazza gracchiò dalla stanza adiacente: «Prendetevelo da soli, non sono una serva!»

Beh, lui l'avrebbe anche fatto, ma non aveva idea di dove gli abitanti della casa tenessero le scorte, e comunque non si vedeva un accidente con tutte le imposte sbarrate!

Naturalmente, dopo aver lasciato la taverna non si erano diretti a casa – ovvero il primo posto dove gli sgherri di Domenico di Giovanni sarebbero andati a cercarli – ma si erano recati invece in quell'abitazione diroccata in via dei Calzaiuoli, la quale univa piazza del duomo e piazza della Signoria come un ponte tra i due poli del potere a Firenze: quello religioso e quello politico. Era una via parecchio trafficata a causa delle numerose botteghe che fiorivano ai lati, incolte come cespugli di ginestra, ma nessuno sembrava notare il via vai dall'eremo disabitato di cui Gittato e altri ragazzi di strada si erano appropriati. Non era comodo, Neri doveva riconoscerlo, ma era un buon nascondiglio per il momento.

E poi, solo qualche settimana prima, avrebbe fatto i salti di gioia per un posto come quello; era diventato troppo viziato.

«Lascia perdere il vino» disse Leonardo, seduto accanto a lui su una panca di legno marcio lasciata dai precedenti proprietari. «Gittato, raccontaci invece come è andata la tua impresa. Sei sicuro di aver provveduto proprio a tutto

L'altro si asciugò il viso umido e paonazzo, che metteva ancora più in risalto i suoi occhi di smeraldo, e annuì dicendo: «Certo, ve l'ho detto. È tutto distrutto: schizzi, modelli in cera, in gesso... ogni cosa! Io e un paio di ragazzi ci siamo infilati dentro da una finestra che avevano dimenticato aperta – pensate che idioti, non abbiamo nemmeno dovuto faticare! – e abbiamo preso a randellate tutto quello che ci è capitato sotto mano. Poi ho raccolto le pergamene e gli ho dato fuoco. Non è rimasto nulla a quel tizio, te l'assicuro.»

Povero Pollaiolo, pensò Neri con una punta di compassione, ci è andato di mezzo pure il suo lavoro. Ma d'altra parte non potevano sbarazzarsi soltanto del materiale preparatorio per il David, doveva apparire come un anonimo assalto alla bottega o il proprietario avrebbe potuto prendersela con Verrocchio credendolo colpevole di un atto di vendetta personale nei suoi confronti.

«Bene, anche questa è risolta» sospirò Neri stiracchiandosi le gambe.

Leonardo lo imitò un istante dopo, lasciandosi sfuggire un languido sbadiglio. «Io me ne vado a dormire allora.» Rivolse a Gittato uno sguardo stanco attraverso le palpebre pesanti con una domanda implicita.

«Ah, beh, se non ti dà fastidio 'sta gazzarra puoi sistemarti qua sotto» rispose l'altro ragazzo facendo un cenno della testa verso la stanza accanto, in cui a tratti esplodeva il vociare degli altri inquilini, intenti in una partita ai dadi – la voce stridula di Enna sopra le altre. «Ma se preferisci, su c'è una stanza vuota che non usa mai nessuno. Devi solo arrischiarti a salire per quel pezzo di legno ammuffito!»

In effetti la scaletta a pioli che portava al piano superiore sembrava pericolosamente cedevole, ma Leonardo si avventurò su comunque.

Neri rimase a fissare il bordo sbrecciato della sua tazza, ormai vuota e incapace di stordirlo e placare il senso di vertigine che si stava impadronendo di lui mentre l'amico si allontanava. Ora che il pericolo era passato e la tensione si era dissolta, la sua anima era libera di vagare nuovamente verso quei pensieri che aveva relegato negli angoli bui della sua mente, e verso quei sentimenti che aveva ricacciato sul fondo del suo cuore.

All'improvviso, gli ripiombò tutto addosso: l'amarezza, il senso di colpa, il desiderio.

La lotta selvaggia che sentiva infuriare nel petto dovette raggiungere in qualche modo il suo viso, increspando la sua espressione come uno stagno agitato dal vento, perché Gittato sembrò leggere chiaramente quelle emozioni ribelli. «Neri,» disse con tono provocatorio, ma libero da scherno, «la nostra vita è quella che è. Noi non abbiamo il lusso di guardare al domani, oggi è tutto quello che abbiamo. Non aspettare per avere ciò vuoi, prenditelo, perché sei tu l'unico che può farlo. E non vale la pena sprecare il poco tempo che ci è stato concesso su questa terra solo per paura. Carpe diem, amico mio. Ma guarda, mi fai pure parlare in latino!» Si alzò ridacchiando e si diresse verso l'allegra brigata nell'altra stanza muovendosi nell'ambiente buio con la sicurezza data dalla pratica.

«Che fai, sei ancora qui?» sbottò, ancora sulla soglia.

Gittato aveva ragione.

Neri non voleva che le cose tra lui e Leonardo restassero a quel modo, che lui credesse ... Ma come poteva fargli capire quello che aveva fatto, e perché lo aveva fatto? Come poteva confessargli quello che provava davvero? Come, quando era perso in un girone del suo inferno personale senza guida alcuna?

Eppure doveva trovare un modo. Lo doveva a Leonardo. Lo doveva a se stesso. Il ricordo di quel bacio cantava ancora dentro di lui, e Neri non era pronto a rinunciare a quella dolce melodia.

La scala traballò sotto le sue suole, ma resse. Le assi del pavimento – miracolosamente intatte – erano le uniche decorazioni dello stanzone che si apriva davanti a lui, appena rischiarato da un alone rosato in cui danzava leggiadra una miriade di granelli di polvere.

Leonardo era accanto alla finestra. Aveva schiuso una delle imposte per lasciar entrare l'aria pungente della sera, ma non tanto da fare notare una presenza all'interno della casa dalla strada sottostante o dagli altri edifici lì intorno; il sole che tramontava riversava nel cielo un rosso sanguigno attraverso striature scure di nuvole infrante. Era una vista magnifica, ma Neri non riusciva a staccare gli occhi dal profilo di Leonardo.

Sembrava stanco, ma non come chi è intorpidito dal sonno – come chi porta un peso. La luce gli baciava la linea leggermente inarcata del naso, laddove una piccola gobba faceva capolino, per scendere poi a sfiorargli le guance dagli zigomi alti, e le labbra.

Come desiderava Neri essere un raggio di quel sole morente per potersi adagiare su quelle labbra, seppur per i brevissimi ultimi istanti di un tramonto.

Da dove iniziare? «Leonardo...»

«No, aspetta» lo interruppe l'altro ragazzo sollevando una mano. Fece un respiro profondo a occhi chiusi, e disse: «Ho sbagliato tutto con te, come faccio sempre d'altra parte. Fin dall'inizio ho sperato che...» La sua voce si affievolì, abbandonandolo senza preavviso. «Desideravo – no, pretendevo – che tu pensassi a me nello stesso modo in cui io pensavo a te. Ero disposto a tutto pur di vincere il tuo affetto: ho provato a starti accanto, e tu non mi hai respinto; poi ho lasciato che fossi tu a voler restare al mio fianco, e nonostante tutto il marcio nella mia anima che ti ho mostrato tu sei rimasto. Mi sono convinto più e più volte che tu provassi qualcosa per me, come io per te. E lo ammetto, mi sono lasciato andare troppo facilmente al pensiero che ormai fossi mio, senza vedere che, in realtà, non ti ho mai dato una scelta. Ho deciso che dovevi amarmi, e da quel momento ho dato per scontato che l'avresti fatto. In quel momento, ho dannato me stesso. E ho tradito te.»

Leonardo parlava con una calma che metteva i brividi; un sorriso gli increspò le labbra, e solo allora Neri si accorse che una lacrima solitaria gli accarezzava la guancia, sparendo nelle ombre che incorniciavano il suo viso.

«Leonardo, che dici...» La realizzazione di quelle parole si strinse intorno alla sua gola come un cappio.

«Tu mi hai offerto la tua amicizia – anzi, mi hai offerto molto di più: fiducia, conforto, perdono. Tu hai accettato i miei sbagli, sei accorso in mio aiuto senza esitare, senza mai chiedere nulla in cambio. Eri addirittura pronto a sacrificare te stesso con il capitano Valls, per Dio! E cosa ho mai fatto io? Ti ho ferito e mortificato con la mia gelosia e ti ho punito con l'indifferenza quando non lo meritavi!»

Spinto da una forza più grande di sé, Neri mosse un passo verso di lui, accompagnato da un lieve cigolio delle assi del pavimento. Si bloccò, sentendo il coraggio venirgli meno. Prima che l'ultima scintilla d'ardimento si spegnesse dentro di lui, coprì la breve distanza che lo separava dall'altro ragazzo con due falcate decise. E rimase lì, immobile, attendendo che gli occhi scuri di Leonardo si staccassero dalla finestra e si posassero sul suo volto. «Anche tu mi hai dato molto. Più di quanto io abbia mai osato desiderare, o anche solo sognare!» Neri gli prese una mano nelle proprie, e se la portò al petto. «Non capisci, Leonardo? Tu mi hai dato tutto. Il mio cuore è stato tuo dal momento in cui ti ho visto.»

Lo sguardo di Leonardo si colmò di puro e semplice stupore. Non riusciva più a parlare. Così lo fece Neri.

«Io... mi sono comportato in modo orribile, e tu hai tutte le ragioni per detestarmi.» Rise amaramente, lasciando che la mano sul suo petto scivolasse via. Non sopportava quel contatto mentre si preparava a ciò che stava per dire. «Io e Botticelli ...»

«Non importa» lo frenò Leonardo, scuotendo la testa in segno di rifiuto.

«No, devi ascoltare. È vero che per un momento ho provato... delle sensazioni con lui. Non sapevo bene cosa pensare, e poi c'eri tu che continuavi a confondermi...»

«Davvero, non devi spiegare nulla. So bene che Sandro sa essere incredibilmente affascinate quando vuole...»

«Tutti voi artisti lo siete! Il punto non è questo. Ho mentito, Leonardo. Quella notte non è successo niente tra me e Sandro; me ne sono andato via da casa sua correndo come un pazzo, e mi sono addormentato per strada perché il mio orgoglio mi ha impedito di tornare a casa.»

La bocca di Leonardo, allora, si schiuse in un muto verso di confusione.

«Ti ho lasciato credere il contrario, però» riprese Neri con voce incrinata, «perché spiegarti quello che era successo veramente voleva dire ammettere quello che non ero pronto ad ammettere, nemmeno con me stesso.» La sua gola sembrava restringersi sempre più; era quasi impossibile spingere le parole fuori, ma era anche una liberazione. Finalmente, dopo tanto tempo, poteva dirlo. «La verità è che ti amo più di quanto vorrei, e ho bisogno di te più di quanto mi sia possibile tollerare. Ma nonostante tutto non riesco a immaginare una vita senza amore, non ora che capisco cosa significa appartenere a qualcuno. E soprattutto non posso immaginare di appartenere a nessun altro che a te, Leonardo da Vinci. Mai.»

Neri non fece in tempo a riprendere fiato che Leonardo lo aveva già attirato a sé, schiantandosi contro la sua bocca con furia tale da fargli male. I loro denti cozzarono con uno schiocco, le loro fronti si urtarono facendo esplodere un lampo dietro alle palpebre chiuse di Neri, ma le loro dita continuavano ad aggrapparsi disperate al corpo dell'altro, cercando di colmare quello spazio sottile come un capello che li separava. Erano una massa di arti avviluppati, nessuna distinzione tra la fine di uno e l'inizio dell'altro, una massa pulsante di desideri a lungo sopiti e ora portati alla luce.

Ma ancora non bastava. A nessuno dei due.

Neri sentì le braci che tanto a lungo aveva covato nel proprio petto esplodere finalmente in una fiamma indomabile, e affondò le mani tra le onde corvine dei capelli di Leonardo, lasciandosi spingere contro l'anta della finestra alle sue spalle. Era quasi buio ormai, ma lui voleva vedere; afferrò l'imposta ancora chiusa e la spalancò, senza nemmeno farsi sfiorare dal pensiero di poter essere scoperti dall'esterno, e tornò a cercare il saldo sostegno della parete dietro di sé mentre Leonardo faceva scivolare le mani sotto l'orlo della sua camicia, tracciando con quelle dita abili e precise ogni linea e ogni curva del suo stomaco, come a volere imprimere la forma del suo corpo nella memoria. Poi le labbra del ragazzo iniziarono una pericolosa danza lungo la tenera curva del suo collo, proprio nel punto sotto cui il folle battito del suo cuore pulsava. Neri abbandonò il capo all'indietro, senza fiato, e trovò sollievo nel freddo metallo delle sbarre poste alla finestra. Riluttante, lasciò andare la morbida chioma di Leonardo per stringere le dita sulle sbarre, avvolgendosi intorno a esse come una vite e inarcandosi contro il fremito dell'altro ragazzo.

«Dove sei stato per tutto questo tempo?» gli sussurrò Leonardo all'orecchio.

Neri gli rispose con un gemito che era a un tempo supplica e comando, e permise alla sua bocca di vagare su di sé, di sondare parti del suo corpo ancora inesplorate; ora con ardore bruciante, ora con infinita tenerezza. Si abbandonò ai bisogni dei suoi sensi e della sua anima, e si lasciò amare, perdendosi nelle profondità più oscure degli occhi di Leonardo.

Ma senza più temerle, ormai.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro