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Il labirinto di Spine - Capitolo 1

A volte vorrei interrogare la mia ombra.
Lei conosce già il buio di cui è fatto l'aldilà.
(Fabrizio Caramagna)

Camminare nei corridoi della nuova scuola è tremendo. Una tortura che si ripete da anni. Cambiano i colori dei muri e dei pavimenti, le Mascotte e gli sport ma mai gli occhi di tutti puntati addosso che ti scrutano cercando una debolezza da usare contro di te, non i bisbigli e i pettegolezzi e non il mio voler essere invisibile. La mia normalità. Scuola che vai, bullo che trovi. Questa è la mia condanna e l'unica costante nella mia vita accademica. Prima di essere ammesso in questo prestigioso liceo privato ho fatto un anno nel liceo pubblico "President William McKinley High School" e le cose erano esattamente come qui. La crepa sul muro vicino al mio armadietto, per esempio, l'ha fatta con la mia testa un bullo il primo giorno, solo perchè una ragazza ha detto che ero carino. Come se essere belli o brutti fosse una colpa. Ma al liceo succede questo e altro.
Io non mi reputo bello ma nemmeno brutto. Sono un normalissimo ragazzo come tanti altri. Alto, capelli biondi scuri e ribelli, occhi azzurri e glaciali come quelli del papà, con un bel fisico asciutto ma muscoloso ma non perchè sono fissato ad avere un corpo da adone greco per fare colpo sulle ragazze, ma perchè mi piace allenarmi. Lo sport mi occupa la mente per un po' facendomi dimenticare temporaneamente i brutti pensieri. Come se in quel poco tempo mi fosse praticamente impossibile pensare alle mie disgrazie interiori. E' l'unico momento in cui riaffiora il mio vero io, quella parte di me ormai nascosta sotto uno scudo impenetrabile di dolore e risentimento. Per il resto del tempo mi sento come uno spettro bloccato nel suo personale inferno. Ovunque io vada.
Ci ho messo parecchio ad adattarmi ai colori solari e marini della scuola (giallo e blu), al profumo di salsedine che entra col vento e al suono incessante dell'Oceano.
La biblioteca è l'unico posto che adoro e dove posso vivere e sognare senza timore o vergogna, oltre al fatto che non è il classico luogo frequentato dai bulli, perciò mi nascondo continuamente a leggere per ore.
Ho sempre considerato la letteratura una forma d'arte immortale e incisa per sempre con l'inchiostro indelebile della fantasia sulle pagine della vita.
A volte, quando sono seduto davanti alla grande vetrata da cui si vede l'Oceano, ho l'impulso di prendere il blocco e disegnare ancora ma non è più come prima quando immortalavo ogni attimo e ogni paesaggio intorno a me, ogni oggetto intrigante, ogni sguardo che facevi e ogni tuo sorriso. Non sono più in vena di disegnare e di cogliere la felicità intorno a me.
Ogni giorno pranzo solo in un tavolo sfigato della mensa. In un'angolo remoto dove nessuno si siede perchè c'è il bocchettone dell'aria condizionata e si gela. Lontano da sguardi indiscreti. Lontano da tutti perchè non ho voglia di fare pubbliche relazioni o conoscere gente. Parlare con la signora della mensa per chiederle le verdure o l'insalata è per me già un sacrificio insormontabile. Ma non importa. Devo resistere solo per 2 anni e poi mi diplomo. Forse meno se il papà aprirà altre filiali in giro per il mondo. Senza di te fa troppo male. Troppo dolore per un cuore solo e smarrito. Guardo gli altri studenti sorridere nei corridoi mentre io prego di sprofondare nelle sabbie mobili e non uscirne mai più. Per loro sei un lontano ricordo letto tra le pagine di un giornale perchè nemmeno ti conoscevano ma per me eri tutto. La vita continua. La mia si é fermata a quella maledetta notte in cui hai preso le chiavi dell'auto uscendo con le lacrime agli occhi e sei precipitata dal cavalcavia di Pali Hwy sulla Route 61 che sono obbligato a percorrere ogni giorno per venire nel prestigioso liceo Punahou che fu anche del Presidente Obama. A quanto pare, é il migliore di Honolulu. Me l'ha imposto il nonno, perchè nonostante i nostri diverbi, sono pur sempre il suo erede designato con la condanna di portare avanti la discendenza e il cognome Vanderbilt. Cognome prestigioso preso dalla mamma e non dal papà. Ma qui, nonostante i soldi e la villa da 35.000.000 di dollari, per tutti sono solo un maledetto Haole figlio di papà da ridicolizzare e odiare ogni santo giorno. Sinceramente non ho voglia di provare a mettere radici. Il mio albero si è sradicato per sempre quando sei morta perchè tu eri le mie radici. Tutti i giorni mi tormentano e mi picchiano ma io sto tenendo fede alla mia promessa. Niente guai. Vivo il mio lutto interiore in completa solitudine. Sfogo la mia rabbia allenandomi senza sosta e indago sul tuo incidente. Cerco di capire perché non hai frenato e non hai provato a sterzare. Cerco di capire se ti sei addormentata, se sei svenuta, se c'era poca visibilità per la pioggia o per le lacrime o se hai sfondato il Guardrail di proposito. Cerco di capire perchè abbiamo litigato così pesantemente da dirmi che mi odiavi. Non lo ricordo. Non riesco a darmi pace. Perchè le ultime parole che mi hai detto sono "Ti odio?" Perchè non avrò mai la possibilità di mettere a posto le cose con te Lara? Perchè? Cerco un senso. A volte spero si tratti solo di un brutto incubo. Mi incolpo continuamente mentre dovrei cercare di perdonarmi per averti fatta uscire. E' stata una tua scelta. Io cosa potevo mai fare? Non lo so. So solo che se potessi tornare indietro ti incatenerei al letto.
Ho chiesto il fascicolo alla polizia ma visto che sono minorenne non me lo vogliono dare. Mi servirebbe l'autorizzazione di uno dei due genitori. È fuori discussione che lo chieda a papà o Regina. Loro non capirebbero. Non capiscono e non si accorgono mai di niente. Non del fatto che non mangio quasi niente. Non del fatto che i miei voti sono peggiorati. Non del fatto che non dormo più di tre ore a notte e torno sempre a casa livido. Un poliziotto a cui ho fatto compassione probabilmente, mi ha detto che non c'erano tracce di frenata o sbandamento. Sei andata dritta come un razzo e hai sfondato il Guardrail precipitando dal ponte. Ha lasciato intendere che avresti potuto reagire in qualche modo ma non l'hai fatto e io non posso non pensare che tu abbia scelto la via più facile lasciandomi qui a soffrire anche per te. Mi sento invisibile agli occhi delle persone che dovrebbero proteggermi e troppo esposto al resto del mondo; francamente sono stufo di sentirmi così. Ma è esattamente quello che mi merito. A volte penso che tra i due, quello che meritava di morire, ero io e non tu.
"Jace..." la sua voce trema nella notte tra un fulmine e il rombo del tuono. "Dormi?"
"No! Vieni Piccoletto!" alzo la coperta per farlo accocolare accanto a me nel letto.
"Ho tanta paura!"
"Non devi! Ci sono io!" gli scombussolo i capelli ondulati e ribelli come i miei passandoci le mani dentro. "Ti proteggerò sempre. Sei il mio fratellino e..."
Le parole mi muoiono in gola. Lo proteggerò davvero? O lo proteggerò come ho protetto Lara?
"Ti voglio bene fratellone." mi abbraccia.
A volergli bene anch'io mi sento in colpa. Se alla fine amassi Max più di quanto io abbia amato Lara? Che fratello disastrato sono? Nessuno si merita un fratello col cuore fallato e incapace di amare ancora.
"Manca anche a me però non devi più essere così triste. Non voglio perdere anche te e rimanere solo al mondo."
A volte mi stupisco di come sia maturo. Forse più di me. Gli occhi blu brillano lucidi come se volessero lasciarsi andare ad un pianto disperato.
"Ma tu non sei solo Max. Regina e il papà saranno sempre qui per te. E anche io!"
"Me lo prometti?" trema stringendomi ancora più forte quando un fulmine squarcia il cielo cadendo in mare seguito da un tuono che rimbomba come un'eco nel silenzio profondo dell'abisso da cui non riesco più ad uscire.
"Certo."
La ragione risponde a quello che il mio cuore ha paura a promettere. Lo stringo forte mentre gli racconto la sua fiaba preferita. L'aveva inventata Lara per aiutarlo ad addormentarsi. Il pensiero vola al ricordo meraviglioso di quel giorno quando Lara mi chiese di illustrare il libro con la fiaba che aveva scritto per il 5° compleanno di Max. Era nato così Mister Carota, il coniglietto bianco protagonista del libro. Ho sempre amato disegnare. Mi sono sempre divertito a inventare i miei fumetti e poi li leggevo con Lara e ridavamo per ore. Come quella volta che avevo inventato Super Frittata, il super eroe sfigato che aveva ricevuto i poteri mangiando delle uova radioattive. Ora quasi non tocco il blocco e quando lo faccio disegno solo soggetti oscuri e di morte. E l'auto che precipita nel vuoto. Un viaggio a senso solo. Senza ritorno. A strapiombo verso la fredda falce della morte. Così si è spenta la tua vita. Accartocciandosi tra le lamiere della tua BMW.
Chiudo gli occhi dopo aver controllato che Max si fosse finalmente addormentato. Sono stufo di guardare il soffitto. Ormai conosco ogni angolo, ogni sfumatura di pittura, ogni crepa. Ma il cuore romba impazzito come un motore di una Harley Davidson per potermi assopire o anche solo rilassare accanto al sorriso innocente del mio fratellino.
"Jace?" sento la voce glaciale e tesa di mio padre.
"Parla piano! Max dorme!" sussurro irritato e acido.
"Scusa se ti ho svegliato ma ecco... dobbiamo parlare. Vieni giù per cortesia."
E chi dormiva? Il mio cuore é più inquieto della tempesta che si abbatte in questo momento sull'oceano.
"Sono le 3 di notte." mi alzo scocciato mettendo le braccine di Max intorno al suo coniglietto di Peluche. Non che avrei comunque dormito ma di affrontare mio padre adesso non ho proprio voglia. Ne adesso ne mai veramente. Lo raggiungo in cucina. Sorseggia una tisana alla valeriana. Il viso stanco. Gli occhi lucidi e preoccupati. Le labbra contratte. Non hanno mai più sorriso in quel modo stupendo che concedeva solo alla mamma. Nemmeno per Regina. Non più da dopo che ci ha lasciati improvvisamente dopo una cardiopatia ischemica. Lei aveva solo 28 anni e il papà 30. Decisamente troppo giovane per rimanere vedovo. Passa continuamente la mano nel ciuffo ribelle ogni volta che è nervoso e ora da come tortura i capelli credo che sia parecchio teso. Slaccia la cravatta e si lascia cadere sulla poltroncina imbottita.
"Papà?" mi esce con un filo di voce.
"So che è tardi. Ma sono appena rientrato e domani ho l'aereo alle 10 per la Silicon Valley e tu hai scuola perciò non avremo modo di parlare. Ma so che dovremmo. Abbiamo rimandato troppo. Forza siediti qui! Voglio guardarti negli occhi. Non stare nella penombra!"
"Potevi rimproverarmi o informarmi di quanto sei deluso da me a colazione."
"Ho bisogno di parlare con te a quattr'occhi. Lontano dagli sguardi indiscreti della tua matrigna o del tuo fratellino."
"Si può sapere cos'ho fatto adesso?"
"Niente... Ecco... Ragazzo... va tutto bene? Ho fatto di tutto per evitare l'argomento Lara e tu ti sei chiuso alzando una barricata impenetrabile. So che non sono stato un buon padre e che scappo buttandomi nel lavoro per non affrontare il dolore e l'argomento ma questo non significa che non pensi a tua madre e a tua sorella ogni santo giorno."
"Certo che sto bene. Va tutto alla grande!" In fondo ho solo perso le persone più importanti della mia vita. Ma io sono ancora qui perciò... cosa potrei volere di più?
"Diamine Jace! Non mentirmi! La scuola mi ha chiamato per dirmi che i tuoi voti sono peggiorati! Dicono che dopo due mesi e mezzo te ne stai sempre solo, non spiaccichi parola con nessuno e non hai l'ombra di amici, non partecipi attivamente alle lezioni, che sembri sempre assorto nei tuoi pensieri e che probabilmente i ragazzi più grandi ti danno fastidio."
Ok! Beccato!
"E allora? Non è obbligatorio farsi degli amici o avere la smania di protagonismo alzando continuamente la mano come un nerd sfigato. I voti? Sono comunque sufficienti."
"E quando mai ci siamo accontentati della sufficienza?"
"Ha importanza?"
"E i tuoi sogni?"
"Che sogni papà."
"L'università d'arte."
"Non vivi con l'arte. Lo sai! E poi il nonno mi disereda se seguo le mie passioni."
"Non importa cosa vogliono gli altri. Meno tra tutti tuo nonno ha il diritto di dirti cosa fare. Tu cosa vuoi?"
"Non so. Non disegnare! Non mi piace più!"
"Non ti piace più fare niente Jace! E' preoccupante. Sei sempre stato pieno di passioni ora non suoni più il pianoforte, non disegni più, non giochi più a Basket in squadra e cosa più seria non mangi e non ridi più!"
"Di cosa stiamo parlando?"
"Di te? Di come te la passi?"
"Sto bene."
"Non ti va di parlare del tuo tema di etica?"
"No."
"Invece lo facciamo." lo sbatte sul tavolo.
"Come l'hai avuto?"
"Ho mandato Regina a ritirarlo dal tuo professore ovviamente. Ma non è questo il punto. Era molto preoccupato e dopo averlo letto devo ammettere che nutro i suoi stessi timori Jace."
"Non sono affari tuoi!"
"Sei mio figlio dannazione! Certo che sono affari miei!" urla adirato.
"Non metterti a fare il padre premuroso con me. Non dopo che mi hai ignorato per tutta la vita e mi hai dato come unico merito la morte di Lara!"
"Ero devastato e arrabbiato. È ovvio che non è colpa tua Jace. Come potrebbe! Sei solo un ragazzino! Tua sorella era grande e non era compito tuo proteggerla ma mio. Io ho fallito. Non tu! Con lei ho sbagliato ma tu sei ancora qui e..."
"Certo che è colpa mia!" urlo.
"Lo so che lo pensi ma non è così. Parliamo di come ti senti. Dei tuoi sentimenti. Lasciamo che siano le tue parole a dirci quello che taci costantemente a me e Regina. Noi non siamo i tuoi nemici. Ti amiamo! Sei nostro figlio."
《Posso davvero fare finta che tutto vada bene, che non mi importi più di te, di stare bene e che mi piaccia vivere qui nella disperazione perenne del labirinto di spine dove mi hai intrappolato con un ti odio? Posso davvero far finta che la tua morte non sia colpa mia? Io non ce la faccio a vivere così. Costantemente braccato dal dolore e nelle spine che si conficcano lacerando la mia anima morta.》
"Perchè non mi hai detto come ti sentivi? Questo tema è un grido d'aiuto e io Jace voglio starti accanto. Insieme supereremo anche questo dolore."
"Perchè? Perchè tu non ci sei mai e Regina mi odia! Perchè noi non siamo uguali. Tu riesci ad andare avanti. A compensare e anche a sostituire l'affetto e la presenza delle persone con altre come hai fatto con la mamma risposandoti con Regina. Ma io no. Non ce la faccio. Perchè questi sono i miei pensieri più intimi e il professore non aveva il diritto di renderli pubblici. Perché lei mi ha lasciato con un cratere che non si richiude. Come poteva pensare che ce l'avrei fatta senza di lei? Non so nemmeno se ha scelto consapevolmente di andarsene sfondando il muro del suo labirinto o se è stato solo il fato a privarmi di lei..."
"Cosa? Non penserai che tua sorella sia sia suicidata! È assurdo! Sarebbe andata ad Harvard."
Harvard? E non ha mai pensato di dirmelo? Mi avrebbe comunque abbandonato in questo inferno di palme. Da solo. Ad affrontare la vita.
"Lo pensa la polizia."
I suoi occhi si sgranano come se il terrore l'avesse appena sbranato come un lupo famelico.
"Cosa? No! Non può essere tua sorella era felice! Non l'avrebbe mai fatto e non sta a te scoprire cosa le passava nella testa quel giorno. È ora di crescere, di reagire e di riprendere a vivere Jace! Lei ci ha lasciati da più di un anno ormai. Hai quasi 17 anni! Credi che tua sorella vorrebbe vederti ridotto così?"
"Credi che non ci provi? Sto male! È questo che vuoi sentire?"
"Sì se è la verità."
"Sto male da morire. Ho il cuore che trema. Sento un vuoto terribile e che si propaga come un virus. È un dolore sordo e letale che parte dalle viscere e non passa mai. Un magone perenne da far così male che mi fa venire i conati di vomito. Mi sento risucchiato a largo dalla corrente dell'oceano. Più cerco di nuotare controcorrente e più vengo trascinato dalle correnti dell'esistenza che mi intrappolano facendomi sprofondare negli abissi infiniti della mia tristezza o contro gli scogli della vita. La odio per avermi fatto questo! La odio per avermi riempito la testa di bugie e di promesse. La odio per avermi abbandonato. E sono stufo di vivere secondo il suo codice morale! Lei è morta! Ha perso ogni diritto su di me!"
"Jace io non immaginavo..." cerca di abbracciarmi.
"Non toccarmi!" la voce strozzata a trattenere il mio pianto disperato che vuole uscire fuori e spazzare via tutto quello che mi opprime e mi attanaglia da troppo risucchiandomi in un buco nero di dolore dal quale non c'è via d'uscita. Ho arricciato il naso tirando su il muco. La gola e la mascella mi fanno male per il magone. Le tempie martellano. Avevo trattenuto il pianto dentro il mio cuore da troppo. Ma non avrei mai abbassato le difese. Ne adesso ne mai. Non con lui. Sono scappato verso l'oceano sotto la pioggia scrosciante. Un fulmine ha illuminato il mare irrequieto come il sottoscritto. Per quanto stupido e pericoloso, mi sono lasciato travolgere dalle onde come a seguire il canto di una sirena. Improvvisamente mi sono sentito libero dal labirinto. Era una bella sensazione. Scavalcandolo nel folle tentativo di uscire, mi ero lacerato fino all'anima ma ora vedevo un bagliore di luce. Lontano. Verso l'orizzonte. Da oggi avrei vissuto appieno seguendo le mie regole. Ho chiuso gli occhi mentre scivolavo via tra le dune e i muri d'acqua attorno a me.
"Jace!" era uscito come un guaito da animale ferito vedendomi sparire travolto dalle onde.
"Aspettami Lara!" ho sussurrato ma poi mi sono immediatamente reso conto dell'idiozia che stavo facendo. La libertà dal mio labirinto non era questa. Era solo un'illusione. Non avrei scelto la strada più facile anche io. Stavo provando sulla mia pelle cosa si sentiva. Il dolore è per chi resta. Non per chi va. E io non avrei lasciato in eredità questo peso a Max. Non avrei distrutto i suoi sogni di bambino come era successo a me quando è morta la mamma. Non l'avrei privato di un altro affetto. Non gli avrei fatto mai provare la sensazione e il rimorso di non aver fatto niente per impedirlo. Ed è stato proprio quando il mio cuore e la mia mente mi hanno portato a fare il fratello maggiore che ho visto i suoi occhi azzurri nelle tenebre tra un fulmine e l'altro. Stringe il suo coniglietto forte a sè e nonostante sia tutto bagnato so per certo che sta piangendo. Per me. La mano tesa verso il mare mentre singhiozza. Cerco di nuotare verso di lui. Solo un paio di ore prima gli avevo promesso che non l'avrei mai abbandonato. Devo essere forte. Se non per me per Max. Per tenere fede alla parola data. Per dimostargli che tengo a lui. Che lo amo come amerò per sempre Lara. La corrente però è davvero troppo forte. Anche per un nuotatore esperto come me. Mi perdo nei suoi occhi di ghiaccio mentre osserva impotente col terrore perchè mio padre non sa nuotare. A questo proposito, non smetto mai di prenderlo in giro, perchè non si è mai visto un californiano che non sa nuotare e domare le onde. Sono solo in mezzo alla tempesta. Vengo spinto sempre più a largo. Le braccia mi fanno male. Riesco a malapena a restare a galla. Probabilmente ci sarei morto in questo inferno se non fosse che qualcuno più pazzo di me stava surfando lì vicino. La tavola mi ha colpito forte in testa facendomi svenire. Mi sono risvegliato in spiaggia con le sue labbra sulle mie mentre mi faceva la respirazione bocca a bocca. Il mio primo bacio l'avevo ricevuto da? Una sirena? Non lo so. È tutto confuso. Ma sono sicuro che è una ragazza. I suoi lunghi capelli si sono sciolti al vento della bufera. Profumano di salsedine e di cocco. Le sue labbra sono scarlatte e fredde.
"Alla prossima marinaio!" corre via con la tavola da surf e sparisce nell'oscurità lasciandomi con le dita ragrinzite a sfiorarmi le labbra ancora tremolanti per quel bacio che però non era un bacio.
"Cosa diavolo ti é saltato in mente?" corre mio padre con Max in braccio.
"Io... Non so... Ero uscito per... schiarirmi le idee... Poi le onde mi hanno travolto..."
"Rientriamo! Per fortuna c'era quel surfista pazzo. Credo che ti serva supporto psicologico Jace. Ho seriamente paura che tu possa farti del male e non sopporterei mai di perdere anche te."
"Non puoi davvero pensare di mandarmi dallo strizzacervelli. È stato un banalissimo incidente! Non voglio togliermi la vita."
"Un buon padre lo farebbe."
Grugnisco. "Non ti azzardare a farmi anche questo!"
"Ok. Ma tu devi metterci del tuo per guarire!"
Guarire? Guarire da cosa? Dal dolore? Dalla perdita di mia sorella? Non c'è cura! Non potrebbe aiutarmi nemmeno Padre Eterno!
"Ho freddo!"
"Vieni piccoletto! Andiamo a fare un bel bagno caldo. Sei bagnato come un pulcino!"
"E Mister Carota?"
"Ora lo metto a farsi uno shampoo in lavatrice e poi passa a farsi una messa in piega nell'asciugatrice. Tra un paio di ore sarà più bello e morbido di prima."
"Jace?"
"Sì?"
"Tu mi vuoi bene?"
"Certo!"
"Allora perchè fai di tutto per andare via da me?"
"Non..."
"Guarda che Lara era anche mia sorella. Pensi di essere l'unico a cui manca?"
Sì a volte penso di essere l'unico a cui interessava davvero di lei. Il nonno non è nemmeno venuto al funerale. Era a Hong Kong.
Dopo aver fatto il bagno e rimesso a letto Max metto la tuta e vado a correre.
Adoro la calma dopo il temporale. Le goccioline che brillano come diamanti sugli arbusti e sui fiori. Adoro sentire le onde che si infrangono sulle mie caviglie mentro corro e mi bagnano i piedi. Adoro il profumo di umidità che si alza dalla terra e si sprigiona con i primi raggi. Amo l'alba perchè l'amavi tu. Ricordo perfettamente che in ogni nuova città mi buttavi giù dal letto per vedere la prima alba insieme.
Honolulu è forse il posto in cui abbiamo abitato che ha l'alba più bella. Ma due occhi sono pochi per questo immenso splendore e capisco di essere solo.

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