Un passo al passato
Capitolo LI
* Harry's Pov *
- Ehi Zayn, tutto bene? - ero appena uscito dalla mia stanza, con i capelli umidi per aver fatto la doccia e il fiatone per aver fatto veloce. Avevo voglia di sdraiarmi e ascoltare un po' di musica, prima di cenare.
- Si, perchè? - fissai i suoi occhi, non riusciva a convincermi. Aveva lo sguardo perso e assente, quasi nervoso.
- Mi sembri preoccupato... qualcosa non va? - insistetti, intimandogli di entrare nella mia stanza, magari per parlare un po', ma lui scosse il capo e mi sorrise. - No, va davvero tutto bene... e tu invece? - mi chiese, entrando e sedendosi sul letto. Mi accomodai vicino a lui e feci un sorriso triste.
- Be' diciamo che è tutto a posto. Ma mi manca stare tutto il giorno con Louis. Lo vedo solo la mattina, quando Camille si fa la doccia. A scuola non abbiamo molto modo di stare insieme e in casa non se ne parla del proprio. Però riusciremo a superare tutto questo. E' già passata una settimana, possiamo farcela -
- Non immagino quanto sia dura vederlo e non potergli saltare addosso. Privarsi di una libertà ovvia. Insomma... che senso ha dividere due persone che stanno insieme, solo perchè vivono sotto lo stesso tetto? - domandò il moro, sospirando e gesticolando nervosamente con le mani.
- Non lo so nemmeno io... ogni sera, prima di addormentarmi, penso a un motivo, uno solo, per il quale questa storia dovrebbe avere senso, ma non riesco a trovarne. Cosa ha dato fastidio al giudice? Il fatto che siamo due maschi? Che viviamo sotto lo stesso tetto mi suona così strano... non siamo nemmeno fratelli! - esclamai, trattenendomi dall'urlare. Quella storia davvero faceva acqua da tutte le parti. Volevano dividermi dalla persona che amavo solo perchè nelle nostre vene non scorreva nemmeno lo stesso sangue? Che senso contorto aveva?
- Bah! In compenso sono felice che tu sia tornato come prima. Insomma, ammetto che è stata una settimana di duro allenamento e pensavo pure di arrendermi, ma alla fine hai superato anche questa! - ripensai ai giorni dopo quell'allenamento in palestra. Avevo continuato a traballare tra la sicurezza e l'insicurezza, capendo chi meritasse di ascoltare la mia voce e chi no, però poi tutto era tornato come prima, l'idea di poter parlare con tutti senza paura, mi aveva tolto un enorme masso dal cuore. Johannah era meno preoccupata e si vedeva nettamente che il suo sorriso fosse più stabile.
- Si, è stata dura. Ma ti ringrazio Zayn... andare in palestra mi ha fatto davvero bene. E per quanto mi costa ammetterlo, sono più sicuro di me. Insomma, prima avevo una paura folle di camminare da solo per strada perchè non sapevo nemmeno come difendermi e come reagire, ma adesso ho più riflessi e più incentivi. Non dico che saprei difendermi benissimo, ma suppongo di avere almeno la capacità di dare un calcio al nemico e darmela a gambe levate. Sempre meglio che farsi uccidere, non trovi? - domandai ridacchiando. Ero davvero più sicuro di me. Camminavo sfacciatamente per le piccole vie di Holmes Chapel quando nessuno poteva darmi un passaggio e c'erano strade che una volta mi terrorizzavano e correvo per non soffermarmi molto... ma ultimamente mi limitato ad accelerare il passo solo se vedevo qualcosa di strambo. Anche se piccolo, si nota un miglioramento, no?
- E pensare che non volevi nemmeno fare boxe... fra un po' ti trovo pure a picchiarti nei vicoli o a fare gare clandestine, su tappeti luridi e posti tenebrosi! - rise Zayn, dandomi un pugnetto sulla spalla. Ridacchiai, immaginando la scena. Un piccolo ring cadente e io che lottavo contro un avversario. Certo, fino a qualche mese fa, quando venivo violentato, un pensiero del genere non mi avrebbe nemmeno sfiorato l'anticamera del cervello. Se solo avessi imparato prima a fare boxe, sarei potuto scappare via o picchiare mio padre. Non da ucciderlo, ma tanto meno da ferirlo gravemente per intimarlo a non cercarmi più. Avrei potuto sciogliere i nodi che mi faceva con la corda o correre più veloce per aprire la porta e chiuderlo dentro quella piccola stanza che ostinavo a dire fosse "mia". Ma in quella casa, di mio, non poteva esserci nulla se non la spolverata di profumo che mi ero lasciato dietro l'ultima volta che c'ero entrato.
- Be', chi lo sa! -
- Non dirlo nemmeno per scherzo! Saresti in grado di far venire un attacco di cuore a Louis! Già mi raccomanda la massima attenzione quando ti porto con me, immagina se scoprisse i tuoi round di lotta segreta! -
Chiudemmo quella conversazione ridendo e diventando subito dopo taciturni.
- Sicuro che sia tutto a posto? Non voglio essere troppo insistente, ma ti vedo così pensieroso - dissi, notando che lo sguardo di Zayn si era nuovamente perso. I pensieri a sfrecciare chissà in quale posto.
- Si, sono solo un po' nervoso per domani... ho compito d'inglese a prima ora - finsi di credergli, era ovvio che non avesse voglia di parlarne. Insomma, Zayn non era un tipo che si innervosiva a causa dei compiti. Studiava quel tanto che bastava per fargli prendere un voto sulla sufficienza e superare l'anno. Non se la prendeva a male se gli davano una sufficienza invece che un voto eccellente. Per lui, quel voto, era già un traguardo importante. Inoltre, ripeteva che tutto quello che faceva a scuola, non lo aiutava a risolvere i veri problemi della vita. Per lui, le espressioni algebriche non servivano a fare la spesa o a uscire fuori da un tunnel oscuro come la depressione. La scuola, secondo il suo parere, avrebbe dovuto insegnare a come cavarsela davanti ai problemi e non a come cavarsela nel mondo del lavoro. Certo, ammetteva anche lui quando fosse indispensabile mantenersi autonomamente, prendendo uno stipendio e vivendo in una casa tutta sua... ma ai bambini bisognava che imparassero il rispetto oltre che la lingua. Bisognava che imparassero a crearsi scudi, piuttosto che risolvere equazioni. Bisognava che aprissero gli occhi e che non si aspettassero solo stupore, perchè il mondo è un marchingegno pericoloso. Tranelli e pericoli si nascondono ovunque e non solo nei film di avventura o di azione. E se per i bambini tutto è un gioco perchè i genitori liberano i loro traguardi dagli ostacoli, per gli adolescenti inizia già ad essere una giungla. E per gli adulti stessi, una lotta contro mille avversità. E queste cose a scuola non le insegnano. Forse una volta, ma hanno smesso di insegnare ai ragazzi di levare i piedi dal banco, di non fischiare durante le lezioni e di non parlare quando c'è bisogno di far silenzio. Non insegnano come guardarsi le spalle, evitare di fidarsi degli sconosciuti ed essere forti. A scuola ti dicono che migliaia di uomini sono morti in guerra, ma non hanno fatto nulla. Ti dicono che le donne si sono inserite nel mondo del lavoro, quando segretamente ci sono donne che vengono trattate come me.
Perchè Zayn aveva ragione... la scuola viene considerata una gabbia, solo perchè hanno fatto uscire gli animali che c'erano dentro e hanno inserito noi. Non c'è nemmeno un domatore capace di farci stare bene e di insegnarci i veri valori della vita.
A cosa serve la matematica quando si sta per morire di fame? A cosa serve declinare bene i verbi, quando si viene violentati? A cosa serve crearci un mondo del lavoro, quando non sappiamo nemmeno come arrivare ad averne uno?
E per quanto, a volte, i pensieri di Zayn potessero essere sbagliati, mi ritrovavo comunque ad annuire. La nostra scuola era davvero una gabbia, con tanti scimmioni chiamati bulli, incapaci di vivere la loro vita senza condizionare la tua. Con professori omertosi che ripetono quanto fosse giusto denunciare la verità. E loro? Loro hanno mai denunciato gli atti di violenza dentro quelle quattro mura? No, non lo hanno mai fatto. E quindi, come potevano insegnarlo a noi?
- ... e quindi è meglio se vado -
- Eh? - sbattei gli occhi, accorgendomi di essermi perso nei pensieri e di essermi incantato a guardare il pavimento. Zayn si era alzato e si stava dirigendo alla porta della mia stanza. Ma quando si era alzato?
- Cosa hai detto scusa? Non ti ho sentito - mi passai una mano tra i ricci, erano così scombinati quel giorno.
- Ho detto che Liam mi sta aspettando e che molto probabilmente farò tardi se non mi sbrigo, quindi è meglio se vado - ripetè pazientemente. Sorrisi e annuii, Liam e Zayn erano davvero dolci insieme.
- Ci vediamo dopo cena! - esclamò uscendo dalla stanza, senza nemmeno darmi il tempo di chiedergli se avesse intenzione di cenare fuori con Liam. A quel punto, notando che l'ora di cena di stava avvicinando, mi decisi a scendere in salotto, dove Louis, Camille e Daisy stavano parlando seduti sul divano. Sembrava che di quella donna, l'unica cosa a muoversi fossero le labbra. Il resto del corpo era rigido e composto. Nemmeno una piega sul vestito. Un pensiero buffo mi passò per la testa. Se solo ci fosse stata una piega su quegli abiti professionali, avrebbe avuto la capacità di buttare tutto il vestito per comprarne uno ancora più perfetto!
- Harry! - Daisy saltò giù dalle gambe del fratello, aggrappandosi alle mie. Sorrisi, prendendola in braccio e accomodandomi sulla parte del divano più distante da Louis. Mi dispiaceva farlo, ma serviva per accelerare i tempi e far andare via quella donna. Che poi, non riuscivo davvero a capire che senso avesse. Una volta che se ne sarebbe andata, io e Louis saremmo tornati insieme. Allora perchè separarci per qualche mese? Giuro, quel giudice non riuscivo a capirlo.
- Harry dobbiamo parlare di una cosa importante... è il caso che la bambina torni nella sua stanza - affermò Camille, mantenendo il suo tono freddo. Mi girai di scatto verso Louis, sembrava nervoso. Avevo paura che ci avesse scoperto, che avesse notato quel bacio al mattino, sfuggente e segreto o che addirittura Louis si fosse deciso a confessare, così, rigidamente, feci scendere Daisy dalle mie gambe, promettendole che se mi avesse aspettato nella sua stanza, l'avrei raggiunta per giocare. Saltellando, come se non si fosse accorto della variazione di temperatura dentro quella stanza, salì le scale e scomparve al piano superiore.
- Cosa c'è? - chiesi, una volta che non la vidi più e fui sicuro che non potesse sentirci.
- Per la scorsa settimana era previsto un incontro con tuo padre, ma è stato annullato. L'hanno spostato a domani pomeriggio. Dopo la scuola, andrai a casa sua per passare con lui il pomeriggio - ammise fermamente. Il cuore mi saltò nello stomaco. Cosa aveva detto? Io e mio padre? Insieme? Fra un giorno? Mi voleva davvero morto? Sentii il respiro accelerare, l'ansia crescere e ingrossarmi le vene. I polmoni si allargavano... allargavano... allargavano e spingevano sempre di più contro le costole. Volevo buttare via l'aria dal polmoni, ma in verità l'aria non entrava, quindi avrei dovuto respirare per vivere, ma come sempre le vie respiratorie erano bloccate. Sentii qualcosa alzarsi e correre via. Quella persona non era Camille. Sentivo il suo sguardo addosso. Ardente...Freddo... quotidianamente inespressivo.
- Caz... cavolo Harry. Respira Santo cielo! - sentii urlare, poco lontano da me. Spalancai gli occhi, insicuro se fossi stato io a chiuderli oppure no e sentii dell'aria entrare violentemente nella mia bocca. Ancora qualche atomo d'ossigeno e la vista iniziò ad essere più nitida. Louis, a pochi passi da me, mi teneva l'inalatore in bocca, guardandomi con l'aria preoccupata e gli occhi lucidi. Sospirò quando mi vide in grado di afferrare da solo l'inalatore e trarne qualche altro spruzzo.
- Okay Louis, credo che tu possa ritornare al tuo posto - aggiunse Camille, osservando la scena. Il mio ragazzo, che poco prima mi stringeva possessivamente il fianco, aprì la bocca, come a voler dibattere, ma con gli occhi lo supplicai di non dire nulla e così si alzò e tornò al suo posto, non staccando gli occhi da me. Non mi accorsi nemmeno di essere sdraiato, così mi sedetti, abbassando la felpa che si era alzata a causa dei movimenti bruschi.
- Te la senti di continuare il discorso? E' importante che tu sappia come agire -
Presi un altro po' d'aria e annuii.
- Domani, pranzerai regolarmente e verso le tre ti accompagnerò a casa di tuo padre. Fino a qui non c'è nulla di complicato. Ora dimmi... cosa pensi che possa farti tuo padre? -
Sentii un coltello infilzare una vecchia piaga e rotolarcisi dentro. Come spronato da una scossa elettrica iniziai a parlare - Cosa può farmi? Tu non ne hai nemmeno idea! Lui è capace di legarmi, portarmi in una stanza e violentarmi. Come se non l'avesse mai fatto! O potrebbe anche uccidermi o farsi trovare in compagnia di cento uomini, tutti da soddisfare! Potrebbe rinchiudermi in una cantina e lasciarmi marcire lì dentro, oppure potrebbe divertirsi a vedermi morire lentamente! E' pazzo! Quell'uomo è pazzo! Potrebbe farsi trovare ubriaco, drogato. Oppure potrebbe aspettare di essere solo per architettare qualche piano da applicare su di me! Perchè non sei tu quella che dovrebbe preoccuparsi di ritrovarsi spaccato a metà e non sei tu quella persona che ha visto più volte l'ospedale che la sua casa! - urlai, alzandomi e camminando nervosamente avanti e indietro. Si, io ero l'uomo calmo che con un po' di boxe sarebbe stato capace di difendersi. Ma quando cavolo pensavo di esserlo? Da solo, nel letto, con la luce accesa e la casa piena di persone che urlano e mi fanno capire di non essere solo? Con la casa blindata e nessun uomo intenzionato a uccidermi? Be' si, in quel caso avrei potuto essere anche immortale.
- Non c'è motivo di urlare Harry - non appena sentii il tono calmo di Camille, capii che non avrei saputo davvero fermarmi. Andai diretto verso di lei, con il respiro veloce, ma non era un attacco di panico quello che sentivo arrivare. Piuttosto era l'inondazione. Lo tsunami. Il terremoto. La valanga. Tutti gli effetti atmosferici più pericolosi combinati insieme. Louis si alzò subito dal divano, bloccandomi per le spalle. Lui aveva capito le mie intenzioni, mentre la donna sedeva ancora rigidamente senza aver cambiato postura.
- Sei mai stata violentata, Camille? Hai mai visto il sangue sulla tua pelle? Ti hanno mai strappato dentro? Ti è mai venuta voglia di toglierti la vita? Lo hai mai provato? Eh? Rispondi! Hai mai pensato che nessuno meritava la tua presenza? Che morire fosse giusto? Ti hanno mai picchiato e umiliato sia a scuola, che per strada che in casa? Ti sei mai sentita protetta? Perchè io non mi sono mai sentito tale. Ero sempre costretto a rifugiarmi in una maschera così corrosa dal tempo che non riusciva nemmeno a proteggermi. Era più spezzata di me, quella maschera, e io subivo, incassavo colpi come se fossi un sacco da boxe e dovevo tacere, perchè nessuno ascoltava un ragazzo gay. Andavo a scuola sempre con qualche livido in più. Ti hanno mai picchiato, Camille? Perchè non sai quello che si prova. Non sai quanto possa far male sentire la pelle compressa tra le tue ossa e quelle dell'avversario. Non sai quanto fa male sfiorarsi la pelle ruvida e violacea dei lividi. Non sai quanto faccia male anche solo il pensiero di non avere una pelle perfetta, ma marcata da colori che stonano con la tonalità pallida. Non sai quanto possa far male essere costretti a trovare piacere nel dolore, a piangere sorridendo e a buttare fuori lacrime amare con la scusa di ridere più del dovuto. Non sai quanto possa essere difficile indossare per anni la stessa maschera, rinchiuso nella stessa stanza e sentirsi in prigione. In una di quelle torri talmente alte che nessun principe azzurro avrebbe potuto scalarle, afferrando i capelli della principessa. Pensavo che nessuno avrebbe potuto salvarmi e sai cosa si prova in quel caso? Quando tutto intorno a te si sbriciola e tu stai fermo a sentire il vuoto che ti inghiotte? Vuoi sapere perchè non lo sai? Perchè anche io non avrei potuto saperlo se fossi nato in questa famiglia, con tutte queste persone che mi amano e mi proteggono. Poi un giudice decide di spolverare via quei piccoli castelli che ero riuscito a costruirmi e adesso cosa pensi? Che tornare all'inferno sia facile dopo che si è visto tutto il paradiso? Pensi che sentirsi su un filo tra il bruciore e il freddo glaciale sia semplice? Posso desiderare anche io un po' di pace? Nessuno sembra capirmi perchè nessuno può farlo e tu mi dici che non c'è motivo di urlare? Dimmi un solo motivo per il quale dovrei andare da mio padre! Un solo motivo, dimmene uno. E pensa a quello che mi ha fatto prima di aprire bocca! Quale cavolo è il tuo lavoro, eh? Assicurarti che chi ha tentato di togliersi la vita una volta, perchè era una merda, lo rifacesse perchè è ritornato nella merda? Se è questo che vuoi, posso metterci pochi secondi a togliermi la vita! - urlai, sfinito, singhiozzando sulla spalla di Louis. Quest'ultimo mi stringeva stretto, come a voler riscaldare un'anima in pena,
- Shh Haz... ci sono io qui... - mi sussurrava.
- Louis, staccati dal ragazzo o dovrò riferirlo al giudice - disse Camille, poi aggiunse - Il discorso con te non è ancora finito Harry -
- Io non mi stacco - disse il mio ragazzo.
- Vuoi che lo dica al giudice? -
- Sai cosa? Potrai pure separare due corpi, ma prova a separare i nostri cuori, poi dimmi se ci riesci - mi strinsi ancora di più a Louis, sentendo la sua voce entrarmi nelle vene. Mi era mancato così tanto abbracciarlo senza la paura di nascondermi. Sentii dei passi leggiadri su per le scale e capii che Camille se n'era andata. Non m'importava, stavo così bene tra le braccia del mio ragazzo.
- Vieni, sediamoci un po' qui - mi guidò fino al divano, facendomi sedere su di lui e tenendomi così come si tengono i bambini.
- Perchè nessuno vuole che sia felice? - borbottai, con la voce rotta e graffiante.
- Non è vero Haz, io lo voglio. Io vorrei poter rendere la felicità un oggetto per riuscire a fartela afferrare del tutto - mi baciò le guance bagnate e poi la fronte. Cosa avevo fatto per meritarmi una persona come lui?
- Cosa succederà adesso, Lou? Chiamerà il giudice e sarò portato via da te -
- Potrà pure portanti in capo al mondo, con la tecnologia di oggi non ci vorrebbe nulla per rintracciarti e raggiungerti, lo sai. Supereremo anche questa -
- E se il mondo dovesse togliermi il respiro e spingermi verso il basso? - sussurrai, tirando su con il naso e asciugando gli occhi.
- Sarò la tua ancora, quella che sprofonda per fissare la nave. Ti lascerò il tempo per aggrapparti all'ancora e salire con me -
- Sarai sempre con me? -
- Si, Haz -
- Me lo prometti? -
- Certo -
- No... promettimi che continuerai a cercarmi sempre e che ogni volta mi troverai -
- Ti prometto che sarò la tua spina nel fianco -
- E promettimi che andrà tutto bene - biascicai, chiudendo gli occhi e inserendo il viso nell'incavo tra il suo collo e la sua spalla.
- Te lo prometto -
* Zayn's Pov *
Ero agitato, dannatamente agitato. Liam mi aveva detto che era arrivato il momento di visitare mia madre e dire che stavo tremando era poco. Non avevo voglia di vedermi una porta sbattuta in faccia, ma non potevo evitare quel momento. Sapevo che avrei dovuto affrontarlo e dovevo farmi forza. Avevo superato problemi peggiori, al massimo mi avrebbe insultato e sbattuto fuori di casa. Non che fosse una cosa nuova, dato che mi aveva mandato dai miei nonni dopo il riformatorio. Sarebbe stato come un passo al passato o una ferita che si riapre, ma niente che non avrei saputo curare.
- Sei così silenzioso... - borbottò Liam, spingendo il dito verso la radio e spegnendola. Non mi andava molto di parlare, così mi limitai a scuotere le spalle e fissare le strada.
- So che questo non è un momento facile per te, ma parlarne potrebbe aiutarti a sfogare la rabbia - provò a farmi ragionare, ma scossi nuovamente il capo, accendendo la radio. Liam sbuffò e la spense. Ruotai gli occhi al cielo.
- Okay, se non vuoi parlare di tua madre, parlami di altro. Puoi anche dirmi che colore hai la maglietta, non mordo mica - incrociò le braccia al petto e mi fissò.
- Liam, sto solo cercando di non impazzire giusto prima di arrivare di fronte casa sua. Inoltre sto cercando di ricordarmi la strada. E bianca... la mia maglietta è bianca -
Liam ridacchiò, facendomi incuriosire. Poi disse - Sei già pazzo... credi sia possibile diventarlo ancora di più? - Sorrisi, scuotendo il capo - No, hai ragione, non potrei essere più pazzo di così, ma ti sarei grato se non mi facessi impazzire a tal punto da parlare da solo, con i muri o addirittura con gli animali, nel bosco -
Il mio ragazzo rise ancora più forte, facendo vibrare i vetri della macchina - Ti ci vedo. Col grembiulino bianco che canta agli uccellini e dialoga con i cerbiatti -
- E tu chi saresti? Uno dei sette nani che mi offre il proprio letto? - inarcai le sopracciglia, sperando che capisse la battuta. All'impatto sembrò voler ridere, poi si zittì e mi fissò torvo. Si, l'aveva capita.
- Cosa vorresti dire, Zayn? Che sono nano e che sono pure di facili costumi? Non te lo offro il mio letto, devi guadagnartelo - sbottò, nascondendo un sorriso e mettendo sù un finto broncio.
Risi, combattendo con tutto me stesso per non fermare la macchina e baciarlo. - Cos'hai da ridere? La mia verginità te la puoi scordare fino al matrimonio! - aggiunse. Lo osservai rapidamente, ma non sembrava star scherzando. Era dannatamente serio. Voleva lasciarmi in bianco fino al matrimonio?
- Cos'è? Non ridi più? - mi sfidò, avvicinandosi al mio viso e lasciandomi un bacio sul collo. - Liam sto guidando - lo ammonii seriamente. Lui si tirò subito indietro. - Non ti è piaciuta la mia battuta? Non arriveresti fino al matrimonio senza avermi? - chiese ancora, sorridendo. Bastardo.
- Chi l'ha detto che arriverei al matrimonio senza averti? Sarai tu a pregarmi molto prima -
- Al massimo potrei pagarti... -
- Liam Payne! Hai fatto una battuta oscena? Dio mio, datemi una telecamera e filmate questo momento! Il mio ragazzo ha appena fatto la sua prima battuta oscena! -
- Sei uno stupido! - Liam mi diede un pugno sul braccio, ridendo. Risi anche io, fissandolo di nuovo di sfuggita.
- Mi pagheresti come se fossi una putt... -
- Le parole, ragazzino! - mi ammonii, fissandomi seriamente, ma con un ghigno giocoso stampato sulle labbra.
- La prostit... -
- No, no, no. Non va bene nemmeno questa - voleva sfinirmi? Farmi esaurire mentalmente? In che altro modo avrei potuto definirle?
- Di facili costumi? - domandai, sperando che andasse bene.
- Be', se proprio ti ritieni così - rise, scuotendo il capo. - Sei tu che mi avresti pagato! - sbottai.
- Ah perchè... adesso lavori pure gratis? - mi fissò, incurvando le sopracciglia. Piccolo e per nulla innocente di un pezzo di...
- Liam! Ma cosa diavolo ti è successo? Sei tu? Ti prego, dimmelo se hai un gemello! -
- Chi cammina con lo zoppo, finisce per zoppicare... -
- E così io ti starei portando alla cattiva strada? -
- Chi è che fa le battutine oscene? Chi mi ha messo in testa tutte queste piccole pulci? Ammettilo Zayn, questo round l'ho vinto io -
- Lo ammetto solo perchè non posso concentrarmi. Sono troppo occupato a non perdermi per strada - ridacchiai, tornando a fissare la mappa che avevo di fronte.
* Liam's Pov *
- Avrei potuto prendere il navigatore - dissi, per la terza volta da quanto eravamo partiti - Una volta non esistevano. Quindi adattiamoci alle mappe, sono più sicure. -
- Sicuro di non averla messa al contrario o di non aver tracciato la strada sbagliata? - chiesi, fissando il cielo scuro.
- Sicurissimo. Mancano circa cinque minuti e siamo arrivati - girò a destra, prendendo una stradina molto più stretta, ad un'unica corsia.
Restammo in silenzio per i seguenti cinque minuti, poi sentii il suo respiro spezzarsi quando si fermò di fronte a una casa arancione. Non era molto grande. Non c'era nemmeno un giardino, ma sicuramente era importante per Zayn. Aveva passato lì la sua infanzia e questo enorme ritorno al passato non sarebbe stato per nulla facile. Insistevo tanto nel farlo riappacificare con la madre, perchè io ero cresciuto con dei genitori che non erano i miei e avrei tanto voluto poter incontrare quelli veri e abbracciarli. Sapevo che avrei potuto farlo e volevo che Zayn si sentisse privo di ogni peso e soprattutto in pace con se stesso e per farlo doveva essere sicuro che sua madre lo perdonasse, lo abbracciasse e lo facesse ritornare sicuro come era una volta.
E c'è un solo modo per sconfiggere i demoni del passato e quel modo è scontrandosi con loro. Un duello corpo a corpo. Non importa se finisci la gara con qualche livido o qualche graffio, sono anticorpi indispensabili; è importante vincerla e vedere il demone che si dissolve e lascia la tana che si era creato dentro di te.
- Se vuoi possiamo aspettare affinchè tu sia pronto - sussurrai, come a non voler rompere il filo dei pensieri che fluttuava nella sua testa.
- No. Togliamoci questo peso - aprì lo sportello della macchina e se lo chiuse alle spalle. Lo imitai, poi aspettai che chiudesse la macchina e arrivammo di fronte al portone blu di quella casa arancione.
- Puoi suonare tu? - mi chiese, tenendo le mani in tasca ed evitando il mio sguardo. Dio Zayn, non fare così. Voglio aiutarti non distruggerti. Voglio aiutarti a combattere questo demone, pensai. Afferrai il suo volto, girandolo dolcemente verso di me.
- Qualsiasi cosa ti dica, non è vera. Tu non hai colpe. Sei qui perchè devi toglierti questo peso dal cuore e vivere in pace, okay? - lui annuì debolmente, così lo baciai, distraendolo per qualche secondo.
- Perchè non suoniamo insieme? - gli chiesi, afferrandogli la mano e trascinandola al campanello. Suonammo insieme e aspettammo. Le luci erano accese, quindi era sicuramente in casa. Zayn si morse il labbro. L'attesa era asfissiante.
Poi la porta si aprì cigolando e una donna ci scrutò, incenerendoci con gli occhi. Il mio ragazzo era la copia di quella donna.
- Che ci fai qui? - domandò lei, Zayn la fissò, senza aprire bocca, probabilmente con il cuore in gola.
SPAZIO AUTRICE
ECCOMI QUI, SO CHE VI HO FATTO ATTENDERE E SO CHE LO FACCIO SPESSO, MA HO SEMPRE QUALCHE PROBLEMA CHE MI IMPEDISCE DI AGGIORNARE REGOLARMENTE. LA SCUOLA, AD ESEMPIO. INTERNET CHE NON MI VA, AD ESEMPIO. I COMPITI, AD ESEMPIO. LA MANCANZA DI ISPIRAZIONE, AD ESEMPIO. AHAHAH. MI DISPIACE, SPERO DI ESSERMI FATTA PERDONARE CON QUESTO CAPITOLO. HO LE BRACCIA CHE VANNO IN FIAMME. SCRIVO DA TRE ORE, QUINDI ABBIATE PIETA' DI ME, SIATE CARITATEVOLI!
A PRESTO! <3
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