Il Labirinto di Spine 2 - Capitolo 13
Se tutto quel che
è già stato, è passato,
allora io vivo di ieri.
(Jace Vanderbilt)
È cominciato tutto con un semplice raffreddore e in poche ore sono apparsi altri sintomi influenzali. Come se non bastasse il mio tormento del cuore. È da una settimana e mezza che non riesco a dormire. Come mi reggo ancora in piedi dopo l'ultima mazzata inferta da Raven, non lo so. Vince non mi rivolge più la parola. Quando è dai miei e lo chiamo mi ritrovo a fare i monologhi. Avevo due persone importanti per me e le ho perse entrambe. Come si supera tutto questo? "Un passo alla volta e andrà sempre meglio." Ti ho creduto Alec ma per ora non ho trovato sollievo al mio martirio. So solo che di giorno in giorno invece di migliorare, peggioro. Fisso il monitor imbambolato da almeno mezz'ora. Controllare i numeri è un'impresa, visto che mi si incrociano continuamente gli occhi. Sono in ufficio dalle 4 perchè stare in quell'appartamento é più difficile di quanto avessi immaginato. La testa mi esplode, le tempie pulsano, il torace mi duole per la tosse secca, la gola è un inferno di fuoco e fatico a deglutire, il naso arrossato é una lampadina come quello di Rudolf, la renna di Babbo Natale e per di più mi sanguina e i brividi mi danno il tormento nonostante la temperatura del riscaldamento al massimo. Le voci in sottofondo dei miei colleghi che cominciano la giornata, mi sembrano strilla insopportabili.
"Buon giorno Boss."
"Buon giorno Emily."
"Caffè?"
"Sei un tesoro."
"Modestamente. Tutto ok?"
"Sì certo. Sono solo raffreddato. Lo sai. Non farmi, ogni giorno, l'interrogatorio anche tu come Alec."
"Ricevuto. Pranziamo insieme?"
"Certo."
"Vado a finire la Prima Nota di cassa."
"Ok."
Quando chiude la porta di vetro è come se mi avesse spezzato i timpani.
Appoggio esasperato la fronte sul tavolo freddo di vetro temprato e mi copro le orecchie con le mani. Chiudo gli occhi giusto un momento.
Solo 5 minuti e andrà meglio. Le ultime parole famose. Così ci sono restato finché Emily è entrata come al solito senza bussare.
"Jace? Hai sbagliato a firmare questo documento. Jace? Ma ti sei appisolato?"
"Uhm!?"
"Ho bisogno di una tua firma."
"Ok."
Prendo il foglio e scrivo Raven invece del mio nome e poi riappoggio la testa esattamente com'era prima.
"Jace ma..."
"Cosa?"
"Puoi scrivere il tuo nome sui documenti? È tutta la settimana che fai errori banali. Durante la presentazione del villaggio ecosostenibile che vuoi costruire a Staten Island é uscito un bellissimo ritratto della tua ex. Per fortuna all'appaltatore è piaciuta Raven, tanto che la vuole come Madrina alla cerimonia dell'inizio degli scavi. Puoi chiamarla?"
Improvvisamente tutto rallenta mentre il cuore martella forte. Chiamarla? Io? Giammai.
"Delega Alec." dico risoluto firmando i documenti.
"Grazie. So che te l'ho già chiesto ma... sicuro di stare bene?"
"Per la miseria sì." sbraito.
Ma lei non si lascia intimorire e si avvicina appoggiando le sue labbra alla mia fronte.
"Jace, scotti da morire e il tuo ufficio è una Sauna."
"Sto bene. Non fare la mammina con me. Non ho bisogno della compassione di nessuno."
"Se non avessi il paraocchi ti accorgeresti che sei circondato da persone che ti amano davvero e si preoccupano per te. Ma tu brami solo quella stronza che ti ha spezzato di nuovo. Sei un idiota." Mi urla contro con le lacrime agli occhi ed io mi sento una merda perchè ha ragione. Dannatamente ragione. Lo so di essere tutto sbagliato ma al cuore non si comanda ed io amo Raven nonostante tutto. Io vivo nel passato. Nei ricordi che ho di lei.
Ma questo non mi giustifica a fare lo stronzo con Emily.
"Emily, aspetta. Mi dispiace." mi alzo e l'ufficio intorno a me ruota velocemente.
Non me ne curo e l'afferro da dietro per il polso facendola voltare di scatto.
Tentenna sui tacchi e sbatte contro il mio petto.
Arrossisce imbarazzata guardandomi negli occhi e se io fossi furbo dovrei approfittarne per baciarla ma la verità è che non provo quel tipo di sentimento per lei.
Mi perdo nei suoi occhi cristallini e di quell'azzurro che ho dimenticato.
"Mi dispiace. Davvero. Scusami.... Lara." farnetico.
"Cosa? Chi è Lara adesso?"
La stringo forte appoggiando il mento sulla sua testa.
"Jace..." sussurra preoccupata.
"Sei una nana dottoressa Hermann, però ti voglio bene."
"Anch'io. Mi lasci ora? Non è molto professionale."
"Sei morbida come un orsetto di peluche e profumi di zucchero filato."
"Straparli. Ora dico ad Alec di portarti a casa."
"Sto bene Teddybär. Non preoccuparti mai più di me."
"Non posso. È che..."
"Io amo Raven. Vorrei che non fosse così ma..."
"Smettila con quella. Non la sopporto e non sopporto di vederti così."
"Gelosa?"
"Sono solo la tua finta ragazza rammenti? Non sono in cerca di una relazione... Non dopo..." abbassa gli occhi scossa.
"Chi ti ha spezzato il cuore?"
"Non ha importanza."
"Invece sì, forza racconta."
Mi siedo sulla poltrona con lei sulle mie gambe.
"Questa situazione è assurda e imbarazzante."
"Butta fuori tutto."
"Smettila di fare il terapista! Quando sei malato sei assolutamente insopportabile."
"Allora ce ne stiamo qui finchè non ti aprirai." appoggio la testa nell'incavo sotto il suo collo."
"D'accordo così vai a casa perchè su questa fronte ci possiamo cuocere il bacon. Ci siamo conosciuti a Yale. Lui studiava legge. Era bellissimo e intelligente. Lo amavo. Mi amava e sembrava la storia perfetta da per sempre felici e contenti ma col tempo ho scoperto che era geloso e possessivo. Un giorno, di ritorno dalla sua confraternita ubriaco fradicio, è diventato violento dopo la mia riluttanza a baciarlo perchè puzzava come un capitano su una nave di pirati alcolizzati e dopo mi ha..." la voce si incupisce e la sento tremare.
"Mi dispiace. Non devi continuare. Sai... anche mia sorella è stata violentata."
"Hai una sorella?"
"Avevo. È morta."
"Santo Cielo, Jace, mi dispiace."
"Non ha retto la violenza subita. Io non ci sono stato per lei. L'ho lasciata andare dopo una litigata furibonda e Lara non è più tornata. È uno dei miei più grandi rimpianti. Non ho potuto aiutare lei ma forse posso farlo con te."
"Non è stato facile. Non erano solo le ferite che mi ha inferto a farmi male e il fatto che ha fatto sesso con me senza consenso, è che mi è crollato il mondo addosso. Mi fidavo di lui più che di me stessa. Mi sono sentita sprofondare nella vergogna e nel senso di colpa. Pensavo che fosse colpa mia. Capisci? Non ne ho mai parlato con nessuno prima d'ora. Ho fatto la valigia e ho preso il primo aereo finendo a New York dove ho finito gli studi e poi tuo nonno, non so perché, mi ha preso sotto la sua ala. E il tempo ha fatto il resto." le lacrime le bagnano il viso. È così bella e vulnerabile in questo momento che per un attimo, i miei problemi, non sembrano poi la fine del mondo.
"Giuro che lo ammazzo."
"Non è necessario ma grazie. Sei un buon amico. Ora andiamo a casa. Devi metterti a letto."
"Vieni anche tu?"
Ingoia un fiotto di saliva nervosa e per poco si soffoca diventando paonazza.
"A letto con te?" quasi urla alzandosi dalle mie gambe come una pazza isterica.
Mi alzo dopo di lei e mi sorreggo alla scrivania senza essere visto.
"Al pub con gli altri?"
"Al Pub? Sul serio? Vaneggi Jace. Tu te ne vai dritto dritto a dormire. Hai un febbrone da cavallo."
Sbuffo. "Sto alla grande!"
"Ehi andiamo ad ubriacarci? È venerdì sera dopotutto!" entrano i colleghi giovani seguiti da Alec.
Inutile dire che Emily è venuta solo per farmi da Baby Sitter. Una birra soltanto e sono ko. Mi trovano senza sensi con la testa nel piatto delle patatine fritte che non ho nemmeno mangiato.
La febbre 39 e mezzo, conseguenza di una tonsilite, ha avuto la meglio. La cosa positiva? Posso mangiare tutto il gelato all'anice che voglio!
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