Il Labirinto di Spine 2 - Capitolo 15 - Parte 1
Io ero fatta
di prati verdi e
lucciole di notte.
(Alda Merini)
Lui era fatto
di un angolo di cielo
e spine nel cuore.
Nei suoi occhi
vedevo il mare.
Non c'era niente
di più bello per me.
(Raven Walker)
23 dicembre
Amo la magia dei suoi occhi.
La cercherò per sempre in mezzo alla gente con l'ansia di incontrarla ancora, come la prima volta che l'ho vista e l'ultima volta che l'ho persa per sempre.
Dalla festa di Natale, non ho fatto altro, se non ubriacarmi. Istintivamente sento che è l'unico modo che ho per sopportare i tre giorni più brutti della mia vita. Da ben due giorni non ho la febbre, perciò eccomi qui, in aereo, nonostante il mio tentativo maldestro di "barare" mettendo il termometro nel microonde. Purtroppo le bugie hanno le gambe corte e la mia disonestà l'ho pagata facendo esplodere il termometro di Emily, che, contenendo una parte metallica, ha fatto una fiammata che ha azionato il rilevatore di fumo antincendio, evidenziando i miei piani da cattivo ragazzo ai miei amici. Dovevo provarci. Ne va della mia ultima sanità mentale. Non posso sopportare di vederla sposare Paul.
Emily mi ha urlato contro come una pazza. Pensavo si fosse spaventata per il principio di incendio che ho creato nel mio appartamento, ma in verità la scenata era solo per non perdere la vacanza alle Hawaii. Le ho riso in faccia. Se vuole una vacanza, posso regalargliela in ogni monento. Le potrei anche comprare un'isola tutta sua se solo me la chiedesse. Qualsiasi cosa pur di risparmiare il mio cuore da quest'ultima tortura.
Ho così tanti soldi che non mi basterebbe una vita intera per spenderli ed io sono un ragazzo coi piedi per terra e abbastanza umile, che non ha bisogno di chissà che per essere felice.
A parte... forse... LEI.
Sospiro frustrato.
Non ci volevo venire al matrimonio di Raven!
So di avere gli occhi madidi di lacrime e spero di non essere sorpreso, adesso, in questo momento vulnerabile. Sono stufo di fare pena ai miei amici.
Sorvoliamo l'Oceano Pacifico. Nulla è più bello e malinconico del mare.
Il mare ti vive dentro, parla ai tuoi occhi, accarezza dolcemente la tua anima e se glielo permetti, lava via le tue sofferenze.
Ma per le mie non c'è cura.
Mi perdo in quel blu infinito che si mischia con i colori del cielo e mi chiedo se anche lui abbia mai desiderato una seconda possibilità di incontrare per la prima volta qualcuno. Darei la vita per poter tornare sotto il bocchettone dell'aria condizionata al liceo, pur di incontrare i suoi occhi e il suo interesse per me, ancora una volta. Per perdermi in quelle praterie di smeraldo che tanto mi fanno tremare il cuore e morirci annegato per sempre. La verità è che nulla supera la perfezione degli occhi di Raven.
L'amore è assurdo, crudele ma allo stesso tempo stupendo e unico. Ti fa volare in cielo e poi ti tira un pugno in pancia e ti fa dannare. Mi ha fatto guarire e poi riammalare. Vivere e sognare. Morire lentamente ed annaspare. Eppure, nel bene e nel male fa girare l'intero Universo. Crea coppie e molto spesso le disfa. Fa provare sensazioni meravigliose ed uniche sia positive che negative. Non tutti hanno la fortuna di innamorarsi e vivere felici per sempre. Per noi, non è stato così. Se potessi tornare indietro, farei funzionare la nostra storia. Ho imparato dai miei errori, dalle mie mancanze e dalle mie debolezze. Non c'è altro che vorrei, se non il tuo amore, un tuo sorriso, le tue labbra e la tua pelle da accarezzare. Non ci posso rinunciare perchè sarebbe come rinunciare a vivere, ma senza di te, mia amata Nalu, non ho più niente, non sono più niente. Fa troppo, troppo male. Vorrei morire e non sentire più niente. Vorrei che questo dolore che mi stringe lo stomaco e mi pugnala il petto costantemente sparisse per sempre. Vorrei non pensarti e non vederti più in tutte le cose che intorno ho. Vorrei cancellarti perché se non posso averti è meglio dimenticarti.
Sospiro accarezzando la cicatrice sul polso. Non aprirò il mio cuore all'amore mai più. Ho chiuso! Ma non mi priverò della vita. È sbagliato. Il mio dolore sarà solo mio. Nessun altro soffrirà ancora per causa mia. Devo solo trovare la forza. É da qualche parte dentro di me.
Forse dovrei andare via. Per un po'. Accettare di frequentare il corso che ho sempre sognato a Parigi. Staccare la spina. Prendermi del tempo solo per me. Per capire chi sono. Per diventare quel pittore errante col suo carboncino che sognavo da quando ho 5 anni. Il mio nuovo mondo continuerà a girare anche senza di me.
"Terra chiama Jace." ride Emily gesticolando per farsi notare e riportandomi, mio malgrado, alla normalità. Scosto lo sguardo dall'orizzonte e dal mare per guardare i miei stupidi amici giocare a carte mentre il mio libro cade a terra. Mi dedico sempre a letture "leggere" ma adoro questo libro o meglio questa commedia.
"A chi va un Mimosa?" chiedo mentre mi alzo dalla poltroncina lasciando "Sogno di una notte di mezz'estate di William Shakespeare." sul sedile al mio posto.
Ho guardato la rappresentazione al Teatro di Vienna 12 o 13 anni fa con Lara. Lei l'adorava. Ricordo che mi aveva regalato questo libro, il suo libro.
Troppi dolorosi ricordi si scontrano con quelli felici. È troppo da sopportare. Non ce la faccio. Ho bisogno di bere e spegnere tutto prima di ritornare a rimuginare sulla mia vita. Le mani tremano mentre verso il drink nel bicchiere di cristallo. Il nonno aveva pensato a tutto e sicuramente viaggiava comodo. Ci sono pure i letti, ma io sono tormentato dagli incubi e non riesco a riposare.
"Sono le 10 del mattino." mi canzona Emily raggiungendomi.
"Ora di New York o di Honolulu?"
"Fa differenza?"
Scrollo le spalle. "No."
Porto alle labbra il Cocktail giallo maledicendo la Hostess per averlo fatto poco alcolico.
"Che c'è?" incrocia le braccia arrabbiata.
"Il prossimo autunno dovrei andare all'Accademia delle Belle Arti di Parigi, è sempre stato il mio sogno."
"Ma è fantastico Boss."
"È che non so se ci voglio andare. Ho perso la mia Musa e l'ispirazione."
"Ma sai che non è questo che ti tormenta."
"Non mi sento a mio agio ad andare al matrimonio della mia ex."
"Ti chiedo scusa."
"Per cosa?"
"Ho insistito. Dovevo lasciarti i tuoi spazi e... farti reagire a modo tuo."
"Lo sto facendo."
"Ubriacandoti?"
"Il bicchiere pieno è l'unico veleno che annulla ogni pensiero."
"Veramente quando sei ubriaco perso, straparli."
"Di cose senza senso?"
"Per niente. Di tutto. Dei tuoi sentimenti per esempio ma anche di cose più personali." arrossisce.
"Tipo?" abbozzo un sorriso malizioso.
"La misura del tuo..."
"Del mio cosa?" chiedo non capendo.
Diventa di tutti i colori e allora come un filmine a ciel sereno ho una rimembranza di me che dice ad un gruppo di ragazze arrapate, ad un addio al nubilato, la misura del mio... ehm coso.
Ho bisogno di bere. Ma forse non è una buona idea. Ci sono segreti che vorrei rimanessero tali.
Mi torturo la cicatrice.
"Non lo posso constatare ma insomma... sei dotato a quanto pare! Oddio ma cosa mi fai dire?"
Scoppio a ridere. È adorabile come quando l'ho conosciuta.
"In un'altra vita mi sarebbe impossibile non amarti."
"Al diavolo!"
Inaspettatamente mi bacia.
"Che fai?" alzo il sopracciglio.
"Dobbiamo fare pratica. Siamo una coppia no?"
"Devo farmi un paio di altri drink."
"Sono così brutta?"
"Al contrario! Così ti salto addosso e fanculo a Raven."
Sbianca e dice incerta: "Non farò sesso col mio Capo!"
"Io non faccio sesso. Faccio l'amore."
"Non mi tentare! Cosa? Ma no! No. Non faremo un bel niente. Non sono masochista e pedofila!"
"Ci perdi tu."
Mi tira una sberla sulla spalla. " Devo sorbirti per tutta la vacanza così?"
"Solo per tre giorni."
"Promesso?"
"Te l'assicuro."
"Ok."
Inizia la discesa e anche il mio lento tormento interno. Ma si é mai davvero placato?
Sospiro stringendo l'orsetto di Peluche per Vince nella mano destra e il costosissimo set di coltelli giapponesi che mi ha fatto comprare Regina, nella sinistra. Non credo che sia una buona idea regalare coltelli, perché su un casino di forum online, dicono che questo tipo di regalo racchiude una maledizione di morte o di disgrazia. Non che creda in queste stronzate, ma non voglio che Raven muoia. Era meglio regalarle un lingotto d'oro.
Scendo dalla scaletta mentre il personale dell'aeroporto carica i nostri bagagli sull'elicottero. Io ho preso il minimo essenziale, Emily e Charlotte hanno svaligiato mezze boutique della Fifth Avenue portandosi, così tanti bagagli per 15 giorni di vacanze, da lasciare perplesso pure Alec.
"Abbiamo l'elicottero privato?" saltella come una ragazzina guardando il logo della Vanderbilt Holding inciso sulla fiancata e abbracciandomi.
"A quanto pare." scrollo le spalle. Non facevo il nonno così egocentrico ma probabilmente era solo pratico per i suoi viaggi d'affari avere flotte di mezzi per tutto il mondo.
"Ho dimenticato..." dico tornando verso il Jet.
"Non ci provare! Non hai dimenticato niente." mi trattiene Alec, tirandomi dal cappuccio della felpa e mettendomi in mano il libro, che avevo lasciato intenzionalmente, per coprire la mia fuga.
"Non ci voglio venire." piagnucolo supplicandolo.
"Cammina!"
"Dannazione." impreco sottovoce.
"Ti conosco troppo bene fratello e questi mezzucci non attaccano. Siamo qui per il tuo bene."
"Davvero?" alzo il sopracciglio accigliato.
"É terapeutico Jace. Oggi è il giorno dell'inizio della tua guarigione."
Grugnisco salendo sull'elicottero.
Honolulu, da quassù, sembra un minuscolo ammasso di palazzi, case e verde risucchiato dall'Oceano.
"Saremo per sempre Ohana. Sarò gli scogli su cui ti infrangerai, sarò sempre il tuo porto sicuro."
Eravamo abbracciati sugli scogli vicino al pontile delle barche, quando ti ho fatto questa promessa. Ma io non so mantenere le mie promesse. MAI.
Stringo i jeans all'altezza del ginocchio nel pugno sudato.
"Ti prometto che staremo sempre insieme e che ti proteggerò." la mia manina gracile era scivolata nella sua intrecciandosi. "Puoi contare sempre su di me, Lara." Eravamo in trance davanti alla bara bianca della mamma e anche se mi sentivo morto dentro volevo sembrare forte per mia sorella.
Ma nemmeno questa volta è andata come volevo.
Il magone mi stringe lo stomaco fino alla gola sotto i rovi rampicanti che mi imprigionano nel Labirinto. Riesco a respirare a malapena. Odio questo posto. Odio questo eterno movimento blu che mi fa sentire un'essere imperfetto e inutile.
Odio il mio cuore che perde il suo vitale vigore ricordandomi che io non sono eterno per niente. Sono solo un pezzo di carne che sta insieme per misericordia.
Sudo freddo e respiro affannato senza riuscirci davvero. L'aria è come rarefatta e mi sento come se fossi sul bordo di un precipizio.
"Jace!?" la voce di Emily mi appare come un eco distante.
"Non ci provare! Respira! Ehi! Merda! Jace..." mi schiaffeggia Alec.
"Va tutto bene?" chiede quella che penso sia Charlotte.
"Aveva ragione lui. Non dovevamo portarlo a casa. Troppi ricordi dolorosi gli invadono la mente. Jace... Scusa. Segui la mia voce! Maledizione guardami!" mi scuote.
Ma io vedo solo buio e frammenti di vita passarmi davanti come monito dei miei fallimenti più grandi. Poi solo lei. Distesa su un tavolo mortuario.
"È fredda, pallida e ha le labbra viola. I capelli sono insanguinati. Dormirà per sempre anche lei perchè non l'ho fermata. I coltelli. Lo sapevo che erano di cattivo auspicio."
"Ma chi? Cosa farnetichi?"
"Scusa amico!" un cazzotto nello stomaco mi procura i conati facendomi sussultare.
"Ma che modi! Sei diventato matto?"
Porta la mano alla mia fronte.
"Che c'è, sto bene!"
"Come no! Eri un misto tra delirio febbrile e le tue crisi di panico. Che diavolo hai?"
"Non ho niente." mento.
"Scusa ma non mi fido!"
"Smettila di trattarmi come un bambino! Sono in grado di gestire la mia vita da solo!"
"Ok. Allora distruggiti! Ne ho abbastanza di te." mi fa il medio.
"Ma vaffanculo."
"Vacci tu piuttosto."
Scendo incazzato camminando veloce verso il luogo della mia morte: l'Hotel Hilton.
"Benvenuti." Sorride graziosa ad ogni invitato ma quando le appaio nel campo visivo si eclissa.
Possessivo e territoriale Paul la stringe forte guardandomi minaccioso.
"Grazie dell'invito. Auguri." mi limito a dire stringendogli la mano. "Questo é un pensiero per voi. Lo ha scelto mia madre perciò spero che ci abbia preso."
"Grazie."
"Papino! Papino! Papino!"
"Piccoletto! Sei cresciuto vero?"
"Sì sì."
"Allora immagino che tu sia troppo grande per questo." sorrido facendo sbucare il Peluce che gli ho comprato.
"Ohhh! È... bellissimo! E morbido!" lo stringe forte contro il petto. "Lo adoro. Mammina guarda!"
Ed eccolo. Quel maledetto sorriso che mi manda in tilt il cervello. Se solo fosse per me.
"Vanderbilt due parole. Se provi a..."
"Tranquillo. Non ti rovinerò le nozze se è quello a cui stavi alludendo. Ho la ragazza. È quella col cappello e gli occhiali alla Audrey Hepburn. Solo, rendila felice come oggi."
"Ci puoi scommettere che lo farò."
Ho bisogno di un bel po' di drink per scollarmi di dosso il peso di questi due minuti di chiacchiere da "uomini."
Sbuffo.
Ora che sono qui, non penso che l'alcol sia sufficiente. Lei è bellissima, radiosa, abbagliante. Ogni volta che incrocio i suoi occhi non perde occasione per sbattermi in faccia la sua felicità ed io mi sento sprofondare nelle viscere della terra. In soli 27 giorni è diventata stupenda. La pelle è pallida ma luminosa e vellutata, i capelli sembrano onde profumate e soffici, il suo corpo spigoloso sembra essersi tonificato, arrotondato persino e addolcito in vari punti rendendola assolutamente perfetta ai miei occhi. Riuscissi a fissare qualcos'altro ne sarei fiero.
I tentativi maldestri di Emily, Alec e Charlotte di distrarmi da lei non funzionano. Ingurgito il 4 bicchiere di veleno ambrato mentre lei scompare dalla mia vista provocandomi un fastidioso senso di vuoto. Così vagano ancora i miei pensieri nell'oceano. I rumori si isolano allo sciabordio dell'acqua sulla spiaggia dorata. Respiro calmo facendomi trasportare dalla corrente dell'oceano lontano da qui. Lontano da tutti. Lontano dai problemi. Lontano dal mio cuore dolorante, per sentirmi un istante in pace, svincolato dal mio Labirinto, libero di non pensare a niente. Il cuore pulsa tacito nel petto come se fosse guarito, per poi riprendere il suo irrequieto tamburellare al passaggio del suo profumo con la brezza marina.
Non posso più dividermi tra te e il mare. Non posso nemmeno restare fermo ad ascoltare le onde. Mi farai morire. E questo lento perire mi sembra una punizione ingiusta e infinita.
Porto alla bocca un flute di Champagne. Bere. Dimenticare. Sopravvivere a questi tre giorni.
"Questo lo prendo io Patatino."
Patatino? A me? La guardo accigliato e lei scoppia a ridere.
"Non mi è venuto niente di meglio."
"Non importa.
P A T A T I N A." scandisco in modo odioso questo nomignolo.
Emily finge di essere la mia ragazza molto bene. Potrei crederci pure io, se non sapessi, che tra di noi non ci sarà mai niente, ma io non ci riesco. Non potrò mai guardarla come Raven. Nessuna verrà mai guardata così da me perchè lei, per me, è e sarà sempre l'unica.
La cosa positiva di questi giorni è che le medicine che ancora devo assumere, mischiate con l'alcol, mi sballano a sufficienza da non permettermi di essere patetico. O almeno spero. In verità perdo totalmente il controllo quando sono così fatto. Proprio come prima in elicottero.
"Non ingerire con Alcol. Possono provocare sonnolenza e disturbi nella guida."
Tanto sono bloccato all'Hilton per tre giorni perciò: "Che la festa abbia inizio!" urlo facendo voltare tutti dando una pacca sul sedere alla mia "fidanzata!"
"Vacci piano, Jace!"
"Patatina mia, mettiti un bikini e andiamo in spiaggia."
La tiro verso di me e le ficco la lingua in gola quando sono sicuro di aver carrurato l'attenzione di Raven. I suoi occhi bruciano su di noi.
1 a 0 per me. Stronza.
"Sei completamente fuori controllo."
"Smettila di fare la pudica e comportati da fidanzata."
"Lo sto già facendo."
"Devi pomiciare di più con me." scoppio a ridere.
"Sei un cretino. Sembri uno strafattone."
"Tz." scrollo le spalle.
"Non hai mischiato alcol e medicine vero?"
"Ti pare che possa essere così stupido?"
"Francamente... sì. Più tardi ci sono delle attività di gruppo e poi verrà servita la cena in spiaggia." Emily legge con entusiasmo il programma. A me interessa solo che ci sia l'Open Bar.
Per fortuna, essendo un invitato di Raven, non devo passare del tempo con Paul, che ho visto di sfuggita in quei due interminabili minuti, e dei suoi stupidi amici perfettini e impomatati di Yale.
Non li sopporto e ho voglia di annegare quel coglione dalla mascella perfetta in una latrina.
"Eih! Sveglia! Come sto? È troppo ridotto? A cosa pensi invece di ammirare me mezza nuda?"
"A come uccidere il mascellone."
"Cosa?"
Mi mordo il labbro.
"Uhmmm. Niente male Dottoressa Hermann."
"Lo so. Faccio pilates e gag tre volte a settimana."
Si vede! Le fisso il sedere. Perché non lo so nemmeno io. Sono gli occhi che si sono spostati proprio lì. Ed é perfetto.
"Smettila di sbavare."
"Perchè non ti vesti così sexy anche in ufficio?"
"Perchè è risaputo che nessuno va in ufficio in costume da bagno. Hai detto forse che sono sexy, Boss?"
Aspetta! Ma che faccio? Flirto con Emily?
"Non credo."
"Invece sì."
Per tutto il resto della giornata con lei mi dimentico di Raven. Forse sono pronto ad andare avanti e ad una nuova relazione ed Emily non dev'essere per forza la mia finta ragazza.
Ma a che idiozie penso?
"Vieni alla gita sulla barca a vela?"
"Ho un impegno. Ci vediamo a cena."
"Jace... ma dove vai?"
"È una cosa personale."
"Non..."
"Tranquilla! Non c'entra Raven."
Così mi dileguo facendomi portare dall'autista nel luogo più brutto, desolato e silenzioso della Capitale: il cimitero.
Mi siedo con la schiena contro la lapide di marmo bianco con le venature azzurre di Lara e resto lì a fissare il cielo riempirsi di rosso fuoco sfumandosi in quelle tonalità che adoro e vorrei bloccare per sempre in un dipinto.
Mi vibrano i pantaloni.
"Sì?" rispondo distrattamente.
"Dove sei? Sei sparito da ore. Sono preoccupata."
"Scusami. Sto bene. Arrivo presto."
Doccia lampo, completo e sono pronto.
La vado a prendere per cena ed è davvero molto bella. Arriviamo nella sala. Se la mia accompagnatrice è bella come una Stella, allora Raven, è una Cometa che eclissa tutte le altre presenti.
Il cuore sprofonda nei rovi.
Indossiamo le stupide maschere alla 50 Sfumature di grigio e andiamo in spiaggia dove si sono radunati tutti per vedere la classica danza col fuoco. Emily guarda emozionata. Io l'ho giá vista e rivista. Prendo un drink al bar e una mano sfiora la mia.
"Ragazzo Solitario, sei stupendo questa sera."
"Il cretino ha allentato il guinzaglio?"
"Mi devi..."
"Amore, Vanderbilt." si avvicina come un mastino al suo osso. Lo ignoro.
"Hai detto che volevi?"
"Solo acqua per me. Grazie."
Mi sforzo. "Paul?"
"Il tuo sangue." digrigna i denti sussurrando la mia fine.
"Smettila di provarci con mia moglie."
"L'ho incontrata per caso."
"Amore." si volta. "Ho una sorpresa per te."
Curioso mi volto per ritrovarmi il mio peggiore incubo difronte.
"Papá?"
"Sapevo che avresti sempre voluto farti accompagnare all'altare da lui, perciò ho anticipato la sua scarcerazione."
Devo avere una pessima cera in questo momento, se pure il barista mi ha letto dentro.
"Un altro?"
"Lasciami la bottiglia."
"Tieni amico."
Ho bevuto imbronciato per il resto della pallosissima festa, saltando pure la cena, seduto in riva al mare. Solo con la mia mestizia, i miei casini esistenziali e le onde che si infrangono, come i miei sogni, sulla sabbia fredda.
Sono ore che ho abbandonato Emily e non rispondo alle sue apprensive chiamate. Sono le 2.00 e i "vecchietti" se ne stanno andando. Dovrei farlo anch'io, ma non c'è posto, su questa splendida e odiosa isola, dove mi senta al sicuro o bene con me stesso.
L'ultimo sorso della terza bottiglia e sono totalmente senza freni e inibizioni. Fanculo a Raven! Tentenno per raggiungere la sala ubriaco perso, per andare in camera mia, ma mi fermo al pianoforte, lasciato libero da quel palloso musicista yoga che hanno assunto.
Le mani si muovono da sole sui tasti e le mie corde vocali si liberano di un urlo teso che voleva scacciare la frustrazione della giornata ma che si trasformano nella parola "Karaoke!" animando subito la festa che stava volgendo al termine.
I più alticci e festaioli si sono subito avvicinati facendo le loro richieste. Poi inspiegabilmente mi sono messo a cantare per lei che mi osserva tra un misto di divertimento, pietá e imbarazzo, "Let her go" di Passenger per convincermi a lasciare andare Raven. Mi guarda e ride di me per l'ennesima volta. Patetico! Patetico Jace!
Dopo due ore, ho le dita intorpidite. Non sono allenato come una volta, quando passavo le gionate a ripetere gli estenuanti esercizi.
"Vado a dormire ragazzi!"
Le damigelle frignano circondandomi e chiedendomi di restate ma, prima di finire a letto con una di loro, preferisco filarmela.
Non voglio svegliarmi l'ennesima volta accanto ad una sconosciuta.
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