Capitolo 23: Seguire gli indizi
Firenze, 1471
Due famiglie rivali, acerrime nemiche appartenenti a fazioni opposte e in lotta tra loro.
A dividerle soltanto un muro.
L'odio e la rivalità tra i Cerchi e i Donati erano tali che si temeva arrivassero al punto di abbattere nel cuore della notte le mura interne che separavano le loro abitazioni confinanti, per cogliere i nemici impreparati nei loro letti.
La perigliosa vicinanza tra le due famiglie e le conseguenze che ne potevano derivare spinsero dunque la magistratura fiorentina a deliberare che le loro rispettive proprietà fossero separate per mezzo di un vicolo. Le particolari condizioni in cui questo nacque gli valsero appunto il nome di vicolo dello scandalo.
Tutti i fiorentini conoscevano quella storia anche se era passato più di un secolo, e a Neri parve quasi di udire l'eco fantasma dei colpi del maglio sulla pietra mentre attraversava la stradina angusta e ombrosa.
«Allora, com'è andata? Hai scoperto qualcosa?»
Leonardo si staccò dalla parete chiazzata di umidità e muffa per andargli incontro. Quando Neri gli aveva spiegato il suo piano, il giovane aveva insistito per accompagnarlo, ormai stanco di rimanere in disparte a piangersi addosso. L'essersi liberato del suo fardello e l'appoggio incondizionato del gruppetto lo avevano reso nuovamente il Leonardo spavaldo e solare che lui ammirava. Era pronto a lottare per riprendersi la sua vita e a dimostrarsi degno dell'affetto che la sorella e i suoi nuovi amici gli avevano concesso così liberamente.
«Mah, non saprei» rispose Neri grattandosi la nuca con frustrazione. «Onestamente questo tizio non mi dà affatto l'impressione d'essere capace di tanta malizia. Il nostro uomo non può essere un popone come il Pollaiolo!»
Si era presentato alla bottega con la scusa di dover consegnare un pacco e aveva curiosato in giro, ma non aveva trovato risposte soddisfacenti.
Leonardo sospirò avvilito. «Ne sei assolutamente sicuro? Magari non è proprio lui quello con cui abbiamo a che fare, ma qualcuno che lavora al suo servizio. Insomma, deve pur sapere qualcosa di questa storia! Non può essere del tutto innocente se accetta di riprodurre un'opera la cui paternità non gli appartiene.»
«Capisco perfettamente Leonardo, ma il mio istinto dice che c'è molto di più dietro.»
Il giovane ridacchiò e disse: «E il tuo istinto non commette mai errori, eh?»
«Sarei qui a vantarmene sennò?» replicò Neri con un sorriso sfrontato.
«D'accordo, mi fido di te. Ma che mi dici del tuo amico Gittato, farà la sua parte?»
«Non preoccuparti di lui, se ha detto che ci aiuterà manterrà la parola.»
Leonardo scosse lentamente la testa. «Non ho mai conosciuto delle canaglie che fossero più oneste d'un chierichetto.»
«Noi amiamo distinguerci dalla massa.» Neri fece l'occhiolino all'amico e si incamminarono insieme verso casa, dove Piera li attendeva sicuramente infuriata per averla lasciata indietro.
Il primo passo da fare per sbrogliare quella matassa di quesiti irrisolti era scoprire l'identità del ricattatore. Poi – forse – sarebbero stati in grado di porre un freno alle sue angherie nei confronti di Leonardo. Il ragazzo non aveva mai nemmeno tentato di venire a capo della faccenda per timore di inimicarsi ancor di più il misterioso ricattatore, quindi non avevano altro indizio se non la scoperta di Neri e Piera del luogo in cui finivano i disegni clandestini di Leonardo. Per questo motivo la bottega di Antonio del Pollaiolo era stata il punto di partenza della loro indagine.
L'artista era notoriamente in competizione con il maestro Andrea del Verrocchio, e il desiderio di uscire dall'ombra di un rivale più popolare rappresentava un movente più che valido.
L'aspetto meno chiaro di quella soluzione forse un po' troppo sbrigativa era come l'uomo fosse venuto a conoscenza delle attività illecite di Leonardo. Spinto da un interesse di tipo accademico per l'anatomia umana, come molti altri artisti e come Leonardo stesso, il Pollaiolo poteva aver partecipato a una delle lezioni di D'Azzi e aver appreso così i nomi dei frequentatori di quel macabro circolo, decidendo poi di sfruttare quelle informazioni per il proprio tornaconto; oppure, voce delle strane occupazioni del ragazzo poteva essere giunta alle sue orecchie grazie all'imprudenza di un altro dei partecipanti. Tuttavia quell'ipotesi pareva meno probabile, dal momento che tutti si impegnavano a mantenere il più assoluto riserbo sulle riunioni in presenza di estranei proprio per evitare complicazioni con la legge.
Ora che Neri aveva incontrato il loro sospettato principale, però, non riusciva a credere che fosse davvero capace di ordire un tale piano ai danni di Leonardo e del suo maestro.
Forse avrebbero ottenuto le risposte alle loro domande in un altro modo.
Era lì che entrava in gioco Gittato. Il ragazzo si sarebbe attaccato come una piattola all'uomo che era solito prelevare le bozze di Leonardo e lo avrebbe seguito per tentare di scoprire chi fosse e per chi lavorasse. Di sicuro non poteva essere lui il responsabile di quella storia, era più probabile che fosse un lacchè.
Quella mattina, prima di recarsi alla bottega del Pollaiolo, Leonardo aveva lasciato un biglietto su cui era indicato un luogo d'incontro all'oste di una taverna sul lungofiume, proprio come era solito fare quando aveva una consegna pronta. Solo raramente – e cioè quando il ragazzo tardava a farsi vivo – quel tizio si avventurava fino a casa sua per esigere il tributo. Quindi, tutto ciò che Gittato doveva fare era appostarsi nella taverna e attendere il suo arrivo.
Anche per loro non rimaneva altro che aspettare e cercare di far passare il tempo.
«Ma quanto ci mette?» bofonchiò Piera tra uno sbadiglio e l'altro.
«La pazienza è una virtù che le donne dovrebbero possedere in abbondanza. Dovresti sapere meglio di me che certe cose hanno bisogno del loro tempo, ma sei solo una mocciosa quindi...»
Piera lo colpì a un fianco con la granata, ma l'unico fastidio che gli provocò fu un leggero solletico quando i rametti di saggina si impigliarono nei suoi abiti.
«Smettetela voi due, siete peggio di cane e gatto!» brontolò Leonardo dal suo cantuccio accanto alle braci ormai spente.
La notte era strisciata via con lentezza inesorabile, lasciando in loro un senso di irrequietezza mista a sfinimento che non riuscivano a scrollarsi di dosso nemmeno punzecchiandosi l'un l'altro. Con l'alba ormai alle porte, anche Neri precipitò nel mondo dei sogni, raggiungendo i compagni di veglia che avevano ceduto alle braccia di Morfeo prima di lui.
Tre colpi decisi sulla porta li fecero balzare in piedi contemporaneamente.
«Sono io, aprite» annunciò la voce stanca di Gittato.
Neri si precipitò ad aprire, sempre vigile e pronto a scattare.
I tre ragazzi rimasero a fissare con ansia il nuovo arrivato mentre si accasciava su una seggiola e si stropicciava gli occhi.
«Non c'è qualcosa da bere?» chiese.
«Vuoi un po' d'acqua? Te la prendo» si offrì Piera riscuotendosi dal torpore.
«Acqua!» esclamò indignato Gittato. «L'acqua è per i bambini e per gli infermi. Passami qualcosa di forte.»
Gli ci vollero un paio di bicchieri del liquore di Leonardo per inumidirgli la bocca e renderlo incline a condividere le sue scoperte. «Ordunque» iniziò, «credo proprio di aver fatto centro.»
«Hai scoperto chi è che ricatta Leonardo?» chiese Neri.
L'altro ragazzo annuì gravemente e disse: «Quello, e altro ancora. Proprio come abbiamo pensato, il tizio con la camminata sbilenca che ritira i bozzetti lavora per qualcuno ben più in alto di lui, un certo Domenico di Giovanni. Sono arrivato fin sotto casa sua, non è molto distante dalla basilica di San Lorenzo. Il bastardo si tratta bene, sapete?» Gittato emise una risata amara. «Non ho avuto modo di indagare a fondo su di lui, ma ha tutta l'aria d'essere un bifolco arricchito.»
«D'accordo, capito. Che altro?» insisté Neri.
«Ho assistito a una breve conversazione tra servo e padrone, ma è stata sufficiente per cogliere il succo della faccenda. Questo tizio sta tramando qualcosa e a quanto pare ha mezzi notevoli a sua disposizione. Si è parecchio incazzato quando il suo tirapiedi gli detto che non ti sei fatto vivo» disse rivolto a Leonardo. «Poi hanno iniziato a parlare di quell'altro... come hai detto che si chiama?»
«Antonio del Pollaiolo» si intromise Piera con aria saputa, «lo conoscono tutti.»
«Sì, lui» Gittato la liquidò con un gesto della mano. «Comunque, il servitore stava lì a raccontargli di come questo Pollaiolo diventi sempre più recalcitrante; ormai ha capito da dove provengono gli schizzi del David e si rifiuta di firmare un'opera del suo rivale, gli sarebbe insopportabile raggiungere la vetta grazie al Verrocchio.»
«Ma certo, è più che comprensibile» mormorò Leonardo. «Questo significa che il Pollaiolo non sta agendo di sua iniziativa. È stato in qualche modo ingannato.»
«O ricattato» lo corresse Gittato. «Sapete cosa ha risposto messer di Giovanni al suo servo? Ha detto: 'E tu ricordagli cosa ha da perdere se non ingoia l'orgoglio e non si limita a fare la sua parte'.»
Neri prese a camminare su e giù per la stanza, riflettendo. «Pollaiolo è una pedina, come Leonardo. Questo Domenico di Giovanni sta sfruttando entrambi. Ma perché? Che interesse ha a rubare l'opera di un artista per costringerne un altro a prendersene il merito? Sembra folle soltanto a me?»
Gli altri lo fissarono senza una risposta.
«Non importa quali siano le sue motivazioni» disse infine Piera. «Ora che sappiamo chi è che manipola mio fratello, come lo facciamo smettere?»
«Niente di più semplice» rispose Gittato con un ghigno disegnato sul volto, «lo ripaghiamo con la sua stessa moneta, lo ricattiamo.»
❝Nota dell'autrice❞ Popone è un termine toscano che indica il melone, talvolta usato anche come sinonimo di persona poco furba e lenta. La parola deriverebbe dal greco pèpon, ovvero cotto al sole, maturo.
Il termine granata indica la scopa, nello specifico quella formata da mazzetti di saggina essiccati e legati attorno ad un bastone. Prende il nome dagli steli del grano da cui è costituita.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro