C2: il sentiero (2/7)
<Eren perchè non vai a giocare con gli altri bambini della tua età?>
<Non mi piace stare con loro... sono cattivi>
<Perchè sono cattivi Eren?>
<Perchè mi prendono in giro, maestra>
<Mh... che mi dici di Armin? Anche lui ti prende in giro?>
<No, lui no>
<E perchè non vai a giocare con lui?>
<Perchè sta sempre con quella bambina lì>
Li indicò, la voce ancora tremolante e gli occhi lucidi.
<Mikasa è una bambina dolce, Eren. Gioca con loro>
<Mh...vabene maestra>
-
La giornata scolastica era iniziata con una strigliata da parte della professoressa di Storia. Era una donna giovane, probabilmente sulla trentina. Era una bella donna, lunghi capelli di un biondo naturale e la pelle chiara, ben curata. Il viso era abbellito da due occhi a mandorla azzurri e un paio di labbra rosee e sottili.
Ma... tutta la bellezza si perdeva quando iniziava ad urlare contro la classe.
A farla innervosire era stato Jean Kirshtein, un ragazzo spiritoso e pieno di sè che credeva di poter fare quel che voleva. Aveva messo un grillo nel cassetto della cattedra, in quello dove solitamente si trova il registro. La prof era andato a prenderlo e si era ritrovata un essere , a detta sua "schifoso", sulla mano.
Non doveva essere stata una bella esperienza, aveva iniziato ad urlare e ad inveire sui presenti, minacciandoli di bocciarli tutti.
"Mitico"
Ci volle poco, Eren si ritrovò nell'ufficio della preside, seguito a ruota dai suoi compagni di classe. Nessuno osava parlare anche se tutti sapevano chi fosse il colpevole. Una delle cose più belle della sua classe era il fatto che, nonostante si sbranassero tra loro, rimanevano sempre compatti e si prendevano le colpe non loro. Il castano sospirò, questa volta non se la sarebbero cavata con una nota disciplinare, contando che la gita era vicina... era probabile che la preside li tenesse fuori da quest'ultima.
"Ed io che non vedevo l'ora di parteciparvi"
Gli occhi castani della donna li scrutava uno ad uno, fissi su di loro senza distrazioni. I capelli, color mogano, legati in una coda di cavallo, alta e spettinata. Sulla fronte portava delle strane lenti, simili a quelle dei piloti. Sul viso, giovane e severo, aveva invece degli occhiali rettangolari da vista. Il suo sguardo bruciava sulla pelle del castano. Chiamò uno ad uno i ragazzi, decisa a trovare il colpevole, punendo il silenzio.
<Armin Arlert> disse <sei il primo dell'appello eh?> sorrise, un sorriso a dir poco agghiacciante e pazzoide. <Chi è stato? Sei stato tu? -lo scruta per poi guardare un foglio sulla sua scrivania- O è stato qualche tuo compagno? Hai una media molto alta> rialzò lo sguardo verso le iridi azzurre del biondino.
<N-non s-sono s-stato io! E n-non so chi sia st-stato!> balbettò.
Ci furono lunghi minuti di silenzio, la castana ci osservava, preparandosi a fare un altro nome.
<Bolt... Marco? Ne sai qualcosa?>
Il ragazzo scosse velocemente il capo.
<E voi vorreste farmi credere che di una classe intera nessuno sa chi è stato?>
Nonostante si fosse mostrata calma fino ad ora, Hange alzò la voce, trattenendo la rabbia e stringendo forte i pugni.
<Chi è il colpevole?! Lo dica ora! O verrete puniti tutti!>
Ci fu un attimo di quiete, un attimo che bastò per calmare la preside.
Eren era immobile, il volto lucido, percorso da alcune gocce di sudore formatesi per la tensione.
L'astio presente nella stanza sembrava quasi palpabile con le mani, Eren lo sentiva, lo percepiva sulla pelle. Si depositava come rugiada e pesava come una mandria di bufali impazziti.
<Vabene. Mi dispiace, sono stato io>
Una voce flebile si udì appena all'interno di quelle quattro mura. Tutti gli occhi vennero puntati su quella figura, esile e carina, che si era fatta avanti.
Sapevano tutti che non era realmente colpa sua, ma nessuno si azzardò a ribadire.
<Tu?> Hange si mostrò sorpresa, forse incredula che tale creatura possa essere la causa di una simile discussione.
Intanto, la professoressa, continuava ad urlare ed imprecare al bidello che, povero, doveva ascoltare senza parlare.
<S-Si, sono stata io> disse.
Il silenzio cadde ancora una volta nell'ufficio.
Un bussare alla porta lo fece voltare tutti.
<Avanti> Hange guardava la porta come se da un momento all'altro potesse spuntarne un fantasma oppure uno zombie, pronto a divorarli tutti.
<Quattrocchi> una voce ferma, rude, calma e in grado di gelarti il sangue fece irruzione dalla fessura che si stava creando tra la porta ed il muro. La porta finì di spalancarsi e a spalancarsi furono poi gli occhi del castano. Eren perse un battito, poi due, poi tre. I suoi occhi si fecero lucidi mentre guardava la persona a cui aveva pensato costantemente.
<Levi, cosa ci fai qui?> Per un attimo Hange sembrò davvero calma ed euforica. La felicità che provava nel vedere l'uomo dinanzi a sè era molta e si notava dai suoi occhi e dal modo in cui si alzò dalla cattedra, fiondandosi sul corvino.
<L-Levi...> Eren sussurrò, pensava di averlo detto solo nella sua mente ma quasi tutti avevano udito il suo sussurro, compreso il diretto interessato.
<Mh?>
Le iridi grigie del maggiore si immersero in quelle smeraldine del ragazzo. Si osservarono a vicenda per secondi che sembravano interminabili.
"Levi... Levi... Levi"
<Moccioso, mi hai chiamato?> quella voce riusciva a scaturire nel ragazzo delle forti emozioni che nemmeno lui riusciva a comprendere. Il suo idolo era lì, a due passi da lui. Il volto perso a guardarlo. Era reale? Si, era reale.
——-
SPAZIO AUTRICE
Eccomi tornata in un nuovo capitolo, o meglio, parte di capitolo. Levi ed Eren di sono incontrati un po' per caso, volevo farvi una sorpresa ma, per quanto mi spiaccia farvi aspettare, non avranno dialoghi all'infuori di questo nell'ufficio di Hange. Il primo "vero e proprio" dialogo sarà nel capitolo 4-5 che, contando la parti, è tra molto tempo. Spero che la storia vi stia piacendo, supportatemi con i vostri commenti e le vostre stelline!
Un bacione
-Levi_Ackermann_25
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