Tutto ha una prima volta.
Capitolo XLVIII
*Louis' Pov*
- Come vanno le cose? La febbre è scesa almeno un po'? – chiesi a Zayn, che affiancava mia madre. Fortunatamente non aveva impiegato molto tempo a tornare a casa o avrei dovuto chiamare i miei nonni dato che Niall era diventato insostenibile.
- Si, è scesa. E fortunatamente si è pure addormentato – sospirai, andandomi a sedere accanto a Zayn. – Cosa pensi che dovremmo fare con lui? E soprattutto con Charly... quella ragazza sembra intenzionata a distruggerlo. Come ha potuto ignorarlo in questo modo? E' così fragile –
- Andiamo a parlarne fuori – lo seguii fino in cucina e ci sedemmo sulle sedie attorno al tavolo. Anche Harry, che era seduto sul divano del salotto, pensò di raggiungerci. Liam invece era ritornato a casa.
- Magari potremmo parlare con Charly, chiederle perché ha deciso di ignorarlo così, senza una ragione valida, per farlo desistere dalla voglia di riaverla per se –
- Mi sembra un'ottima idea, Zayn –
Concordai con lui, annuendo con il capo, ma Harry sembrò non essere d'accordo.
-No, non è così, dobbiamo stare fuori da questa situazione. E' un problema tra Niall e Charly, mettendoci nel mezzo non faremo altro che peggiorare le cose. Dovrà essere Niall il ragazzo che vorrà farsi dare spiegazioni e non noi –
- Ma noi non dobbiamo metterci nel mezzo, ma solo aiutare Niall – Harry mi guardò torvo – Questo è mettersi nel mezzo – concluse, alzando le sopracciglia e facendomi ridacchiare. Era adorabile – Si, è mettersi nel mezzo, ma solo perché lui non ne è capace –
- Oh, questo è quello che sembra a voi! Niall è capace di qualsiasi cosa, ma deve solo capirlo. Ricordo ancora quando lui e Liam si sono impuntati davanti alla porta del bagno e lui ha avuto la forza di farmi uscire da lì, di farmi ridere e poi si è preso pure la febbre. Ma quel ragazzo ha la forza di qualsiasi cosa. Ha avuto la voglia di farsi avanti e di portarsela a letto, non può di certo abbandonare la nave proprio adesso –
- Questo sì... è ovvio che Niall ha la forza di fare qualsiasi cosa, ma noi potremmo... -
- No Louis, Harry ha ragione. La mia non è buona idea... Niall ha bisogno di farcela da solo, noi non dobbiamo mettere il dito da nessuna parte –
- Va bene... non posso fare altro che essere d'accordo con voi, quindi non faremo nulla e aspetteremo che sia Niall a fare la prima mossa, giusto? –
- Giusto, ma prima dobbiamo fare di tutto per farlo rimettere in piedi, questa è una cosa che spetta a noi che siamo i suoi amici – sorrisi al mio ragazzo e lo baciai, mentre notavo Zayn sorridere e mandare probabilmente un messaggio a Liam. Ero felice che le cose stessero iniziando a prendere una buona piega, soprattutto tra noi amici non volevo complicazioni. Zayn aveva capito che Harry non aveva colpe ed era ritornato in forma dopo la serie di incidenti che aveva avuto. Inoltre, a volte notavo il suo colorito sbiancare oppure lo vedevo prendere la pillola per il mal di testa, ma continuava a essere un testone sull'argomento del trauma cranico. Insisteva dicendo che era passato più di un mese e che ormai non aveva più nulla, ma non voleva proprio fare gli ultimi controlli. Secondo me aveva paura, probabilmente di scoprire che non era passato del tutto e che la sua strafottenza non aveva aiutato le cose. Per questo motivo avevo deciso di parlarne con Liam, magari lui sarebbe riuscito a fargli cambiare idea, in che modo sarebbe stata una sua scelta. Possibilmente una raggomitolata tra le coperte non avrebbe fatto male a nessuno dei due, però sapevo che Zayn stava semplicemente aspettando che Liam fosse pronto. In fondo se si ama davvero una persona, si è disposti ad aspettarla per sempre. Con Harry era stato diverso. Io che pensavo di non poter mai amare un uomo, mi ero ritrovato nel suo letto per mia scelta. Era ancora così innocente quando gli avevo detto di voler provarci con lui, ed era pure fidanzato con Zayn. Ricordo ancora il suo viso sconvolto, non appena ci siamo svegliati. Avrei voluto riabbracciarlo, stringerlo forte a me e rassicurarlo, ma era troppo spaventato per lasciarsi trasportante dalle emozioni più forti e giuste. Soltanto che di giusto, in quel momento, non sapevo nemmeno io cosa ci fosse. Ero sicuro di essere passato come un uragano nella parte più razionale della sua vita. Forse, è uno dei tanti rischi che si corre quando si decide di innamorarsi di qualcuno. Ho stravolto i miei orizzonti, le mie linee di confine e i miei pensieri per amare il meraviglioso ragazzo che non smetteva di starmi accanto. E il pensiero di qualcuno che lo voleva morto, mi trafiggeva l'anima, non il cuore. Perché l'anima è qualcosa di infinitamente estesa e quindi un dolore che si sarebbe propagato all'infinito. Un dolore che mi avrebbe sbranato, al contrario del cuore che puoi prenderlo e gettarlo via. Certo, vi assicuro che senza cuore non si vive... ma con un anima squarciata come si fa a restare in vita? E' come buttare l'impasto dentro una ciotola... arriverà il momento in cui si butterà di fuori, ma l'anima come reagirebbe a una situazione del genere? Potrebbe mai scappare dal corpo e cercare un rifugio migliore? No. Sarebbe rimasta lì, a sbranarmi, nel caso fosse successa qualcosa ad Harry. E fare l'amore con lui, dieci, cento, mille volte, non mi avrebbe mai saziato. Ne volevo sempre di più. Stare in lui e non staccarmi più. Attaccarmi come la metà di una calamita fa con l'altra.
- Harry. Louis – mia madre entrò in stanza e fissò il telefono che aveva in mano, poi tornò con lo sguardo sul mio ragazzo. Non mi ero nemmeno accorto che stava continuando a parlare con Zayn.
- Che succede? – chiesi, alzandomi e avvicinandomi a lei.
- Mi ha chiamato l'avvocato. La sentenza è stata spostata a domani. Decideranno a chi affidare la custodia di Harry –
- Cosa? Ma l'avvocato aveva detto che era sicuro che sarebbe rimasto con noi! – dibattei, sentendo qualcuno alzarsi lentamente dal divano e avvicinarsi a me. Mi girai appena notando Harry, con il viso chino e le mani in tasca.
- Lo so, anche io gli ho detto la stessa cosa, ma hanno rivalutato la condotta del padre di Harry. Ha smesso di fare uso di alcolici in galera e adesso sembra essersi stabilito ed è pentito di quello che ha fatto. I giudici vogliono rivalutare la situazione –
- E l'avvocato non può fare nulla? Lo paghiamo per far restare Harry qui e al sicuro e non per gettarlo nelle mani del padre! – urlai, sentendo il fiato bruciare in gola.
- Stai calmo, non è mica colpa dell'avvocato... lui sta facendo davvero il possibile. Vedrai che andrà tutto bene – mi rassicurò Harry, alzando lo sguardo e lasciandomi un bacio sulla guancia.
- Si, deve andare tutto bene, ma volevo avere certezze, soprattutto da parte dell'avvocato. Non potrei chiamargli adesso? –
Mia madre scosse la testa e mise il telefono in tasca – E' tardi Louis ed era pure di fretta, vedremo di fare il possibile domani. Preparatevi. Salterete scuola, ma credo che la motivazione sia piuttosto valida. Chiamerò la segreteria per avvisare la vostra assenza –
-Ma cosa dovrò dire al giudice? Insomma... se mi strappasse cose sbagliate dalla bocca? –
- Stai tranquillo tesoro, tu stesso hai detto che andrà tutto bene, devi crederci. Io e Louis saremo con te e il giudice capirà che è meglio che tu resta con noi – mamma lo abbracciò e io giocai un po' con le dita della mia mano. Ero maledettamente nervoso per più di una causa.
Fortunatamente non passò molto tempo prima che io e Harry ci ritrovassimo sul mio letto, abbracciato, lui pronto a consolarmi e io sicuro di poter fare lo stesso con lui.
-Resti con me stanotte, vero? – chiese, con la voce piuttosto tremolante.
- Resterò sempre con te Harry. E devi promettermi più di una cosa –
- Non farmi promettere cose che non potrò mantenere –
- Oh, ma tu le devi mantenere –
- Vediamo prima di cosa di tratta –
- Se le cose dovessero mettersi male e tu dovessi essere dato in custodia a tuo padre: Promettimi di amarmi, sempre –
- Questa è una cosa che non posso fare a meno di promettere. E' ovvio che ti amerò sempre, stupido di un Tomlinson – ridacchiò, avvicinandosi al mio viso e lasciandomi un bacio a fior di labbra. Lo approfondii un po' prima di staccarmi e pensare alla prossima promessa.
- Se tuo padre dovesse rivelarsi per quello che è, e provasse a metterti le mani addosso, non stare zitto. Chiama qualcuno, chiama me, proteggiti, denuncialo, risbattilo dentro –
- Mi hai insegnato a urlare Louis... e adesso non riesco più a trattenere la voce in gola. Se ci sarà il bisogno, griderò la mia libertà – un altro bacio, un'altra promessa.
- Mi dovrai venire a trovare, spesso anzi sempre –
- Dormirò qui se mi sarà possibile – fui io a ridacchiare, osservando la sua faccia convinta. Lo abbracciai e lo trascinai sotto le coperte. Appoggiò la testa sul mio petto e non riuscii a trattenermi da un'altra domanda. – Cosa potrebbe mancarti di più? –
Harry alzò di poco lo sguardo, fissandomi. Poi lo riabbassò e restò il silenzio per qualche secondo. Sospirò, prima di iniziare a parlare.
-Mi mancherà la mia stanza. Mi mancherà sentirmi protetto anche tra mura spoglie e bianche. Mi mancherà la comodità del mio letto e la grandezze esuberante della mia camera. Mi mancherà il balcone; essere svegliato dal sole e cullato dalla luna. Mi mancheranno i libri che Johannah mette sempre a posto e mi mancherà il disordine che si viene a creare quando le piccole saltano sul mio letto. Mi mancheranno le tue sorelle, tutte. Ricordo ancora il primo giorno in questa casa. Mi mancherà la famiglia, l'unità, il sentirsi al posto giusto. Mi mancherà l'affettuosità di Johannah, il suo amore materno e infinito. Mi mancheranno i tuoi nonni, la saggezza di nonno Sean e la dolcezza di nonna Kayla. Mi mancheranno i ragazzi; Niall, Zayn, Liam... Mi mancherà trovare la colazione pronta. Mi mancherà farmi abbracciare e sentirmi a casa, anche sotto la neve e al freddo. Mi mancherai tu, i tuoi occhi, le tue labbra. Dio se mi mancheranno le tue labbra. Le tue guance, le tue mani, il tuo calore – avvicinò i nostri visi e mi fu impossibile non notare i suoi occhi lucidi.
- Mi mancherebbe starti sempre così vicino, fissarti, perdermi nel tuo mare. Vorrei essere una barca che ci naviga sempre. Vorrei essere sempre dentro di te, nel tuo cuore, nella tua anima –
- Entra dentro di me – lo stoppai, sentendomi più sicuro che mai. Harry curvò le sopracciglia e mi fissò incredulo – E come dovrei fare scusa? Recupero una barca e vedo di entrarti negli occhi? – rise, ma io restai serio.
- Non intendevo quello... intendo... e-entra dentro di me, c-con il tuo corpo –
Mi sentii davvero imbarazzato a dire una cosa del genere, avevo sperato che potesse capirmi al volo, anche se eravamo in un argomento diverso. Harry spalancò la bocca e si tirò su, sgranando gli occhi.
-C-cosa? Non ho mai fatto una cosa del genere, ti farei male, insomma... non ho mai avuto possesso del mio corpo in quei casi e... -
- Harry. Harry, fermati. Non m'importa. Se proprio questa potrebbe essere l'ultima notte che dormiamo insieme, voglio questa promessa. Voglio la promessa che ti ricorderai sempre cosa si prova a stare dentro di me –
- E' insensato Lou. Non sto partendo per sempre, verrei a trovarti e in ogni caso ci saranno altre volte che potremmo fare l'amore –
- E se tuo padre non ce lo permettesse? Se decidesse di non farti uscire di casa, poi come faremmo? Che ricordo avrei di te? –
- Io... non credo che succederà. Troverei comunque il modo di uscire –
- Ripeto: Ho bisogno di certezze Haz, e non ne abbiamo. Dammene almeno una... dammi la certezza che ti ricorderai di quello che si prova –
- Ho paura di farti male –
- Farà male in ogni caso. Ora. Domani. Fra un anno. Farà comunque male e voglio sentirlo ora –
- Louis... -
- Ti prego – iniziai a baciarlo, sapendo a cosa stessi andando incontro, ma non avevo alcun pentimento. Ero pronto, lo sarei stato sia per me che per lui. Mi tolsi la maglietta, sapendo quanto lui fosse nervoso. Non mi aspetto che fosse intraprendente, perciò feci tutto io. E quando restammo nudi, sotto le coperte, capii che lui un po' si era tranquillizzato. Gli sussurravo all'orecchio ogni passo, ogni azione che doveva compiere e lui era bravissimo. Mi baciava, mi sconcentrava e poi mi preparava. Faceva male, ma il suo tocco sulla pelle mi destabilizzava. Non riuscivo nemmeno a ricordare il mio nome, figurarsi il dolore che si mescolava al piacere. Fu quando entrò dentro, però, che sentii una dolorosa scossa partire per la spina dorsale ed espandersi ovunque. Harry mi sussurrava che gli dispiaceva, che era il caso di smetterla, ma gli avevo detto che era inutile. Avevo voluto una bicicletta e mi toccava pedalare. Che sia stato in un prato verde e contro al dolore, non importava molto. Dovevo pedalare e basta.
- Ti prometto che andrà tutto bene – mi disse, baciandomi. Il dolore lentamente sfumava e le spinte si facevano più veloci e innaturali. Guidate dalla passione, dal piacere e non dalla razionalità.
- E io ti prometto che domani tutto andrà come deve. Riusciremo a stare insieme, Haz – sussurrai tra gli ansimi. E proprio quando il dolore non si fece più notare, arrivò l'ondata di piacere che Haz mi aveva assicurato che avrei provato. Forte, potente, brusca come uno tsunami. Carica di sensazioni mai provate in vita mia. Mi lasciai andare ai movimenti veloci, alle mani che correvano ovunque, alle sue labbra. Corsi incontro all'amore, mi ci gettai su e feci in modo che mi afferrasse. Harry era la mia ancora, la mia nave, la mia bussola, il cuore che si era lasciato trafiggere dalla mia freccia. Harry era l'insieme delle cose che mi rendeva libero, felice e dannatamente al settimo cielo. Urlai, quando seppi di essere arrivato al culmine e la cose che più mi fece vibrare il cuore non fu sentirlo fare lo stesso, ma sentirmi circondato dalle sue braccia, venir cullato dal suo amore e percepire il suo profumo inondarmi il naso e appropriarsi di ogni parte di me. Una prima volta dolce, passionale, carica di sentimenti e positività. E mentre io non avrei dimenticato la sensazione di pienezza, lui non avrebbe dimenticato la sensazione di sentirsi soddisfatto, padrone e amato. Perché tante cose avevano vietato ad Harry, ma la prima vera volta dovevo rimanere io. Un'impronta indelebile nel suo cuore, nel suo corpo, nei miei graffi sulla sua pelle e nella sua anima.
*Harry's Pov*
La mattina seguente, mi svegliai intontito. Mi accorsi solo in ritardo di aver abbracciato Lou per tutta la notte. Sorrisi, al meraviglioso ricordo che era rimasto intrecciato in me e nelle lenzuola. Mai avevo provato sensazioni così strabilianti. Per la prima volta, mi ero sentito l'unica persona capace di poter guidare quell'atto. Dipendeva solo da me. Ero nervoso e forse un po' impacciato, ma era stato fantastico. Inoltre, fare l'amore con Louis, mi aveva distratto da tutta quell'ansia che invece quella mattina mi si era scaraventata addosso. Andai a lavarmi e tornai in stanza per vestirmi. Johannah aveva bussato alla porta, evitando di aprire e scoprire qualcosa che non avrebbe voluto vedere, così avevo svegliato Louis e gli avevo chiesto di prepararsi. Vederlo camminare in modo buffo e borbottare un po' a causa del dolore, mi aveva fatto scappare qualche risatina che lui ammoniva prima con occhiatacce e poi con un dolce bacio. Ecco un'altra cosa che amavo di lui: la finta bipolarità.
L'ansia crebbe a dismisura quando scendemmo per fare una colazione veloce e poi fummo diretti nel luogo dove si sarebbe svolta la mia sentenza. Salutai Lou con un veloce bacio e un abbraccio, prima di prendere posto vicino al mio avvocato.
-Prego signori, accomodatevi pure così potremmo iniziare questa sentenza – con il nervosismo che arrivava alle stelle, presi posto accanto al mio avvocato. Dietro di me sentivo la presenza di Louis, ma volevo averlo ancora più vicino. Volevo sentire il suo tocco che mi trasmetteva la tranquillità di cui necessitavo.
- Non è la prima volta che siamo riuniti per questo caso, giusto? Mi scuso per il disordine, ma come potete notare, non sono stato io il precedente giudice – il mio avvocato annuì, dichiarando che non era la prima volta e mettendo in luce alcuni aspetti. Durante un piccola pausa, mentre il giudice vedeva alcune carte portate dall'avvocato di mio padre, sentii il mio avvocato sussurrare a Johannah che le cose si sarebbero complicate. Arrivai a chiedergli il perché e l'avvocato mi disse solo: "Giudice nuovo, parere nuovo", chiarendo in fine che poteva rivalutare la situazione per come meglio pensava potesse essere. Mi ammutolii, cercando fugacemente lo sguardo di Louis che nervosamente cercava una posizione scomoda su quella panca in legno. Avrei riso, se la situazione me lo avesse permesso. Imprecò e successivamente mi guardò, sorridendomi e mimandomi che sarebbe andato tutto bene. Sospirai, non aveva sentito quello che aveva detto il mio avvocato. Mi girai di nuovo verso il giudice e notai, con rammarico, che aveva terminato di sfogliare le carte e che era pronto per prendere parola.
- Dagli ultimi avvenimenti posso notare cambiamenti da parte del signor Styles – comunicò, afferrando un foglio e leggendolo velocemente.
- Non fa più uso di alcol. Dagli ultimi prelievi del sangue risulta pulito. Avvocato Dicky, ha qualcosa da dire? –
- Certo giudice. Il mio cliente ha davvero capito lo sbaglio a cui è andato incontro. Ha parlato anche con parecchi psicologi, oggi presenti in stanza. Tutti affermano la stessa cosa: Il cliente è stabile. Nessuna tendenza alla violenza –
- Mi oppongo – il mio avvocato si alzò e il giudice gli diede il permesso per parlare. Avevo le palpitazioni a mille, non riuscivo nemmeno a non tremare.
- Credo che si possa facilmente mentire, giudice. Ci sono stati parecchi, innumerevoli casi, in cui i clienti hanno affermato di essere stabili e hanno successivamente perso il controllo –
- Non potremmo mai saperlo se non viene messo alla prova – affermò l'avvocato Dicky.
- Obiezione – rivalutò il mio avvocato, mostrandomi per un secondo un sorriso soddisfatto.
- Se l'avvocato di per se, sostiene che bisogna mettere il cliente alla prova, valuta l'idea di trattare il ragazzo come un'esca. E' stato vittima di abusi, non potrei lasciare che tornasse nella casa dove ha passato gli anni peggiori della sua vita –
- Durante quel periodo, il padre beveva. Veniva guidato dall'alcol e non dalla ragione –
- Avvocato Dicky, potrebbe portare alla corta uno dei due psicologi per affermare le sue teorie? – l'avvocato di mio padre annuì e dopo il giuramento, lo psicologo iniziò ad essere interrogato.
- Signor Stewart, lei crede che il cliente sia stabile e possa mantenere l'autocontrollo, senza il rischio di una ricaduta? –
- Non posso avere certezze sulla condizione psicologica del paziente, lei stesso può sapere che il cervello non può darci certezze. Ma secondo gli ultimi e anche i passati esami, ci sono notevoli miglioramenti. Il cliente è stato volontariamente sottoposto a situazioni di stress, ad avvicinamenti all'alcol, ma ha sempre saputo resistere. Non ha mai provato ad attaccare il personale o a bere –
- Quindi lei ritiene che ci siano poche probabilità che il cliente perda l'autocontrollo? –
- Esattamente – il giudice mandò lo psicologo al proprio posto e mi fissò. Abbassai lo sguardo, sentendo gli occhi bruciare. Non sarebbe andata bene, no, per niente. Louis... non dovevi promettermelo. Niente andrà bene di questo passo.
Mi girai verso Johannah e il mio ragazzo. Erano nervosi tanto quanto me. Louis non riusciva nemmeno a sorridermi. Aveva una smorfia sconvolta sul viso e stringeva la mano della madre.
-Avvocato Berk, ha qualcosa in difesa del suo cliente prima che annunci la mia dichiarazione e chiuda la sentenza? – pregai l'uomo accanto a me sperando che riuscisse a salvarmi.
- Potrei permettermi di usare della confidenza con lei, signor giudice? –
Notai lo sguardo diffidente dell'uomo sul podio, ma poi annuì.
-La ringrazio. Io penso che chiunque sia in questa stanza, non lascerebbe mai il proprio figlio nelle mani di chi lo ha violentato per più di una volta. Se lei ha figli, signor giudice, potrebbe capire l'altissimo rischio che si corre. Come ha detto lo psicologo Stewart, il cervello è un organo complesso, instabile, variabile. Attualmente il signor Styles sembrerebbe in grado di tornare a fare il padre, ma fuori da queste mura, dentro altre mura, lontano da occhi indiscreti, nessuno se non il mio cliente sa cosa è successo e cosa potrebbe succedere. Stiamo parlando di un ragazzo di diciassette anni, che ha finalmente trovato una famiglia perfetta a cui essere affidato. Per la prima volta questo ragazzo si sente amato e al posto giusto. Vogliamo davvero mandarlo di nuovo nel luogo in cui ha tanto sofferto? Gettarlo in pasto ai leoni? Per quanto ne sappia, degli esami si possono pure falsificare, ma il dolore che questo ragazzo ha dentro non si può gettare via. O lo alleviamo o lo intensifichiamo. Sono il suo avvocato, levarlo dalle grinfie del padre è l'azione più giusta che abbia mai fatto in tutta la mia carriera –
- Capisco cosa voglia dire avvocato Berk, ma non possiamo privare un padre del proprio figlio. Ha fatto tanti miglioramenti per poterlo riavere –
- Signor giudice, se mi permette ci sarebbero altre due persone che avrebbero qualcosa da dichiarare prima che lei giudichi la sentenza – il giudice si aggiustò il bavero bianco e fece in modo che facessero entrare gli altri due uomini. Intravidi Rick e John e sentii qualcosa esplodere dentro lo stomaco. Quello poteva essere un punto a mio favore.
- Signorino Styles, conosce questi due uomini? – mi domandò il giudice. Annuii fortemente con il capo chiedendo il permesso per parlare. – Sono due degli uomini che mio padre ha pagato per divertirsi con il mio corpo. Lui guardava la scena mentre mi violentavano... tutti e tre – sbottai, cercando di mantenere la calma. Un coro sconvolto partì alle mie spalle e sperai di aver usato le parole giuste per non far scegliere l'opzione sbagliata al giudice.
- Questi due uomini sono stati arrestati nella casa della famiglia Tomlinson. A quanto testimoniato, si sarebbero spacciati per gli zii del signorino Styles, così che potessero continuare a usarlo. Ragazzo, potresti salire a testimoniare? – annuendo, mi feci spazio e salii sul piccolo podio, recitando il giuramento dettato dalla guardia.
- Per quale motivo non li ha denunciati prima? –
- Sono stato minacciato, avrebbero fatto del male alla mia famiglia –
- Quale famiglia? Suo padre –
- Quell'uomo non è mio padre, tanto meno fa parte di quello che chiamo famiglia. La donna laggiù e la mia famiglia. I suoi figli sono la mia famiglia. In pochi mesi hanno saputo amarmi più di quanto mio padre abbia potuto fare in diciassette anni – un coro sorpreso partì dalla folla.
- Si trova bene in quella famiglia? –
- Non avrei potuto desiderare altro. Gli anni che ho passato, sottomesso dalle violenze di mio padre, non mi hanno permesso di vedere tutti gli splendidi colori della vita. Adesso, giudice, sto scoprendo sfumature nuove. La prego, non mi tolga la possibilità di poter essere felice –
- Obiezione giudice, il ragazzo non può ammaliarla! – sbottò l'avvocato Dicky. Avrei voluto lanciargli una scarpa. Poteva funzionare, il giudice poteva leggermi dentro, ma no, quell'avvocato non l'ha permesso.
- Bene, può tornare al proprio posto. Signori Nawel, uno dei due potrebbe salire a testimoniare? –
Rick si fece avanti e recitò il giuramento. Quella situazione mi stava dando i nervi. Il suo avvocato gli stava di fronte, mentre il giudice poneva domande.
-Non può mentire, quindi afferma alla corte di aver violentato il ragazzo? –
- Si, lo affermo. Ma avrei altro da aggiungere. Quella famiglia non fa per il ragazzo. Solo suo padre può dargli la giusta educazione! –
- Obiezione vostro onore. Se per giusta educazione si intendono atti di violenza, questa sentenza non può avere fine – il mio avvocato si alzò, mentre Dicky pensò pure di opporsi.
- Mi oppongo. Bisogna far parlare il cliente prima di precederlo –
Il giudice acconsentì alla seconda obiezione e Berk si sedette.
-Dicevo, prima di essere interrotto, che il ragazzo non ha gli equilibri giusti in quella famiglia – lo guardai accigliato e il giudice fece altrettanto.
- Si spieghi meglio, Signor Nawel –
- Vede ha una relazione clandestina con il fratellastro. Quel ragazzo seduto vicino alla madre. Una relazione che comporta atti sessuali. Per non parlare del fatto che il ragazzo ha pure avuto atti di autolesionismo in quella casa. Se davvero si fosse trovato bene, non si sarebbe fatto così tanto male, giusto? – spalancai gli occhi. Bastardo! Bastardo. Il mio avvocato mise le mani tra i capelli, senza ribattere. Il giudice mi fissò severo, poi fissò Johannah, infine fece segnale a Rick di continuare a parlare.
- La situazione familiare non è delle migliori. La signora Tomlinson ha in affidamento un altro ragazzo ormai maggiorenne che ha pure avuto diversi incidenti. Insomma, un pericolo di famiglia. Atti di pedofilia tra un maggiorenne e un minorenne. Il padre ha solo commesso l'errore di affogare il dolore nell'alcol, poi è stato guidato dall'irrazionalità, ma adesso gli psicologi affermano che non ha più questi scatti, quindi è meglio così. E' un buon padre – Rick mi guardò, lanciandomi una sfida e sentii gli occhi inumidirsi. Mi girai indietro e Johannah e Louis mi fissavano sconvolti.
- Signorino Styles, ha avuto atti sessuali con il fratellastro? – non seppi cosa rispondere, così mi girai verso il mio avvocato che annuì, distrutto da quelle notizie.
- Si, signor giudice –
- Si è auto-lesionato? Vive in questo ambito familiare? –
- Si, ma tutto quello che ho fatto è stato di nascosto. Quando la signora Tomlinson lo ha scoperto, mi ha subito aiutato, mi hanno aiutato tutti in quella casa per uscire fuori da quel giro. Mi tagliavo per il dolore che portavo dentro e... -
Il giudice mi interruppe, scuotendo il capo – La sentenza è stata decisa. Il signor Styles verrà condannato a dodici mesi di arresto domiciliare, il figlio ritornerà sotto l'affidamento del padre. Rick e John Nawel riceveranno cinque anni di carcere per violenze e falsa identità. Dichiaro il caso, chiuso – mi voltai spaventato verso il mio avvocato, che si alzò provando a dibattere.
-No, lei non può farlo! Non può farlo! – urlò Louis, affiancandomi e tirandomi in un abbraccio. Soffocai le mie lacrime sul suo petto, sentendo il respiro fermarsi in gola, gonfiare e bruciare.
- Un attimo, signor giudice, un attimo! - tutti si bloccarono in sala e il giudice tornò alla sua posizione.
- Se tra i ragazzi non ci fossero più relazioni e se un giudice, mensilmente si assicurasse che in casa non ci fossero più atti di autolesionismo, potrebbe rivalutare l'idea dell'affidamento? Il mio cliente non sta bene. Soffre di attacchi di panico, crisi respiratorie a causa del nervosismo e stare in presenza del padre lo rende già nervoso di suo, tutto questo complicherebbe la sua salute. Rivaluti l'idea dell'affidamento. I ragazzi non portano lo stesso sangue e si conoscono da prima che entrambi vivessero nella stessa casa. Non sono veri fratelli e quindi la loro relazione non è illegale. Inoltre, non si tratta di pedofilia, i ragazzi si scambiano un anno di età ed è normale avere un ragazzo. Manca poco e anche il signorino Styles sarà maggiorenne. Inoltre, gli atti di autolesionismo sono durati davvero pochissimo e sono stati solo i primi giorni, quando il ragazzo si sentiva ancora troppo estraniato da quella famiglia. Harry viveva in una casa piccola, in una stanza sgradevole e ogni sera veniva picchiato, ha conosciuto una famiglia che gli ha dato tutto. Non solo amore, ma La signora Tomlinson, a sue spese e prima che le arrivasse la retta dallo Stato, ha comprato vestiti, accessori tecnologici per il ragazzo e si è assicurata di avere la casa in norma. Niente e ripeto niente è contro le regole. Ne' l'amore verso due sconosciuti che portano anche cognomi diversi, né il fatto che il ragazzo abbia sofferto. Proprio perché ha avuto questo passato, dovremmo evitare di farglielo rivivere –
- Harry? Haz?! Haz?! – mi sentii debolmente chiamare da Louis. La sua voce mi arrivava grave e provavo a staccarmi dal suo petto per sentirlo meglio, ma mi sentivo debole tra le sue braccia. Uno stupidissimo vaso di terracotta. Un debolissimo ramoscello secco. Sbattei gli occhi, cercando di controllare la macchina che avevo al posto del cuore. Il battito cardiaco si inoltrò delle mie orecchie rimbombando in tutto il corpo. Iniziai a vederci male. Macchie nere coprivano i colori che mi circondavano. Non vedevo più il mio avvocato che faceva il suo discorso. Non sentivo nemmeno i rumori che mi circondavano. Respiravo, veloce, come se stessi correndo lontano da tutto. Avevo paura. Mi sentivo come se avessi perso la vista. Non vedevo nulla, non sentivo nulla. Lentamente mi sentii afferrare, forse da Louis, forse da mio padre, forse da nessuno. Il respirò accelerò la sua corsa e allora lo sentii, qualcosa rompersi dentro di me, faceva male. I polmoni avevano raggiunto la loro massima espansione. Non entrava più ossigeno.
Era successo. Un altro attacco di panico.
Scusami Louis, scusami per averti promesso tutto; mari e monti; di essere felice; di amarti. Scusami per essermi fatto prendere da un altro attacco di panico. Ricordami di promettermi qualcosa di più grande, ovvero di restare in vita solo per te.
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