Il Labirinto di Spine - Capitolo 11
Non importa se fuori c'è il sole quando il temporale te lo porti dentro.
(Lucrezia Beha)
Profumo di Hawaii. Di mare. Di vento. Di fiori. Vago per i campi di vaniglia. Come ci sono arrivato chissà. Il giallo dei fiori avvolge la vegetazione verdeggiante, il profumo inebriante, dolce, legnoso, eccitante e afrodisiaco stuzzica la mia fantasia e i miei sensi mentre una ragazza cammina seducente verso di me. I suoi capelli volteggiano nell'aria ondeggiando come spighe di grano in un campo. Indossa un vestito Papavero. Il suo sorriso nasconde qualcosa di incredibilmente misterioso e rappresenta la massima femminilità per me. I suoi occhi color prateria mi rapiscono portandomi in luoghi inesplorati. Le sue labbra rubino sono veleno. Il suo bacio è la fusione quasi irreale e proibita delle nostre anime. L'esperienza più bella della mia vita che mi fa trasalire violentemente, così vertiginosa e assolutamente stravagante e inaspettata che il cuore sbatte così forte contro il torace che penso possa fuggire via da un momento all'altro. Vorrei rimanere tra le sue braccia senza respiro per sempre. La mia creatura angelica che mi strega annebbiando i miei sensi e il mio essere è un meraviglioso diavoletto. Sussurra il mio nome come un delicato canto. Lei mi imprigiona in questo Limbo. Io semplicemente non cerco di andarmene. Ho capito che è più facile rimanere bloccati qui, nel nulla cosmico con la finta Raven, che aprire gli occhi e tornare alla realtà. La vita è troppo complicata, dura e piena di sofferenze. Non ce la faccio. Nemmeno con lei al mio fianco. Perché nella realtà Raven è un rebus infinito e indecifrabile, è impetuosa come le acque che sfondano gli argini, è ingestibile, è irruenta, capricciosa, smorfiosa, insopportabilmente adorabile. Lei è semplicemente la ragazza che amo. Innamorarmi non è mai stato nei miei piani ma è successo. Forse in un momento sbagliato della mia vita perché per quanto mi sforzi non potrò mai darle quello che merita. Io non sono giusto per me, figurarsi per lei. Siamo troppo diversi. Troppo incasinati in modi differenti. Lei è la Terra: fertile, azzurra e vitale. Io sono Farout: così distante anni luce dal Sole che ci impiega 1.000 anni per fare un giro completo, gelido e inospitale. Come possiamo anche solo ambire di coesistere nella stessa Galassia?
"Torna da me Ragazzo Solitario" risuona continuamente nella stanza d'ospedale dove mi trovo. Mi sembra di essere qui da un'eternità eppure lei non ha ancora rinunciato a me. Ma io? Io ho rinunciato a combattere quando il cuore si è fermato per la seconda volta. Faceva male. Era distrutto dal dolore fisico ed emotivo. Ho cercato di afferrare la mano di Lara e andare con lei nel fascio di luce arcobaleno ma ho esitato, per non privarmi per sempre anche di Raven, così ho perso la mia occasione di abbracciare la morte e di farmi trafiggere dalle sue gelide unghie nella mia carne. Non mi rimane che questo sogno. Il mio angolo di felicità e paradiso nel mio impenetrabile labirinto di Spine. Non voglio rinunciarvi. Là fuori sarebbe tutto diverso. Là fuori mi scontrerei con la vita e io non ce la faccio a sopportare altro smarrimento, altro dolore e altro odio. E' uno strano dolore il mio. Non ci sono parole che possano descriverlo. Posso solo viverlo quotidianamente sperando che non mi annienti. Dare voce ai pensieri e ai sentimenti è difficile quando il cuore si è spezzato così tante volte che non le conti più. Prima o poi ci sarà qualcun altro che mi deluderà e mi ferirà così profondamente da distruggermi. Se resto qui nessuno potrà farmi male. Mai più. Ma è anche vero che la proiezione di Raven della mia mente non è lei. Non dovrei accontentarmi di un fantasma quando posso avere il mio angelo in carne e ossa. Non voglio pensare al futuro che probabilmente non avremo. Non so chi ti bacerà quando me ne sarò andato, so solo che mi ucciderà molto di più lasciarti andare tra le braccia di un altro che la morte stessa quando deciderà di strapparmi da te e la mia vita si spegnerà come un videogame. Forse dovresti scappare finché sei in tempo. Non lasciarti trascinare nel mio Labirinto. Non permettere alla Spine di distruggerti.
"Se non si sveglia entro tre settimane credo che non ce la farà. L'attività cerebrale è anomala. Probabilmente compromessa dall'intervento che ha subito e dai due arresti cardiaci. Non so dire se è in qualche modo cosciente, reattivo a quello che succede attorno a lui o se semplicemente si sta spegnendo lentamente diventando una patata che non è in grado di pensare, parlare e provare niente. Vorrei darti le risposte che cerchi ma la mente umana è ancora avvolta da un mistero che nemmeno il più bravo medico sa decifrare. Non ci resta che aspettare e pregare per un miracolo."
"Jace."
Le sue lacrime che scivolano sulle mie gote, bruciano e mi corrodono la pelle come l'acido. E' come se la brutta notizia che le ha appena comunicato la dottoressa potesse insinuarsi nella carne e divorami dall'interno come un coleottero Dermestes. Quello che provo è vero dolore. Non lo sto immaginando. Sto morendo. Non c'è nulla che possa fare per fuggire. La morte mi trova sempre.
"Non mi lasciare ok? Non lo sopporterei!"
La sua mano si stringe alla mia. Con tutta la forza che ho cerco di stringere la mia alla sua. Ma riesco semplicemente a muovere in modo circolare e quasi impercettibile un dito. Per pochi secondi.
"Jace." sussulta. "Dottoressa ha visto?"
"Potrebbe non significare niente ed essere semplicemente un movimento involontario."
"No. Ha fatto la stessa cosa una volta che eravamo abbracciati. Mi accarezzava facendo dei cerchietti sulla mano. Mi faceva il solletico."
"Le pupille sono reattive. Forse hai ragione e c'è speranza. Lo comunico ai genitori."
"Lo sapevo che saresti tornato da me amore."
Amore... una stupida parola che racchiude troppo per il mio cuore malato.
Il cuore vibra così forte che potrebbe scatenare uno tsunami. Non voglio più fermarmi a pensare. Voglio vivere i brividi e le sensazioni che mi scateni ogni istante, quindi ti amerò ora, come se fosse tutto ciò che ho. Proverò a seguire la tua voce per uscire dal vuoto.
Non ho bisogno che sia facile. So che non lo sarà. Ma non ho paura. Sono abituato a combattere. Affronterò la morte per te. Ho solo bisogno che ne valga la pena.
"Devo andare a scuola adesso. Non vedo l'ora di dire ad Alec e a Will che ti stai riprendendo. Ci vediamo nel pomeriggio Ragazzo Solitario."
Un bacio veloce. Il tocco leggero delle sue labbra. Non chiedo niente di più. Potrei anche morire adesso ma non posso. Devo rimanere vigile e duellare contro la morte per tornare da Raven. Voglio scoprire e vivere ogni istante del nostro amore.
Qualcosa brucia nelle vene come lava. Fa male. Il cuore pompa veleno nel mio corpo che si agita come se avesse una crisi epilettica. Le macchine non suonano. Nessuno saprà che sto male. Nessuno mi salverà questa volta. Io di sicuro non posso salvarmi dal farmaco che mi sta gocciolando veloce nel braccio dalla flebo.
"Non posso rischiare che ti svegli ragazzino. Sai troppo di me e di Lara. Questa volta non sbaglierò. Riposa in pace."
Mi sento strano. E' come se le cellule si disintegrassero ad una ad una. Il sangue sembra trasportare fuoco. Il cuore accelera e poi perde improvvisamente colpi. Mi rimane poco.
Pensa. Pensa. Pensa.
Non arriverò mai al pulsante d'emergenza dietro al letto. Chiedere aiuto è impossibile. Sono intubato e non riuscirei a parlare comunque. Non riesco a dare voce ai miei pensieri. E' come se il cervello si fosse scollegato dal corpo per sopravvivere. Mentre il mio corpo suda freddo io sento che dall'interno sto bruciando. E' come se gli organi si stessero liquefacendo.
Concentro le mie forze tutte verso il braccio con la flebo. Lo muovo cercando di staccare l'ago dalla vena. Mi dimeno con fatica. Gli occhi si appannano. Mi sembra di vedere tutto ovattato. Lo stomaco mi fa male e ho una sensazione fastidiosa di nausea che si propaga dallo stomaco fino alla trachea. Posso sentire il gusto acido del vomito. La testa è strana.
La sensazione aumenta e diventa così intensa che mi sento svenire. Per fortuna il reflusso gastroesofageo mi fa sollevare di scatto facendomi vomitare. Il movimento improvviso è bastato al mio scopo. L'ago della flebo al veleno piantato nel mio braccio si strappa dalla carne riversando il liquido giallo sul pavimento bianco. Ma credo, visto il sangue che schizza, che la vena si sia lacerata nel peggiore dei modi. Sprofondo nel letto col braccio che penzola perdendo sangue. La ragione scivola via facendomi perdere i sensi. Buona notte mondo crudele.
"Jaceeeee" l'urlo disperato di Raven risuona in tutto il reparto.
"Cosa succede signorina!?" corre l'infermiera. "Santo Cielo!"
Mi benda la ferita e chiama subito la dottoressa.
"Come sta il mio paziente preferito?" sorride entrando. "Ma cosa..."
"L'ha trovato così la sua ragazza."
"Si è strappato la flebo. Ma perché?"
"Dottoressa... questa è una flebo con doppia dose di Chemioterapia. Il dolore dev'essere stato tremendo. E' come se ti iniettassero una dose di veleno nel corpo."
"Cosa? Non è possibile. Chi ha sbagliato?"
"Nessuno. La flebo l'ho messa io 2 ore fa davanti a lei dottoressa ed era una semplice soluzione salina."
"Nel cestino c'è una tasca a metà con liquido trasparente." dice Raven.
"Qualcuno ha volutamente sostituito la flebo con questa. Ma chi? Dobbiamo subito chiamare la polizia e farci dare i filmati di sorveglianza."
"Hanno cercato di uccidere Jace?"
"Non lo escludo signorina Raven."
"Ma perché? Jace non farebbe male ad una mosca."
"Questo non spetta a noi capirlo ma alla polizia."
"Ma si riprenderà?"
"Ora lo portiamo a fare tutti gli esami del caso. Lei chiami per favore i signori Vanderbilt."
"Certo."
"E' inaccettabile. Hanno cercato di uccidere mio figlio. Perché non c'era nessuno a proteggerlo?"
"Non pensavamo che qualcuno fosse così audace da provare ad uccidere Jace in ospedale."
"Avete capito chi è?"
"No. Tutte le telecamere dell'ospedale sono andate in Loop per 30 minuti alle 13.30. Ma ora sappiamo che l'obiettivo è Jace e che c'entra la festa del suo compleanno. Dev'essere successo qualcosa di importante quella sera. Ma ancora non ho scoperto cosa. Ma ho già parlato con 160 persone su 248 ragazzi che erano a casa vostra."
"Dannazione! Non avete niente."
"Eric calmati."
"Come posso calmarmi? Prima Lara e ora Jace. Che cos'ho fatto di male per meritarmi tutto questo dolore? Io non posso perdere anche lui."
"Non accadrà. Come hai detto tu, Jace è forte. Non c'è nulla che nostro figlio non possa superare. Hai visto che si è salvato da solo?"
"Lacerando una vena? Per poco non muore dissanguato."
"Però significa che Jace non si è perso nelle tenebre."
"In effetti il suo gesto gli ha salvato la vita. Staccando la flebo ha evitato che si propagassero altre sostanze nocive che avrebbero distrutto le cellule sane e mandato Jace in arresto cardiaco. Grazie all'intervento di sopravvivenza di Jace, le parti di veleno che il suo corpo ha assorbito sono minime. Con la giusta terapia le smaltirà presto."
"Visto? Una bella notizia amore. Grazie dottoressa."
"Vorrei essere ottimista come te Regina."
"E poi vorrei informarvi del fatto che Jace respira da solo adesso."
"Cosa? Davvero?"
"Sì. Le infermiere stanno togliendo i tubi e il respiratore proprio ora."
"Possiamo vederlo?"
"Tra poco."
"Jace amore, io e tuo padre siamo qui per te. Non ti lasceremo mai più. Io volevo rimanere a dormire con te ma la dottoressa non me l'ha consentito. Mi sono assentata solo 4 ore per prendermi cura di tuo fratello e per partecipare ad una videoconferenza aziendale. Mi dispiace così tanto. E' colpa mia. Niente doveva essere più importante di mio figlio. Sono un fallimento come genitore. Non dovrei esserci io qui ma Alice."
"Mamma." sussurro. Ma non pensavo ad Alice che era mia mamma biologica ma a Regina.
"Cosa?"
"Ho sonno."
"Certo tesoro. Riposati. Io sono qui se hai bisogno." mi rimbocca le coperte con amore.
"Non posso affermare con precisione se ci sono danni cerebrali ma il fatto che Jace abbia parlato anche se per poco è positivo. Non posso ancora sciogliere la prognosi ma sono fiduciosa."
"Regina?"
"Uhm?"
"Ti sei addormentata. Vuoi andare a mangiare qualcosa con Eric e Max? Sono scesi ora al ristorante. Sto io con Jace."
"Sì certo. Ok."
"Ciao Ragazzo Solitario." la sua voce suadente mi sveglia dal torpore del mio letargo forzato.
"Eih Nalu! Ciao." sussurro sforzando un sorriso. Mi sento debole e la faccia strana e anestetizzata come dopo che sei andato dal dentista. La gola è secca e ho un bruciore localizzato alla trachea e all'esofago che sembra un principio di incendio in una foresta. Gli occhi li sento gonfi e incatramati come quando ti esce una brutta congiuntivite batterica. Il resto del corpo sembra non aver alcuna intenzione di svegliarsi dall'intorpidimento. Ho le gambe molli che formicolano sospese su una nuvola di piume.
"Sei sveglio?" urla elettrizzata.
"Ssshhh. Non urlare. Ho la testa che scoppia. E' come se me l'avessero spaccata con un martello."
"In un certo senso è così."
"Dove siamo? Cos'è questa puzza di disinfettante?"
"In ospedale."
"Perchè?" mi guardo attorno confuso. Non mi è chiaro se sono in camera mia oppure no. I miei sensi tradiscono ciò che gli occhi non riescono a mettere bene a fuoco. È tutto confuso ma i suoni e gli odori sono quelli tipici di una clinica ospedaliera.
"Signorina Raven la prego di uscire subito dalla camera del signor Vanderbilt. Ogni cosa che dirà potrebbe modificare i ricordi di Jace. E' di vitale importanza che prima parli con me."
"Ehm. Certo. Scusi detective."
"Raven." la cerco tra le sfumature di colore e le ombre che mettono a fuoco i miei occhi. "Non lasciarmi anche tu. Ti prego." Mi muovo accarezzando l'aria cercando il suo viso.
"Tranquillo. Sono qui." mi stringe la mano.
"Non vedo bene. Perchè vedo solo macchie?"
"Va tutto bene. È normale. Sei stato operato. Ma ti dirà tutto la dottoressa tra poco. Vado un secondo fuori. Chiamo anche la tua famiglia. Ok?"
"Torni?"
"Sempre." sento i suoi passi con tacchetti e il suo profumo estivo allontanarsi da me.
"Jace posso farti alcune domande?"
Mi giro di scatto seguendo la voce e cercando di mettere a fuoco quella figura di spettrale fumo davanti a me.
"Lei chi è? Perchè è qui?" chiedo con la voce che trema.
"Sono l'agente Hobart. Sono qui per indagare sul tuo tentato omicidio."
"Di che diavolo sta parlando?" chiedo sempre più confuso.
È tutto così assurdo. Mi sforzo di ricordare qualsiasi cosa ma mi procuro solo un fastidioso martellante dolore alle tempie. Perchè qualcuno vorrebbe proprio uccidere un nessuno come me?
"Qualcuno ha cercato di ucciderti Jace. Due volte."
"Cosa? Uccidere me? Perchè?" prendono vita le mie domande urlando nel vento.
"E' quello che cerco di capire per assicurare alla giustizia la persona che ti ha fatto del male."
"Quando è successo?"
"Beh sei in ospedale da tre settimane. Sei stato ripetutamente colpito con un oggetto contundente e 5 ore fa, io credo lo stesso aggressore, ti ha iniettato del liquido da chemioterapia per avvelenarti."
"E' assurdo."
"Parliamo della tua festa di compleanno. Sono giunta alla conclusione che tutto riporti a quella sera. Devi aver visto o scoperto qualcosa di così importante da renderti un bersaglio e per cui vale la pena uccidere."
"La festa è l'ultima cosa che ricordo. Avevo bevuto tanto. Non so perchè. So che ero triste. Sento quella sensazione opprimente allo stomaco anche ora. Ormai fa parte di me da quando Lara..."
"Da quando Lara cosa?"
"Si è suicidata."
"E' un caso chiuso come incidente non come suicidio anche se le cause inizialmente erano poco chiare. Perchè credi che tua sorella si sia suicidata?"
"Io so che non è stato un incidente e che in qualche modo è colpa mia ma non ricordo perchè." mi sfioro la testa facendo una smorfia di dolore.
"Colpa tua?"
"Sì. Non sono stato un bravo ascoltatore. Non ho capito il suo grido disperato d'aiuto. Non sono stato il bravo fratello che mi ero ripromesso di essere e lei ha sfondato il Guardrail imprigionandomi per sempre in un vortice di spine e dolore."
"Capisco. Cos'altro puoi dirmi della festa?"
"C'era un casino di gente. Non conoscevo nessuno. C'erano un sacco di persone imbucate. Io e Raven avevamo litigato credo. Ma non in modo irreparabile."
"Sì me l'ha detto. E del diario cosa puoi dirmi?"
"Che diario?"
"Alec ha dichiarato che hai trovato il diario di tua sorella in camera sua. Lui era presente e perciò lo ricorda perfettamente. Abbiamo guardato ovunque ma è come sparito dalla casa."
"Cosa? Io... non ricordo. È tutto confuso. Non so. Non mi risulta dell'esistenza di nessun diario. Lara me l'avrebbe detto. O forse no. In verità non la conoscevo come credevo."
"Davvero?"
"Lei era una bugiarda. Aveva tanti piccoli segreti che non condivideva con me."
"Per esempio?"
"Non so... Come può tutto questo farle scoprire perchè sono stato aggredito?"
"Sto vagliando tutte le possibilità. Avevo escluso inizialmente che centrasse tua sorella ma dopo aver parlato con i tuoi genitori e i tuoi amici mi sto convincendo che l'indagine ossessiva su tua sorella ti abbia messo in qualche modo in pericolo."
"Perchè?"
"Prima di perdere i sensi accanto alla piscina hai detto a Raven e Alec che qualcuno ha preso il diario di Lara con le prove. Prove di cosa?"
"Io non lo so."
"Jace parla! Prove di cosa? Tu sei l'unico che sa il movente e sicuramente anche l'identità dell'aggressore."
"Le ho detto che non lo so."
"Se mi menti non posso ne aiutarti ne proteggerti."
"Io non lo so." urlo con la voce che trema. Entrano di corsa due figure sfocate. Una indossa del blu perciò credo sia un'infermiera mentre l'altra sembra una divinità per quanto brilla di luce candida.
"La smetta agente. La prego di uscire subito. Non infastidisca il mio paziente." La voce rassicurante ma dura della donna fa uscire con la testa bassa la detective.
"Sto solo facendo il mio lavoro per evitare che Jace venga ucciso." sussurra a denti stretti allontanandosi.
"Tutto bene Jace? Sono la tua neurochirurga: la dottoressa Lin Chen."
"La testa. Mi fa male. È insopportabile. È tutto confuso in macchie indefinite."
"E' normale. Hai subito un intervento ma starai bene presto."
"Io... io..."
"Cosa?"
"Mi sento strano."
"In che modo?"
"Non so. E' come se una parte di me fosse sparita. Non ricordo. Ci sono solo frammenti di ricordi di quella dannata festa. Ma giuro che non sto mentendo."
"Certo che no."
"Posso vedere Raven?"
"Certo."
"Eccomi Ragazzo Solitario."
"Sei tornata. Da me."
"Sempre. Sei la mia Ohana e io la tua."
La prima cosa leggermente più nitida che i miei occhi riescono a scorgere sono le sue labbra in quel perfetto, ammaliante e stupendo sorriso. L'unico che mi può guarire da tutti i miei mali e nello stesso tempo aprire a nuove domande esistenziali.
"Ho voglia delle tue labbra!" sussurro.
"Sfacciato!"
Amo il suo sorriso. Amo i suoi spigoli, i suoi difetti, il suo carattere. Amo le sue labbra che si muovono voraci sulle mie. Amo la sua lingua che cerca la mia. Amo Raven Walker. Un giorno forse avrò anche il coraggio di ammetterlo e di dirlo alla diretta interessata. Per il momento mi limito a vivere i brividi intensi che mi scatena.
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