Un dolore che spezza la mia maschera
Capitolo III
Un dolore che spezza la mia maschera
- Mmh.... Mmh - cercai di divincolarmi, ma non era per niente facile con le corde che strappavano la pelle dei polsi e delle caviglie. Una pezza mi teneva la bocca bloccata in modo che non potessi nè parlare nè urlare. Era come se fossi uscito dal mio dolce sogno e mi fossi letteralmente buttato nel peggiore degli incubi. Ero stato violentato tante volte, avevo quasi perso la mia dignità, ma con questo ero arrivato al limite della sopportazione. Qualcuno che ti rapisce ti fa capire che non vali niente e non che vali troppo. Se per lo meno varresti qualcosa avresti persone al tuo fianco e non cammineresti da solo. Se varresti qualcosa ti verrebbero a cercare in capo al mondo e non ti lascerebbero nemmeno un secondo nelle mani di chi ti vuole solo fare del male. Piangere? E a cosa sarebbe servito? Non sono le lacrime a farti scappare dai problemi, non sono le lacrime a salvarti o a farti cambiare ed essere diverso, migliore, amato. Non sono le lacrime quelle che fanno di te un campione, ma sono le lacrime quelle che ti fanno scavare una fossa con le mani. Sono le lacrime quelle che ti buttano sul fondo di una piscina con una corda che ti tiene attaccato e non ti fa salire in superficie. Non sono le lacrime a farti cambiare, ma sono le lacrime a farti morire. Vincono i forti e non i deboli, quelli vengono lasciati da soli quando hanno bisogno di qualcuno, perchè nessuno si metterebbe dalla parte del debole rischiando di diventarlo. Tutti ignorerebbero quel ragazzo e si farebbero la proprio strada, lontano dai problemi, lontano dalla debolezza, lontano dalle lacrime che uccidono.
Non so nemmeno io per quanto tempo restai a pensare alla mia debolezza e alla mia fragilità, ma so per certo che quegli uomini stavano architettando qualcosa. Non mi avrebbero ucciso subito, prima si sarebbero divertiti su un corpo che da poco aveva rimarginato le ferite. Su un corpo debole, più delle lacrime. Su un corpo fragile più del vetro soffiato. Su un corpo privo di anima, come un sasso. Come una roccia che si sgretola con le onde del mare e che si consuma, corrode col sole o con la pioggia. Una roccia che in fine è un semplice un ammasso di sali minerali. Poveri. Privi di luce. Privi di vita. Privi di ogni cosa.
- Cosa facciamo prima? - chiese il pelato, mandando in frantumi i miei pensieri.
- Io voglio baciargli le labbra e magari mi lascio fare un bel lavoretto, no? -
- Perchè uno solo? Puoi farti fare tutto ciò che vuoi! - certo tanto io ero come una bambola no? Una di quelle a cui stacchi le braccia per poi rimetterle a posto con del nastro biadesivo. Una di quelle a cui tagli i capelli per farlo trasformare in uomo, quando sei a corto di bambole. Una di quelle a cui mangiucchi le mani solo perchè ti va, sei nervoso o lo trovi divertente. Una di quelle che butti dopo averla usata perchè mamma te ne ha comprate di nuove. Ecco cosa ero. Qualcosa che andava usata e buttata. La cosa che mi faceva imbestialire? Non essere talmente forte da poter strappare le corde e correre via, ma essere talmente debole da non poter reagire quando le loro mani iniziarono a toccare il mio corpo.
Avevo i brividi, ma non per il piacere piuttosto per il terrore. Il terrore che quelli mi avrebbero inflitto ferite ancora più dolorose di quelle che già avevo. Il terrore che quella volta sarebbe stata davvero l'ultima in cui i miei occhi avrebbero visto la luce, le mie labbra venissero inumidite dalla lingua e le mani riuscissero a toccare ciò che orecchie non possono sentire e ciò a cui il naso non può arrivare a odorare.
- Togli quella pezza dalla bocca Rick, così posso metterglielo bene - Quel tizio di nome Rick fece come gli era stato detto e per un secondo solo pensai che le arcate dentali si fossero separate. Poi non appena aprii e chiusi la bocca per un paio di volte fui sicuro del contrario, ma ci voleva davvero poco.
- Lasciatemi andare! - provai a dire. Ma mi avrebbero ascoltato? Ovvio che no.
- Aspetta un attimo, sono quasi pronto, tesoro - disse quel viscido di un pelato. Iniziò a spogliarsi, mentre l'altro si divertiva a tastare la mia pelle. Toccare e premere i lividi, facendomi nuovamente male. Lanciò il coltellino, che aveva in mano, in un punto indefinito della stanza e poi iniziò a spogliarsi anche lui. Avevo paura. Paura che potesse di nuovo farmi male come l'ultima volta, facendomi finire in ospedale. Paura che potesse crearmi ancora più dolore. Paura che potesse anche uccidermi. Perchè tenere un coltello sennò? Per tagliare del formaggio?
- Apri la bocca - mi ordinò. Io non lo feci. Piuttosto la serrai.
- Ho detto di aprirla - ripetè Rick. Niente da fare. Avrei resistito.
- John, aiutami - ecco il nome dell'altro: John. Prese il coltellino da terra e allora davvero pensai di essere morto. Senza darmi il tempo di dibattere lo appoggiò sul mio braccio e ne incise un taglio. Poco profondo ma troppo doloroso. Spalancai la bocca e lasciai uscire un grido, prima che venisse soffocato dal membro di quell'essere schifoso. Chiusi gli occhi per il dolore e per lo stimolo di vomitare che mi stava salendo dallo stomaco. Continuò a spingere il suo membro nella mia bocca mentre l'altro si divertiva a leccare e stuzzicare il mio. Serrai la mascella e gli feci parecchio male. Lo avevo morso. Rick uscì di scatto il suo membro e urlò per il dolore mentre le mie labbra si curvarono trasformandosi in un sorrisetto malefico e soddisfatto.
- Non osare mai più - detto questo mi diede due schiaffi e un pugno alla mandibola. Stavolta ero quasi sicuro che si fosse staccata. Mentre sentii il sangue colare fino al collo cercai di trattenere altri urli per il dolore. Senza neanche accorgermene venni in bocca di John. Ogni cosa mi faceva schifo.
- Hai finito? - chiese Rick, l'altro si trovò ad annuire mentre asciugava le labbra. Il primo mi slegò e mi buttò brutalmente sul letto, facendomi battere la testa alle sbarre e facendomi appannare la vista, mentre inerme mi legavano nuovamente polsi e caviglie alle sbarre del letto. Le corde erano talmente lunghe che avrebbero potuto rigirarmi su me stesso. Sperai che la loro intenzione non fosse quella.
- Ora ci divertiremo meglio, così impari a mordermi - Rick stuzzicò la sua entrata e poi si sedette sul mio membro mentre con una mano continuava a graffiare il mio petto e a far uscire del sangue. L'altro si masturbava vicinissimo al mio volto e mi accorsi delle sue intenzione solo quando mi venne sul viso. Il conato di vomito di prima iniziò a salire e farsi sentire sempre di più, sicuro che a breve avrei vomitato.
- Oh si... Oh cazzo... Questo pivello ce l'ha così duro... cazzo... - Rick continuò a gemere mentre io cercavo in tutti i modi di divincolarmi, tirando le corde e piegando le braccia. Quando il primo mi venne addosso, il secondo realizzò il mio pensiero, slegando le caviglie, facendomi mettere a pancia in giù e aprendomi le gambe. Sapevo cosa sarebbe successo e sapevo anche che questa volta avrebbe fatto più male dato l'ultimo incidente.
Non riuscii a trattenere un urlo quando quel coglione entrò violentemente in me, senza prima preparare l'entrata. Stavolta le lacrime non restarono ferme agli angoli degli occhi, piuttosto scivolarono via, non potendosi più reggere alle ciglia.
- Non fai più lo stronzo ora, vero? Fa male, vero? - chiese Rick, tirandomi i capelli e facendomi sollevare il volto immerso nel cuscino. Prese il coltellino e lo avvicinò al mio viso. Il terrore prevalse le lacrime, che si bloccarono e non ebbero nemmeno la forza di uscire.
- Non rovinerò il tuo bel faccino, ma contaci che rovinerò la tua profumata pelle - a causa del dolore al sedere non riuscivo a metabolizzare le sue parole e mi ritrovai con un coltellino ficcato nel fianco, col sangue che sgorgava fuori, con la bocca spalancata e con i polmoni privi di ossigeno. Non ero sorpreso, ero scioccato e terrorizzato.
- E adesso leccamelo, se non vuoi che te lo ficchi insieme a quello di John - in quel momento mi accorsi che quel maiale era ancora dentro di me, nonostante ciò non aprii bocca. Rick passò alle maniere forti. Fece un altro taglio sul braccio, ottenendo la reazione di prima e approfittandosene per mettermelo in bocca. Quella volta non lo morsi o mi avrebbe seriamente ucciso. Lasciai che facesse del mio corpo tutto quello che voleva, anche se il dolore al fianco era triplicato, quello al sedere pure e quello alla gola era appena comparso.
Non appena entrambi finirono io ero proprio sfinito. Non riuscivo a tenere gli occhi aperti, sentivo il corpo bruciare, così come le nuove ferite che avevano inciso sui polsi e in un punto della coscia. Le coperte del letto ormai erano colorate di rosso e puzzavano di sperma, ma era un fattore relativo.
Mi rivestirono soltanto per pietà, dato che stavo tremando dal freddo. Eravamo a novembre e fuori si gelava. Poi mi legarono di nuovo alla sedia, con la testa che avevo appoggiato alla spalla destra perchè non riuscivo a tenerla su e con il sangue che veniva assorbito dai vestiti. Miracolosamente uscirono dalla stanza e non tornarono per un bel po', mentre io inconsciamente mi addormentai.
Mi risvegliai a causa di un forte dolore al viso e solo allora capii che mi avevano appena dato uno schiaffo.
- Una certa Johanna e un certo Louis ti hanno chiamato un miliardo di volte. Prevedibile dato che sono le otto di sera, ma penso che resterai ancora un po' - ridacchiò divertito mentre io a fatica tenevo gli occhi semi-aperti. Nessun dolore era andato via. Le mie sopracciglia erano contratte non perchè ero confuso ma per il dolore. Il labbro inferiore lo sentivo gonfio. L'angolo dell'occhio pulsava, segno che lo schiaffo era arrivato lì. Il fianco aveva preso a bruciare maggiormente, sempre se fosse stato possibile. Il sedere non faceva più male. Fortunatamente non ci erano andati giù tanto pesante, coscienti che se avessero esagerato poi non avrebbero più potuto abusare di me.
Poi ripensai alle parole di Rick. Johanna e Louis si erano preoccupati di me. Mi avevano cercato. Quel pensiero fece spuntare un sorriso sulla maschera di dolore che aveva assunto il mio viso. Quella di prima era stata spezzata dal dolore stesso.
Il mio stomaco involontariamente prese a brontolare. Forse perchè non mangiavo da una giornata intera? Dico forse eh! Non ne ero sicuro... be', da notare l'ironia.
- Hai fame? Oh. peccato che non puoi mangiare - presero a ridere come se la loro battuta fosse una delle migliori del mondo. Peccato che io non l'avevo trovata divertente.
- Mi formicolano le mani -
- Dagli qualche pugno e vedrai che passa - rispose Rick. John fece come proposto e iniziò a colpire il mio addome e il mio viso. La testa scoppiava brutalmente. Quando a me formicolava il piede, di certo non iniziavo a prendere tutte cose a calci! Cosa diavolo passava nelle loro menti malate?
- Che ne dici di qualche altro taglietto? - propose John. L'altro idiota annuì contento, come quando a un bambino si chiede se vuole un regalo e poi afferrò il coltellino e lo avvicinò ai miei polsi. Fece altri tagli, un po' più profondi e molto dolorosi. La cosa terribile? Quel dolore era piacevole, come se fosse la punizione giusta per la mia inutile esistenza. Infine lanciò il coltello a terra e uscì dalla stanza. Pessima mossa.
Mi buttai all'indietro con la sedia e sbattei la spalla col pavimento. Faceva male, ma io volevo scappare e ci sarei riuscito. Mi avvicinai al coltello e non appena lo afferrai iniziai a tagliare la corda dei polsi. Era una cosa difficile e dolorosa dato le ferite. Miracolosamente ci riuscii e allora presi a tagliare anche quella delle caviglie. Quando fui libero notai che la finestra era semi-aperta. Certo che erano proprio coglioni. La spalancai e per lo sforzo la ferita al fianco aumentò l'intensità del dolore. Prima di calarmi fuori da lì presi il telefono e composi il numero di Louis. Sperai che rispondesse subito. Uscii da quella casa senza farmi notare da nessuno e tentai disperatamente di ricordarmi o di cercare di capire dove fossi.
- Pronto? Harry ma dove cazzo sei? Ti cerchiamo da una giornata intera! -
- L-louis fammi parlare... non so nemmeno io dove sono, ma so che sono f-ferito. Ho bisogno di te, ti prego - la voce iniziava ad affievolirsi per l'immenso sforzo che mi costava parlare. Zoppicavo a causa del dolore al fianco e inoltre la testa girava vorticosamente. Dovevo aggrapparmi alle auto o ai muri per non cedere e restare impalato al suolo, senza forze.
- Cerca di dirmi cosa c'è vicino a te. Un negozio, una pizzeria, non so... qualsiasi cosa. Io e i miei amici stiamo venendo a cercarti - notai una pompa di benzina a pochi metri da me e glielo dissi. Lui fortunatamente mi annunciò di non essere lontano e che sarebbe arrivato a minuti, mentre io mi lasciavo scivolare al suolo. Senza forze e senza voglia di vivere.
Non bastava mio padre a contribuire al mio dolore, ci volevano anche le altre persone.
Chiusi gli occhi perchè aperti bruciavano troppo e sperai che Louis arrivasse a momenti, cosa che non tardò a fare.
- Ma cosa cazzo ti è successo? Stai bene? Dio... perdi sangue ovunque - balbettò spaventato e furioso. Io non ebbi nemmeno la forza di parlare.
- Dopo gli chiedi spiegazione, per adesso portalo al sicuro, non vedi che sta male? - disse uno moro e un po' scorbutico. Ricordai le parole di Louis: "anche se Zayn a volte è scorbutico." E allora capii che quello doveva essere Zayn. Mi caricarono in spalla e mentre io chiusi nuovamente gli occhi. In un batter di ciglia arrivammo nella mia nuova casa, stranamente vuota e mi appoggiarono al mio letto.
- D-dove sono tutti? - riuscii a dire a fatica. Louis mi guardò e poi ordinò a un biondino con gli occhi azzurri di andare a prendere delle bende.
- Le gemelle da mia nonna. Mamma a lavoro e il resto in giro. Vuoi che ti portiamo in ospedale? -
- No, ne ho abbastanza di ospedali. Starò bene anche qui, ti prego - lui annuì anche se non era convinto e gridò a un certo Niall di sbrigarsi. Poco dopo entrò col fiatone e allora collegai che il biondino si chiamasse così.
- Chi è stato? - chiese Zayn, mentre Louis disinfettava i tagli al polso e alle braccia. Bruciavano talmente tanto che la testa riprese a girare.
- Non li conosco. So solo che sono due tizi. Uno si chiama Rick, l'altro John. Mi hanno rapito sta-ahi.. - la mia voce fu interrotta dal bruciore al fianco.
- Ma come ti hanno fatto tutti questi tagli? - borbottò Louis in versione disperato.
- Con un c-coltellino -
- Questi sono malati. Li dobbiamo denunciare -
- Già, prima però spiegami come dato che non sappiamo nè dove vivono nè i cognomi - sbottò ovvio Zayn. Voltai lo sguardo per la stanza e incontrario il viso pallido di Niall.
- C-credo che il vostro amico si senta poco bene - annunciai gemendo per il dolore. Louis aveva già bendato le braccia e il fianco e in quel momento stava medicando le ferite sul viso.
- Niall seriamente esci di qui o ci svieni ai piedi - sbottò un tizio con i capelli castani e gli occhi marrone chiaro.
- No, Liam. Sto bene, davvero -
- Si, certo. Vieni usciamo. Non voglio un amico morto sulla coscienza. -
Zayn ridacchiò mentre stava tranquillo alla mia sinistra. Louis continuava a medicare le mie ferite e io mi abbandonavo a un dolore che spezzava la mia maschera.
- Sei caldo - disse qualcuno mentre posava la sua mano fredda sulla mia fronte. Pensavo fosse Louis dato il tono dolce che aveva usato, ma non appena aprii gli occhi mi stupii che fosse Zayn. Non pensavo avesse anche un lato dolce oltre che a quello scorbutico.
- C-c'è f-freddo - balbettai tremando più del dovuto. Una scena della violenza che avevo appena subito venne piroettata nella mia testa e chiusi velocemente gli occhi tentando di scacciarla via. Le lacrime presero a uscire come impazzite e la paura si impossessò nuovamente del mio corpo, facendo aumentare i battiti del mio cuore e anche il respiro che a breve sarebbe mancato. Un attacco di panico. Uno di quelli che non mi veniva da tempo. Dalla morte di mamma.
- Ehi stai calmo, stai calmo. Louis! Harry ti prego calmati, io non so che fare. Louis ti prego vieni! Harry sta male! - urlò Zayn. Mi prese una mano e cercò di confortarmi. Macchie nere riempirono la mia visuale.
- Sei al sicuro. Sei al sicuro. Io sono Zayn e non ti farò del male, ti prego respira. Ti prego - il suo tono di voce mi fece calmare un pochino e così iniziai a riprendere aria e a tornare stabile, nonostante la fronte bruciasse e gli occhi non smettevano di lacrimare. Il mio corpo si indebolì in un secondo e non ebbi più nemmeno la forza di tenere gli occhi aperti.
- Louis porta un termometro! Credo abbia la febbre alta! - urlò nuovamente Zayn, mentre cercava altre coperte da accatastare al mio corpo tremolante e sofferente.
Louis arrivò poco dopo, preoccupato e col termometro. Aspettai cinque minuti prima di sentire quel "Bip-bip-bip" che segnava 39,7°. Erano tutti preoccupati.
- Che pillola deve prendere? - chiese Louis.
- Vado a dirlo a Liam, lui lo sa. - Zayn uscì fuori e rientrò dopo qualche minuto dicendo un nome strano. Allora stavolta fu Louis a precipitarsi fuori dalla stanza.
- Mi dispiace per come mi sono comportato con te a scuola - sussurrò il ragazzo alla mia sinistra. Biascicai un "Non fa niente". Non riuscivo a formulare frasi lunghe e sensate.
- Tieni Harry, bevi questa - non mi accorsi nemmeno di Louis prima che una mano fredda mi aiutasse ad alzare la testa e a bere. Per la prima volta non speravo di stare meglio o di non soffrire. Per la prima volta speravo di non rimanere solo.
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CIAO A TUTTI, MI FAREBBE DAVVERO PIACERE SAPERE IL VOSTRO PARERE SU QUESTA STORIA. SE VOLETE POTETE PURE AGGIUNGERMI SU FACEBOOK: Noemi Sanzà
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CI TENGO DAVVERO MOLTO A QUESTA STORIA... FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE, A PRESTOO <3
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